ricordo

La porta “del passato”

La porta, del passato. Quella accanto, quella di fronte. Soglia come uscio, come uscire, come lasciarsi andare, come lasciare andare. Come andare incontro a ciò che succede. C’era un tempo in cui ero stata abituata a vivere le porte, soprattutto le nostre, per essere aperte, per accogliere e lasciare entrare la luce, il vento, gli altri. Noi. Un continuum di casa, senza muri, di fatto. 

Ci sono persone che hanno dentro di sé una luce enorme, abbagliante, riempitiva, ingombrante, anche, ma unica e rara, che neppure loro stesse conoscono a fondo. Come te. Dopo di te, raramente mi è capitato di viverla, così sulla pelle.

Come quelle porte che hanno una riga di luce sotto e restano chiuse e non sapranno mai quanto bagliore potrebbero mostrare se venissero aperte, potendo ritornare indietro.

La porta “del passato”

Ci sono persone che entrano nella tua vita solo per ricordarti di chiudere la porta a chiave più spesso. Quante porte abbiamo aperto, poi chiuso, ma sempre riaperto in oltre dieci anni. A chiave, socchiuse, spalancate, ma il verbo “aprire” e “fare entrare” era il filo che ci univa. Noi, le case, le porte, gli affetti, Minou, poi Milady, quante persone sono entrate, di quante illusioni abbiamo vissuto, abbiamo sbagliato a fidarci o, forse, non abbiamo avuto il coraggio di “smontare” le nostre paure sulla realtà.

Dopo di te, di noi, la misura di certi giorni sono le scale che salgo faticosamente, lo sguardo basso e la chiave che non gira nel modo giusto nella porta. Lo sguardo sempre rivolto all’indietro, come a cercare ancora quella vita, quella storia, quelle abitudini con le quali mi sentivo al centro del Mondo.

Chiudere la porta

Hai chiuso davvero una porta quando non ti importa più sbirciare dalla serratura, di accusare ogni rumore come boomerang, di farti graffiare il cuore da chi entra “dopo di te”. Sì, perché è  estenuante bussare, idealmente, a una porta che non si apre. Ma lo è di più tenere aperta una porta in cui nessuno entra: tu.

Oggi, da più parti, mi sono arrivate queste parole di amore, di fede, di speranza per me: «mettere insieme i pezzi, smettere di guardare indietro, ma guardare solo avanti. Le cicatrici hanno valore perché parlano della nostra battaglia interiore. Non vergognarsi delle proprie debolezze, non nasconderle, ma usarle per rafforzare la nostra forza. E, soprattutto, perdonare, essere pace e in pace».

«Guarda avanti»- mi è stato ripetuto – per guarire.

dopo di te

Aprire 

Quella porta, si è aperta, nuovamente, mi ha svegliata di mattino presto. Rumori molesti e la stessa violenza. Sono entrata dentro, come l’ultima volta, quasi estranea e abusiva – come loro – di tanta “bruttezza della tua non casa”. Mi sono immaginata te e questo pensiero «non aprire mai le porte a coloro che le aprono anche senza il tuo permesso». Sono uscita, col nodo in gola, e portandomi via due oggetti, ricordi di viaggi insieme, ma alla fine sono solo cose, il legame inattaccabile e inviolabile è il cuore, nel cuore. 

Ci sono pensieri – come questi – che ti rimbombano dentro come una porta sbattuta. O una mai aperta.

Ho chiuso con le illusioni, ma queste continuano – testarde – a cercare di buttar giù la porta.

Voglio imparare ad aprire la porta e dietro trovare te. Non aver paura del vuoto, del prima e del dopo, ma sentire “casa”, ogni giorno, nel cuore. Non sono pronta ad assistere al trasloco, a chi verrà, se rimarrò qui, ma so che voglio guarire, guardare avanti, senza essere più ostaggio del passato. Voglio continuare il mio viaggio, sentendo la bellezza che hai lasciato, in queste case, dentro la mia vita, senza soffocare nell’abbandono. Ci riuscirò? Sì, me lo devo. Te lo devo. Eppure, mi manchi e mi mancano i nostri abbracci di “famiglia”. E, alla fine, il “tutto insieme”: è solo la prima delle altre porte “di casa” che si stanno chiudendo.

Si dice che la porta sia la parte più lunga di un viaggio – Porta itineris dicitur longissima esse.

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Il rumore del silenzio

Il rumore del silenzio. Le parole si parlano, i silenzi si toccano. Troppo di tutto. Parole, suoni, voci, detti e non detti, confidenze mal con-divise.
Dolore e ferite. Ferite e dolore. Un vortice di sensazioni che fanno a pugni continuamente.
Non ci si abitua, si rinuncia a cambiare le cose.
Non esistono persone più coraggiose di altre, c’è solo chi affronta il dolore quando deve essere affrontato.

Il rumore del silenzio

Non c’è un solo modo di affrontare la solitudine, c’è chi si rinchiude in casa, chi si affeziona troppo agli animali, chi, infine, impara a conversare col silenzio .
Quante coppie sono unite dalla non scelta…
Quanti disequilibri reggono situazioni al limite…
Quante ferite ci fanno stare a galla…
 
In questo disordine sgraziato di vanterie ed esibizioni, di voci indiscrete che si sovrappongono, che ti rubano l’innocenza dello scambio, l’eleganza del silenzio, la delicatezza del ritrarsi, la forza del prendersi cura delle piccole cose.
Rarità.
S’impara.
Il rumore del silenzio

 

Chi siamo?

Quello che siamo svanisce col corpo, quello che siamo stati, invece, rimane custodito nei nostri cari. 
Ci si abitua alla solitudine e si dimentica di come la notte faccia meno paura se c’è qualcuno che ti respira accanto.
 
Presi minou e cielo aperto
Ci insegnano le equazioni, il “Cinque maggio” a memoria, i nomi dei sette re di Roma, e nessuno ci chiarisce come affrontare le paure, in che modo accettare le delusioni, dove trovare il coraggio per sostenere un dolore, come convivere con noi stessi e lo tsunami del cuore.
C’è il daimoku, per chi come me lo pratica. Quel suono, nam myho renge kyo, che è entrato nella mia via vent’anni fa e non se n’è più andato. Un cambiamento di vita, uno stile di vita, una scelta di vita.
 
“Una volta che abbiamo deciso di migliorare le cose, il nostro potenziale si espande illimitatamente e di fronte a noi si aprono nuove porte. Shin’ichi proseguì: Ogni volta che decidiamo di realizzare o di migliorare qualcosa, finiamo sicuramente per imbatterci in grossi ostacoli; oppure ci troviamo a dover risolvere numerose  contraddizioni. In realtà, il mondo è di per sé pieno di contraddizioni. Non abbiamo altra scelta che continuare ad avanzare giorno dopo giorno con saggezza e perseveranza”.                                            (Daisaku Ikeda, La Nuova Rivoluzione Umana, Vol.30, p.592).
 

Chi diventiamo?

Scegliere, lo so, è logorante, è una decisione forte, è un atto di fede e… chi riesce davvero a farlo fino in fondo? Se non ci si riesce, però, si diventa degli incompiuti.
Il rimorso, poi, è anche peggio. Ti sveglia ogni mattina, t’incateni a qualcosa e qualcuno, ogni volta che non scegli.
 
E poi? Che succede?
 
La vita va avanti e non si cura dei pezzi che lascia per strada.
Ecco perché mi sento così vicina a chi combatte ogni giorno per essere felice nonostante tutto.
E a chi non ci riesce, ma ci prova…
 
CalasettaCalasetta
 
E’ di notte che si percepisce meglio il frastuono del cuore, il ticchettio dell’ansia, il brusio dell’impossibile e il silenzio del mondo.
 
Non c’è mai un silenzio uguale a se stesso. Ci sono silenzi regolari e silenzi irregolari, silenzi pesanti e silenzi leggeri, silenzi limpidi e silenzi soffocati, silenzi oscuri e silenzi luminosi, silenzi spaventosi e silenzi felici, silenzi gelidi e silenzi empatici. Tu chiamali, se vuoi, si-len-zi d’autore. Un vocabolario dei silenzi non conterrebbe meno voci di un vocabolario delle parole.
Il mistero e la bellezza del silenzio è che non fa mai lo stesso rumore.
 
Riparto da qui, da lui – dal silenzio…

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Nankurunaisa: la cura del tempo

Nankurunaisa: la cura del tempo. Credo sia una delle parole più belle del mondo. E’ giapponese e significa “con il tempo si sistema tutto”.

Mi sono nascosta dietro un albero inseguita dalle mie ferite. Il signor Tempo si era fermato prima e mi guardava da lontano, come chi non avesse più la forza di corrermi dietro.

E oggi c’è chi guarda noi due. Una a proteggere l’altra. La cucciola pelosa, però, è così “drolla” – come ho imparato stasera da Sonia – che non sa neppure saltare ma, meno male, perché non ha istinti di fuga (ndr, beata lei) alle sue prime uscite di casa. Col tempo – anche Milady – si è conquistata la strada verso il cielo, la luna e le stelle.

Milady drollaMilady sui tetti

Nankurunaisa: la cura del tempo

C’è stato un tempo, prima dell’inizio del tempo? Non so, ma man mano che andiamo a ritroso, il tempo si avvicina a raggiungere il niente, eppure non è mai stato il niente. Mai prima d’ora abbiamo avuto così poco tempo per fare, elaborare, soffrire, sognare e desiderare così tanto. 

Il tempo è buon amico, il tempo è buon testimone, il tempo è denaro, il tempo è galantuomo, il tempo è gran medico, il tempo è una lima sorda, il tempo consuma ogni cosa, il tempo vola, ma nessuno ha veramente capito a cosa serva il tempo.

Il tempo

Il tempo è spesso puntuale nel farci capire molte cose in ritardo. Oggi, ho l’ora, ma non ho mai il tempo. Non più “quel tempo”. 

Non so come sono chiamati gli spazi tra i secondi, ma è in quegli spazi che il dolore picchia più forte quando si sente la mancanza di una persona.

Lo so, nella corsia del tempo non si può sorpassare né fare inversioni a U.

E allora? Riparate la ruota del mondo! Perché deve continuamente girare? Dove si trova la retromarcia?

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Tempo di compleanni: le emme del cuore

Tempo di…

Tempo nella perdita. 

Tempo per recuperare.

Tempo di traguardi.

Tempo di bilancio.

Tempo per ricevere.

Tempo di regali.

Tempo di notizie.

Tempo di uragani.

Tempo di compleanni.

Tempo di Capodanno.

Quanta vita, e morte, scorre nel tempo?

Che cos’è il tempo? Se nessuno me lo domanda, lo so. Se voglio spiegarlo a chi me lo domanda, non lo so più.

Il tempo non va misurato in ore e minuti, ma in trasformazioni. Non a caso, nella teoria della relatività non esiste un unico tempo assoluto, ma ogni singolo individuo ha una propria personale misura del tempo, che dipende da dove si trova e da come si sta muovendo.

Una volta a Stephen Hawking chiesero: “C’è stato un tempo, prima dell’inizio del tempo?” Rispose: “Man mano che andiamo a ritroso, il tempo si avvicina a raggiungere il niente, ma non è mai stato il niente”.

Il tempo è buon amico, il tempo è buon testimone, il tempo è galantuomo, il tempo è gran medico, il tempo è una lima sorda, il tempo consuma ogni cosa, il tempo vola, ma nessuno ha veramente capito a cosa serva il tempo.

Il tempo è spesso puntuale nel farci capire molte cose in ritardo. Io – confesso – ho capito più cose in questi ultimi quattro mesi che in cinquanta anni di vita.

Le ho capite in ritardo, sì, e pagando un duro prezzo. Perdendo dei pezzi per strada, acquisendone altri, di consapevolezza, e la strada è ancora in salita, sono sempre più “nelle curve”, sulle montagne russe nel cuore.

E’ passato un anno, dalla prima pagina di questo blog e del canale social. Nato in due, dalla mia voglia di mettermi in discussione, a tutto tondo, nel lavoro così come nel privato. Le due viaggiatrici nomade, zingare e solitarie il cui nome  inizia per Emme: Milena e Minou.

Dieci mesi di me, di noi, a raccontare storie, viaggi, curiosità e spremute di cuore in cerca di altri viaggiatori, lettori e innamorati della vita come eravamo noi. Così rimaniamo, anche nel tempo.

 

Minou primo piano

Le emme del cuore

Poi, mi sono ritrovata sola, senza la emme del mio cuore: Minou.

Un anno pieno di vita, di dolore nella perdita, di sfida a guardare in alto e in avanti, lottando col tempo. Poi, ti ritrovi sola ad imparare la ruota del mondo! E ti trilla nella mente e nel cuore la stessa domanda:” Perché deve continuamente girare al contrario? Dove si trova la retromarcia?”

Ecco, potendo, azionerei la retromarcia per fermare il tempo: prima di aprile, ottobre e dicembre. Mesi di macigni sul cuore, continui tsunami che non ne vogliono sapere di concedermi una “sana tregua”.

Ma, si sa, nella corsia del tempo non si può sorpassare né fare inversioni a U. Bisogna “stare” nel tempo.

Non so come sono chiamati gli spazi tra i secondi,  ma è in quegli spazi che il dolore picchia più forte quando si sente la mancanza di una persona, la paura di una notizia che ti cambia la vita, o ti rimette a nudo, quando già stavi cercando di riprenderti.

Baci

Oggi il tempo è passato dappertutto, nelle stanze, nelle strade, negli alberi, nel mio diverso modo di scrivere e vivere. L’unico posto dove non è passato è in quella nuvola lassù nel tramonto, che mi chiama allo stesso di quattordici anni fa, quando sei arrivata tu, Minou, ma che ora si affaccia al mio cuore, in casa mia, con un’altra Emme.

E da due, poi una, ecco che torniamo ad essere tre, su queste pagine, nel mio cuore, nella mia vita.

Ti ho visto appena nata, avevi pochi giorni di vita, e i miei occhi ti hanno “scelta”, ma il mio cuore non era libero. Non lo è neppure oggi, ma sto facendo spazio. Quanti legami di cuore, sensibili e comprensivi, mi hanno portato a te e a chi ti ha allevato con tanto amore e dedizione: Sonia Fenu. Quanti mi hanno sostenuta, spronata ad aprirmi ad accogliere una nuova vita, ma io ancora troppo “ferita” per provare ad amare, a farmi amare.

Sonia Fenu Sguardi Dolci

Tutto è partito da Pier Luigi e Cristina, per passare da Sarina e, per finire, a Sonia: incontri significativi che hanno saputo lenire, un pochino, giorno dopo giorno, il rumore molesto del mio cuore. Sonia mi ha reso partecipe, ogni giorno, mattina e sera, della vita delle sue creature magiche, quali sono i gatti, dell’ultima cucciolata. Un racconto di bordo, giornaliero, dalla mia isola del cuore, la Sardegna, fin dentro casa mia, in Liguria.

Sonia e Milady

Poi, sono entrata io in casa loro, alla scoperta della vita quotidiana e familiare di Sguardi Dolci Cattery , e sono stati tre giorni veloci, intensi, di emozioni conflittuali, di amore e di paura d’amare. Non avevo mai toccato con mano, così da vicino, la vita di un allevatore, non avevo mai visto tutto l’impegno, di energie ed economico, l’amore, la dedizione, le cure, le ansie, e le gioie di cui è fatta la vita, dal suo primo affaccio alla vita. Gli occhietti, da chiusi ad aperti, i primi passi, la tenerezza dei cuccioli e con la mamma, i video, l’attesa di quelle immagini che diventavano sempre più familiari, la vita che cresceva di pari passo con quella di chi, dall’altra parte, li osservava ‘a distanza’. Ho vissuto la loro evoluzione, ogni giorno, e sono cresciuta con loro. Anche il mio dolore si è nutrito di tutta quella vita.

Sonia e Milena

Sono stati tre mesi d’amore, di coccole, di respiro, di rifugio, di cose da imparare, di vita imparata, di “cose da sapere”, e che non sapevo. Dietro alla selezione della razza, c’è tanto amore, tanta passione e voglia di vita, da donare più che da “vendere”. Dietro ad ognuno di quei cuccioli dagli “sguardi dolci” c’è tutta la passione che la vita e l’amore  richiedono. A me, quei giorni, questi tre mesi, spesso, hanno salvato da quel buco nero, del lutto, che non se n’è andato, non se ne andrà mai, ma oggi posso dire che una sferzata di aria di primavera, profumata, soffice e invadente, è entrata nel mio “gelido” inverno, nel mese più freddo dell’anno, quello del mio compleanno: gennaio.

Milady Sonia Milena

Tempo di compleanni

Il 16 gennaio è stato un tempo speciale, una data sul calendario che non scorderò mai, al tempo della Covid-19, ancora distanziati, un tempo di miei compleanni: un anno del mio blog, e i primi 50 anni di vita. E, non sono mancate le sorprese, ma lo avrei scoperto più tardi.

Il 29 gennaio sei arrivata tu, dopo un lunghissimo viaggio, viaggiando in aereo, in pullman, in treno e, per finire, in taxi in direzione della tua nuova casa, delle tue nuove case: mia e dello zio. Solo ora, diciamo, riesco a trovare il “tempo giusto” per scriverne.

Milady sguardi dolci

E il triangolo magico, ancora una volta, è scandito dalle Emme. Emme come Milady. E’ passata una settimana, sei arrivata nel bel mezzo di un uragano, lo stesso che avevo già sperimentato quando arrivò la tua sorellina: Minou.

Sei arrivata tu, da lontano, ci stiamo conoscendo, ci siamo scelte? Forse. Ci stiamo misurando, credo, da dove partiamo. Ma oggi, posso dirlo, sei un centrifugato di tenerezza, dolcezza, intelligenza, un terremoto vivo di vita, però. La casa in disordine, ma più “accesa”. Hai stravolto i miei ritmi, le mie abitudini, tre mesi dopo. Sei una creatura speciale che non si spegne neppure mentre dorme, esattamente come chi scrive. Sei sensibile e timorosa. Sei rumorosa, ma non t’imponi sulla scena, un po’ come chi ti ha accolto in casa. Assomigli così tanto alla tua “sorellina” e a me. Oggi posso presentarti per come sei: il mio regalo di compleanno, dei miei primi 50 anni. E chi c’ha messo lo zampino se non lo zio?!

 

Hai portato nuova vita, faremo un po’ di strada insieme, per quanto tempo? Non lo so, a lungo, magari, ma oggi è un altro tempo. Il nostro tempo, insieme, ad imparare ad amarci da zingare. E, come mi ha scritto Sarina: “la gattina farà il suo mestiere e troverà la porta da sola, tu imponiti solo di accudirla. Non devi metterci il cuore o la testa. Solo le mani e il respiro. Perché lei farà il resto”. Queste parole sono state il mio balsamo, in quel profondo giorno di “spaesamento”. 

Sarebbe bello riuscire a riempire almeno un giorno. Riempirlo di opere e brividi e dettagli, senza lasciare fuori neanche un minuto o un secondo. Chissà come tremerebbe il tempo a vederci così forti.

Forse, il tempo è troppo lento per coloro che aspettano, troppo rapido per coloro che temono, troppo lungo per coloro che soffrono, troppo breve per coloro che gioiscono, ma per coloro che amano il tempo è eternità. L’amore non può essere congelato nel freezer del lutto, l’amore può e deve continuare, in modo diverso, con chi arriva nella tua vita, accanto a chi se ne va.

Il paradosso del donare il proprio tempo e amore ad un altro: regali un pezzo della tua vita che non sarà più tuo,
ma che proprio per questo non andrà perduto.

E’ questo che ho imparato da Minou, dallo zio, da Sonia, da Milady, che sto imparando da me in questo viaggio in “solitaria” abbracciando chi arriva

E tante altre “presenze d’amore” mi hanno portata fin qui. Una sorta di famiglia allargata nata dal ritrovarsi, ancora una volta, orfana. Alcuni sapranno riconoscersi in questo racconto…

Milady

Il tempo sistema tutto

Nankurunaisa.
Credo sia una delle parole più belle del mondo.
E’ giapponese e significa “con il tempo si sistema tutto”.

Il tempo, a volte, sembra che non passi, è come una rondine che fa il nido sulla grondaia, esce ed entra, va e viene, ma sempre sotto i nostri occhi.

Il tempo si muove in una direzione, i ricordi in un’altra. 

Benvenuta First Milady Sguardi Dolci, in questo nuovo viaggio insieme. Milady, questo è il nome che, alla fine, ho scelto per te, in con-divisione, e sei un po’ come la rondine che annuncia la primavera “dentro casa”. Una nuova direzione che, allo stesso tempo, cavalca l’onda dei ricordi. Il tempo è un assassino e porta via con sé ogni nostro secondo. E ha sempre un alibi. Lui non c’era dove eravamo noi, esisteva in qualche altro luogo.

Milady regina

Oggi, in questo tempo, però, TU sei il mio regalo del cuore in questo mezzo secolo di vita, in mare aperto e con l’onda lunga, ma scriveremo altre pagine, un anno dopo. Insieme. Ci stai?

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