Punta Pineda e le sue selvagge piscinette. La Liguria non finisce mai di stupire con le sue spiagge segrete e i suoi angoli di paradiso da Ponente a Levante. Le Cinque Terresono un vero e proprio gioiello della riviera spezzina, quello che attira turisti da tutto il mondo. Ma è nelle discese a mare dei borghi di Tramonti che il territorio spezzino nasconde, gelosamente, i suoi diamanti più preziosi.
Punta Pineda e l’effetto piscina
Siamo in provincia di La Spezia alla scoperta delle piscine naturali (in dialetto bozi) di punta Pineda, conosciuti come i luoghi più suggestivi della regione. Isolate, difficili da raggiungere, esclusive e protette dalla roccia, le selvagge “piscinette” danno la possibilità di fare un bel bagno in pace. La caratteristica di questo luogo è che le rocce creano una barriera naturale dietro cui si trovano vere e proprie grandi vasche naturali, dove l’acqua di mare entra creando un suggestivo effetto piscina (in passato usati per ricavare sale dall’acqua marina).
Lo sapevate che i bozi…?
I bozi di punta Pineda, in riva al mare aperto e, grazie alla loro conformazione naturale, sono stati utilizzati dalla gente del posto fino al secondo dopo guerra come salina. La bassa profondità delle “piscinette”, infatti, favorisce l’evaporazione dell’acqua marina, che lascia così depositato sulla roccia il sale. Un tempo, i contadini di Biassa favorivano questo processo utilizzando rudimentali teglie di lamera sotto cui accendevano il fuoco.
Come si arriva?
Siete pronti ad affrontare la fatica? Bene, si parte, dunque, perché il paesaggio di punta Pineda ripagherà ampiamente dello sforzo. Dopo un sentiero fatto di tanti gradini – con più di un tratto esposto – roccia, fichi d’india, passaggi tra le terrazze coltivate, si raggiunge il mare. Lo sguardo corre dal Tino alla costa delle Cinque Terre, in un silenzio che sembra toccare l’infinito.
Queste pozze verdi nella roccia si trovano sotto il Borgo dei Campi, nell’area protetta delle Cinque Terre (Riomaggiore), e sono raggiungibili con un sentiero, segnalato sul sito del Parco per escursionisti esperti (EE), di 30 minuti circa a scendere dalla Litoranea e 60 minuti circa a salire, piuttosto impervio e con un dislivello di circa 250 metri.
Per arrivare si può partire dalla Litoranea. Dalla Spezia, occorre seguire le indicazioni per le Cinque Terre (Strada Provinciale delle Cinque Terre). Seguendo per circa sei chilometri la strada si giunge alla galleria di Biassa e al ristorante “Due Gemelli”, 600 metri dopo la quale si incrocia, sulla sinistra, il bar “Il Giardino” con davanti un pergolato: qui parte il sentiero (il parcheggio, sulla sinistra, è privato dell’agriturismo) che – dopo molta fatica – condurrà al mare. Nei periodi estivi occorre, necessariamente, dotarsi di acqua abbondante.
La scalinata da imboccare…
Tra le varie scalinate di Tramonti, il naturale affaccio della Spezia sul mare aperto, quella da imboccare è quella di Campi. Questa non è una scalinata banale: sono 260 metri di dislivello senza respiro, guardando l’azzurro del mare e camminando in mezzo alle rocce. Durante il tragitto si incontrano la scogliera di Punta Castagna e lo scoglio “Castagnola”.
Un itinerario un po’ scosceso e ostico, ma che regala i colori unici del mare delle Cinque Terre e della Liguria: una terra che sa di basilico e mare, le colline sembrano voler sfiorare le nuvole e i colori sono pennellate di luce e incanto.
Amo la Liguria che profuma di voci, vento e basilico. La Liguria dei vicoli e dei carrugi. Da una parte c’è il mare, dall’altra ci sono case dai colori disuguali e colline lavorate dall’uomo e ulivi. Il blu dell’acqua, di uno dei mari più belli d’Italia, lambisce la costa, fatta di rocce, macchia e dei colori pastello dei cento paesi orgogliosi della tradizione marinara ligure.
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…
Maggio, il mese della rosa e dell’amore. Il quinto mese dell’anno è, da sempre, considerato il mese della rosa, il contrassegno della rinascita, di ogni rinascita spirituale, e dell’amore. Questo fiore è da sempre stato associato al mondo femminile e possiamo indicare due figure icona, la dea Venere e, in ambito cristiano, la Vergine Maria.
Il mese della rosa e dell’amore, una nuova stagione
Perché si dice che maggio è il mese delle rose? Semplice, perché è il mese delle dichiarazioni d’amore: l’amore sboccia – si dice. Appendere un ramo fiorito (detto “maggio”) sulla porta della fanciulla amata voleva dire, insieme: sei bella come un fiore, e: il mio cuore è fiorito per te.
Il mese della primavera e… della rinascita
A maggio l’arrivo della primavera, che nei mesi precedenti era stato solo un leggero accenno, una timida promessa, diventa viva conferma. Il pulsare della vita ritorna con i suoi riti negli orti, nei campi e in ogni forma di natura. L’aria si impregna di profumi veloci, nel senso che sono propri dei luoghi e cambiano in fretta come dal giardino al prato, dalla siepe all’aperto campo. Persino i suoni sembrano avere la stessa forma accelerata di una stagione femminile che va di fretta, piena di un vociare all’aperto, nelle serate tiepide e distese del fioretto con ronzii di preghiere attorno agli altari. Quei piccoli e teneri segni di devozione per manifestare un grande amore. E’ il mese della madre e lo era anche prima che maggio diventasse il mese di Maria madre di Gesù.
Maggio, dal Medioevo ad oggi
Il nome maggio deriva dal nome latino maius che avrebbe preso origine, secondo Ovidio, da majores: “gli adulti anziani” a cui i romani dedicavano questo mese. Secondo altri deriverebbe dal nome di Maja, la madre di Mercurio, a cui il mese sarebbe stato dedicato (secondo altri ancora, invece, esso era consacrato al dio Apollo).
Nel Medioevo, poi, il mese di maggio veniva rappresentato come un giovane che portava fiori, oppure come un giovane intento a tagliare il fieno. E’ il mese della fioritura, dell’esplosione della natura, del risveglio completo che segue la sonnolenza di aprile e che precede il fulgore della vicina estate.
Almeno fino alla metà del secolo scorso, il periodo della mezza primavera era ricco di riti, usanze e consuetudini. Un filo unico dalla piantumazione di un albero verde, l’albero de maio,che rappresentava la forza della nuova vegetazione, a el mariazo, che celebrava con la sposa del maio la fertilità della terra madre. Ed ancora la lode delle putele, la tradizione di contrassegnare con rami o altri simboli di lode le porte delle ragazze da maritare. Rituali romani dove i giovani maschi preparavano i “magi” da offrire alle ragazze prescelte che ricevevano dolci, ciambelle, confetti, fiori, rami d’albero impreziositi con nastri e fiori.
I rami d’albero significavano messaggi amorosi cifrati e dichiarazioni d’amore come il “ciliegio-saresara”- “morosa cara”, pioppo “morosa propria” “susino-amolaro” “moroso caro”, mentre le ragazze considerate poco serie, brutte o antipatiche ricevevano regali sgraditi.
Il Calendimaggio
Il Calendimaggio o Cantar maggio, che trae il nome dal periodo in cui ha luogo, cioè l’inizio di maggio, è una festa stagionale che si tiene per festeggiare l’arrivo della primavera. Il Calendimaggio è una tradizione viva ancor oggi in molte regioni d’Italia come simbolo del ritorno alla vita e della rinascita: fra queste la Liguria, la Lombardia, l’Emilia Romagna, la Toscana, l’Umbria. E’ su questo rituale di gioia e di abbondanza che si innestano anche le feste e le sagre paesane, sia come momento di scambio e vendita delle prime primizie di stagione: asparagi, piselli, ciliegie, fragole, ma anche come momento del ritorno alla vita sociale e dunque alla socialità.
Il mese delle spose
Maggio è anche il mese della ritualità nuziale che si collega, da sempre, al desiderio e quindi all’auspicio di fertilità, di prosperità e di abbondanza come richiamato nel celebre canto della tradizione popolare “Cossa gala magnà la sposa”.
La rosa: il significato, tra colori e numeri
La rosa ha rappresentato, e tuttora, il mondo della femminilità, della bellezza senza tempo, della purezza, dell’eleganza, e dell’amore sia quello innocente, ma anche quello passionale, assumendo così significati ambivalenti. Ogni singola specie racchiude in sé un mondo ed un significato preciso.
Anche ogni colore, del resto, rappresenta un significato particolare: la rosa bianca simboleggia la purezza, la castità, la segretezza e il silenzio. Quella color rosa simboleggia l’amicizia e i buoni sentimenti: la felicità, la stima e l’ammirazione. La rosa gialla rappresenta invece la gelosia, la vergogna, l’inganno e l’infedeltà. La rosa rossa significa amore puro, eterno e ardente, la passione. Quella arancio parla di energia e forza. Quella blu raffigura il mistero e la saggezza.
Regalare le rose: il significato dei numeri
1 ROSA: Amore a prima vista 2 ROSE: L’inizio dell’innamoramento 3 ROSE: Per celebrare il primo mese di fidanzamento 6 ROSE: Nostalgia, mancanza 9 ROSE: La promessa di rimanere per sempre insieme 10 ROSE: L’unione è solida e perfetta 12 ROSE: Dichiarano amore eterno
13 ROSE: Simbolo di amicizia eterna 18 ROSE: Per chiedere scusa 20 ROSE: Si dichiara un sentimento 25 ROSE: Congratulazioni 36 ROSE: Innamoramento folle
E il significato del numero delle rose rosse?
La rosa rossa è il simbolo per eccellenza dell’amore, ma non bisogna sottovalutare il significato del numero di rose rosse da regalare. Scopriamo insieme tutti i significati del numero di rose rosse:
regalare una rosa rossa significa dichiarare un amore nato dal primo sguardo;
tre rose rosse esprimono un semplice, ma profondo ti amo;
cinque rose rosse sono una dichiarazione d’amore profonda che mettete nelle mani della vostra amata;
regalare sette rose rosse esprimono un messaggio chiaro: voglio essere solo tuo;
nove rose rosse esprimono un sentimento puro e sincero: tu mi completi;
regala undici rose rosse alla tua amata per dirle: sei il mio unico tesoro;
dodici rose rosse esprimono un messaggio molto romantico: resta per sempre con me;
quindici rosse per dire: perdonami;
regala ventiquattro rose rosse per dire alla tua amata: sei sempre nei miei pensieri;
trentatré rose rosse per dichiarare un amore profondo e inestimabile;
scegli trentasei rose rosse per ricordare insieme alla tua dolce metà i momenti più belli vissuti insieme;
quarantatré rose rosse per affidare tutto il tuo amore alla persona amata;
un mazzo di quarantotto rose rosse per dire: sono innamorato folle di te;
cinquanta rose rosse per esprimere un amore senza rimpianti;
cento rose rosse è amore eterno.
Forse in amore le rose non si usano più? Comunque sia, questi fiori sono parlanti e il cuore lo sa cosa vogliono dire….
La rosa è la regina di tutti i fiori, da sempre il suo profumo e la sua bellezza incantano e la rendono tra i fiori più amati di tutti i tempi. Coltivata fin dall’antichità è sempre stata usata non solo come dono, ma anche a scopo ornamentale per gli ambienti ed anche per cosmesi e cure. I petali di rosa e le gemme sono, infatti, ricchi di vitamina C, di minerali come il potassio, il rame, lo iodio, inoltre contengono vitamine del gruppo B, vitamina K, fondamentale per le cellule del sangue.
E, inoltre, si possono utilizzare come estratti, fitoestratti, gemmoderivati, decotti, oli essenziali e L’impiego delle rose si perde, davvero, nella notte dei tempi, in particolar modo per quanto ne concerne le essenze e i profumi.
Lo sapevate che?
La rosa è un fiore originario dell’Asia e dell’Europa appartenente alla famiglia delle Rosacee. Si tratta di un arbusto dai fiori profumati e che può raggiungere anche i tre metri di altezza ed il suo diametro variare dai 2 ai 20 centimetri.
Esistono davvero tantissime varietà di rose le quali vengono classificate in base alla forma, al fogliame, ai colori, al profumo. Da ricordare che lo sviluppo dell’ibridazione delle rose è iniziato con l’importazione in Europa, all’incirca due secoli fa, di alcune rose cinesi; l’incrocio fatto diede la nascita delle grandi varietà di questo fiore nel XIX secolo.
Alla scoperta del fiore di maggio
Si stimano circa 150 specie di rosa, ma sono quattro le tipologie di rose da considerarsi tra le più utilizzate: ecco quali.
Rosa Canina
E’ la rosa spontanea più diffusa in Italia, molto frequente nelle siepi e ai margini dei boschi. Talvolta viene chiamata rosa di macchia, oppure rosa selvatica. Questa pianta deve il nome canina a Plinio il Vecchio, che affermava che un soldato romano fu guarito dalla rabbia con un decotto di radici. È l’antenata delle rose coltivate, quella di partenza per le varietà oggi conosciute. Fiorisce da maggio a luglio mentre la maturazione delle bacche si ha in ottobre-novembre.
Rosa Damascena
E’ la regina di tutte le rose, chiamata anche “Rosa dei Profumieri”. Originaria del Medio Oriente ed è coltivata principalmente in Marocco e in Bulgaria. Lavorata completamente a mano, è ritenuta una rosa preziosa, pensate che per produrre un chilo di essenza sono necessari all’incirca 3 tonnellate di petali, i quali verranno poi versati in grandi vasche con acqua dove si avvierà il processo di distillazione per mezzo del vapore. Si dice che ogni fiore abbia 36 petali.
Utilizzata in aromaterapia, questa essenza lavora principalmente sul cuore armonizzando anche tutti gli altri canali energetici, rilassa l’anima, dispone alla tenerezza e apre all’amore, pur donando un certo equilibrio. Il suo profumo infonde gioia e dona coraggio, regala gioia di vivere e serenità. Incoraggia l’amore e l’accettazione di noi. Scioglie i blocchi emotivi causati da traumi o delusioni vissute.
Rosa Mosqueta
Questa tipologia di rosa nasce spontaneamente nel Sud del Cile e nell’America Meridionale e dai suoi semi (ricchi di acidi linoleico e alfalinolenico, carotenoidi, tocoferolo, fitosteroli) viene estratto l’olio. Un vero elisir di giovinezza, per le sue virtù rivitalizzanti, addolcenti e aromaterapiche.
Rosa Centifolia
Originaria della Persia, può essere utilizzata come antidepressivo, antiflogistico, antisettico, antispasmodico, antivirale, afrodisiaco, astringente, battericida, cicatrizzante, depurativo, emostatico, epatico, lassativo, regolatore dell’appetito, stomachico, tonico.
Alleata nei disturbi femminili di menopausa, irregolarità mestruale e dolori legati al ciclo. Tra la fine del XVI e l’inizio del XVIII secolo avvenne un fatto straordinario: i Paesi Bassi introdussero sul mercato circa 200 varietà e variazioni di questo tipo di rosa. Nelle Centifolia c’è un tale addensamento di petali intorno agli stami che li rende praticamente irraggiungibili da parte degli insetti e della mano dell’uomo, e la fecondazione e produzione di semi non è per nulla facile.
Siamo a maggio, il mese della rosa che, nella sua pienezza, è un fiore che lavora sull’energia femminile ed è in grado di riequilibrare mente e corpo. Giorni in cui freschezza, speranza, gioia e fiducia dovrebbero stimolarci ad accendere i nostri cuori, dopo mesi e mesi in ostaggio “dentro casa”, per via delle misure imposte dall’emergenza Covid-19, impegnandoci a 360 gradi per un benessere che solo la natura nei suoi cicli, nelle sue stagioni, nei suoi frutti sa regalarci.
Ogni rosa è uguale a una rosa? Chissà se, dal punto di vista della rosa, noi siamo diversi: se la mano allungata verso il fiore, la narice che ne aspira il profumo, lo sguardo che contempla i petali sono ogni volta differenti per la rosa.
Un fiore selvaggio non dovrebbe dire a una rosa che è la più bella e un soffione non dovrebbe scusarsi con gli alberi se al primo colpo di vento ha perso la sua corolla. Fioriamo tutti in modo unico e originale.
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…
Cinque Terre Walking Park, tra natura e sentieri. La Liguria, dominata a nord dalle Alpi Liguri e dall’Appennino Ligure, è una delle regioni più piccole d’Italia, famosa in tutto il mondo per le sue splendide Cinque Terre, ma custode di molti altri tesori.
Vi ritroverete davanti a panorami unici e mozzafiato, proverete incanto nelle strette strade dei cinque borghi e dalle loro case colorate, e sarete inebriati dal profumo del mare. Questo è ciò che vi aspetta lungo l’itinerario a piedi alla scoperta delle Cinque Terre, famose in tutto il mondo.
Cinque Terre Walking Park, i percorsi con guida
Un programma di percorsi escursionistici, accompagnati da una guida esperta, organizzati nel Parco nazionale – Area Marina Protetta Cinque Terrein Liguria, Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO. Ogni fine settimana di luglio appuntamento con visite guidate alla scoperta del paesaggio terrazzato e del patrimonio di biodiversità custodito nella ricca rete sentieristica del Parco, tra i servizi compresi nella Cinque Terre Card. Il paesaggio naturale della Liguria, e in particolare quello delle sue Cinque Terre, rappresenta il connubio perfetto per gli amanti della camminata in vetta che non vogliono rinunciare all’ampio panorama marino. Cinque Terre Walking Park, dunque, concilia queste passioni con le escursioni guidate. Ecco tutti i sentieri percorribili del Parco delle Cinque Terre http://mappe.parconazionale5terre.it/plus/index2.html.
Alla scoperta delle Cinque Terre e dei suoi sentieri
Riomaggiore
Il punto di partenza del nostro viaggio è Riomaggiore. Il primo dei cinque borghi è raggiungibile in treno da La Spezia in meno di dieci minuti e, da Genova, in un’ora e mezzo circa. La stazione è divisa dal centro città con un lungo tunnel, che troverete, a destra, all’uscita della stazione. Al bivio, potete proseguire dritto e scendere nel passaggio sotterraneo per arrivare alla banchina o girare a sinistra, raggiungendo così la strada principale della città. Il borgo colorato è piuttosto piccolo, ma così magico e affascinante, tra le sue caratteristiche viuzze, il Castello e la sua romantica e incantevole terrazza panoramica. Si battono le antiche vie di pellegrinaggio intorno al borgo.
Via dell’Amore
Ora, raggiungiamo la seconda tappa dell’itinerario, la strada più rapida, e più bella, la cosiddetta Via dell’Amore, il primo tratto del Sentiero Azzurro, il più famoso e romantico e seducente delle Cinque Terre. Il sentiero è lungo solamente 1 km e collega i borghi di Riomaggiore e Manarola attraverso una bellissima strada pedonale a picco sul mare. La via alternativa per raggiungere Manarola è il sentiero Via Beccara, leggermente più impegnativo che passa attraverso un colle, e richiede circa un’ora di tempo.
Il l tracciato corre lungo il mare con scogliere a picco, venne costruito a partire dall’anno 1920 quando si avviarono dei lavori di rifacimento delle gallerie sulla linea ferroviaria Genova – La Spezia e si rese necessario costruire un sentiero per depositare gli esplosivi a metà strada dei due borghi. Intorno al 1930 il sentiero, già meta di giovani innamorati, venne ultimato. Ancora oggi, è purtroppo chiuso a causa della frana dell’autunno del 2012. La riapertura è prevista per il 2023.
Manarola
Ed eccoci al secondo borgo delle Cinque Terre che permette di scoprire le caratteristiche del borgo dall’alto. Manarola di acqua, pietre e vigne. È considerato il più fotogenico dei cinque. Manarola è famosa per il suo presepe di luci che viene inaugurato ogni anno l’8 dicembre e chiude solitamente per la fine di gennaio, completamente ecosostenibile ed alimentato da energia solare: è il più grande al mondo. Ideatore dell’evento e costruttore del presepe è Mario Andreoli, un residente locale, che ogni anno posiziona più di 300 personaggi dell’Avvento a grandezza naturale, e circa 17 mila luci, su e giù tra i terrazzamenti della collina. Forte il legame di Vincenzo Cardarelli, uno dei più grandi poeti e prosatori italiani del ‘900, con la Liguria e con questo borgo. Alcuni versi toccanti della sua prosa “Liguria” sono scolpiti sulle mura del Cimitero di Manarola.
È la Liguria terra leggiadra. Il sasso ardente, l’argilla pulita, s’avvivano di pampini al sole. È gigante l’ulivo. A primavera appar dovunque la mimosa effimera. Ombra e sole s’alternano per quelle fondi valli che si celano al mare, per le vie lastricate che vanno in su, fra campi di rose, pozzi e terre spaccate, costeggiando poderi e vigne chiuse. In quell’arida terra il sole striscia sulle pietre come un serpe. Il mare in certi giorni è un giardino fiorito. Reca messaggi il vento. Venere torna a nascere ai soffi del maestrale. O chiese di Liguria, come navi disposte a esser varate! O aperti ai venti e all’onde liguri cimiteri! Una rosea tristezza vi colora quando di sera, simile ad un fiore che marcisce, la grande luce si va sfacendo e muore.
Per il palato
Se siete amanti del vino, qui una sosta è obbligatoria. ll vino di Manarola è uno dei più pregiati della Liguria, si chiama Sciacchetrà ed è prodotto solo in questa zona. Cercate la Cassola, la terrazza sul tetto delle case, dove a settembre le uve vengono lasciate appassire al sole. Il risultato è un vino passito, dolce e liquoroso, dal colore dorato e dai riflessi ambrati.
Per proseguire alla scoperta delle Cinque Terre, bisognerebbe percorrere il secondo tratto del Sentiero Azzurro che collega Manarola alla stazione di Corniglia. Il sentiero passa molto vicino al mare, è lungo 2 km e richiede meno di un’ora. Come alternativa alla via principale del Sentiero Azzurro, si deve raggiungere Volastra, un piccolo borgo, attraverso il sentiero n°6, da qui prendete la deviazione n°6d fino a Corniglia. In questo modo le due terre distano 4,5 chilometri.
L’itinerario, sempre con sfondo sulla costa ligure, porta a conoscere, appunto, Volastra e Groppo, frazioni del famoso borgo spezzino dove il tempo sembra essersi fermato: teleferiche, antichi ponti sui rigagnoli, sorgenti e vigne in terrazzamento sono il segno del rapporto idilliaco tra comunità locale e ambiente naturale. Un’escursione ad anello con arrivo e partenza da Manarola che, attraverso il punto di vista della verticalità, aiuta a scoprire di più il borgo. Una storia d’amore e di lavoro che la guida del Parco racconta passo dopo passo.
Corniglia
Arrivando alla stazione di Corniglia, vi aspetta la grande scalinata, di 382 scalini, chiamata Lardarina oppure, se vi sembra troppo faticoso, c’è un servizio bus che, in pochi minuti, vi porterà in centro. Corniglia è l’unico dei cinque a non essere direttamente sul mare, si trova infatti su un piccolo e ripido promontorio a 100m sul livello del mare. Il piccolo borgo è il meno contaminato dal turismo e offre una vista senza eguali. Le colline circostanti, come in tutto il territorio, sono coltivate a viti e ulivi ed è normale incontrare le donne che vanno e vengono con cesti con la frutta della terra sulla testa.
Un bosco brulicante di vita, un panorama mozzafiato e antichi muretti a secco ti accompagnano lungo tutto il sentiero per arrivare al magnifico borgo. Una camminata in mezzo alla natura e alla storia di un territorio che ha saputo fare della sua difficile conformazione il punto di forza: carrucole e percorsi tra la vegetazione creati dai “vecchi” contadini liguri ti aprono le porte di un paesaggio del tutto incontaminato a metà tra mare e monti, tra sentieri a picco sul mare, fitti boschi e vigneti carichi d’uva brillante.
La spiaggia solitaria
A poca distanza, collegata attraverso un tunnel (percorribile con una torcia), troverete la bellissima e solitaria spiaggia di Guvano, principalmente visitata da nudisti, con acque limpidissime e fondale imperdibile.
Proseguiamo, dunque, per il Sentiero Azzurro, il sentiero per Vernazza, di circa 3 km, e il primo tratto che non passa vicino al mare, attraverso una zona boschiva, attraversata da vigneti ed uliveti; si sale sino a raggiungere quota 208m per poi scendere nuovamente verso il borgo.
Vernazza
Dopo poco più di un’ora e mezzo, vi ritroverete a Vernazza, davanti a quello che sembrerà un quadro. Questo borgo è considerato dalla maggior parte dei turisti il più bello delle Cinque Terre. Nonostante la grande presenza turistica, la sua anima rimane quella di borgo marinaro. Le alte case-torri di tipo genovese sono raggruppate ad anfiteatro intorno ad una piccola insenatura; le sovrastano le mura difensive e la Torre del Castello. Vernazza è l’unico borgo delle Cinque Terre che ha un porto naturale. A Vernazza, anche, in cerca di testimonianze religiose e culturali: dal centro del paese si prosegue in direzione del Santuario di Nostra Signora di Reggio, per arrivare al Monte Santa Croce, in ambienti di quota che dialogano con quelli costieri, e godere, da lassù, di una natura pura e robusta.
Riprendiamo, per l’ultima volta, il Sentiero Azzurro, per un altro tratto non a ridosso del mare. Si attraversano i monti, si sale di quota e si apre una vista panoramica mozzafiato sul porto di Vernazza che merita i migliori scatti. Il sentiero è lungo poco più di 3 chilometri e impiegherete circa due ore a percorrerlo.
Monterosso
Eccoci, infine, all’ultima tappa dell’itinerario, quella più a Nord. Monterosso è la città più grande delle Cinque Terre e quindi la più visitata. Questo borgo tra caruggi, piccole barche, alberi di limone e colline è un piccolo gioiello italiano. Si divide tra città nuova e città vecchia e offre diverse spiagge, anche sabbiose. Si può tornare al punto di partenza del nostro itinerario, con il treno e, in circa 15 minuti, sarete di ritorno a Riomaggiore. Si cammina tra limonaie antiche e fioriture.
Un itinerario ad anello con partenza e arrivo al borgo, passando per la Valle del Morione, attraverso variegati ambienti naturalistici. Terra amata dal poeta Eugenio Montale, Premio Nobel per la Letteratura nel 1975, che a lungo visse – e frequentò – Monterosso. La sua poesia I limoni, dalla raccolta Ossi di seppia, ben descrive il territorio e il suo amore per esso.
Verticalità e visioni contadine nel trekking ad anello sui sentieri alti del borgo con guide esperte. Il legame secolare della comunità locale con una natura bella e, a tratti ostile.
Quando il mare è magia. Quando il mare è stupore.
La complessità della bellezza risiede qui, nelle Cinque Terre.
I luoghi hanno un’anima, sempre. Parla, racconta una storia di salino e di pietra, di gozzi a riva, di caruggi e porte dipinte di verde…
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…
Il lago si può raggiungere, facilmente, in auto. Occorre uscire al casello di Lavagna, dell’autostrada A12 Genova-Rosignano, e da qui seguire le indicazioni per Carasco. Giunti alla rotonda principale di Carasco, seguire per Borzonasca, attraverso la SS 586. La distanza dal casello è di 16 km. Superato l’abitato di Borzonasca, dopo poche curve, trovate la deviazione per il lago di Giacopiane.
Prima, però, fermatevi in un bar del paese di Borzonasca (tutti i giorni, in orario di apertura al pubblico, anche nel pomeriggio), per comprare il permesso ( 5 euro il giornaliero per una macchina, esclusi camper e autocaravan che sono vietati) che vi dà l’accesso al lago. Basta comunicare la targa e il nome di chi guida, esponendo poi il tagliando che viene rilasciato sul cruscotto, quando si posteggia l’auto. L’alternativa, per raggiungere il lago, è passando da Sopralacroce, raggiungendo la frazione di Perlezzi e poi, facendo una bella escursione tra i boschi – tutto segnalato dal Parco dell’Aveto – e, in poco tempo, si arriva a destinazione anche a piedi, senza necessariamente fare il biglietto e arrivare in macchina.
Si prosegue poi lungo la statale 586 per altri 7 km fino a incrociare, a destra, la strada comunale che, in altri 7 km e numerose curve, giunge al lago. Si sale in quota, quindi, lungo una strada asfaltata e si raggiunge il bacino che è a circa 1000 m s.l.m. In estate è possibile la balneazione,lontano dalle strutture della diga; lungo le sponde si trovano tanti campeggiatori e piccole vallette dove fermarsi per un picnic o un barbecue.
Il percorso, tra natura e centri abitati
Un percorso seducente, caratterizzato dalla presenza di rocce di rilevante interesse geologico e foreste di faggi, snodandosi fra piccoli centri abitati (Sòria, Gazzolo, Devoti e Barca di Gazzolo) testimoni della civiltà contadina dell’entroterra ligure (la cosiddetta civiltà della castagna). Si passa attraverso boschi di castagno, terrazzamenti (le tipiche “fasce”, terreni rubati alla montagna destinati ad una agricoltura esercitata in condizioni estreme) e panorami del Tigullio che da precipizi elevati spaziano fino al mare. Qualche sosta, lungo il tragitto, regala scorci unici per ammirare, nelle giornate più nitide, anche la Corsica.
L’anello del Lago
Una volta a destinazione una strada sterrata di circa 4 km, che costeggia il lago principale, offre l’opportunità di una passeggiata non impegnativa, piacevole e adatta a tutti, lungo la quale è facile scorgere, con un po’ di fortuna e magari nelle ore più calde, lungo le rive, piccole mandrie di bovini e dei famosi cavalli selvaggi dell’Aveto, che vivono in libertà nella zona e scendono al lago per abbeverarsi. Non vanno avvicinati in alcun modo, non perché siano pericolosi, ma perché sono nel loro habitat (siamo noi gli intrusi) e vanno lasciati tranquilli. Ci sono anche mandrie di mucche che, pigramente, riposano sulle sponde del lago.
E’ possibile rilassarsi a bordo lago o al fresco all’ombra di maestosi alberi secolari, oppure sostare nell’area picnic appositamente attrezzata lungo il percorso ma, non essendo presente alcun esercizio commerciale nell’intera area, è consigliabile giungere forniti di cibo e bevande.
Pronti, dunque, per fare il giro del lago nella straordinaria bellezza di questa riserva naturale.
I Cavalli selvaggi dell’Aveto
Nell’area del Parco Naturale Regionale dell’Aveto, tra pascoli e faggete, vive un branco di cavalli selvaggi composto da una quarantina di capi. Eredi di un piccolo gruppo, il cui proprietario è morto da tempo, sono sopravvissuti adattandosi alla perfezione alla vita in natura.
L’incontro con i cavalli di razza bardigiana, che da decenni trascorrono le estati in alpeggio, ha permesso la riproduzione e la nascita di nuove famiglie che, nell’ultimo decennio, non hanno mai avuto rapporti con l’uomo.
Il loro comportamento in natura è del tutto comparabile a quello dei Mustang delle praterie americane e dei cavalli di Przewalski della Mongolia. Lo studio del comportamento dei cavalli in branco è oggetto di interesse sempre crescente, e non c’è modo migliore per comprendere l’etologia equina dell’osservazione in natura.
Vita da branco
Si muovono liberi in un’aerea che va dai 16 ai 25 chilometri quadrati. Sono stati identificati 5 stalloni, mentre il numero delle femmine è maggiore, circa 3 femmine per ogni maschio, e una media di 3-4 puledri per branco.
All’interno del branco ognuno ha il suo ruolo, le femmine guidano il gruppo e sono più brave a trovare le vie di fuga in caso di pericolo, mentre i maschi fanno le sentinelle. Il ruolo guida viene sempre assegnato per competenza…
Evelina Isola, guida ambientale escursionistica che, grazie alla passione per il cavallo, è diventata anche accompagnatore escursionistico equestre, cura i cavalli selvaggi come fossero figli suoi. Paola Marinari, medico a Moneglia, dal 2009 si occupa della tutela e della conservazione dei Cavalli selvaggi dell’Aveto. Nel 2012, convinta del loro grande valore naturalistico, si fa promotrice, insieme a Evelina, del Progetto Wild-Horse-watching.
Il progetto Wild Horsewatching – I Cavalli Selvaggi dell’Aveto
Nato nel 2012, il progetto Wild Horsewatching – I Cavalli Selvaggi dell’Aveto ha lo scopo di divulgare questa incredibile realtà. L’horsewatching nasce per creare occasioni di osservazione in natura e, contemporaneamente, dare visibilità a questi animali rendendoli una risorsa per il territorio in cui vivono, un territorio di grande pregio naturalistico, ricco di tradizioni e di storia.
Il progetto, infatti, prevedeescursioni guidate da un esperto naturalista e accompagnatore equestre. La passeggiata è lunga circa 4 km e si compie agevolmente in 1 ora circa. E’ interamente pianeggiante, perciò adatta anche ai bambini non particolarmente abituati a camminare. Esiste una sola area picnic dotata di tavoli, ma numerosi sono i posti dove è possibile stendere il telo.
Non ci sono cestini o bidoni portarifiuti per cui di eventuali immondizie, e nel rispetto di comportamenti “green”, è opportuno farsene carico in autonomia.
Le pietre del lago di Giacopiane
A seconda delle stagioni il livello dell’acqua può variare di molto, ma io trovo che il paesaggio sia sempre bellissimo sia con il lago pieno, sia quando le sponde emergono con le loro pietre particolarissime.
Eh sì, perché il lago di Giacopiane è meta di chi è in cerca di suiseki (“pietra lavorata dall’acqua” in giapponese). Queste pietre, plasmate dall’acqua, hanno forme particolari, evocative di elementi naturali e, pare, favoriscano la meditazione.
Per gli escursionisti più coraggiosi
Il lago di Giacopiane è anche punto di partenza per escursioni più impegnative, per i trekkers più coraggiosi, che raggiungono le vette vicine da cui si godono panorami stupendi sui monti di Liguria e fino al mare.
Per chi decide di affrontare percorsi di trekking un po’ più impegnativi, esistono diversi itinerari capaci di sodisfare gli amanti di questa attività. Anelli di sentieri percorribili a piedi, in mountain bike o a cavallo, permettono di ritornare alla propria posizione di partenza senza bisogno di ripetere il percorso in direzione inversa.
Tra verdi foreste di faggi ed ampie radure, si passa dai 1000 metri dei laghi per arrivare a quota oltre i 1700 del Monte Aiona, passeggiando immersi in ambienti incontaminati. I sentieri sono sempre ben segnalati poiché la zona è un crocevia importante, da qui infatti è possibile percorre una parte dell’Alta via dei Monti Liguri, un percorso che attraversa tutta la LIGURIA da Ventimiglia (IM) a Ceparana (SP).
Percorsi trekking disponibili
Vi propongo alcuni dei percorsi trekking percorribili e altri sentieri:
Anello delle Moglie: si attraversano delle piccole zone umide, le “moglie” appunto (dal latino mollus, molle, umido), che si sono formate circa 10.000 anni fa durante l’ultima glaciazione. Esse presentano elementi di flora e fauna specifici di questi ambienti;
AVML (Alta Via dei Monti Liguri, che attraversa longitudinalmente tutta la Liguria). La si raggiunge alla Cappella delle Lame (A7) o al Passo Prè de Lame (segnavia rombo rosso);
Altri sentieri raggiungono il Monte Bragaceto (h. 0.30), che lo sovrasta, il Monte Aiona (h. 3.00) ed altre località.
Acqua, terra, natura e… cavalli selvaggi. Un viaggio, una nuova cultura di viaggio per mettersi a contatto con i rari elementi di grazia: bellezza, spirito e fuoco. Il cavallo percorre veloce le strade e annuncia con i suoi zoccoli che sfiorano la terra l’appuntamento puntuale con il vento e la libertà.
L’odore del cavallo, il rumore dei suoi zoccoli, il suo nitrito… Il cavallo prende già forma anche se non lo si vede.
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…
Quanti e quali sono i laghi della Liguria? Ve lo siete mai chiesti? Si potrebbe rispondere che ce ne sono tanti se si prendono in considerazione anche quelli artificiali, ma i laghi naturali sono pochi e di modeste dimensioni.
I laghi più grandi, alla scoperta del Brugneto
Il più importante della Liguria, per estensione, è il Lago del Brugneto, circa 1 chilometro quadrato di superficie. Il lago del Brugneto si trova in provincia di Genova situato nel Parco naturale regionale dell’Antola, nell’Alta Val Trebbia ed è un lago artificiale. Il lago è costituito da un bacino artificiale a sbarramento dell’omonimo torrente Brugneto affluente del fiume Trebbia. La lunghezza del lago è di circa 3 chilometri mentre la larghezza massima è di circa 200 metri, il perimetro è di circa 13,5 chilometri. Si può costeggiare il lago attraverso il Sentiero del Brugneto che in parte segue la riva del lago e in parte si addentra sui pendii sovrastanti.
Lo sapevate che una leggenda relativa al lago narra che nei periodi di siccità si vede riaffiorare dallo specchio d’acqua la punta del campanile della chiesa del vecchio borgo sommerso di Frinti?
I laghi naturali e artificiali in Liguria
In Liguria si contano una quindicina di laghi naturali e artificiali, la maggior parte in provincia di Genova, che ne conta una decina. Tra i laghi naturali quello di maggior estensione è probabilmente il Lago delle Lame che si trova in provincia di Genova e si estende per circa 3600 metri quadrati, è uno dei pochi laghi glaciali della Liguria e si trova nella zona più alta dell’Appennino ligure.
Qui vicino, si trova un altro piccolo gruppo di laghi ovvero i Laghi delle Agoraie. Sono sei di cui quattro laghetti perenni di rara bellezza ovvero il lago degli Abeti, il lago Riondo, le Agoraie di Mezzo e le Agoraie di Fondo o Stagno grande; mentre i due laghi stagionali si chiamano Pozza degli Abeti e Stagno Piccolo. La riserva naturale Agoraie di sopra e Moggetto, o Stagno Lastro, è molto interessante per l’ittiofauna che qui trova ideale habitat. Il gruppo dei laghi delle Agoraie di Sopra è senza dubbio il più interessante; fra questi spicca il lago degli Abeti, che deve il suo nome alla presenza di numerosi tronchi fossili di Abete Bianco adagiati sul fondo e tuttora visibili. E’ possibile raggiungere la zona seguendo delle strade secondarie sia dalla direzione di Chiavari che da Piacenza.
Altri laghi naturali in provincia di Genova
Altri laghi naturale in provincia di Genova, nell’Appennino Ligure, sono il lago Asperelle, un piccolo laghetto naturale sul versante nord-ovest del Monte Aiona, e il lago di Rezzo, un piccolo lago perenne di origine naturale posto in un’incavata conca nei pressi dei paesi di Magnasco, Villarocca e Villanoce (Val d’Aveto, Liguria, comune di Rezzoaglio). Presso gli abitanti del luogo è noto come Lago dei Pesci Rossi, a causa dell’immissione di pesci rossi appunto.
I Laghi del savonese
In direzione Ovest, in provincia di Savona, si segnala il Lago di Osiglia, bacino artificiale in val Bormida di circa 3 chilometri di lunghezza è il più grande lago della provincia di Savona. Sempre in provincia di Savona, il lago Scanizzon, piccolo lago di origine probabilmente glaciale.
E verso Ponente?
In provincia di Imperia di segnala il Lago di Tenarda, quasi interamente compreso nel comune di Triora, dal 2007 è entrato a far parte del Parco naturale regionale delle Alpi Liguri, si tratta di un lago artificiale di circa 0,3 chilometri quadrati.
Nello spezzino e nel sarzanese
Il viaggio itinerante continua in provincia di La Spezia dove incontriamo alcuni laghetti artificiali di modeste dimensioni formatisi entro le cave di escavazione della ghiaia nella bassa Val di Magra, tra questi si segnalano i Bozi di Saudino, di origine artificiale derivanti da ex cave di argilla e ghiaia allagate dall’acqua di falda, e il lago Pallodola, nel territorio sarzanese. Nell’omonima località Pallodola si segue il torrente Calcandola fino al fiume Magra, nei pressi del lago. Si tratta di una ex cava per l’estrazione di materiali inerti ricovertita e soggetta a rinaturalizzazione. Si costeggia il lago e i suoi stagni e quindi lungo il fiume caratterizzato dalla tipica vegetazione ripariale a pioppi e salici. Arrivati al canale Gora dei Mulini, si può raggiungere Ponzano Magra e Santo Stefano Magra.
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…
Andar per laghetti in Liguria: un tuffo nel verde. La primavera, un’altra sotto il segno della Covid-19, è alle porte, la voglia irrefrenabile di libertà, la fuga dalla città, anzi dalle case di città, evitando il caos autostrade, code, ingorghi e senza “assembrarsi” nelle spiagge gremite di persone, ci spinge a cercare spazi aperti e “nascosti”, quasi “segreti”.
Andar per laghetti, ecco un primo elenco
Esiste un’alternativa. Quale? I laghetti. Hanno il vantaggio di essere anche meno frequentati e, di conseguenza, più vivibili. Inoltre, sono raggiungibili in auto e disposti in direzione contraria a quella percorsa dai turisti, che ogni weekend invadono le autostrade. Ecco allora una lista di quelli “più comodi” per i genovesi (e non) che desiderino rifugiarcisi alla ricerca del fresco perduto. Per fare un bagno, o semplicemente fare una passeggiata turistica costeggiandoli.
Prendete carta e penna…
Laghetti di Nervi
Gioiello del levante genovese, Nervi è sia località balneare che luogo di relax per via dei suoi bellissimi parchi. Pochi sanno, però, che offre anche un’altra occasione di fuga dalla città: i suoi laghetti. Immersi in un meraviglioso panorama naturale a pochi chilometri dal mare, i laghetti di Nervi sono caratterizzati da acque verdi e limpide, ed essendo coperti per gran parte dagli alberi, rappresentano davvero il luogo perfetto in cui rilassarsi al fresco.
Come arrivare ai Laghetti di Nervi? Entrati a Nervi e scesa la rampa da Corso Europa raggiungendo via Oberdan (via principale di Nervi), dopo 10 metri svoltare a sinistra in via del Commercio. Si giunge ad un bivio e si segue verso destra fino al cimitero di Nervi. Si prosegue ora con il torrente scoperto, fino quasi al termine della via. Quindi si prende l’unica strada che c’è a destra, è una ripida salita (via superiore Torrente Nervi) che porta al cimitero nuovo. Dopo circa 300 m si posteggia nelle vicinanze di via Molinetti di Nervi, stradina collinare transitabile solo in moto, in mountainbike o a piedi. Percorsi 1,6 km si raggiunge il piccolo borgo di Molinetti che sovrasta i Laghetti di Nervi.
Laghetti del Gorzente
Il sentiero naturalistico dei Laghi del Gorzente è un paradiso a pochi chilometri da Genova, con il verde intenso dei pini e l’azzurro delle acque dei laghi, che si trovano tra Bosio (Alessandria), Campomorone e Ceranesi. Si inizia con un percorso in piano, per poi attraversare dei ruscelli e giungere al lago Lungo. Si può proseguire su un sentiero prima in salita e poi in discesa, prima di approdare al lago Bruno. Qui potete raggiungere la Casa del Guardiano, e poi proseguire sull’altra sponda del Lago Lungo fino ad arrivare alla sbarra e scendere al Passo di Prato Leone per tornare al valico di Prou Renè, dove solitamente si lasciano le auto. Sul il percorso ci sono i cartelli che indicano Sentiero naturalistico Laghi del Gorzente.
Lungo il corso del fiume, prima di arrivare ai laghi artificiali (dove non si può fare il bagno), c’è un sentiero naturalistico pianeggiante e agevole e la possibilità di fare escursioni oppure un bagno nel torrente Gorzente. Per arrivare bisogna andare fino al Parco Regionale delle Capanne di Marcarolo, dove ai Piani di Praglia parte il sentiero per i laghi del Gorzente.
Laghetti di Pegli
Sempre a Ponente, ma tornando verso Genova (in Val Varenna), ci sono i laghetti di San Carlo, a San Carlo di Cese, sopra Pegli. Per raggiungerli, poco prima di San Carlo, si parcheggia la macchina lungo la strada e si scende verso il sentiero che segue il torrente Rio Gandolfi. Subito si incontrano due laghetti piuttosto grandi, ma proseguendo il sentiero se ne possono trovare altri più piccoli, ma puliti e tranquilli.
Laghetti in Valbrevenna
Nell’entroterra ligure, in Valbrevenna, nei dintorni di piccoli paesi del comune di Montoggio, resistono alcuni specchi d’acqua, totalmente immersi nel verde, che offrono l’opportunità di immergersi in laghetti ancora non inquinati e di prendere il sole in un clima fresco e piacevole. Non fatevi spaventare da percorso tortuoso che dovrete fare per arrivarci: la giornata passata in acqua vi consolerà.
Ecco come raggiungerli: una volta arrivati a Montoggio, a circa 50 minuti dal centro di Genova, dovete dirigervi verso Casella. Sulla via si apriranno le indicazioni per diversi paesi: la strada che io ho percorso in macchina è quella in direzione di Valbrevenna e poi di Molino Vecchio, paese che si trova proprio all’imbocco della Valle. Dalla macchina, bisogna aguzzare la vista per scovare i laghetti tra la vegetazione. Non ci sono altre indicazioni per trovarli, ma se proprio vi trovate in difficoltà, chiedete indicazione agli abitanti del posto. Sulla via del ritorno a casa potrete, inoltre, godere di uno spettacolo affascinante: la città vista dall’alto, nel suo sposalizio di mare e monti.
Laghetti della Val Lentro
Se siete alla ricerca di una zona tranquilla e sconosciuta ai più, non potete perdervi i Laghetti della Valle del fiume Lentro, tra il Monte Fasce e il colle di Traso. Sullo stesso percorso che scorre lungo il fiume Lentro si incontrano, partendo da Viganego in Val Bisagno, prima il Laghetto del Ponte e poi, avanzando oltre i ruderi di antichi mulini, il Laghetto Muin. Il percorso è semplice e adatto a tutti e una volta scelto il laghetto preferito per la giornata non resta che rilassarsi tra le fresche acque e il verde della natura.
Lago del Pignattin
Spostandosi in un’altra valle della provincia di Genova, la Valle Stura, si incontra un altro laghetto degno di nota: il Lago del Pignattin. Semi nascosto nel tratto più selvaggio della valle, il lago è immerso nella pace più completa ed è caratterizzato da una purissima acqua trasparente. Lo si raggiunge da San Pietro di Masone e seguendo la traccia gialla fino a raggiungere questo spiazzo incontaminato.
Laghetti della Tina
Un’altra località balneare inconsapevole ospite di un punto di ritrovo nella natura è Arenzano, Comune del Ponente ligure localizzata all’interno del comprensorio del Parco Naturale del Beigua. I laghetti della Tina sono un vero angolo di paradiso tra la montagna e il mare, inseriti in una splendida cornice naturale e con vista aperta sul panorama sottostante. Vi si accede dalla località di Curlo, dove si deve lasciare la macchina e proseguire a piedi in un percorso adatto anche ai più piccoli.
Laghetti del Rio Scaggion
Nel ponente, non mancano i torrenti dove fare un bel bagno. Uno di questi è l’Arrestra che nasce dalla dorsale tra il Monte Beigua (1287 m) e il Monte Sciguello (1103 m), ed è formato da due rami sorgentizi: il Rio Scaggion (a ovest) e il Rio Prialunga (a est).
Per raggiungerli si parte da Varazze, seguendo le indicazioni per il Monte Beigua, e si prosegue sulla provinciale in direzione Casanova verso la località Faje. La strada sale su per la dorsale tra la valle del torrente Teiro a ovest, che sfocia a Varazze, e quella dell’Arrestra, che sfocia tra Varazze e Cogoleto segnando il confine tra le province di Savona e di Genova. Su una curva in cui il paesaggio si apre (Passo del Muraglione), si trovano le indicazioni per il Deserto di Varazze: prendendo la strada in discesa per circa due km, si vede scorrere il Rio Scaggion, ed è proprio al secondo ponte che potrete lasciare l’auto e iniziare il percorso a piedi.
Il percorso
Una piccola pista in salita, indicata da segnavia giallo, risale il corso d’acqua lungo la sponda destra e in circa dieci minuti porta a una cascata che, scendendo da un’enorme massa di roccia verde, forma un’ampia pozza profonda, raggiungibile da un sentiero secondario poco evidente. Questo è il punto più soleggiato della valle del Rio Scaggion e, grazie alle ampie rocce piatte e lisce che si trovano a valle della pozza, è possibile stendersi a prendere il sole o, se la temperatura lo consente, ad asciugarsi dopo un bagno nell’acqua fresca del torrente.
Tornando al sentiero principale, in circa quindici minuti si può raggiungere un’altra pozza più profonda, caratterizzata da uno scalino nel punto in cui entra l’acqua e da una grande roccia piatta. Questa zona è più ombrosa della precedente, ma essendo lungo il sentiero principale, è più facile da raggiungere. L’itinerario del Rio Scaggion è meno soleggiato, ma accessibile a tutti, mentre gli appassionati di canoa potranno avventurarsi lungo il Rio Prialunga che, va ricordato, è più pericoloso e famoso per le sue spettacolari cascate.
Una volta asciugati e riposati, se avete voglia di concludere in bellezza la giornata, potrete visitare l’Eremo del Deserto (info 019 918050), convento dei Carmelitani Scalzi risalente al XVII secolo che si trova poco distante, acquistare miele e prodotti tipici o percorrere un sentiero botanico con decine di specie. E infine rifocillarvi all’agriturismo Fonda (info 019 918201), rinomato per la sua cucina e per le sue merende.
Lago delle Lame
In Val d’Aveto si trova un’altra gemma lacustre nascosta: il Lago delle Lame. Il lago è, in realtà, una serie di conche di dimensioni variabili formate con l’erosione operata da un antico ghiacciaio e oggi ricche di acqua e di vita. Tra le attività da fare, oltre allo starsene in panciolle a godersi il fresco, sono consigliate la pesca alla trota, la visita al Museo del Bosco e la passeggiata alla Cascata di Ravezza. Per arrivare al Lago si esce dall’autostrada a Carasco e si seguono poi le indicazioni per Rezzoaglio e il bivio per il lago.
Laghetti di Rocchetta Nervina
Appena a ridosso delle case di Rocchetta Nervina (Imperia), inizia una serie di conche naturali conosciute come i laghetti, meta estiva per gli amanti della natura. Le acque limpide e cristalline che rispecchiano il blu del cielo e il verde brillante della vegetazione circostante rendono l’atmosfera selvaggia e suggestiva.
Più a monte si trova il canyon vero e proprio del torrente Barbaira in cui migliaia di sportivi di tutta Europa ogni anno praticano il torrentismo. Questo sport che assembla le tecniche di discesa speleologica con l’alpinismo e il nuoto, rappresenta una grande attrazione e permette di conoscere un ambiente assolutamente unico quale è l’ecosistema della canyon del Barbaira, con le sue rocce, i muschi, le felci e i suoi bacini verde smeraldo. Il sentiero per raggiungere il punto di inizio del canyon, ponte Cin, comincia presso l’Oratorio e passa accanto alla chiesetta campestre di S. Bernardo. Il tracciato, che fa parte del sentiero Balcone, conduce, con una splendida passeggiata di cinquanta minuti, a Ponte Cin e più avanti al Ponte Pau.
Alla scoperta. Anzi, alla riscoperta…
La Liguria, non è particolarmente conosciuta per i suoi laghi e laghetti, balneabili e non, il turismo, quello sempre più di prossimità, dettato dall’emergenza Coronavirus, riscopre l’entroterra: laghi, fiumi e sentieri, da ponente a levante.
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…
In Liguria la suggestiva fioritura delle camelie di Pegli. Uno spettacolo che rapisce gli occhi e il cuoredurante la fioritura primaverile nell’incantevole cornice di Villa Durazzo Pallavicini, a Pegli, nel ponente genovese, un evento che, solo nello scorso anno, ha richiamato 20 mila visitatori, provenienti da tutta Italia e dall’estero.
Le camelie di Pegli, uno dei polmoni verdi della Liguria
Ogni anno, da metà febbraio ad inizio aprile, le camelie in fiore regalano incredibili scenari nel Parco di Villa Durazzo Pallavicini, un vero e proprio polmone verde in Liguria, uno dei più belli, grandi e antichi d’Italia e tra i più importanti d’Europa.
I registri dei visitatori, dell’epoca, non lasciano spazio a dubbi: gli amici del marchese – perché ovviamente si entrava solo su invito del padrone di casa – provenivano da New York, dal Cile, dalla Russia.
Quest’anno si prevede che la fioritura sia godibile al Parco e al Camelieto storico fino al 5 aprile. C’è tutto il tempo, dunque, per scoprire tutte le curiosità su queste meravigliose piante antiche, un tempo coltivate direttamente dalla marchesa Clelia Durazzo, donna scienziato del ’700, botanica esperta, ancora oggi simbolo di emancipazione femminile.
Il Camelieto storico nel Parco di Villa Durazzo Pallavicini a Genova Pegli, si trasforma in un luogo magico, all’avvicinarsi della primavera, punteggiato di fiori bianchi, rosa accesi e rossi, dove fantasticare di incontrare Margherita Gautier, la “La Dame aux camélias”, “La signora delle camelie” di Alexandre Dumas figlio (1848) e tuffarsi in un romanzo di fine ‘800, intriso di amori e passioni.
IlViale delle Camelie si estende su 200 metri, con veri e propri alberi di camelie, 150 specie tutte diverse tra loro, che superano i 6 metri, accoglie i visitatori con i suoi colori e il suo tappeto di fiori per vivere un’esperienza unica: un viaggio romantico ligure tra le piante più intriganti della “Villa”, attraverso restauri, coltivazione e curiosità d’altri tempi ascoltate dalle voci esperte delle visite guidate.
Si tratta della specie Camelia Japonica che, crescendo e sviluppandosi nel tempo, ha dato vita a centinaia di cultivar dai diversi colori e dalle diverse forme e quantità di petali: la Vergine di Colle beato, la Warratah rubra, l’Incarnata, l’Eleonora Franchetti, la Bella di Firenze.
Il percorso di visita “teatrale” del Parco
Il Parco, di evidente ispirazione romanica, viene realizzato tra il 1837 e il 1846 (anno in cui venne inaugurato), da Michele Canzio, all’epoca scenografo del Teatro Carlo Felice, che creò, non a caso, una vera e propria rappresentazione teatrale “open air”.
Il percorso di visita è, infatti, articolato in prologo, antefatto, tre atti, ognuno composto da affascinanti scenografie caratterizzate da laghi, torrentelli, cascate,templi, grotte, arredi, piante rare, scorci visivi e inganni scenografici capaci di far smarrire i confini di questo luogo fiabesco.
Camelie
Le camelie, delicate corolle e petali purpurei portati via dal vento ancora freddo di un mite fine inverno, sono una delle piante decorative più conosciute: dalle sue foglie si ricava un tè dalle proprietà energizzanti e dai suoi fiori un olio dalle molteplici virtù cosmetiche.
Tante le curiosità di questi fiori così seducenti. Prima tra tutte e, a seconda del colore, il significato della camelia trasmette un messaggio diverso: rosa significa nostalgia e desiderio di ritrovarsi, mentre rosso dichiara che il cuore è infiammato di passione, ma entrambi le tonalità rappresentano l’amore romantico.
E la versione variegata? E’ simbolo di fiducia e speranza; bianco testimonia profondo affetto, a fiore doppio segnala quanto si pensi a una persona mentre quella semplice indica adorazione e bellezza.
Poi, lo sapevate che hanno affascinato una tra le più grandi stilisti della storia, Coco Chanel? Se ne innamorò così tanto da farla diventare un riferimento costante nelle sue collezioni. Ad ognuno, insomma, la propria camelia e…qual è la vostra preferita?
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…
Utilizziamo i cookie per essere sicuri che tu possa avere la migliore esperienza sul nostro sito. Se continui ad utilizzare questo sito noi assumiamo che tu ne sia felice.Ok