Borghi di mare meno turistici da scoprire

Borghi di mare (e non) da scoprire, incastonati su promontori rocciosi, adagiati su colline verdi o distesi lungo la costa. Sono borghi lontani dalle località più turistiche o sorti lungo i sentieri meno battuti nei quali vale la pena fare una sosta e, assolutamente, da inserire nel vostro viaggio, estivo e non. L’Italia, del resto, è disseminata di stupendi borghi. Castelli e paesini arrampicati sulla roccia. Casette antichissime, balconi e finestre ricoperti di fiori. Su tutti, quelli di mare esercitano un fascino irresistibile. Angoli meravigliosi che si inseriscono in modo armonioso in mezzo alla natura e offrono panorami eccezionali, rappresentando un vero e proprio patrimonio d’arte e cultura.

Borghi di mare meno turistici da scoprire

Ecco una (mia) lista dei 10 borghi sul mare (e non) più belli da visitare:

  • Grottammare, Marche
  • Numana, Marche
  • San Vito Chietino, Abruzzo
  • Cannigione, Sardegna
  • Portopalo di Capo Passero, Sicilia
  • Campomarino di Maruggio, Puglia
  • Posada, Sardegna
  • Tortolì, Sardegna
  • Cervo, Liguria
  • Campiglia Marittima, Toscana

Alla scoperta dei borghi marinai d’Italia

Sono decine e decine i piccoli paesini-gioiello a picco sul blu, dal sapore antico della Penisola. Tipici borghi marinari, dalla Liguria alla Sicilia. Luoghi incantevoli che tutto il mondo ci invidia, ognuno con le sue caratteristiche. Da quelli di casette colorate a quelli con le case tutte bianche. Dai borghi dove vivono e lavorano ancora i pescatori a quelli dediti soprattutto al turismo, ma che non hanno perso il loro fascino. Scopriamo insieme i borghi sul mare, bellissimi e imperdibili…

Grottammare Alta, Marche

Grottammare Alta, l’originario borgo medievale a picco sul mare, raccolto sul ciglio di un colle, con rustiche case e piccole vie, inebriato dal profumo degli aranceti. Lungo il cammino che vi conduce troverete la seicentesca villa del Cardinale Decio Azzolino, dove soggiornò Cristina di Svezia. Definita la Perla dell’Adriatico, si trova al centro della Riviera delle Palme, a sud delle Marche. La cittadina sorprende il visitatore per il verde delle pinete e delle palme, appunto, lo spettacolo degli oleandri e degli aranceti, le ville liberty e le spiagge di sabbia finissima attrezzate con numerosi stabilimenti balneari. A seguito dell’espugnazione della città nel 1525 da parte del pirata Dulcigno, il borgo fu fortificato con mura, porte e un Torrione detto della battaglia. Attualmente ospita molte delle opere del nativo scultore del vento, uno dei più grandi artisti del Novecento, Pericle Fazzini. Nella chiesa di Sant’Agostino del XVI secolo è conservata una Madonna della Misericordia di Vincenzo Pagani. Nella vicina Piazzetta Peretti si gode di una vista eccezionale dal portico balconato dell’edificio che ospita lo storico Teatro dell’Arancio, nei cui pressi sorge la Torre dell’Orologio. Merita una visita la Chiesa di Santa Lucia fatta erigere da Camilla Peretti in memoria del fratello Felice Peretti, divenuto papa Sisto V. Sulla collina che domina il borgo, infine, si trovano i resti di una rocca eretta nei secoli IX-X.

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Numana, Marche

Un antico borgo di pescatori che incanta per le sue viuzze e le casette colorate all’interno del Parco del Cònero. Numana si trova in provincia di Ancona ed è un vero gioiello della costa. Antico porto piceno rifondato dai siracusani, dal V sec. a. C. Numana è inclusa nelle rotte ateniesi: diviene così famoso emporio e centro di smistamento delle merci greche verso l’interno e il medio adriatico. Ribattezzata la Signora della Riviera del Conero, il centro pittoresco di Numana si divide in una parte Alta, sul pendio della collina, e una Bassa, lungo il porto e l’arenile. Il litorale ha conseguito l’ambito riconoscimento di Bandiera Blu per pulizia e vivibilità delle sue spiagge. Ha duplice conformazione: a nord del porticciolo presenta una costa a falesia, con spiagge nascoste tra insenature; a sud, fino a Marcelli, una larga spiaggia di ghiaia fine, più facilmente accessibile. Numana, precisamente, conserva la sua origine marinara nella parte alta, dove un fitto reticolo di viuzze abbraccia le colorate casette dei pescatori e si apre poi in un ampio belvedere affacciato sul mare. Una terrazza dal panorama unico che spazia su tutta la costa della Riviera del Conero. Dal centro si scende verso il porto attraverso l’antica via a gradoni, la Costarella, che i pescatori percorrevano ogni mattina all’alba. Quindi in pochi minuti dal centro si raggiunge la spiaggia dei Frati, dal porto di Numana invece partono le barche dirette alla celebre Spiaggia delle Due Sorelle.

Numana

San Vito Chietino, Abruzzo

San Vito Chietino si affaccia sull’Adriatico lungo la Costa dei Trabocchi, tra Ortona e Fossacesia, in Abruzzo. E’ adagiato su un crinale proteso verso il mare, tra il torrente Feltrino e il Rio Fontana. Il paese di origini romane, fu un riferimento importante grazie alla presenza del porto (già costruito in epoca Frentana), utilizzato per scambi mercantili con le popolazioni al di là del mare Adriatico. Dopo un periodo di decadenza, il borgo sul mare Sanvitese tornò ad essere valorizzato grazie alla presenza della chiesa dedicata a San Vito Martire ed al castello Medievale chiamato Castellato, ancora in parte visibile, che successivamente prese il nome del martire che già dava il nome al paese. Il borgo sorge su uno sperone roccioso e dalle sue balconate si gode un ampio panorama che spazia dalla Majella al Gargano alle Isole Tremiti.

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“Il paese delle ginestre”, lo definì D’Annunzio che qui soggiornò, insieme alla sua amante Barbara Leoni, nell’estate del 1889 nell’eremo delle Portelle o eremo dannunziano. In questa residenza il poeta pescarese trovò ispirazione e ambientazione per il Trionfo della Morte, ultimo della cosiddetta trilogia dei Romanzi della Rosa. Il borgo, inoltre, racconta ancora del suo passato medievale attraverso i resti delle mura difensive e delle sue belle chiese. Spiagge di sabbia o ciottoli, dominate da maestose rupi di arenaria, mostrano poi il meglio della costa dei Trabocchi. La costa, particolarmente frastagliata, è caratterizzata dal Promontorio del Turchino, così chiamato per il mare limpidissimo che assume le intense sfumature del cielo. Questo angolo è reso ancora più suggestivo dalla presenza del Trabocco del Turchino.

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Cannigione, Sardegna

Frazione di Arzachena, Cannigione è un rinomato borgo turistico della Costa Smeralda, nato come villaggio di pescatori agli inizi del Novecento. Oggi, però, è in grande sviluppo sia urbanistico che demografico, principalmente grazie al turismo balneare promosso soprattutto dalla vicina Costa Smeralda, mentre la pesca è divenuta oggi un settore secondario. Il Golfo di Arzachena è la ria più grande e profonda, ovvero un’insenatura creata da una foce, del nord-est della Sardegna. La linea di costa disegna una “V” sul versante occidentale della quale si trova il borgo di Cannigione. Il centro abitato si sviluppa sul mare ed è attraversato da due arterie principali: il Lungomare Andrea Doria e Via Nazionale. Il suo lungomare è occupato dalle banchine di un moderno e ampio porto. Accanto vedrete la spiaggia cittadina dalla sabbia chiara a grani grossi e il mare azzurro. Cannigione è diventato, inoltre, uno dei centri diving per eccellenza in Sardegna: da non perdere le visite nei banchi di posidonia in vari punti di immersione, in particolare allo scoglio di Mortoriotto. 

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Fanno capo al piccolo villaggio diverse spiagge, ubicate tra il golfo delle Saline e quello di Arzachena. Tra le più importanti oltre alla spiaggia del pontile di Cannigione troviamo, le diverse spiagge di La Conia, Isuledda, Tanca manna, Mannena, Barca bruciata, le piscine e le calette sino ad arrivare alla spiaggia delle Saline che si trova nel territorio di Palau. Da Cannigione, poi, partono inoltre le gite in barca per le escursioni al parco Nazione dell’Arcipelago di La Maddalena o, magari, raggiungere, ogni giorno, una località diversa tra le più esclusive della Costa: Porto CervoBaia SardiniaPoltu Quatu.

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Portopalo di Capo Passero, Sicilia

All’ultimo lembo del sud-est siciliano e all’estremità meridionale dell’Europa si trova Portopalo di Capopassero. È il comune più a sud dell’isola siciliana e più a sud di Tunisi. Raggiungibile tramite una spettacolare via panoramica adiacente al mare, Portopalo è un borgo di mare bagnato dallo Jonio e dal Mediterraneo. Via Vittorio Emanuele è la via principale che taglia in due il paese affacciato sui due mari. Nel centro si trova la chiesa di San Gaetano, dedicata al patrono di Portopalo. Il borgo vanta poi vanta la tonnara più grande d’Italia, ma che dagli anni ‘90 versa in stato di totale abbandono. Vicino si trova il castello Tafuri, dall’inconfondibile stile liberty, che risale al 1935 e sorge su un costone roccioso lungo la costa sud-orientale della Sicilia. Davanti si scorge l’isola di Capo Passero, che un tempo era una penisola, e l’isola delle Correnti, che tutt’ora lo diventa durante la bassa marea.

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Le spiagge

La naturale continuazione del tratto costiero che fronteggia l’Isola delle Correnti, Carratois è una delle spiagge da non perdere della zona di Portopalo. Si trova a circa sette chilometri dal centro abitato e si presenta con acque cristalline, basso fondale ed una lunghissima spiaggia dorata.

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Punta delle Formiche, situata fra Costa dell’Ambra e l’isola delle correnti, è costituita da una punta di roccia arenaria, affiancata da un piccolo tratto di sabbia finissima che si interseca fra le rocce bianche. Il mare cristallino color cobalto fa da sfondo ad un panorama splendido che abbraccia anche l’isola delle Correnti. Il tramonto, poi, è un momento imperdibile. Il nome “Punta delle Formiche” deriva dalla conformazione degli scogli che si prolungano verso la terraferma e che, visti dall’alto, sembrano formare appunto una colonna di formiche. L’isola di Capo Passero è un proprio gioiello naturalistico, tanto da essere classificata dalla Società Botanica Italiana, come zona di rilevante interesse botanico. L’isola propone zone sabbiose nella parte fronteggiante il borgo di Portopalo a zone rocciose e impervie. L’affascinante zona sabbiosa, caratterizzata da mare cristallino e lingue di sabbia che degradano dolcemente a largo, è facilmente raggiungibile “a piedi”, attraversando il mare -quando c’è bassa marea – oppure con una piccola imbarcazione di pescatori che tutto il giorno, effettua il trasporto da e verso l’isola.

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Campomarino di Maruggio, Puglia

Sulla costa ionica, in provincia di Taranto, si trova Campomarino di Maruggio, l’unica frazione del comune di Maruggio popolata quasi esclusivamente d’estate. Il fulcro del piccolo borgo è il Piazzale Italia, più comunemente chiamato dagli abitanti del posto la rotonda o la piazzetta, costruito nel 1958 dove sorge la Torre delle Moline, una torre di avvistamento dei saraceni del XV secolo. Il porto, l’unico sulla costa tra Porto Cesareo e Taranto, è diviso in due aree, quella dedicata ai pescherecci e quella turistica. Il porto turistico dispone di un grande piazzale, dove d’estate si tengono concerti e spettacoli.

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Se siete alla ricerca di una destinazione balneare con mare cristallino e natura incontaminata, vi consiglio la spiaggia di Campomarino di Maruggio nel Salento. Per il suo mare cangiante, Campomarino è definito il “mare dai sette colori”: le sue sfumature sono, infatti, incredibili e ogni giorno sono in grado di meravigliare il visitatore. Perché partire per mete esotiche, quando avete tutta questa bellezza in Puglia? Eh già, l’attrazione di Campomarino sono le sue spiagge bianche bagnate da un mare cristallino lungo la bellissima costa di 9 km. Attraversando dune di sabbia chiara, punteggiate dalla macchia mediterranea, arriverete a tuffarvi in un mare trasparente dal fondale basso. Se poi amate lo snorkeling e le immersioni, verso i 6 metri di profondità si possono ammirare numerosi sarcofagi marmorei di età romana.

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Posada, Sardegna

Si arrocca su un colle calcareo dalla cui cima osserverete uno splendido panorama. Posada, paese di tremila abitanti insignito della Bandiera arancione del Touring club e inserito nel club dei borghi più belli d’Italia, è uno dei luoghi più suggestivi dell’Isola per storia. Borgo della Baronia, nella Sardegna nord-orientale, arroccato su una rupe e dominato da un castello, ai suoi piedi una valle verde che sfocia nel mare turchese. Posada è uno dei centri sardi più antichi. Probabilmente fu un insediamento italico-etrusco (V-IV secolo a.C.). In età romana tutto ruotava attorno al portus Liquidonis, attuale San Giovanni di Posada, borgo di mare dominato da una torre aragonese. Come annuncia il toponimo latino Pausata, il paese fu stazione di sosta e luogo di frontiera. Oggi, Posada conserva il fascino medievale con un labirinto di vicoli, scalette e piazzette. Al centro si trova la parrocchiale di Sant’Antonio Abate. A sovrastare il centro, il castello della Fava del XIII secolo. Ai piedi del borgo si estende la valle del rio Posada, che si può risalire in kayak, consigliata agli amanti di natura e archeologia. Intorno al lago di Maccheronis, invece, si snodano itinerari per bici nel parco di Tepilora, una delle aree verdi più grandi e belle della Sardegna. Qui, si possono ammirare i fenicotteri rosa nello stagno di San Giovanni o rilassarsi sulla spiaggia omonima.

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Tortolì, Sardegna

Tortolì è la porta d’Ogliastra, dà accesso a un territorio multiforme e sorprendente: attorno alla città, abitata da undicimila residenti e animata da decine di migliaia di visitatori in estate, troverete spiagge tropicali, boschi e macchia mediterranea, fertili pianure e stagni, dolci colline coltivate e una particolarità, una striscia di porfido rosso che corre parallela alla costa. E’ la capitale sarda delle tortore e dei fiori. Le Rocce Rosse, poi, sono l’esempio più spettacolare. Il monumento naturale della frazione di Arbatax affiora da acque verdi smeraldo offrendo un suggestivo contrasto cromatico. Ulassai, nel Nuorese, poi, è scenario del festival musicale Rocce Rosse Blues. Accanto c’è il porto, punto d’arrivo dei turisti e luogo di imbarco alla scoperta delle splendide cale ogliastrine.

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Il mare di Tortolì è un incanto, il litorale isolano più premiato con le ‘bandiere blu’. Dietro le Rocce Rosse spicca Cala Moresca, perla ‘cittadina’ con ​scogli granitici e sabbia dorata. Poco più a sud, ecco le tonalità azzurre di Porto Frailis e il lungo Lido di Orrì: sedici chilometri di insenature nascoste e spiaggette, tra cui la splendida Cala Ginepro, con sabbia fine, sassolini levigati e un boschetto di ginepri, e San Gemiliano. Gli scogli rossi affiorano anche nel paradiso di Cea, quattro chilometri di sabbia bianca e soffice. Lo spettacolo della natura è completato da accoglienti aree verdi: il parco urbano La Sughereta e il parco Batteria, in cime a una collina, con vista su tutto il golfo. L’età nuragica ha lasciato nel territorio più di 200 monumenti, il sito di s’Ortali ‘e su Monti ne è completa rappresentazione: nei suoi sette ettari sono compresi un nuraghe complesso, una tomba di Giganti, due menhir, capanne, una domu de Janas, un muro e resti di un altro nuraghe.

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Cervo, Liguria

A circa 10 da Imperia si trova Cervo, o come viene spesso chiamato Cervo Ligure, sorto su una collina che si tuffa nel mare, inserito tra I borghi più belli d’Italia. Anche il suo nome ha origini lontane. Secondo alcune fonti storiche, pare che Cervo derivi dall’antica parola latina “servo” (letteralmente: offrire servizi). Questa parola era solitamente usata in epoca romana sulle insegne e sopra le entrate delle locande per indicare ospitalità. Solo nel tardo ‘500, con il diffondersi del volgare, Servo venne storpiato in Cervo. Questo borgo, il più pittoresco della Liguria, e a ridosso del mare, ha conservato nei tempi le sue caratteristiche medievali ed è oggi una vera e propria perla della Liguria apprezzata sia per la sua bellezza architettonica sia per il paesaggio unico che la circonda. Davanti abbiamo il blu e l’infinità del mare, mentre alle spalle il verde delle colline domina la scena.

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Il centro storico

Iniziate ad esplorare il centro dalla salita al castello, con la Porta Marina della Montà, che segna fino alla fine del XVIII secolo il limite meridionale delle mura del castello. Il palazzo del Cinquecento sopra i portici bassi e stretti riecheggia le costruzioni genovesi dell’epoca. Salendo, s’incontra palazzo Morchio, della fine del XVII secolo, ora municipio, appartenuto a Tommaso Morchio, ammiraglio comandante di dieci galee genovesi, che nel 1371 conquistò alla Repubblica l’isola di Malta e la città di Mazara in Sicilia. Nella piazza principale si affaccia la barocca chiesa di San Giovanni Battista. L’originale facciata concava si erge sul mare e la sera il suo campanile sembra un faro che indica l’approdo ai naviganti. Il castello del XII secolo fu costruito dai marchesi di Clavesana come propria dimora, ma nel XVII secolo fu sventrato e diviso in due parti: la superiore a volta unica conserva un affresco raffigurante Santa Caterina, l’inferiore, ridotta, ha ospitato l’ospedale e oggi è sede del Museo Etnografico. Merita anche l’antica parrocchiale dedicata a San Giorgio di Cappadocia, il cui culto i marinai avevano appreso in Oriente all’epoca delle crociate. Inoltre Cervo conta numerosi palazzi padronali come il palazzo Balleydier, una bella costruzione settecentesca affrescata dal Carrega.

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Il borgo di Cervo: storie di Marchesi, pescatori di corallo e corsari

Una visita didattica nel borgo di Cervo che consente di apprezzare la storia millenaria attraverso le sue evidenze architettoniche e culturali più significative. Le visite didattiche nel borgo di Cervo sono organizzate dalla Proloco Progetto Cervo in sinergia con il Comune. Percorsi alla scoperta di storia, architettura e paesaggio affacciati sul mare, scoprendo palazzi antichi e monumenti nel centro storico, e immergendosi nella natura intorno al borgo, tra i più belli d’Italia. Le visite didattiche sono curate dalla dott.ssa Elisa Bianchi, archeologa, il costo di partecipazione è di 7 euro (gratuito per bambini e ragazzi fino a 12 anni). Per i partecipanti è, inoltre, previsto l’ingresso ridotto al Museo Etnografico. Prenotazione obbligatoria: Elisa Bianchi 3385959641. Per informazioni: ufficio IAT 0183406462, int.3 infocervo@cervo.com.

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Il Festival Internazionale di Musica da Camera di Cervo

La musica e Cervo hanno un legame profondo che dura ormai dal 1964; anno in cui è stato fondato il “Festival Internazionale di Musica da Camera, anche soprannominato Cervo Festival, che richiama musicisti e spettatori da tutto il mondo. In questa cornice magica, nelle sere d’estate, è possibile lasciarsi trasportare dalle note di alcuni dei musicisti di musica classica più famosi al mondo. E’ nato grazie a Sandor Vegh, violinista ungherese, che vide grandi potenzialità nella caratteristica facciata concava della Chiesa di San Giovanni. Grazie a questa curiosa peculiarità architettonica, l’acustica della centrale Piazza dei Corallini è pressoché impeccabile. Oltre al Cervo Festival, molti altri eventi caratterizzano e scandiscono le giornate e le serate estive. Tra questi il Cervo ti Strega“: un evento culturale e letterario di più giorni. I cinque scrittori finalisti dell’ambito “Premio Strega” sono i protagonisti di questa manifestazione.

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Campiglia Marittima, Toscana

Fare un viaggio a Campiglia Marittima significa visitare uno dei borghi più belli della Costa degli Etruschi. Adagiato su un colle dal quale guarda il mare Tirreno e la campagna circostante odorosa di aromi selvatici, Campiglia Marittima è uno dei borghi più belli della Val di Cornia, sebbene il nome “Marittima” richiami il mare. La sua storia è segnata dalla presenza di giacimenti minerari dai quali, a partire dagli etruschi, vennero estratti minerali e metalli, quali rame, piombo argentifero, ferro e marmo, essenziali per il commercio del paese fino ai giorni d’oggi. L’atmosfera medievale è stata protetta nel corso degli anni dalle mura che circondano il cuore della città e dalle tradizioni che tengono in vita sapori e pratiche perdute. Passeggiare per le caratteristiche vie del centro storico farà perdere al visitatore la cognizione del tempo, una volta varcata la cinta muraria da una delle tre entrate principali si è subito stupiti dall’armonia architettonica degli edifici storici, le botteghe artigianali, le locande, ed i musei si affacciano invitando i passanti ad entrare.

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L’arte e i monumenti

Il dominio di Firenze sulla città è impresso nei mattoni del Palazzo Pretorio sulla cui facciata sono ancora visibili gli stemmi dei podestà che si sono susseguiti in epoca rinascimentale. Dal borgo si scorge il promontorio dell’Argentario e nei giorni di cielo sereno anche la Corsica. A 281 metri si trova la Rocca di Campiglia, che comprende l’edificio del cassero, l’antica cisterna, l’imponente parete merlata con bifora dell’edificio gentilizio e l’acquedotto degli anni ‘30. Dentro le antiche mura si concentra poi il cuore del borgo. Il Palazzo Pretorio è il simbolo del potere politico e militare che sovrasta gli altri edifici con la sua torre dell’orologio completata da una bella campana. Oggi il Palazzo ospita l’Archivio Storico, la Biblioteca dei Ragazzi “Il palazzo dei Racconti”, il Museo Carlo Guarnieri e il Museo del Minerale.  Tra le chiese vale la pena vedere la Pieve di San Giovanni, splendido esempio dello stile romanico-toscano, e la Chiesa di San Lorenzo, che ospita il Museo d’Arte Sacra. Notevole, infine, il Teatro dei Concordi, sede di importanti rappresentazioni.

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I borghi, i piccoli paesi, gli angoli nascosti sembrano più leggeri la sera,
quando la gente lascia le spiagge 

e il bagnino chiude gli ombrelloni, quando i colori appaiono più veri nell’aria fresca e il campanile segna un’ora
che esiste solo d’estate.

Io, ogni volta, me li immagino e li vivo così, ma il paese per me è il luogo del futuro, è il luogo dove impiantare la sagra del futuro, non è la conservazione del passato.

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Modena, tra storia, arte, cibo e motori

Modena, tra storia, arte, cibo e motori. Cinta dai fiumi Secchia e Panaro proprio al centro dell’Emilia Romagna, è una piccola città bomboniera ricca di fascino, nobile e borghese, ancora oggi, perfetta nel suo insieme. Una città piena di alberi, dinamica, affascinante, seducente e di una eleganza raffinata. Modena è una perla preziosa da ammirare per i tesori architettonici che custodisce, di grande fascino e suggestione. Nel 1997l’Unesco ha riconosciuto il valore universale del complesso di Modena, dichiarando la Cattedrale, la Torre Civica e Piazza Grande Patrimonio dell’Umanità, quali “testimonianza unica o quantomeno eccezionale di una civiltà o di una tradizione scomparsa”. L’antica storia della città, infatti, potrete riviverla passeggiando tra i monumenti del centro storico: traccia dell’importante passato della città.

Modena, tra storia e curiosità

Le origini di Modena risalgono probabilmente al periodo etrusco, ma le prime notizie sicure sulla città si hanno all’inizio del II secolo a.C. e coincidono con l’espansione di Roma, quando venne creata la grande arteria della via Emilia e Mutina fu proclamata colonia romana. Dopo il breve dominio mantovano nel 1289, Modena tornò, nel 1336, alla casata degli Estensi che la governarono fino al 1796. Diventò la “città estense” per antonomasia solo nel 1598, quando il duca Cesare d’Este trasferì da Ferrara a Modena la capitale del suo ducato. Con il boom economico, negli anni del dopoguerra, Modena ha conosciuto un periodo di benessere senza precedenti.

Maserati Modena

Un successo legato all’affermarsi di industrie come Ferrari, Maserati o Panini, o come i poli ceramico di Sassuolo, tessile di Carpi e biomedicale di Mirandola, e alla valorizzazione dei prodotti tipici della regione.

Modena e la sua arte: ecco cosa vedere

Se state pensando di trascorrere qualche giorno a Modena, vi propongo un itinerario di viaggio di cosa vedere, assolutamente, in città e dintorni, in uno o più giorni. La vostra visita “nella city” non può che iniziare da Piazza Grande, cuore della città, dove troverete il Duomo di Modena, la Ghirlandina e il Palazzo Comunale. Dopo una sosta d’obbligo al Duomo caratterizzato da loggette, salite sulla Ghirlandina, il campanile simbolo della città, percorsi i 200 scalini la vista sulla città è incredibilmente magnetica. Se avete tempo, fate visita ai Musei del Duomo.

Piazza Grande e Palazzo Comunale

Cuore pulsante e vivo della città, Piazza Grande è la piazza principale di Modena, situata in pieno centro storico. Vi si affacciano il Duomo, l’Arcivescovado e il Palazzo Comunale, che chiude col suo porticato il lato orientale e settentrionale della piazza. Non si tratta, in realtà, di un unico palazzo, ma del risultato della ristrutturazione sei-settecentesca di numerose costruzioni sorte in epoche diverse, armonizzate allo scopo di organizzarle in un unico, omogeneo complesso edilizio. Al suo interno sono visitabili le splendide sale storiche: Sala della Torre Mozza (così chiamata perché è ancora visibile il muro di un’antica torre civica che testimonia le origini medievali del Palazzo), Camerino dei ConfirmatiSala del Fuoco, Sala del Consiglio Vecchio, Sala degli Arazzi e Sala dei matrimoni.

Piazza Grande e Palazzo Comunale

Il Duomo di Modena e la Ghirlandina

Il Duomo di Modena è tra i maggiori monumenti della cultura romanica in Europa. Fu fondato il 9 giugno del 1099 per iniziativa delle varie classi sociali cittadine, come affermazione dei valori civici, culturali e religiosi della nascente comunità. L’architetto Lanfranco e lo scultore Wiligelmo realizzarono la cattedrale, che ospita il sito del sepolcro di san Geminiano, patrono di Modenain una sintesi fra la cultura antica e la nuova arte lombarda, creando un modello fondamentale per la civiltà romanica. Dalla fine del 1100 fino al Trecento il cantiere fu proseguito dai Maestri Campionesi.

Duomo di Modena e Ghirlandina

A fianco dell’abside del Duomo, con i suoi 89,32 metri, si proietta verso l’alto la torre Ghirlandina. Una curiosità. La Ghirlandina è stata battezzata dai modenesi con questo vezzeggiativo per il doppio giro di balaustre che incoronano la guglia, “leggiadre come ghirlande”.

Galleria Estense

La Galleria Estense è una delle tappe imperdibili di Modena che merita una lunga sosta per poter ammirare la collezione d’arte dei duchi d’Este: al suo interno troverete opere di Guercino, Annibale Carracci e Dosso Dossi. Sul sito ufficiale gallerie-estensi.beniculturali trovate le informazioni su orari e aperture. Istituita nel 1854 da Francesco V d’Austria-Este e collocata dal 1894 nell’attuale sede del Palazzo dei Muse. L’edificio comprende quattro saloni e sedici salette espositive dedicate all’importante patrimonio artistico accumulato dai duchi d’Este fin dagli anni della signoria ferrarese.

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Galleria Civica

Attiva dal 1959, la Galleria civica di Modena, storica istituzione pubblica della città, è da oltre 50 anni uno dei centri di produzione culturale più autorevoli nel panorama nazionale dell’arte contemporanea.
Dal 1963, anno in cui inizia a svolgere attività permanente, la Galleria civica di Modena stabilisce la sua sede nel settecentesco Palazzo dei Musei. Dalla primavera 1995 si trasferisce nell’appena ristrutturato Palazzo Santa Margherita, ubicato in una delle più suggestive zone del centro storico della città.

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Palazzo Ducale

Uno degli edifici più belli della città è sicuramente il Palazzo Ducale di Modena, sede della Corte Estense, che fu realizzato dai più grandi artisti dell’epoca come Avanzini, Berlini, Borromini e Pietro da Cortona. Secondo molti si tratta del primo palazzo barocco d’Europa, quello in cui vennero cioè per la prima volta realizzati i canoni dell’arte seicentesca. È monumentale e ricchissimo, d’arte e di storia: un gioiello degno delle ambizioni di chi lo volle. Per grandezza e fasto, ben potrebbe essere annoverato tra le più prestigiose regge a livello europeo.

palazzo ducale di Modena

Oggi è sede dell’Accademia Militare: l’unico Istituto di formazione di base per gli Ufficiali in servizio permanente dell’Esercito e dell’Arma dei Carabinieri.​L’elegante facciata si presenta con tre piante di finestre affiancate, coronate da balaustre con statue. Con il suo elegante loggiato a due piani, il Cortile d’Onore è un capolavoro dell’architettura barocca. Da qui si accede allo Scalone d’Onore ornato da statue romane, che porta al Loggiato e alle numerose sale dell’Appartamento di Stato. Non perdete una visita al Foro Boario di Modena, un incredibile struttura che, oggi, ospita la Facoltà di Economia.

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Dopo aver visitato la chiesa di Sant’Agostino, di origini trecentesche, che venne trasformata nel Seicento diventando il Pantheon dei duchi e delle duchesse d’Este, raggiungete il monumentale di Modena, San Cataldo. Raggiungete il chiassoso mercato storico Albinelli, il mercato storico della città. Tra i banchi troverete tante prelibatezze da assaggiare. Modena è patria dell’aceto balsamico, proprio per questo non potete perdere una visita all’Acetaia comunale che si trova nel sottotetto del Palazzo Comunale.

Chiesa di Sant’Agostino

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Cimitero Monumentale San Cataldo

cimitero monumentale san Cataldo

Storico Mercato Albinelli di Modena

mercato Albinelli

L’Acetaia comunale

Acetaia di Palazzo Comunale

 

Museo della Figurina, per bambini e non solo

Non dimenticate, poi, una tappa al Museo della Figurina. Nato per volontà e passione di Giuseppe Panini, fondatore delle Edizioni Panini, il Museo della Figurina è allestito in un’ampia sala espositiva, nella quale si trovano sei armadi, corrispondenti a sei grandi album da sfogliare. Al loro interno è ripercorsa l’intera storia della figurina, dagli esordi alle più innovative tecniche di produzione.

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Oltre a dare i natali a Enzo Ferrari, fondatore della gloriosa scuderia automobilistica, Modena è anche la patria della lirica: proprio qui, infatti, è nato Luciano Pavarotti, il tenore italiano più famoso al mondo. Da mettere in programma, dunque, una visita alla Casa Museo Pavarotti.

Casa Museo di Luciano Pavarotti

La Casa Museo di Luciano Pavarotti, progetto a cura della Fondazione, fa parte di questo piccolo, grande mondo modenese: un luogo capace di far conoscere ai suoi visitatori il ritratto del Grande Maestro nella sua veste di uomo di scena, così come nella sua veste più intima e privata di uomo legato alla sua terra, alla quale ritornava in ogni momento di pausa dal lavoro. Si trova nel cuore della campagna modenese, proprio alle porte della città verso le colline, e rispecchia l’animo allegro, gentile e vibrante del Maestro: ogni centimetro riflette la sua personalità poiché rivela l’uomo dietro le quinte.
casa museo pavarotti

Il Teatro Comunale Luciano Pavarotti

Il Teatro Comunale fu inaugurato nel 1841 con la denominazione Teatro dell’Illustrissima Comunità. Dall’ottobre 2007, è stato intitolato “Teatro Comunale Luciano Pavarotti”, in memoria del grande tenore modenese a un mese dalla sua scomparsa

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Prima di lasciare la città non perdete una visita, se siete appassionati di motori, alla Casa Museo Enzo Ferrari e al Museo Ferrari di Maranello.

casa museo enzo ferrari

Modena e i motori

Tappa obbligata per gli appassionati di corse automobilistiche e non solo, il Museo Enzo Ferrari, inaugurato nel 2012, ospita la casa in cui nacque Enzo Ferrari nel 1898 e la galleria espositiva, l’ormai famoso “cofano” di alluminio giallo che l’avvolge. Un edificio futuristico al cui interno vi si può ammirare un allestimento flessibile che rappresenta la storia, gli attori, i luoghi e le competizioni dell’automobilismo sportivo modenese.

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Vale una fermata anche all’Orto Botanico dell’Università di Modena, nel cuore del centro storico, fondato nel 1758, per volontà del Duca Francesco III d’Este, che destinò una parte del giardino di corte alla coltivazione e alla dimostrazione delle piante medicinali.

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Il Giardino Ducale Estense è un giardino fatto costruire ancora verso la fine del XVI secolo, quando il duca Cesare diede ordine di recintare adeguatamente un ampio spazio incolto situato a Nord del palazzo, e per circoscrivere l’area fu utilizzata una semplice siepe. Il parco del Giardino Ducale Estense è fortemente caratterizzato dal disegno originario e dalla presenza della pregevole palazzina Vigarani che emerge in tutte le principali prospettive. Sul piano vegetazionale va sottolineata la presenza di alberi appartenenti a diverse specie di notevole grandezza e importanza.

giardino ducale estense

Quindi, lasciandovi alle spalle la magia del centro storico di Modena, potete raggiungere il Parco Giovanni Amendola: un’oasi verde di oltre centosettantamila metri quadrati all’interno di Modena. Il parco presenta soluzioni non convenzionali e di valore artistico nella costruzione di collinette perfettamente circolari e nell’utilizzo calcolato del cemento, soluzioni che creano un paesaggio naturale simile ai mondi di Super Mario.

Parco Giovanni Amendola

Cosa mangiare a Modena: i prodotti tipici

La cucina modenese è rinomata in tutta Italia ed è molto antica, tanto che viene citata già in alcuni libri del 1300, tra cui il Decameron del Boccaccio, dove ritroviamo i famosi tortellini (più piccoli e la loro forma sarebbe legata a una leggenda che trae spunto dal poema “La Secchia Rapita” del Tassoni) o cappelletto (la cui forma, come il nome lascia intendere, ricorda quella dei cappelli indossati durante il Medioevo: turtlén (in dialetto bolognese) o del turtlèin (in quello modenese) o  caplèt (in romagnolo). Tradizioni antiche che uniscono realtà e leggenda, sapori semplici e al tempo stesso ricercati, e grandi piatti che si contendono il primato: Emilia v/Romagna.  Il “vero” cappelletto è decisamente romagnolo mentre il “vero” tortellino emiliano.

tortellini

Uno dei pezzi forti della gastronomia modenese è la carne di maiale, che trova espressione nei marchi di origine del Prosciutto di Modena, del cotechino IGP e dello zampone.

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Tante le prelibatezze da assaggiare a Modena, tra cui lo gnocco fritto, solitamente accompagnato con salumi, formaggi o servito al posto del pane e le crescentine (da impasto che cresce), note comunemente come tigelle, sono delle focaccine tipiche modenesi, preparate con un impasto a base di farina, strutto, lievito e acqua. Che dire, poi, del rinomato borlengo? Una cialda molto sottile e croccante tipica dell’area collinare. La città è nota nel mondo anche, non ultimo, per il Lambrusco di Modena Dop, uno dei fiori all’occhiello dell’enologia emiliana.

gnocco fritto tigelle lambrusco

Aceto Balsamico di Modena

Tra i prodotti d’eccellenza della gastronomia modenese, conosciuto in tutto il mondo, non si può non menzionare ancora l’aceto balsamico di Modena, che, al pari di tutte le altre Dop e Igp è pienamente tutelato contro ogni possibile evocazione che possa indurre in errore i consumatori. C’è un solo modo per fare l’Aceto Balsamico di Modena I.G.P.  Quale? Deve essere prodotto esclusivamente nelle acetaie delle province di Modena e Reggio Emilia con i mosti ottenuti dai 7 vitigni più coltivati in Emilia Romagna – Lambrusco, Sangiovese, Trebbiano, Albana, Ancellotta, Fortana e Montuni. Nasce dalla sapiente unione tra mosto cotto da questi vitigni selezionati e dal pregiato aceto di vino.

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E, dulcis, ma non ultimo, il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano: due grandi eccellenze italiane conosciute in tutto il mondo. Benché simili, però, sono facilmente confondibili, ma è sbagliato.

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Il Parmigiano Reggiano è nato nelle comunità monacali dell’Emilia Romagna mentre il Grana Padano è nato nell’Abbazia di Chiaravalle, in Lombardia. Il Parmigiano Reggiano si produce solo nelle province di Parma, Reggio Emilia, Bologna, Modena e Mantova.  Il Grana Padano si produce, invece, nella zona della Pianura Padana, da cui il formaggio prende il nome, che abbraccia ben 32 provincie, tra Lombardia, Piemonte, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna e Veneto. Si tratta quindi della zona della Pianura Padana, da cui il formaggio prende il nome. 

I principali eventi nella città di Modena

Il 31 gennaio, di ogni anno, viene celebrata a Modena la festa del Patrono, san Geminiano, durante la quale vengono esposte in Duomo le reliquie del Santo, mentre nel centro storico della città si svolge la fiera con le tradizionali bancarelle per la vendita di prodotti extralimentari e degustazioni di prodotti tipici.

San Geminiano di Modena

Dal 2018, è approdato a Modena uno degli eventi più amati dai golosi. Si tratta di Sciocolà, il Festival del cioccolato, che nel 2019 ha visto l’esposizione di una replica in cioccolato della Ferrari F2004 di Michael Schumacher. La terza edizione, che avrebbe dovuto svolgersi dal 30 ottobre al 1 novembre 2020, è stata rinviata al 2021 a causa dell’emergenza Covid (29 ottobre – 1 novembre).

sciocola

Tra gli appuntamenti annuali da non perdere, c’è anche il Festivalfilosofia che a settembre anima per tre giorni la città, con lezioni magistrali, mostre, concerti, film, giochi e cene a tema. È libertà il tema della 21ª edizione della manifestazione, che si terrà il 17, 18 e 19 settembre 2021 a Modena, Carpi e Sassuolo.

festivalfilosofia

Cosa vedere a Modena e dintorni?

Ecco una lista di luoghi e tappe “fuori porta” che meritano di essere programmate e che lascio a voi l’incanto di scoprirle in libertà:

    • Castello di Rossena
    • Fiumalbo
    • Pievepelago
    • Fanano
    • Maranello
    • Sestola
    • Montecuccolo
    • Rocca di Montese
    • Guiglia
    • Castelvetro
    • Rocca di Montefiorino
    • Rocca di Vignola
    • Sassuolo
    • Carpi
    • Castello di Rangone
    • Nonantola
    • Reggio Emilia
    • Parco Regionale dei Sassi di Roccamalatina

Questa è “la mia” Modena, e tanto altro, oltre ad essere la terra natale di chi scrive. Mi piace raccontare la storia delle città e dei luoghi che ho visitato, anche quando, qui, ci ho vissuto per 35 anni, prima di “farmi adottare” in  Liguria.

Le città che quando cammini non ti rendi conto del tempo e ti perdi all’angolo, tra un dettaglio e lo stupore.

Le città sono come le persone. Hanno un nome che le distingue e pregi, difetti e particolarità che conferiscono loro un carattere preciso. Ma c’è sempre qualcosa che sfugge, labile e indefinibile, così da renderle sempre nuove e inaspettate ogni volta che le si rivede.

Questo mi succede, tuttora, a Modena…

 

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Luca, il nuovo film Disney Pixar sbarca in Liguria

Luca, il nuovo film Disney Pixar sbarca in Liguria. Anzi, per la prima volta, Pixar ambienta un film interamente in Italia. Luca racconta di un’incredibile estate, vista attraverso gli occhi di un mostro marino di nome Luca, nella città di mare italiana Portorosso, ispirata alle Cinque Terre e immersa nelle atmosfere tipiche della Liguria.

Luca, il nuovo film della Pixar sbarca in Liguria

Il film Disney in Liguria, alla scoperta dei luoghi

La Liguria e i suoi luoghi, non a caso, hanno accompagnato l’infanzia del genovese Enrico Casarosa, regista del film e il cui cortometraggio La Luna era stato candidato all‘Academy Award. Si è trasferito a New York all’età di vent’anni ed è il primo italiano a dirigere un film Pixar. Il trailer di Luca rimanda tanti particolari che riportano a Genova e alla Liguria: la vespa, il pesto, il gattone di Boccadasse Seppia, tuffi nel mare azzurro delle Cinque Terre. E, ancora, si riconoscono creuze, piazzette tipiche dei borghi sul mare, scorci inconfondibili della Liguria, le trenette al pesto, i pescatori e la focaccia. Nel trailer è presente il Bar Pittaluga (nelle foto c’era anche una focacceria), al suo fianco c’è la Latteria San Giorgio, che ricorda il simbolo di Genova. Poi, una grotta sul mare e gli immancabili gabbiani, ad accompagnare le avventura di Luca.

Luca, il nuovo film della Pixar sbarca in Liguria

Luca e la Liguria

Luca Pixar La Grotta

Luca Pixar gabbiani

Una storia made in Italy

Luca è una storia tutta italiana: i due protagonisti, Alberto e Luca, sono due amici adolescenti, che, nel cuore di un paesino della Liguria, nascondono uno strano e bizzarro segreto: sono infatti due tritoni. Di recente un comunicato stampa ci ha rivelato l’intero cast vocale del titolo, composto da nomi noti dello star system, ma non solo: ce n’è per tutti i gusti! Cominciamo con i doppiatori che partecipano sia alla versione originale del film che a quella italiana: abbiamo Luca Argentero (Lorenzo Paguro), Giacomo Gianniotti (Giacomo), Marina Massironi (Signora Marsigliese) e Saverio Raimondo (Ercole Visconti). Sono presenti, inoltre, a doppiare il titolo anche: Fabio Fazio (Don Eugenio, Prete di Portorosso), Orietta Berti (Concetta), Luciana Litizzetto (Pinuccia Aragosta), Alberto Vannini (Luca), Luca Tesei (Alberto), Sara Ciocca (Giulia), Alberto, il migliore amico d’infanzia di Casarosa (Pescatore), Luciano Spinelli (Contadino di mare) e Nick Pescetto (Contadino di mare).

Quando uscirà?

Luca porta nei cinema degli Stati Uniti d’America un po’ di riviera ligure, in versione cartoon. Uscirà nei cinema americani il 18 giugno 2021. In Italia, il film non uscirà nei cinema, ma sarà disponibile solo sulla piattaforma Disney+ a partire dalla stessa data.

Luca Pixar

Genova e le proiezioni speciali in beneficienza

In vista dell’uscita del nuovo film Disney e Pixar Luca, con la Liguria di Levante protagonista, The Walt Disney Company Italia e MediCinema Italia si uniscono a favore della missione della Organizzazione no profit: portare la cinematerapia negli ospedali e nei luoghi di cura. E, proprio per questo, che MediCinema, con il supporto di Disney Italia, sta organizzando proprio in Liguria alcune proiezioni speciali del film per raccogliere fondi e ampliare le iniziative di cinematerapia a Genova e nel territorio, proseguendo la collaborazione con l’Istituto Gaslini.

Dsney e MediCinema

Dove vedere in anteprima mondiale il film Disney-Pixar Luca? Le proiezioni si tengono allAcquario di Genova domenica 13lunedì 14 e martedì 15 giugno 2021, con accesso riservato ai soli donatori che hanno partecipato alla raccolta fondi. Le donazioni possono essere effettuate dal sito MediCinema.  

 acquario di genova

Le sale Medicinema in Italia

Le proiezioni di Luca hanno come scopo il sostegno alle attività di Medicinema che sviluppa progetti terapeutici costruendo sale cinematografiche nelle strutture ospedaliere e case di cura italiane per offrire la terapia del sollievo attraverso il cinema. Sale Medicinema sono già presenti al Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di MiIano e al Policlinico Gemelli di Roma. Ora, anche grazie alla raccolta di questi fondi, verranno sviluppate nuove iniziative anche a Genova.

Niguardia MediCinema

MediCinema è partner charity di lunga data di Disney Italia e, ormai da diversi anni, promuovono insieme la terapia del sollievo attraverso il cinema portando la magia delle storie e dei personaggi Disney in ospedale.

 

Un sogno animato i cui protagonisti sono la Liguria e… tante storie da raccontare …

Quando i sogni e le speranze si fan veri, nella realtà come nella fantasia, beh, allora, fate largo ai sognatori!


I sogni son desideri di felicità
Nel sonno non hai pensieri
Li esprimi con sincerità
Se hai fede chissà che un giorno
La sorte non ti arriderà
Tu sogna e spera fermamente
Dimentica il presente
E il sogno realtà diverrà!
(Cenerentola)

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Enchantè! Je suis Marc Peillon…

Enchantè! Je suis Marc PeillonMa davvero la musica ha il potere di unire in un modo così unico e magico? C’è un detto latino che parla per tutti. “Vis unita fortior. – La forza unita è più forte”. Personalmente, la musica mi ha “cresciuta” così, a sentirmi unita con i miei “pezzi” sparsi, mi ha insegnato a farne un collante naturale. Non nei numeri, ma nell’unità sta la nostra grande forza. E, la musica, lo sa bene…

Marc Peillon

Dalla musica classica

Provengo da una formazione musicale classica, che mi ha accompagnato per anni e anni, per poi interrompersi bruscamente, ma questa è un’altra storia. Così che, dieci anni dopo e, per motivi di lavoro, è tornata – la classica – nella mia vita anche se, di fatto, non aveva mai traslocato, non dal cuore. Vivevo a Modena, dove sono nata e ho vissuto per 35 anni. Sono stati bei momenti e …”i migliori anni della mia vita”.

Al Jazz

In seguito, a Genova, la mia terra d’adozione, ho iniziato a frequentare l’ambiente cantautorale e jazzistico: davvero un altro mondo, più ruvido, più matrigno, meno romantico, diciamo. Spesso, ascoltavo i discorsi che nascevano tra i jazzisti e, con grande rammarico, perdevo, via via, un po’ di incanto, di poesia, di leggerezza perché tra una critica e l’altra verso quel jazzista o tal altro, a farne le spese era sempre e solo la musica. Sì, perché dei nomi te ne scordi, presto, ma le note e i colori della musica ti rimangono sotto pelle…

La musica è una macchina che alcuni usano per entrare in un altro mondo, altri per danzare, altri per trovare la pace e altri per sentire che sapore hanno le ferite.

L’incontro

Poi, succede che vengo invitata ad un concerto ad Ospedaletti, una piccola cittadina in provincia di Imperia, nell’estremo ponente ligure, disposta ad anfiteatro sulle pendici soprastanti l’insenatura. Ed è proprio l’Auditorium Comunale la cornice che mi accoglie per quella indimenticabile serata musicale. Lì, finalmente, respiro un’aria familiare, intima, che riconosco appartenermi, trovo un gruppo di musicisti, sì, ma anche amici fraterni, si parla, si raccontano storie – le loro -, si torna indietro nel tempo, ma unità, complicità e magia sovrastano la scena e mi lasciano quella sensazione di “tornare a casa”.

On Air - la famiglia

Je suis Marc Peillon, il potere della musica

Il gruppo è formato dal pianista Alessandro Collina, dal contrabbassista Marc Peillon e dal batterista Rodolfo Cervetto, ospite Philippe Petrucciani, uno dei maestri indiscussi della chitarra jazz e fratello del geniale Michel, pianista jazz tra i più apprezzati di tutti i tempi scomparso prematuramente. Un genio umano e sovrumano.

E come dimenticarsi di quell’incontro con Marc, un “ragazzo” così elegante, allegro e pieno di vita che si presenta così: “Enchantè! Je suis Marc Peillon…”. Di lui ricordo tutto, ma una cosa su tutte: quella “joie de vivre” che ti fa toccare il cielo con un dito. Prima della sua ‘ricca’ biografia, arrivava il suo sorriso disarmante, la gentilezza, l’allegria, l’eccentricità della sua vita a colori. Insomma, ad essere triste, con lui, c’era da vergognarsi. Eh già, non è così difficile riconoscere qualcosa di prezioso, quando lo incontri. Non brilla, riempie. La sensazione che mi rimandava lui era così tattile e netta. Lui sapeva, davvero, leggere oltre le righe, oltre le note, oltre i colori, lui non aveva bisogno di capire, di chiedere. No, lui sentiva con gli occhi, con il cuore, nel silenzio e con l’ascolto: erano i suoi principali strumenti da affiancare al contrabbasso. E, quando un musicista cerca questo “contatto profondo” nel pubblico, in chi lo ascolta, allora, arriva prima la persona che la sua arte. Lui ci riusciva.

Gli amici fotografi “dei 5 a.m.”

Con loro ci sono anche due fotografi, che percepisco, da subito, essere parte integrante di quella famiglia: Umberto Germinale, che lì era di casa, e Lello Carriere, sanremese ma, da anni, trasferito a Lanzarote. L’armonia e il divertimento sfociano in una bellissima serata piena di racconti e note. Quelle serate destinate, immediatamente, a lasciarti un segno e a non esser più dimenticate. Erano davvero – con loro – una sorta di “5 a.m.” in un tutt’uno che parla di amicizia, tra musica e immagini sempre evocative perché scattate, prima di tutto, con l’otturatore del cuore.

I fotografi dei 5 a.m.

 

Mi colpisce moltissimo la fisicità ‘maschile’ con cui si abbracciano e che parla di un legame molto profondo, “antico” e ti rimbalza sensazioni forti, fortissime.

Te ne accorgi subito e l’attenzione si sposta su Marc che, con il suo modo di porsi, è decisamente un catalizzatore. Era l’estate del 2009. Nasce un amicizia meravigliosa che purtroppo si interrompe bruscamente con una violenta notizia, arrivata via messaggio, il 16 maggio 2020, in pieno lockdown…

Quella data si porta via tanta ricchezza umana, tanta vita e racconti di vite, sogni ancora da realizzare e … qualche promessa. Il trio “On air” cessa di esistere.

La cosa mi stupisce perché nel jazz solitamente c’è una grande rotazione, al di là dei rapporti di amicizia, ma Rodolfo (ndr, Rudy)  e Alessandro (ndr, Ale) decidono di rendere l’ultimo omaggio ad una persona che era molto di più di un amico. Tra loro si era, immediatamente, instaurato un modo di viversi intenso, pelle su pelle, cuore-cuore e con una complicità eccezionale.

Esce così in rete un loro live del 2012 con book fotografico di Umberto Germinale, della Phocus Agency. Proprio il noto fotografo di Ospedaletti e amico fraterno nonché direttore artistico del festival “Jazz sotto le Stelle”.

C’erano una volta: 5 a.m.

Partiamo dall’inizio, facciamo un passo indietro, ai 5 a.m. Il nome del loro primo gruppo lo aveva scelto Marc: 5 perché erano in 5. E, ancora, 5 come le iniziali dei loro nomi: A per Andy e M per Mike. E, non solo, 5 a.m. come le cinque del mattino: “la sveglia che avevamo messo dopo un concerto”.

Ma per raccontare questo concerto, che è anche stato l’ultimo di questa formazione, bisogna andare ancora un po’ più indietro e coinvolgere, da vicino, Alessandro e Rudy che mi raccontano come nasce questa storia.

Ale incontra Marc a Nizza. Era il 1998 ma, nonostante la stima reciproca,  non collaboreranno fino al 2008, per un concerto al Borgo Club, che li vede suonare tutti e tre insieme nello storico Jazz Club genovese di via Vernazza, che ha chiuso qualche anno fa.

Alessandro Collina con Marc

Rudy, invece, incontra Alessandro nel 2000 e la loro collaborazione è, da subito, molto assidua ma, ancora una volta, l’incontro con Marc diventa determinante per maturare ancora. Insieme.

Rudy e Marc

Il primo concerto

Il primo concerto è del 2008, ad Alassio, “Città degli Innamorati” e famosa per il suo Muretto, uno dei simboli della cittadina ligure, il cui concorso di bellezza nacque nel 1953 e continuò fino al 2014. Del resto, ad Alassio, nel Savonese, tutto parla d’amore. Basti pensare alle numerose opere d’arte presenti nella cittadina: gli Innamorati in bronzo di Eros Pellini, Les amoureux di Reymond Peynet, le Cicogne di acciaio di Umberto Mastroianni e i romantici Pesciolini che si baciano ideati da Mario Berrino, il promotore delle attività legate al Muretto. Insomma, la città degli innamorati a tutti gli effetti, con tanto di specialità tipica dal nome davvero lovely: Baci di Alassio.

E, proprio in questa cornice così romantica, inizia la loro frequentazione. Suonano spesso insieme e nascono, di fatto, i 5 a.m. Il gruppo si completa di due musicisti americani: il trombettista jazz Andy Gravish e dal sax tenore Michael (ndr, Mike) Campagna, uno tra i più originali nuovi talenti nel jazz di oggi, che ha condiviso palcoscenici con una vasta gamma di musicisti leggendari come Charlie Haden, Maria Schneider,  Bobby Short, The Toshiko Akiyoshi Big Band  e The Duke Ellington Orchestra, ma l’elenco continua. Il sound del gruppo ricorda i gruppi hard bop degli anni ’60.

Andy Gravish e Mike Campagna

5 am

Il primo disco

Le composizioni sono tutte originali e nel 2009 registrano il primo disco. Dopo tanti anni insieme, e tanti tour, il gruppo è costretto a sciogliersi perché Andy, che per un certo periodo ha vissuto a Roma, torna a New York e Mike a Miami. E, come spesso succede, nel mondo dell’arte e della cultura, le spese per portare avanti il progetto diventano insostenibili e, nonostante il repertorio pronto per un nuovo disco, tutto sfuma. Ma resta una registrazione dell’ultimo concerto. Negli anni successivi, però, Marc, tenace e determinato com’è, proverà a convincere tutti a stampare il disco, ma invano. Resta un “sogno nel cassetto”. Il trio non si ferma, continua a “macinare” concerti, anche con altri artisti, ed è così che la collaborazione con il trombettista e compositore torinese Fabrizio Bosso porta ad un altro disco.

5 am studio di registrazione

“Michel On Air” dedicato a Michel Petrucciani

Un altro disco, “Michel On Air”, dedicato a Michel Petrucciani. La musica vola alto e, ormai, il sodalizio a tre è consolidato, musicalmente, con una propria identità sonora tanto che l’etichetta Egea Records propone di accelerare la comunicazione in questa direzione. Nasce così il trio “On Air”, il disco ha un successo inaspettato, soprattutto in America.

Il trio On Air, che ha al suo attivo 4 cd prodotti da Egea, uno dei quali dedicato a Michel che nel 2014 raggiunge il 28esimo posto nella classifica jazz statunitense. Il linguaggio di Fabrizio Bosso va, così, ad incastrarsi alla perfezione nelle sonorità del trio permettendo alle quattro personalità di esprimersi in piena libertà e ascolto dell’altro dando vita ad un mondo sonoro in continuo movimento che passa da ambienti rarefatti ad una pulsazione tipica della black music.

5 am studio di registrazione

Il successo ha dell’incredibile come i risultati perché l’etichetta è canadese, nel gruppo non ci sono musicisti americani e le musiche sono dei fratelli Petrucciani. Anche DownBeat, la rivista statunitense dedicata alla musica jazz, nata a Chicago nel 1935, recensisce il disco dando 4 stelle su 5. E, non è tutto, ci sarebbe anche l’opportunità di fare un tour negli States ma, per ragioni manageriali, questo sogno non si realizza.

Nel 2015, poi, si torna in studio di registrazione, lo Zerodieci Studio del musicista, produttore e fonico genovese Roberto Vigo. Questa volta il trio decide di rendere omaggio alle canzoni italiane famose in Francia e a quelle francesi famose in Italia. Ci vuole un suono graffiante e malinconico così la scelta cade su Max Ionata, uno dei maggiori sassofonisti italiani della scena jazz contemporanea che, in pochi anni, ha conquistato l’approvazione di critica e pubblico riscuotendo sempre grandi successi in Italia e all’estero.

Poi, le musiche di Monk

Il 2016 è la volta delle musiche di Thelonious Monk, pianista e compositore statunitense, un gigante indimenticato del jazz. Alessandro Collina, che ha suonato con Paul Jeffrey, ultimo sassofonista di Theloniouis, mi racconta che durante i loro tanti viaggi si parlava spesso di come il suono di un sax alto sarebbe stato perfetto per quei pezzi, sebbene Monk usasse sempre tenoristi. Ecco che si pensa a Mattia Cigalini, uno dei più affermati saxofonisti italiani, nonostante la giovane età. Una decisione felice, il disco funziona e il progetto andrà avanti con alcuni piccoli tour.

5 am studio registrazione

Dal 2017, il trio continua a lavorare insieme e registrano due dischi per il trombettista Marco Vezzoso. Nel 2018, prende l’avvio la collaborazione con Philippe Petrucciani (che già suonava con Rudy e Alessandro ) e si inizia a lavorare per un nuovo progetto, ma due implacabili tsunami ne interrompono la continuità: il fermo imposto dalla Covid-19 e la scomparsa di Marc. 

C’è un prima e un dopo

Marc Peillon nasce a Nizza nel 1959, si diploma al Conservatorio nizzardo per poi insegnare basso e contrabbasso al Conservatorio di Antibes e ricoprire il ruolo di vice direttore di quello di Beaulieu sur Mer. Di rilievo il suo contributo nell’associazione “Pepita Musiques et Cultures“ come direttore artistico e ideatore dei festival “Saint Jazz Cap Ferrat”, “Cap Jazz” e più recentemente “Jazz Entrevoux” a Entrevaux con il supporto di Philippe Déjardin, suo braccio destro.

Marc Peillon

E un dopo…

Un malore improvviso e assassino, un ictus, se l’è portato via, di domenica, a soli 61 anni di età. La notizia fa eco, il mondo della musica jazz piange un grande personaggio, protagonista assoluto della scena jazzistica della Costa Azzurra e il suo ricordo è, ancora oggi, più vivo che mai.

Che ne sarà, dunque, di On air?

Né Rudy né Alessandro hanno più alcuna voglia di “andare avanti”, ma non per la mancanza di musicisti che possano sostituire Marc. No, no,  semplicemente perché quello che non si può sostituire è il rapporto umano con-diviso in anni di viaggi in auto, sveglie, pernottamenti in hotel alle 5 del mattino, in aeroporti, in autogrill, di bevute, di scambi di opinioni,  di nottate passate nella stessa camera “per ridurre le spese”, a confidarsi dei tanti problemi, ma tutto affrontato, sempre, insieme. Anche le vicende personali. Eh, sì, perché On Air era una famiglia. Ed è rimasta tale nel cuore. I ricordi sono tanti, alcuni dei quali me li raccontano, tra sorrisi e malinconia, soffocando in gola le lacrime, rendendomi partecipe privilegiata di tanta intimità e passione, in tutto e per tutto.

rimane la musica

Ricordando Marc Peillon, un anno dopo…

“Di notte – racconta Alessandro – gli piaceva guidare, nonostante la stanchezza, che sembrava non avvertire mai. La notte la viveva in modo totalizzante. L’altra cosa geniale – di lui – durante i nostri tanti viaggi, guardando il cielo, le stelle, gli veniva l’ispirazione per tanti progetti. E mi costringeva a registrare tutto sul cellulare per non perdere la vena creativa e fissare l’attimo. Poi, il sorriso, le sue risate, la sua energia inesauribile: vissuti davvero irrepetibili”…

Ale ricorda Marc

“Di Marc – ricorda Rudy – mi colpì, da subito, la sua diplomazia e la capacità di fare squadra, la voglia di superare le avversità senza mai alzare i toni. Anche la fantasia faceva parte delle sue caratteristiche principali, aveva sempre idee, forse anche troppe; infatti, beh, alle volte, sul palco si lasciava andare e, diciamocelo (ndr, sorride) Ale ed io faticavamo un sacco per “tenere in piedi la baracca”. Alla fine del concerto, gli facevamo notare le sue “licenze poetiche “, eppure “ci facevamo un sacco di risate”…

Rudy e Marc

Ed io?

Il ricordo più intenso che ho – di Marc – è ad Ospedaletti, quando lo conobbi, su una panchina, al tramonto inoltrato aspettando l’inizio del concerto, a parlare di vita, di filosofia di vita, e del senso della vita, con quel suo sorriso capace, sempre, di convincerti, oltre ogni dubbio, con il mio debole francese parlato al quale lui rispondeva con un inglese italianizzato. Parlammo di musica, del ritmo della musica, di cercare lo stesso ritmo anche nella vita, nei legami che ci mettono più a nudo. Mi disse che lui non scindeva mai, ma viveva tutto “in musica”: ascoltava, leggeva e viveva al ritmo della musica. Gli piacque, da subito, leggermi, la mia scrittura, le recensioni musicali che scrivevo alla fine di ogni concerto. Poi, fissandomi dritto negli occhi, serissimo e fermo, alla penombra, come un cambio di scena destabilizzante, mi paralizzò con tanta ricchezza responsabilizzante: “Je lis au-delà des mots. Votre écriture est musicale, sonore et passionnée. N’arrêtez jamais de chercher ce rythme: pouvez-vous me le promettre?” Capivo bene il francese, sebbene lo parlassi peggio, e mi fu molto chiaro il messaggio, sebbene facesse ormai buio, ma gli occhi non avevamo bisogno di luce ‘esterna’: “Leggo oltre le parole. La tua scrittura è musicale, sonora e appassionata. Non smettere mai di ricercare quel ritmo: me lo prometti?”.

La promessa

E, allora, dopo un anno, ti dovevo una promessa “segreta”, Marc. Non ho smesso, mai, di cercare quel ritmo, l’ho perso, però, più di una volta, e mi succede spesso, ma riascoltando quell’ultimo concerto del 2012, che grazie ad Alessandro ho intercettato sui social, e rivendendo tanta e tale vita, gioia e amore in tutte queste foto nel rigoroso bianco e nero di Umberto Germinale, degli attimi di vita dei 5 a.m., ho voluto mantenere la mia promessa. Come? Raccontandovi un pezzo della sua storia, della loro storia, in punta di piedi e umilmente, perché lui è stato molte cose, molte musiche, tante vite. Un grande e carismatico comunicatore di suoni.

E…questo viaggio nel ricordo di chi è Marc, di chi era, non sarebbe stato possibile senza gli altri “pezzi” viventi di Marc Peillon: Alessandro Collina e Rodolfo Cervetto.

In Memory of Marc Peillon

Nei loro dischi c’è tanto di quella vita con-divisa e, un orecchio attento e occhi spalancanti all’incanto, sapranno sicuramente cogliere quella magia e quel sentire di “tante storie da raccontare”. E, allora, come è successo a me, “per caso”, vi consiglio di ri-ascoltare quel concerto Live at Saint Jazz Cap Ferrat del 12/08/2012, uscito all’indomani della scomparsa di Marc, il 17 maggio 2020, e capirete perché, come dicono Alessandro e Rudy, “anche questa volta Marc aveva ragione”.

È necessario unirsi, non per stare uniti, ma per fare qualcosa insieme.

Il silenzio

Marc è nel cuore e come diceva lui “si tu n’es pas silencieux tu ne peux écouter”. Il silenzio della notte, delle tanti notti insieme ai suoi compagni di “viaggi“, a mordere la vita, a raccontarsi le loro vite. Alle cinque del mattino, anno dopo anno, per quasi vent’anni. E, proprio nel silenzio, nella notte o, magari, alle 5 del mattino (?!…), ironia della sorte, Marc ci ha lasciati, improvvisamente, senza far rumore, per l’ultimo “coup de théâtre“…

Il silenzio di Marc Peillon

I momenti più belli della vita sono quelli che, uniti insieme, formano un percorso.

Beh, Marc, non volevo mettermi fretta, però la parola data va mantenuta entro questa vita – come scherzammo sulla panchina -, ricordi?

 

 

 

 

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Ci lascia Franco Battiato, il più grande poeta odierno

Ci lascia Franco Battiato, il più grande poeta odierno. Lutto nel mondo della musica. Le brutte notizie fanno belli i giornali. Prima si danno le cattive notizie, meglio è. Sarà anche perché le brutte notizie vendono più di quelle buone? … In alcune scuole di giornalismo si diceva che facessero vendere di più e aumentare le tirature.

Le notizie buone, positive, sono sporadiche e meno sensazionali, mentre quelle brutte sono dirompenti, contagiose ed emozionanti. Però, ci sono notizie e notizie. Quelle di cui non vorresti mai scrivere. Le cattive notizie ci fermano per un po’, ma poi si va avanti. Quella della scomparsa del grande maestro, beh, è indiscutibilmente, una di queste “cattive notizie”, di quelle che colpiscono al cuore, già al risveglio.

Ci lascia Franco Battiato, il più grande poeta odierno

Si è spento stamattina, all’età di 76 anni, nella sua casa a Milo, nel catanese, dove, da tempo, si era ritirato dalla scena pubblica, Franco Battiato: cantautore, compositore, musicista, regista e pittore italiano. Lo rende noto la famiglia. A lanciare il primo tweet della triste notizia è stato Antonio Spadaro, attuale direttore della rivista La Civiltà Cattolica.

Era nato a Jonia il 23 marzo del 1945.La sua carriera cominciò davvero nel 1971. Da allora, ha spaziato tra una grande quantità di generi musicali: dopo l’iniziale fase pop degli anni sessanta, è passato al rock progressivo e all’avanguardia colta nel decennio seguente. Poi, è ritornato sui passi della musica leggera, approfondendo anche la canzone d’autore, di quella etnica, la musica elettronica e l’opera lirica.

La sua musica

I suoi testi riflettono i suoi interessi, fra cui l’esoterismo, la teoretica filosofica, la mistica sufi (in particolare tramite l’influenza di G.I. Gurdjieff) e la meditazione orientale. Alcuni dei suoi brani sono entrati ormai nella storia del costume: l’era del cinghiale bianco, prospettiva nevskij, centro di gravità permanente, bandiera bianca, cuccurucucù, voglio vederti danzare, la stagione dell`amore, e ti vengo a cercare, povera patria, la cura.

Un’artista senza tempo, amato da tutte le generazioni: i giovani vedono, ancora oggi, in lui un modello di originalità e di curiosità, quelli più grandi un difensore dell’intelligenza e della cultura che mai si è perso. Ha collaborato con i migliori cantanti da Claudio Baglioni ai CSI, da Enzo Avitabile a Pino Daniele, dai Bluvertigo a Tiziano Ferro, Celentano, Subsonica, Marta sui Tubi e tanti altri.

La malattia e il vuoto che lascia

Non è guarito dalla malattia – si era detto alzhheimer, si era detto di tutto, in verità – che l’aveva portato via dalla canzone, dalla parola, dalla sua Sicilia. Era assente dalle scene musicali e artistiche dal 2017, quando un incidente domestico lo costrinse a interrompere concerti e tour.

Si era rifugiato nella sua villa alle pendici dell’Etna ed era circondato dai suoi familiari. Nel 2015 una caduta dal palco, poco prima dei suoi 70 anni, era stato uno dei primi avvertimenti dell’aggravarsi delle sue condizioni di salute. Il suo vuoto apre ferite profonde, soprattutto per il mondo in via di estinzione della canzone d’autore storica italiana. Da ieri risuonano – e per sempre – le sue canzoni in tutta Italia e, credo, da qualche parte nel mondo.

L’incontro con Gaber

Le sue prime esperienze musicali a Milano, dove si era trasferito a partire dal 1964 al “Club 64”, dove c’erano Paolo Poli, Enzo Jannacci, Lino Toffolo, Renato Pozzetto e Bruno Lauzi. Nel pubblico ad ascoltare la sua musica c’era Giorgio Gaber “che mi disse: “Vienimi a trovare”. “Il giorno dopo andai. Diventammo amici”. Più che amici, considerando che fu proprio Gaber a procuragli il suo primo contratto discografico. 

Difficile, anzi pressoché impossibile, incasellarlo, dargli una pur semplice etichetta, sì, perché lui era “un vero artista” con la sua musica senza tempo, ma anche del suo cinema, della sua pittura. Non è un caso se è stato uno tra gli artisti con il maggior numero di riconoscimenti da parte del Club Tenco, con tre Targhe e un Premio Tenco.

Esiste una cura per i grandi addii?

“La Cura” è il brano indimenticabile con il quale voglio ricordarti e ‘salutarti’, oggi.

Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie
Dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo
Dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore
Dalle ossessioni delle tue manie
Supererò le correnti gravitazionali
Lo spazio e la luce per non farti invecchiare
E guarirai da tutte le malattie
Perché sei un essere speciale
Ed io, avrò cura di te
Vagavo per i campi del Tennessee
Come vi ero arrivato, chissà
Non hai fiori bianchi per me?
Più veloci di aquile i miei sogni
Attraversano il mare
Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza
Percorreremo assieme le vie che portano all’essenza
I profumi d’amore inebrieranno i nostri corpi
La bonaccia d’agosto non calmerà i nostri sensi
Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto
Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono
Supererò le correnti gravitazionali
Lo spazio e la luce per non farti invecchiare
Ti salverò da ogni malinconia
Perché sei un essere speciale
Ed io avrò cura di te
Io sì, che avrò cura di te

 

Ci lascia il più grande poeta contemporaneo. Uno dei più grandi della canzone d’autore italiana. Per molti di noi è stato, e resterà, un «Centro di gravità permanente».

Cerco un centro di gravità permanente
Che non mi faccia mai cambiare idea sulle cose sulla gente
Avrei bisogno di
Cerco un centro di gravità permanente
Che non mi faccia mai cambiare idea sulle cose sulla gente
Over and over again

 

Grazie maestro. Grazie perché sei stato per me una fonte di ispirazione quotidiana e, se non avessi amato e cantato le tue canzoni, beh, oggi sarei una persona diversa. E, proprio tu, mi hai insegnato che «le nuvole non possono annientare il sole».

«Vorrei tornare indietro, | per rivedere il passato, | per comprendere meglio, | quello che abbiamo perduto».

 

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Giornata internazionale del Jazz 2021: online nel mondo

Giornata internazionale del Jazz 2021. La pandemia non ferma, neppure quest’anno, il secondo ancora nel segno della Covid-19, l’importante evento musicale internazionale.

Giornata internazionale del Jazz, “Non è solo musica…”

Si celebra oggi, 30 aprile, l’“International Jazz Day”, istituito nel 2011 dall’Unesco, seppure in modalità virtuale. Non si tratta soltanto della celebrazione del genere musicale, ma di una Giornata che ha lo scopo di “aumentare la consapevolezza delle virtù del jazz come strumento educativo e come forza di empatia, dialogo e cooperazione tra le persone”.

Come diceva la grande cantante statunitense, pianista, scrittrice e attivista per i diritti civili statunitense Nina Simone: ‘Il jazz non è solo musica, è un modo di vivere, è un modo di essere, un modo di pensare’”.

Un genere musicale che, fin dalla sua nascita e nel corso di decenni, si è fatto portavoce dei valori dell’uguaglianza e della lotta al razzismo.

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Unesco crede nel jazz

L’Unesco crede nel potere del Jazz come strumento per la pace, il dialogo e la comprensione reciproca – si legge sul sito. Molti governi, organizzazioni della società civile, istituzioni educative e privati ​​cittadini attualmente impegnati nella promozione della musica jazz coglieranno l’opportunità di promuovere un maggiore apprezzamento non solo per la musica, ma anche per il contributo che può dare alla costruzione di società più inclusive”. 

Unesco Jazz Day 2021

Inoltre, “il jazz abbatte le barriere e crea opportunità di comprensione e tolleranza reciproca; è un vettore di libertà di espressione. Ma non solo:  riduce le tensioni tra individui, gruppi e comunità; incoraggia l’innovazione artistica, l’improvvisazione, nuove forme di espressione e l’inclusione delle forme musicali tradizionali in nuove forme; stimola il dialogo interculturale e responsabilizza i giovani delle società emarginate”.

E la storia del Jazz, si sa, è stata anche quella di un cammino verso la dignità umana, la democrazia e i diritti civili. 

Nel mondo

Quest’anno se ne festeggia la decima edizione, contemporaneamente in centinaia di città in tutto il mondo. Il 30 di aprile rappresenta, da dieci anni, un momento importante per presentare, in tutto il mondo, progetti ed idee che si richiamano ad una delle maggiori forme di espressione artistica del Novecento, il jazz.

Promossa dal leggendario pianista, compositore, icona del jazz mondiale, Herbie Hancock e subito raccolta e sostenuta dall’Unesco, questa giornata ha avuto un immediato e notevole sviluppo.  Ora viene celebrata in tutto il mondo con migliaia di iniziative.

giornata internazionale jazz 2021

Herbie Hancock

L’Italia

Non solo connubio tra musica jazz e patrimonio UNESCO ma, oggi, alcune delle associazioni che fanno parte del network nazionale si faranno promotrici di importanti iniziative musicali e di formazione. L’Italia ha partecipato, da sempre, a questa giornata con diverse iniziative (concerti, incontri, momenti di sensibilizzazione) trovando l’immediata disponibilità degli operatori.

La città di Genova

L’evento internazionale si avvale di uno straordinario ambasciatore culturale come Herbie Hancock che ogni anno ha ringraziato la città di Genova per il prezioso apporto fornito all’appuntamento internazionale.
E anche questa volta, nonostante le chiusure obbligate e le difficoltàle principali realtà jazzistiche genovesi, e non solo, si sono impegnate per reinventarsi.  Così è stato programmato un fitto calendario di appuntamenti.  Tutti da vivere on line, per dimostrare ancora una volta che la musica è viva e continua ad emozionare ed appassionare.

programma Internatiional Jazz Day

Gli eventi dei Jazz Club e associazioni genovesi

Il Count Basie Jazz Club, il Louisiana Jazz Club, il Museo del Jazz e il Gezmataz vi accompagneranno per tutta la giornata del 30 aprile attraverso un itinerario jazz per le vie e le piazze di Genova e della Liguria. Sarà una giornata di parole, ricordi, immagini, storia e, soprattutto, di musica suonata e vissuta.

International Jazz Day a Genova

International Jazz Day a Genova

Si possono seguire gli eventi online, già in mattinata, quando verranno trasmessi contributi registrati, in presa diretta, nei luoghi più suggestivi della “Superba” per culminare, la sera, in una speciale diretta ricca di ospiti e di musica di qualità.

Count Basie Jazz Club

Lousiana Jazz Club 

Lousiana Jazz Club Museum

Gezmataz

Verranno, inoltre, presentati video storici di concerti ospitati dal Louisiana Jazz Club dal 1986 al 2009 e contributi realizzati durante quest’anno di chiusura al pubblico dai due Jazz Club Genovesi in occasione delle rassegne musicali create per dare continuità ai progetti.

Come partecipare

Ecco come partecipare agli eventi – online – sui canali social (YouTube, Facebook, Instagram) per celebrare la Giornata all’insegna del Jazz, dell’arte e della cultura, in generale, che…non si ferma.

Sul canale YouTube e sulla pagina Facebook del Count Basie Jazz Club 
https://www.youtube.com/channel/UCw2pyN-bu10W6-dIxCO6g7w 

https://www.facebook.com/Count-Basie-Jazz-Club-289868870354

Sul canale YouTube di Goodmorning Genova
https://www.youtube.com/channel/UCYXP7luic1Laye4IySVtKKQ

 

La musica riunisce le persone e ci aiuta a tener viva la speranza.

La musica ci insegna a vedere con l’orecchio e a udire con il cuore.

La musica non trasporta: fa stare.

E… come fa la musica a sapere sempre quello che senti?

 

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Viaggi e cultura di viaggio: ieri, oggi e domani

Viaggi e cultura di viaggio: un “viaggio” tra un prima e un dopo. Oggi, il contagio da coronavirus ha ridisegnato, e tuttora, le logiche delle frontiere. E noi italiani siamo diventati, fin dall’inizio della pandemia, e in poche ore, quelli da “tener sott’occhio”.

C’è stato un prima coronavirus, e un dopo: il 2020, annus horribilis. II 2021, appena iniziato, non si prospetta certamente più roseo. E domani? Beh, “del doman non v’è certezza” ed è più facile dire cosa non faremo nei prossimi mesi piuttosto di quel che faremo.

Viaggi: c’era una volta

C’era una volta il viaggio fatto di partenze e ritorni: un bel ricordo. Certamente, oggi, “a portata di click” c’è solo il mondo virtuale e non più quello reale. Voli a lungo raggio sospesi, si andrà verso il turismo di  turismo di prossimità e, forse, neppure quello, dpcm dopo dpcm… Non solo nel turismo, ma anche nei rapporti sono privilegiati quelli di prossimità: non più gruppi, ma soli o in pochi, meglio se “congiunti”; gli amici al telefono o su zoom e sguardo ansioso (quando non assassino) se qualche estraneo si avvicina troppo. Prevale un senso generale di insicurezza e di preoccupazione, per qualcuno di paura, sia sul fronte economico che della salute.

Cultura di viaggio: al tempo della Covid-19 e post-covid?

Il viaggio al tempo della Covid-19 e post-covid tornerà a essere come quello pre-globalizzazione (con i suoi limiti e i suoi aspetti positivi)?

Di nuovo è più facile dire ciò che non sarà piuttosto che ciò che sarà. Sarà necessario rivedere le modalità di viaggio cui eravamo abituati, ridimensionare abitudini e desideri, ma non è facile immaginare come. Di certo, i nostri viaggi, non solo quelli al tempo della Covid-19, ma anche in seguito, saranno in un mondo dove sono tornate delle barriere fisiche e mentali che pensavamo definitivamente superate e che non aggiungono profondità allo sguardo, non restituiscono tempo, ma piuttosto limitano le possibilità di contatto e la libertà di scelta e di movimento.

In realtà, a ben pensarci, nuovi confini e divisioni erano già apparsi prima dell’arrivo della pandemia che ha funzionato da terribile acceleratore, ma nessuno avrebbe immaginato potessero essere di tale portata.

Ripartirò per un viaggio, quindi? Ripartirò, ripartiremo, probabilmente in meno, e per meno tempo, e per destinazioni più vicine. Molte cose cambieranno nel mio, nel nostro modo di viaggiare. Il viaggio sarà un po’ meno un bene di consumo, dato quasi per scontato, sarà più individuale e su misura, più pensato e desiderato, forse più consapevole e attento all’ambiente, più ricercato e meno “commerciale”.

Gli spostamenti, quando cresce il pericolo di un contagio, sono chiaramente più complicati. E la situazione attuale non sarà quella definitiva. In generale, infatti, è molto probabile che, essendo in una fase in costante evoluzione, anche le regole per chi viaggia possono variare in breve tempo.

Lo tsunami che si è abbattuto sui viaggi, il grido di dolore degli operatori e delle associazioni si leva all’unisono e mette nero su bianco, per l’ennesima volta, una situazione drammatica qual è l’improvvisa e drastica contrazione dei flussi turistici alla stregua dell’emergenza cultura.

La metà dei turisti in Italia è straniero. Il crollo del mercato internazionale, provocato dall’emergenza sanitaria, si è abbattuto, dunque, sul turismo italiano come un devastante tsunami. Per la ripresa ci vorrà almeno un triennio. Il viaggio, di riflesso, diventerà sempre più come “bene di lusso”? Quanti si potranno ancora permettere di viaggiare? Nascerà, presumibilmente, una nuova forma di turismo, a costo zero?

Però, in fondo, siamo tutti viaggiatori nati. Abbiamo polvere di stelle nelle vene, cartine geografiche con strade d’argento negli occhi e istruzioni per viaggiare fino a Andromeda…Poi? Verso l’infinito e oltre!

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