In cammino sul sentiero balcone il Golfo Paradiso. La Liguria offre tanti itinerari escursionistici. Oltre al mare, questo sentiero permette, infatti, di ammirare borghi caratteristici, uliveti e paesaggi collinari. Una passeggiata tra natura, storia e vedute panoramiche sul golfo Paradiso.
In questo itinerario, a pochi passi dal mare, dove le scogliere incontrano i terrazzamenti dedicati alla ovicultura, si concentrano molte delle caratteristiche endemiche della costa ligure: il mare, la macchia mediterranea, i terrazzamenti, gli olivi, i castagni. Salendo le antiche e ripide ‘creuse’, alle spalle della spiaggia di Sori, si arriva a Sant’Apollinare per ammirare la bellezza del promontorio di Portofino.
Ma anche le antiche mulattiere, le chiese, i santuari, le cappelle. Un itinerario tra Sori e Recco alla riscoperta, quindi, delle antiche “creuse” , le mulattiere che si inerpicano tra macchie di flora mediterranea e fasce coltivate ad ulivi. Si perché in questa zona l’olivo ha una lunga ed importante storia, come testimoniato dalla località Mulinetti, presso Recco, la cui toponomastica rinvia all’originaria presenza di due mulini idraulici ubicati nella valletta del rio Sonega che servivano ad azionare le macine e le presse dei frantoi.
Con i suoi giardini che nascondono le ville agli sguardi indiscreti, il mare che lambisce le scogliere su cui queste appoggiano e la piccola spiaggetta cinta dalle colline verdi, Mulinetti può ben definirsi una oasi di pace dove immergersi nell’azzurro del mare e nel verde della pineta mentre si respira il profumo del mare abbronzandosi sul bagnasciuga. In inverno diventa una nicchia suggestiva dove scaldarsi ai raggi tiepidi del sole invernale col profumo dei pini marittimi, protetti dai venti dal nord in una piccola insenatura tranquilla. Chi non la conosce, beh, la custodisce gelosamente nel cuore, come chi scrive, anche se tentata di con-dividerla…
Da Sori si segue l’Aurelia in direzione Recco individuando a sinistra via Dante Alighieri, bella via scalinata su cui sono evidenti i segnavia della Federazione Italiana Escursionismo (F.I.E.) per Sant’Apollinare. La via sale tra case e terrazzi ad olivo e lungo questa vanno trascurate le vie laterali arrivando nel piazzale di un gruppo di case. Si continua lungo il crinale tra olivi e terrazze per poi affrontare l’ultimo tratto nel bosco e arrivare…
a Sant’Apollinare, a cui giunge una strada asfaltata. La Chiesa di Sant’Apollinare, già nominata in un rogito del 1195, ha mantenuto la sua semplice ed austera struttura di pieve romanica, nonostante i corpi aggiunti posteriormente. Si sale a destra, lasciando la pista sterrata per Sant’Uberto e prendendo a destra l’ampia via che si dirige verso alcune case.
Davvero seducente, in questo tratto, il panorama sul mare. Dopo poche decine di metri si è ad un importante bivio. Si lascia la pista a destra e si continua dritti.
L’ampia mulattiera, vero e proprio balcone naturale su questo tratto di costa, passa sopra la Torre saracena di Polanesi, punto nevralgico del sistema difensivo che, fin dall’Alto Medioevo, fronteggiava le minacce nemiche provenienti dal mare, avvistando le navi dei pirati barbareschi salpate dalle coste del Nord Africa, Algeria e Tunisia in particolare.
Si giunge così in località La Costa, grande versante terrazzato, dove si trascura una scalinata che scende a destra e si continua in quota arrivando ad una dorsale da cui appare buona parte della costa ligure verso il Promontorio di Portofino, con Recco in primo piano e poi Camogli.
Si continua in costa, sempre accompagnati dai panorami sul mare sia verso il Promontorio di Portofino sia verso ….il tratto di costa di Polanesi. Dopo un paio di tornanti in discesa, si prosegue nel bosco, ora in leggera salita, fino ad arrivare…..al fresco impluvio principale, nei pressi del quale vi è un antico fontanile.
Si continua sempre sulla traccia più importante ma, poco dopo, si è ad un bivio. Ora va trascurata la pista a destra, per Ageno, per continuare dritti e passare sul retro di alcune case. La pista, una bella mulattiera ampia e facile da seguire sale fino ad una aperta dorsale. Qui, si trascura il sentiero che sale a sinistra per continuare sulla via dritta incontrando, poco dopo, un’ampia traccia che taglia la mulattiera. Anche questa va trascurata, continuando dritti, in costa.
Il percorso scorre ora quasi in piano fino a raggiungere la mulattiera per la chiesetta dell’Ascensione ad una quota di 300 metri che sovrasta l’abitato di Faveto. L’edificio, però, resta a destra, più in basso. Vale comunque la pena raggiungerlo, con una breve discesa di pochi minuti. Tornati ora al bivio di quota 300 metri… si sale dritti, nel bosco, (segnavia rossi FIE), seguendo un’antica mulattiera fiancheggiata da muretti in pietra.
Quando si esce dal bosco appare la dorsale da raggiungere, su cui svetta l’alta Croce di Sant’Uberto. Raggiunto un crinale secondario si percorre un tratto più aperto e, senza possibilità di errore, si confluisce infine sul crinale principale, quello che scende dal Monte Castelletto e dalle Case Cornua. Il percorso è ora piacevole e pressoché pianeggiante: ignorato il bivio sulla sinistra per Capreno, poco dopo abbandoniamo il crinale per scendere sotto costa sul lato opposto, seguendo le indicazioni per Sori (segnavia cerchio rosso barrato).
Il sentiero perde leggermente quota con splendide viste sia in direzione della riviera, sia verso l’entroterra dove sono facilmente riconoscibili le più evidenti sagome dei monti Caucaso e Ramaceto. Si inizia a scendere con più decisione tra la vegetazione arbustiva, fino ad un punto in cui, un po’ a sorpresa, il sentiero – fino a quel punto panoramico – svolta a sinistra, transitando nei pressi di un casone, e continuando a scendere su una vecchia mulattiera nel bosco, accompagnata da muretti in pietra.
Dopo un primo tratto asfaltato, inizia finalmente una evidente sterrata che seguiamo per un tratto, prima di abbandonarla a favore di un piccolo sentierino che si stacca sulla destra, e in direzione del quale proseguono le segnalazioni. Su una sottile traccia lastricata, ci si inerpica tra i ruderi di un antico muro in pietra, che il percorso costeggia per un buon tratto, prima di piegare verso sinistra e salire con alcuni stretti tornanti su un versante piuttosto ripido.
Oltrepassato il primo e più faticoso tratto, il percorso modera le proprie pendenze e avanza quasi in piano una volta raggiunto il crinale: di fronte a noi, ecco comparire il Redentore di Sant’Uberto, che spunta tra gli alberi a dominare il paesaggio. Raggiungiamo un tratto aperto, dove finalmente gli alberi diradano lasciando intravedere un bello scorcio del promontorio di Punta Chiappa e della riviera da Recco a Camogli e, in direzione opposta, da Sori fino al Monte Fasce. Il sentiero riprende a salire leggermente, avviandosi deciso verso la statua di fronte a noi, che raggiungiamo senza ulteriore fatica e della quale possiamo ammirare, una volta giunti ai suoi piedi, la grandiosa imponenza.
Ecco che si raggiunge la chiesetta di Sant’Uberto, posta su un aperto e panoramico spiazzo dominata da un grande pilone votivo. Ora si inizia a scendere sempre lungo il crinale principale, utilizzando un ampio sentiero segnalato. Questo perde quota lungo i boscosi fianchi di Poggio Montone ed infine confluisce su una stradella.
Tra crose e scalette, si scende incrociando più volte l’asfalto e perdendo quota sempre più seguendo sempre il segnavia cerchio rosso barrato, attraverso via Faveto e salita Faveto. Raggiunto il bivio per Ageno, lo si imbocca tornando per un tratto a salire, quindi abbandoniamo l’asfalto per tenerci a sinistra su una viuzza a tratti sterrata che, con splendide viste sui sottostanti tetti di Recco e sul promontorio di Punta Chiappa, ci accompagna fino alla caratteristica Chiesa di Megli, situata in splendida posizione panoramica sulla riviera.
Si svolta a sinistra e, in breve, si chiude l’anello tornando a Sant’Apollinare e da qui, con il viaggio dell’andata, a Sori.
A volte si percorrono strade che il cuore non capisce
e la mente non sa spiegare.
Ma l’anima lo sa.
Esistono strade piccole, strette, riservate, nascoste. Quelle che notano in pochi. Quelle che non urlano per rendersi visibili. Sono fatte di passi semplici, muri scrostati, colori segreti e luminosi. E da qualche parte c’è sempre un’emozione che aspetta di essere raccontata.
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…
Anello Camogli – San Fruttuoso – Portofino a piedi. Siamo nel Parco Naturale di Portofino la cui rete sentieristica, oltre ad essere molto varia, è anche ben segnalata. Stretto tra il mare e la montagna, il nostro sentiero si fa strada tra fasce di ulivi, boschetti e rocce a strapiombo sul mare.
Quanti sanno che anche a Camogli ci sono i laghetti? Laghetti e cascate che davvero in poco conoscono, fuori dai percorsi escursionistici, ricchi di specie inaspettate. Sicuri di conoscere tutte le fortificazioni della Batteria Chiappa, anche quelle fuori dalla vista e dai soliti itinerari? E quelle su cui si cammina sopra senza accorgersene? In questa escursione ad anello si può toccare con mano un po’ tutto questo…
Che ne dite di un’altra suggestiva gita nella riviera ligure di Levante, adatta solo ai camminatori più esperti e allenati? Però, non mancano le varianti, decisamente meno impegnative e alla portata di tutti.
Mi piace raggiungere Camogli in treno e, uscendo dalla stazione, teniamo la sinistra fino ad imboccare Via San Bartolomeo dove si trovano subito i cartelli a segnalarci la direzione per l’ingresso al Parco.
Camogli, la “Città dei Mille Bianchi Velieri”. Camogli è la traduzione in italiano del nome della cittadina, dal genovese Camoggi (pronuncia Camúggi). Il nome significa Case ammucchiate (Camoggi = Cà a mûggi,) cioè Case a mucchi); difatti, guardando la città da fuori, possiamo notare come sia caratterizzata da case le une addossate alle altre. Questo piccolo borgo marinaro affacciato sul Golfo Paradiso fa parte del parco naturale regionale di Portofino e sarà il punto di partenza della nostra camminata, di un diverso modo di viaggiare, a piedi.
All’ingresso del centro storico, un’enorme padella accoglie i turisti e ne attira l’attenzione. Viene utilizzata per friggere il pesce in occasione della grande festa che in maggio celebra il patrono dei pescatori, San Fortunato. Vale la pena addentrarsi nel budello e percorrere la passeggiata sul mare, per ammirare le case variopinte, rifornirsi di focaccia e salire fino alla Basilica di Santa Maria Assunta e al Castello della Dragonara, o anche Castel Dragone, la fortezza del centro di Camogli che si arrampica su delle rocce a picco sul mare.
Appena fuori dal centro, proseguendo verso levante e superando un parcheggio, inizia il sentiero che, nel primo tratto, costeggia il Rio Gentile. Ecco che si inizia a salire per una stradina che si snoda tra fasce di ulivi e case isolate; l’ultima scalinata ci porta nella frazione di San Rocco.
Dal piazzale della chiesa, si abbraccia con lo sguardo tutto il litorale del Golfo Paradiso. A destra della chiesa, una fontanella d’acqua ci viene in soccorso per il nostro viaggio “in salita” e…si riparte.
Da San Rocco partono due sentieri per San Fruttuoso. Il primo tratto è riparato dagli alberi e non presenta particolari difficoltà mentre il secondo, che vi propongo, quello a ridosso sul mare, presenta maggiori difficoltà, ma è anche il più panoramico. Il percorso inizia con la strada che, partendo dal sagrato della chiesa di San Rocco, prosegue a sbalzo mare. Dopo qualche minuto, oltrepassata la scalinata che scende a Punta Chiappa, si attraversa località Mortola, un piccolo nucleo di case molto caratteristico.
Allontanandosi dall’abitato il sentiero si inoltra nel bosco e arriva, dopo circa 20 minuti, in località Fornelli, da cui, a sinistra, si può salire a località Pietre Strette. Proseguendo, invece, diritti, dopo un tratto in falso piano seguono alcuni saliscendi su scalini di roccia irregolari, ma facilmente percorribili che, uscendo dalla boscaglia, si affacciano su Punta Chiappa e Camogli. Dopo circa 40′ dalla partenza si arriva alla località Batterie, magnifico belvedere sul golfo, che ospita il Centro Batterie “Silvio Somazzi”, nato per valorizzare i resti dei manufatti bellici, risalenti alla Seconda Guerra Mondiale.
Arrivati a Batterie, incontriamo il primo di una serie di bunker usati dai tedeschi nella Seconda Guerra Mondiale. Qui, si può fare una deviazione e scendere a Punta Chiappa imboccando un sentiero sulla sinistra che, ben presto, si trasforma in scalinata. La Punta è formata dal tipico conglomerato di Portofino e delimita il Golfo Paradiso. Prende il nome dalla singolare roccia di puddinga che si estende sul mare, chiamata appunto Punta Chiappa che in genovese vuol dire Punta piatta. La Batteria di Punta Chiappa è il complesso difensivo della 202ª Batteria costiera del Regio Esercito, costruito verso la fine degli anni trenta sul versante occidentale della penisola di Portofino concepita come sistema antinave a protezione del levante del golfo di Genova.
Il primo agosto di ogni anno si celebra la Stella Maris, la Madonna protettrice dei navigatori, a cui è dedicato il mosaico sull’altare che si trova all’inizio della punta. La mattina, almeno pre Covid-19, ha luogo una processione via mare e via terra che termina con la benedizione delle imbarcazioni; la sera centinaia di lumini colorati vengono affidati alle onde, in ricordo delle vittime del mare.
Dopo essere risaliti sul sentiero principale, si prosegue sino a Passo del Bacio. Qui il paesaggio cambia: il sentiero attraversa punti molto esposti, rocce a strapiombo sul mare dove è possibile aggrapparsi a delle catene.
Arrivati a Passo del Bacio (il nome deriva da una leggenda secondo cui due giovani innamorati, per non separarsi come avrebbero voluto le famiglie, morirono lanciandosi insieme in questo punto, dopo un ultimo bacio) il percorso si fa un po’ più impegnativo per alcuni punti in cui bisogna passare direttamente sulla roccia a strapiombo sul mare. L’uso delle catene (a volte superfluo) facilita il passaggio, soprattutto in un breve tratto in cui la roccia presenta pochi punti di appoggio per il piede.
A questo punto affrontiamo una salita molto ripida e faticosa con un primo tratto molto soleggiato per inoltrarci poi in mezzo al bosco che ci porta, in circa 40 minuti, in vetta da cui si può godere della vista mozzafiato su Cala dell’Oro e Punta Torretta (accessibile solo con visite guidate). Quindi, si svalica per iniziare la discesa verso San Fruttuoso e, in prossimità dell’Abbazia, il paesaggio sembra addomesticarsi nuovamente.
L’ultima parte del percorso, tutto in discesa, si sviluppa in mezzo ad alberi secolari e termina, dopo 25 minuti, all’imbarcadero di San Fruttuoso di Camogli, proprio di fronte alla spettacolare Abbazia di san Fruttuoso di Camogli, ed ecco apparire le prime case tra la vegetazione. Passando sotto agli archi dietro alla spiaggia, si accede ad una zona più interna. Il paesaggio è stupendo, i suoi colori qualcosa di speciale.
Questo monastero benedettino fu costruito intorno all’anno Mille. Il luogo ha un fascino immortale. Le scogliere a precipizio, tra la terra e i boschi impenetrabili del monte di Portofino e il mare azzurro della Liguria di Levante, sono tutti elementi che rendono l’Abbazia di San Fruttuoso unica.
Le origini risalgono addirittura all’VIII secolo dopo Cristo. Fu un vescovo spagnolo, in fuga dai mori, a scegliere il luogo per fondare una chiesa e intitolarla a San Fruttuoso, che pare gli avesse indicato questa preziosa baia in sogno.
L‘Abbazia di San Fruttuoso, non collegata alla rete stradale, ma raggiungibile solo a piedi o in battello, è proprietà del FAI grazie alla donazione della famiglia Doria. Nel 1984 l’Abbazia fu donata da Frank e Orietta Pogson Doria Pamphilj al FAI, che l’ha ristrutturata e resa visitabile.
Potete consultare gli orari di visita sul sito del FAI. Ci sono proposte particolari per le visite di gruppo e scolastiche e un interessante calendario di eventi, tra cui la stagione concertistica.
Il fatto che ci sia una sorgente d’acqua dolce, ha reso il tutto più agevole. L’abbazia è stata usata anche come covo dei pirati e come borgo di pescatori.
Dopo la sosta all’Abbazia e il meritato riposo sulla spiaggia, è ora di ripartire, attraverso il bosco, ammirando nuovamente i colori, e le loro sfumature, della luce che precede il tramonto. Si riparte con una ripida salita; ogni tanto la vegetazione lascia intravedere bellissimi scorci panoramici. Dopo una serie di tornanti, arriviamo nella località Base 0, che nella Seconda Guerra Mondiale fu utilizzata come postazione militare. Da qui si potrebbe raggiungere Pietre Strette, dove passa il sentiero che attraversa il parco più internamente. Noi proseguiamo invece verso Portofino.
Via via la strada diventa più pianeggiante e si addentra in un boschetto ombroso con la vegetazione tipica della macchia mediterranea. Arrivati a Case di Prato ammiriamo il mare di ulivi della collina di Portofino.
Si continua sino a Vessinaro, dove ignoriamo la deviazione per la splendida Cala degli Inglesi. Un sentiero sterrato e pianeggiante serpeggia per la collina, punteggiandola con la dolce luce dei lampioni. Il crepuscolo avanza e “cammina” con noi. A Capelletta si scende a San Sebastiano e poi a Palara dove, superato un cancello per allontanare gli animali selvatici, inizia una gradinata che ci porterà alla nostra meta.
Arrivati a Portofino, passeggiamo immersi nel silenzio, tipico della stagione autunnale/primaverile, complice la pienezza delle sensazioni assorbite lungo il cammino, appagati da tanta bellezza.
Servirsi dei battelli può essere un’ottima soluzione alternativa per abbreviare il percorso e renderlo adatto a tutta la famiglia. Un esempio: si potrebbe arrivare a san Fruttuoso in battello, camminare sino a Portofino e tornare indietro in treno.
Le linee coprono la tratta Camogli – San Fruttuoso – Portofino. Alcuni siti utili in proposito sono: golfoparadiso.it e traghettiportofino.it.
Molti altri sentieri attraversano il parco i cui percorsi sono ben segnalati. Il sito portofino trek offre moltissimi spunti, descrizioni dettagliate e cartine.
Un altro giro, un altro assaggio della Liguria da scoprire.
Liguria. Il mare nei capelli, l’odore e i colori dell’estate nelle vene, e le bougainville negli occhi.
La Liguria è quel luogo dove il blu del mare si mescola con l’argento degli ulivi, e il tuo sguardo è pieno di stupore e gratitudine.
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…