I Tumpi di Bobbio Pellice. Montagna o mare? C’è un posto dove ci si può rifugiare – almeno per una giornata o un weekend – a pochi passi da Torino, in cui ci sono delle “piscine” naturali dove fare il bagno: gratuite, senza cloro e un’alternativa al mare. Le vacanze sono ancora lontane, ma il caldo e l’afa non danno tregua? Allora, questa potrebbe essere la soluzione ideale per trovare un po’ di refrigerio e di relax nelle calde giornate dell’estate nel capoluogo piemontese.
Si chiamano Tumpi, o Toumpi, e sono una specie di piscine naturali, che si innestano tra le valli, dove cercare un po’ di refrigerio quando fa molto caldo. Dove si trovano esattamente? Nel comune di Bobbio Pellice, poco distante da Pinerolo, che si trova a 732 metri di altitudine slm, allo sbocco delle valli Carbonieri, Giulian Cruello e Subiasco. Poco più di un’ora di auto da Torino, sono da sempre meta di numerosi visitatori che si recano proprio lì per fuggire alle alte temperature della città o passare qualche ora in riva all’acqua. La dimensione familiare che si respira, qui, è quella delle compagnie di amici, coppie, famiglie che prendono il sole, fanno il bagno, si tuffano dalle rocce, chiacchierano o giocano insieme.
Il piccolo comune di Bobbio Pellice, con i suoi 568 abitanti (nel 2017 secondo l’Istat), è anch’esso meta di turisti e visitatori domenicali che apprezzano non solo il territorio, terra di pastori, ma anche i prodotti tipici locali: come burro, formaggi e così via. Qui, poi, si possono trovare molti spunti per qualche escursione, grazie ai diversi sentieri percorribili a piedi, e immergersi in una natura capace, ancora, di stupire. E d’inverno? Sulle piste da sci. Eh si, quello di Prali, in val Germanasca, confinante con Pinerolo, è un comprensorio sciistico con quattro impianti di risalita, le cui due seggiovie funzionano anche in estate per portare i turisti ai 2540 mt. del Bric Rond. Qui, si trova anche un bell’anello di 15 chilometri di pista da fondo che si snoda in un incantevole percorso tra i boschi: un autentico villaggio alpino. Ma, se per il momento, almeno, il problema è il caldo o il desiderio di sopperire alla mancanza del mare, allora la gita ai Tumpi è quella che fa al caso vostro.
I torinesi hanno la fortuna di avere nelle vicinanze le montagne e molti posti dove è possibile non solo trovare un po’ di tregua dal caldo, ma anche fare qualche tuffi. I “tumpi” sono delle pozze profonde formatesi lungo i corsi d’acqua. Nel comune di Bobbio Pellice, il torrente Guichard ne ha formate diverse con la sua acqua fresca dove è possibile rinfrescarsi durante i mesi estivi quando le temperature in città diventano davvero insopportabili. Da giugno a settembre queste pozze d’acqua fresca sono infatti la meta perfetta per le famiglie e i giovani che cercano un po’ di sollievo dal caldo. Inoltre, i tumpi di Bobbio Pellice sono ideali anche per chi ama tuffarsi poiché le rocce che li circondano fungono da perfetti trampolini naturali.
Basterà arrampicarsi sulle rocce circostanti per scoprire dei punti di lancio dove tuffarsi e prendersi così un po’ d’acqua fresca in mezzo alla natura. I meno coraggiosi – o meglio, i più freddolosi – possono comunque godersi il paesaggio naturale ascoltando la melodia del fiume che scorre tra gli alberi. E sulla spiaggetta che circonda i tumpi è possibile organizzare un delizioso un pic-nic in famiglia. In Piemonte è possibile trovare tantissimi posti dove rinfrescarsi in un’acqua pura e cristallina.
I Tumpi o Toumpi di Bobbio Pellice distano da Torino centro circa 75 km. Ci si arriva in circa un’ora e un quarto, in base al traffico. Per raggiungerli basta prendere la Tangenziale Sud in direzione Piacenza, uscire a Beinasco e si prende l’A55, l’autostrada per Pinerolo e, successivamente, la SP23 del Colle di Sestriere in direzione Pinerolo. Giunti nei pressi di Pinerolo, si dovrà imboccare la SP589, in direzione San Secondo di Pinerolo. Poi, si procede sulla SP161 o via Val Pellice diretti verso Bricherasio. Proseguite, quindi, sempre sulla SP161 verso Torre Pellice. E poi verso Bobbio Pellice e, di seguito, verso i Tumpi dopo aver preso per Borgata Garnier.
La strada vicinale della Comba Carbonieri, dalla Borgata Perlà è assoggettata al transito a pagamento per tutti gli autoveicoli a partire dal 1 giugno fino al 30 settembre il sabato dalle 9:00 alle 18:00 e la domenica dalle 8:00 alle 16:00 previo rilascio di ricevuta, denominata “Eco Pass”, con obbligo di esposizione sul parabrezza del veicolo in modo visibile dall’esterno. Ad un certo punto, però, bisognerà lasciare la macchina e proseguire a piedi alla scoperta di sentieri e stradine sterrate che ti porteranno nel cuore del paradiso alpino.
Il fascino di questo piccolo comune nella città metropolitana di Torino non si esaurisce ai soli tumpi. Diversi sono i sentieri che si possono percorrere come le risalite impegnative verso il Subiasco con le sue rocce “verdi”; la strada asfaltata per percorrere il vallone dei Carbonieri per raggiungere il pianoro Barbara dove fare lunghe camminate circondati dalla natura o risalire la strada sterrata all’interno dell’Oasi del Barant. Ancora, seguire a ritroso il corso del torrente Pellice lungo la strada provinciale per arrivare alla Conca del Pra, di origine glaciale circondata dalle imponenti montagne, i verdi prati e gli animali al pascolo.
La natura, qui, può allestire spettacoli straordinari. Il palcoscenico è immenso, le luci strabilianti, le comparse infinite.
Camminare per me significa entrare nella natura. Ed è per questo che, alle volte, cammino lentamente, non corro. La Natura per me non è un campo da ginnastica. Io vado per vedere, per sentire, con tutti i miei sensi. Così il mio spirito entra negli alberi, nel prato, nelle montagne, nei fiori, nel mare e…nell’acqua gelida delle “piscine” naturali…
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…
Giethoorn è soprannominata la ‘Venezia del nord’, nonché la ‘Venezia verde’, complice la sua ricca e rigogliosa natura che riveste gran parte del territorio cittadino e, ovviamente per i suoi caratteristici di canali. Nel nord dei Paesi Bassi, a circa 120 chilometri da Amsterdam, c’è un piccolo villaggio che sembra uscito da una fiaba: il suo nome è Giethoorn, un posto abitato da poco più di 2.500 persone che vivono in idilliche villette circondate dai fiori e da tanti canali. Giethoorn, situato all’interno del parco nazionale Weerribben-Wieden, la più estesa palude torbosa dell’Europa nord-occidentale, è un villaggio incantato della provincia dell’Overijssel.
Insomma, stiamo parlando di una piccola cittadina dove l’unico obbligo è quello di dimenticarvi l’automobile perché qui ci si può spostare quasi esclusivamente in barca o in bici. Dunque, scopriamolo insieme!
A Giethoorn, potete farvi un’idea precisa di come gli Olandesi gradiscano vivere con e sull’acqua. Immerso in un ambiente ricco di laghetti, canneti e boschi, sorge questo incantevole villaggio con le sue splendide fattorie dai tetti ricoperti di canne su piccoli isolotti di terreno torboso collegati tra loro da oltre 170 caratteristici ponticelli di legno.
Il romantico villaggio di Giethoorn è sorto come insediamento degli estrattori di torba, il combustile fossile con basso potere calorifico. Tale attività causò la formazione di stagni e laghi nell’ambiente circostante e la gente iniziò a costruire le case sugli isolotti tra un bacino e l’altro. Questi erano raggiungibili solo mediante ponticelli o con le tipiche barche di Giethoorn chiamate ‘punter’, strette imbarcazioni che vengono condotte dal ‘punteraar’ con l’ausilio di un lungo bastone di legno.
Giethoorn, oggi, è rimasta pressoché lo stesso. I ponti di legno sono ancora al loro posto ed è possibile navigare tra i canali con un ‘punter’, ma anche con una barca silenziosa o partecipando a un tour in battello. Durante il percorso in barca, della durata di una o due ore, si possono ammirare le magnifiche fattorie del XVIII e XIX secolo dall’acqua, passando sotto i ponticelli di legno.
Il parco Weerribben-Wieden è un ambiente ricco di cultura formatosi a partire dal XIV secolo frutto dell’attività di estrazione della torba, ricco di laghi, stagni e canali che si alternano a torbiere, canneti e boschi magnifici. La torba essiccata era un ottimo combustibile che veniva estratta da apposite buche, chiamate ‘weren’. Successivamente, poi, veniva stesa ad essiccare su lunghe strisce di terra che formavano delle coste sul terreno, le cosiddette ‘ribben’. Così, diciamo, è nato questo paesaggio straordinario.
Una città senza strade? Esiste in Olanda. Giethoorn è un posto in cui potete spostarvi unicamente con piccole barche o attraverso l’utilizzo delle classiche biciclette lungo le piste che costeggiano i canali. Questi ultimi di sviluppano in una rete lunga più di 6 chilometri solcati da oltre 50 ponticelli. Non è un caso, dunque, che tra le principali attrazioni che Giethoorn offre ai numerosi visitarori che la affollano gran parte dell’anno, vi siano i giri tra i canali. Uno scenario naturale e particolare, unico nel suo genere, che fa di Giethoorn un posto pittoresco e molto apprezzato dai turisti che fin qui arrivano per sfuggire alla mondanità e al caos della città.
Come a Venezia ci sono le classiche gondole, anche Giethoorn può vantare la sua imbarcazione tipica, per scoprire la bellezza di questa località olandese, comodamente seduti, pur a contatto con la natura: un vero patrimonio naturale e culturale dell’Olanda.
Con il passare dei tempi però, affianco al punter, una barca lungiforme adatta soprattutto nei passaggi tra i canali più stretti, è facile imbattersi nelle whisper boats, imbarcazioni moderne più grandi il cui nome deriva dal fatto che non emettono alcun suono perché il loro funzionamento è garantito dall’energia elettrica. Esperienza imperdibile, dunque, il giro dei canali (noleggio barca da €6,10).
Ogni anno, ad agosto, si tiene il Gondelvaart Festival, una competizione fra gondolieri che coinvolge tutto il villaggio e attira migliaia di turisti e curiosi. Immerso in un’atmosfera magica e fuori dal tempo, il borgo sembra costruito dagli Hobbit.
Posto ideale per trascorrere una bellissima gita in giornata o, addirittura, una settimana di vacanza e relax, Giethoorn è facilmente raggiungibile da Amsterdam attraverso:
Il clima è oceanico: piove tutti i mesi dell’anno. La temperatura media annuale in Giethoorn è di 14° (media più alta di 22° in luglio e la più bassa di 5° in gennaio). In un anno cadono 368 mm di pioggia. tasso di umidità media dell’82%. Il periodo migliore per andare va da maggio a settembre, quando c’è una temperatura mite e piacevole e le precipitazioni sono scarse.
Il modo più semplice ed economico per visitare la località è soggiornando ad Amsterdam e prenotando una visita organizzata giornaliera. Tuttavia, i pochi hotel presenti nella zona sono molto piccoli (media €75,00 a notte in bassa stagione), mentre sono molto più numerose le case vacanza, che generalmente offrono buon rapporto qualità/prezzo.
E mangiare? Giethoorn vanta un’ottima reputazione gastronomica. Offre, infatti, diversi ristoranti eccellenti dove mangiare. Il locale più prestigioso è il Lindenhof che vanta due stelle Michelin (menù degustazione €100,00), ma ovviamente si trovano soluzioni di livello più abbordabile. Per risparmiare e assaggiare tipicità località, magari per un pranzo frugale, vanno benissimo le bitterballen, polpettine di carne fritta da assaporare con la senape, le ottime frites e, per i palati più coraggiosi, la tradizionale aringa cruda.
Giethoorn. L’acqua dei canali che ti segue dovunque, lo scampanellio delle biciclette, l’odore di proibito e la sensazione di trovare, intorno a te, qualcosa che ti completa.
Giethoorn, così come Amsterdam stessa, è così. Città assolutamente fuori dagli schemi. Decisamente diverse da come te le puoi aspettare. O almeno, decisamente diverse da come io, personalmente, me l’aspettavo.
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…
Cilento, terra campana immersa nel blu del Tirreno, da sempre crocevia di popoli e tradizioni, è una delle zone meno conosciute e più sottovalutate d’Italia. Si trova nella zona meridionale della Campania, sospeso tra mari e monti, nella provincia di Salerno. L’area, patrimonio UNESCO, nasconde spiagge segrete, scogliere, borghi di pescatori ed importanti testimonianze archeologiche.
Attraversato da vivaci torrenti, ricco di boschi di castagni e di lecci, il suo splendido paesaggio è interrotto da paesi abbarbicati alle rocce o adagiati sulle rive marine. La zona del Cilento, caratterizzata da una costa frastagliata, dolci colline e monti ricoperte da ulivi, faceva anticamente parte della Lucania. Oggi, un parco nazionale ne protegge buona parte del territorio, salvaguardandone le incredibili bellezze e biodiversità. Ci sono numerosi sentieri per scoprire questo territorio, come il cammino di San Nilo o la via Silente.
Sono tante le attrattive, culturali e non, del Salento che meritano una tappa d’obbligo, ma cosa c’è da vedere? Dai resti dei complessi monumentali della Magna Grecia, ai paesini di pescatori passando per le spiagge più belle e le calette segrete, ecco quali sono quelle che vi consiglio assolutamente.
Il Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano è il secondo parco in Italia e si estende dalla costa tirrenica fino ai piedi dell’appennino campano-lucano. Il popolamento floristico del Parco è costituito da circa 1800 specie diverse di piante autoctone spontanee, ma anche la fauna è estremamente diversificata in virtù dell’ampia varietà di ambienti presenti sul territorio.
Aree costiere e montane, fiumi e ruscelli, rupi e foreste, costituiscono l’habitat di altrettante comunità faunistiche dove, spesso, emerge la presenza di specie di alto valore naturalistico, come il falco pellegrino.
Sulle vette, sulle praterie di altitudine e sulle rupi montane, sono invece frequenti il lupo, l’Aquila reale e le sue prede d’elezione: la Coturnice e la Lepre appenninica.
Dai monti fino al mare, e alle straordinarie caratteristiche naturalistiche, dovute alla notevole eterogeneità del territorio, si affiancano il carattere mitico e misterioso di questa terra ricca di storia e cultura: il richiamo della ninfa Leucosia, le spiagge dove i destini di Enea e Palinuro si sono separati, i resti delle colonie greche di Elea/Velia e Paestum, la splendida Certosa di Padula. Questi ultimi tre siti sono i principali attrattori culturali di importanza nazionale ed internazionale che hanno permesso al Parco di gloriarsi del prestigioso riconoscimento di Patrimonio Mondiale dell’Umanità rilasciato dall’UNESCO.
Nella Piana del Sele, vicino al litorale, raggiungete uno dei più importanti complessi monumentali della Magna Grecia, chiamato dai fondatori “Poseidonia” in onore di Poseidone, ma devotissimo a Era e Atena, dove potrete trovare reperti e manufatti decorativi, molti dei quali custoditi presso il Museo Archeologico Nazionale.
Di immensa bellezza sono i tre templi di ordine dorico giunti in ottime condizioni, tanto da essere considerati esempi unici dell’architettura magno-greca. Tre sono i templi di ordine dorico ancora ben conservati. Il Tempio di Nettuno (530 a.C.), in realtà dedicato ad Hera e costruito in arenaria, è il più grande tra i templi di Paestum; il Tempio di Athena (500 a.C.), noto anche come Tempio di Cerere e la Basilica (540 a.C.), il tempio dedicato ad Hera. Il sito fu scoperto nel diciottesimo secolo grazie alla costruzione della strada che ancora oggi divide in due l’anfiteatro.
Non potete risparmiare una visita nella Tenuta Vannulo e mangiare le famose mozzarelle di bufala. La Tenuta si trova nella piana del Sele, a Capaccio Scalo. Potrete visitare il Museo permanente della civiltà contadina e, volendo, soggiornare nella Tenuta.
Da Santa Maria di Castellabate, in provincia di Salerno, raggiungete la baia di Punta Tresino: un caleidoscopio di spiagge e calette. Se ne avete voglia potrete percorrere, per circa un’ora, uno spettacolare sentiero di trekking che vi porterà a spiaggette isolate e remote.
A questo punto, protetti dal monte Licosa e superata la pineta, potrete accedere a tante piccole spiagge rocciose che fanno parte della riserva marina di Castellabate. All’estremità della baia di Punta Licosa troverete l’isoletta con il faro che chiude il Golfo di Salerno.
Passando per le Ripe Rosse e il piccolo borgo di Agnone Cilento, dirigetevi verso Acciaroli, uno dei più caratteristici paesi costieri del Cilento che, insieme a Pioppi, rappresenta una delle due frazioni marine del comune di Pollica. Un paese di pescatori, nel cuore del centro storico medievale: un gioiello della costiera cilentana, case con pietra a vista che si affacciano sul mare. Col suo porto antico, la Torre normanna, le belle spiagge, visitate il borgo marinaro dove si dice che Hemingway abbia conosciuto il marinaio che ispirò il suo personaggio de il Vecchio e il Mare.
Da Acciaroli, dunque, il viaggio prosegue verso sud, verso Ascea, fate una visita a quel che resta di questa incredibile polis della Magna Grecia. Della città di Velia, dal greco Elea, fondata nel VI secolo a.C., restano l’area portuale, Porta Marina, Porta Rosa, le Terme Ellenistiche e le Terme romane, l’Agorà, l’Acropoli, il Quartiere Meridionale e il Quartiere Arcaico.
Di indiscusso valore Porta Rosa, prestigioso monumento che svolgeva la duplice funzione di collegamento dei due quartieri della città, e di viadotto congiungente le due sommità dell’acropoli.
Tra i motivi che fanno di Velia un patrimonio dell’umanità va ricordata la scuola eleatica, una scuola filosofica che vantava fra i suoi esponenti, Parmenide e Zenone, peraltro qui nati.
Continuate lungo il percorso, tra gli ulivi centenari e la costa e fermatevi a Pisciotta, il paese delle alici di menaica, chiamate così per la particolare tecnica con cui sono pescate.
È un piccolo borgo abbandonato a causa delle frane e, per questo motivo, ribattezzato “il paese che cammina” o, anche, “il paese fantasma”. Il centro storico iniziò a svuotarsi già nei primi anni del ‘900 quando due ordinanze del genio civile obbligarono i residenti a trasferirsi nell’attuale parte del paese, Roscigno Nuova. Oggi, il paese sorge in zona sicura, ma la sua anima vive ancora a Roscigno Vecchia, distante 2 km. Nel paese, ora, risiede un solo abitante che, dopo la morte di Dorina, unica vera ultima residente, si è trasferito in una delle vecchie case e trascorre le giornate per le vie deserte del paese, forse in attesa di qualche visitatore a cui poter raccontare la storia di Roscigno.
Se siete appassionati di speleologia, raggiungete il complesso di grotte alle porte del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, in provincia di Salerno. Le Grotte di Castelcivita costituiscono, con un totale di circa 4800 m di lunghezza, uno dei complessi speleologici più estesi dell’Italia meridionale. Il sistema di cavità sotterranee, si apre a 94 m di altitudine, tra le rive del fiume Calore ed il versante sud-occidentale dei monti Alburni, mostrando da subito un suggestivo scenario di gallerie, ampi spazi e strettoie scavati dall’azione millenaria dell’erosione carsica.
Dirigetevi verso Marina di Camerota alla scoperta di spiagge, calette rocciose, grotte e alla scoperta di Cala degli Infreschi, con le sue sorgenti di acqua fresca e dolce che sgorgano dal fondo marino. Si tratta di una caletta nascosta che si raggiunge solo in barca o a piedi lungo il Sentiero del Mediterraneo, che muove dal porticciolo di Marina di Camerota.
Capo Palinuro è uno dei posti più incredibili della costa cilentana che, da sempre, hanno affascinato i viaggiatori di ogni epoca. Il capo stretto e lungo è un labirinto di grotte marine, con cale bianche e spiagge bellissime. Il promontorio roccioso proteso nel mare con la sua bellezza, ma anche con le sue insidie per gli antichi marinai, ha ispirato al poeta Virgilio il passo dell’Eneide in cui narra la morte del nocchiero di Enea, Palinuro, che secondo il mito cadde in mare nei pressi del capo e come un naufrago arrivò su questa spiaggia, e dal quale la città del Cilento prende il nome. Una delle più belle è la spiaggia del buon dormire che, appunto, prende il nome da Palinuro.
A Casaletto Spartano, un paesino medievale della provincia di Salerno, c’è un posto meraviglioso che dovete visitare. È la cascata dei Capelli di Venere, nel Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano: un borgo di una trentina di contrade rurali e di due principali centri abitati. Ha un nome suggestivo, quasi fiabesco, e a vederla (anche solamente in foto) si capisce il perché. “Capelli di Venere” è una cascata nascosta nel cuore del Cilento, che nasce dalle acque del Rio Bussentino, e così chiamata per via della rigogliosa pianta denominata “capelvenere” che caratterizza l’oasi.
E’ la più grande certosa in Italia, nonché tra le più famose, ed è situata a Padula, in provincia di Salerno. Fondato nel 1306, questo monastero ha il più grande chiostro del mondo (circa 12.000 m²) ed è contornato da 84 colonne. La parte principale è in stile barocco ed occupa una superficie di 51.500 m² su cui sono edificate oltre 320 stanze. Oggi, la Certosa ospita il Museo archeologico provinciale della Lucania occidentale, che raccoglie una collezione di reperti provenienti dagli scavi delle necropoli di Sala Consilina e Padula.
Protetta dal Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano, la costa del Cilento è ancora un paradiso selvaggio, al riparo dalle orde di turisti. C’è da perdersi tra baie, calette e spiagge segrete, tra le quali la bella spiaggia sabbiosa di Marina di Ascea, una delle più belle della regione. Prendete carta e penna e segnatevi, assolutamente, le spiagge e il mare che meritano la vostra attenzione: ecco quali.
Il Cilento è terra di emozioni, colori e suoni, che nei secoli l’hanno accompagnata, e cambia stile tra un luogo e l’altro, ma contrastante è la fascia costiera. E’ una terrazza sull’infinito.
Sotto Paestum inizia la parte meno conosciuta della costa campana. Forse perché ancora semisegreta, è parsa a me la più bella.
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…
La Bella Italia da scoprire in 31 tappe. Siamo sicuri? Beh, io ci provo. Sì, perché una vita intera non basterebbe per vedere tutte le meraviglie del Belpaese. Non è pensabile trovare una risposta alla domanda su cosa vedere in Italia. C’è un immenso patrimonio che vale la pena di essere scoperto. Ogni regione cela luoghi di incanto e bellezza.
Accanto alle più famose città, ci sono borghi e paesi sospesi nel tempo, boschi e laghi, natura incontaminata, castelli incantati, chiese e gioielli d’arte. E, poi, ci sono i tesori gelosamente custoditi, quelli meno conosciuti e sottovalutati che valgono assolutamente una sosta e che, in questo diario di viaggio, vi suggerisco. Posti più belli e meno conosciuti, i luoghi più romantici e i posti perfetti per un viaggio con i bambini, che vale la pena visitare in Italia e che meritano una sosta a nord, al centro e a sud.
Il Vallone dei Mulini si è originato circa trentacinquemila anni fa e, oggi, è quel che resta di uno dei 5 valloni intorno a Sorrento. Venne chiuso a causa della costruzione di Piazza Tasso che isolò completamente gli accessi al sito, rendendo il clima talmente umido da facilitare la crescita di piante molto particolari. In questa valle della penisola Sorrentina la natura si è impadronita di un vecchio luogo abbandonato. Deve il suo nome alla presenza di un mulino utilizzato per la macinazione del grano.
Su una sinuosa collina alle spalle di Sanremo c’è un suggestivo piccolo borgo, quello di Bussana Vecchia, dove l’arte si respira in ogni angolo. Distrutta da un violento terremoto alla fine dell’Ottocento, questa località si è svuotata poco a poco per poi rinascere negli anni Cinquanta grazie ad un gruppo di artisti, filosofi e artigiani da tutto il mondo, che hanno ristrutturato le antiche case sorte intorno al castello, trasformandole nelle loro nuove residenze e in studi artistici. Così il borgo, tra laboratori a cielo aperto, osterie e negozi colorati, ha ripreso vita e ancora oggi i viaggiatori ne subiscono il grande fascino.
La villa-castello di Sammezzano si trova a Leccio, frazione del Comune di Reggello, a circa 30 chilometri da Firenze. Si erge su una collina proprio sopra il paese ed è circondata da un grande parco storico di 187 ettari. Fino alla metà dell’800 ebbe l’aspetto di una classica villa toscana. Da quella data, il marchese Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona, con un lavoro durato oltre 40 anni, diede al castello la veste attuale. Il Castello, oggi, è semi abbandonato.
A Tarquinia, nel Lazio settentrionale, ci sono oltre 6 mila tombe scavate nella roccia ed affrescate. Gli affreschi all’interno delle tombe – vere e proprie riproduzioni di case etrusche – riproducono in maniera fedele la vita quotidiana di questa cultura scomparsa. I tumuli stessi riproducono tipologie di edifici che non esistono più in nessun altra forma. La necropoli dei Monterozzi di Tarquinia è famosa per le sue tombe dipinte, ricavate nella roccia e accessibili da corridoi inclinati o gradini, è stata inserita nel 2004 nel World Heritage List 2004, insieme a quella di Cerveteri.
La maggior parte di esse è stata costruita per una sola coppia e costituisce una camera sepolcrale. Le prime tombe dipinte sono del VII secolo, ma solo dal VI secolo esse sono state completamente affrescate. Testimonianza unica ed eccezionale dell’antica civiltà etrusca, la sola civiltà urbana dell’epoca pre-romana in Italia, che ci ha lasciato ci ha lasciato un ricchissimo tesoro di arte, storia e cultura.
Un posto unico dove i miti e la mitologia, i mostri ed i personaggi della letteratura diventano creature di pietra e ricoperte da muschio. Il Parco dei Mostri di Bomarzo si trova poco distante da Viterbo. Anche noto con il nome Sacro Bosco di Bomarzo, fu ideato, nel 1500, dall’architetto Pirro Ligorio (completò San Pietro dopo la morte di Michelangelo) su commissione del Principe Pier Francesco Orsini, detto Vicino, allo scopo di “sol per sfogare il core” rotto (?) per la prematura morte della moglie Giulia Farnese …
In provincia di Benevento, nelle antiche terre del Sannio, sorge uno dei borghi più belli della Campania: Sant’Agata de’ Goti. A circa 159 metri sul livello del mare, Sant’Agata de’ Goti è definita la “perla del Sannio”: un borgo millenario che conserva arte, cultura e tradizione. La terra delle mele annurche, del vino pregiato e dei tartufi neri. Da scoprire nei suoi vicoli, tra le sue case, ma soprattutto nelle sue chiese, che qui sono davvero tante e, una dopo l’altra, ci guidano passo dopo passo alla scoperta del paese. Il paese medievale, nella valle Caudina, alle falde del Monte Taburno e al confine con la provincia di Caserta, è uno scrigno appoggiato su un rilievo di basalto, con il quale si confonde.
Quello che spunta dal Lago di Resia, è il campanile della chiesa dell’antico villaggio di Curon, che emerge dalle acque, ed è diventato uno dei simboli dell’alta Val Venosta, in Alto Adige. D’estate, la regione è meta ambita per i ciclisti: qui passa, infatti, la Via Claudia Augusta, uno dei percorsi ciclistici più famosi d’Europa, che prosegue poi in direzione Merano. Chi vuole andare più in alto, avrà due importanti centri escursionistici a disposizione: al confine con la Svizzera, dalla parte della val di Roia, e nella Vallelunga, al confine con l’Austria, ai piedi del ghiacciaio Palla Bianca. Il paese di Curon è oggi sommerso e si trova sotto il lago artificiale di Resia.
È soprannominata la città che muore perché, costruita sul tufo e con il tufo, i suoi contorni sono destinati all’erosione perpetua. Al paese, dove oggi abitano solo 15 persone, si accede esclusivamente attraverso un ponte pedonale. E’ una delle esperienze più entusiasmanti che è possibile fare nel territorio della Tuscia. La bellezza della sua Civita rende questo piccolo comune del Viterbese una meta ambita dal turismo nazionale e internazionale. Ogni anno più di 700mila persone da tutto il mondo arrivano qui per vedere da vicino una bellezza antica. Civita è sempre più un luogo gettonatissimo dagli innamorati, che insieme passeggiano sul ponte e arrivano nel borgo per scambiarsi promesse d’amore eterno.
Istituita nel 1998 ed estesa su 400 ettari, la riserva naturale dei laghetti di Marinello si trova in provincia di Messina, sotto il promontorio del santuario di Tindari. Insieme ai laghi di Ganzirri (anch’essi in provincia di Messina), costituisce uno dei pochi sopravvissuti esempi di ambiente salmastro costiero nella Sicilia di nord-est. È un’area lagunare, questa, il cui territorio è sottoposto a variazioni morfologiche che, modificando la costa, hanno creato laghetti salmastri incredibili da vedere. A Tindari esiste una spiaggia bianca e dorata percorsa da laghi di acqua salata che cambiano forma con il vento.
I laghi di Marinello si estendono al di sotto del santuario di Tindari, a picco sul mare. La loro presenza è legata ad una leggenda che ha che fare con il santuario. Una devota che aveva perso il figlio in mare fu ascoltata dalla Madonna di Tindari che lo riportò a riva sano facendo ritirare il mare. I laghetti rimangono a testimonianza di quel fenomeno.
Nascosta tra le colline dell’Umbria, esiste un luogo conosciuto come La Scarzuola: un luogo magico esoterico nel quale ci si immerge, quasi per caso, e da cui si esce non solo suggestionati. Il convento costruito da san Francesco con la scarza – la pianta palustre da cui deriva il nome del luogo – fu acquistato nel 1957 dall’architetto Tomaso Buzzi che lo scelse come luogo perfetto per ospitare la sua città ideale: un gioiello architettonico interamente in tufo che è la metafora perfetta di un viaggio mistico-esoterico attraverso la storia umana, nell’incessante ricerca della verità. La città ideale è composta da sette teatri e sette rappresentazioni sceniche e sette sono i monumenti rappresentati: Colosseo, Partenone, Pantheon, Arco di Trionfo, Piramide, Torre Campanaria e Tempio di Vesta.
Fuori Venosa, in provincia di Potenza, in Basilicata, nell’area del Vulture, sorge il Complesso della Santissima Trinità, lì dove un tempo c’era il centro politico economico della città. In questo complesso monumentale troverete una meravigliosa Chiesa Incompiuta che sorge dietro la Chiesa Antica. E’ tra i più importanti siti monumentali di Venosa, il cui interesse si deve al fatto che l’abbazia contiene la stratificazione di tracce ereditate principalmente da Romani, Longobardi e Normanni. Un susseguirsi di gioielli artistici e architetture di pregio si possono ammirare sin da quando si fa ingresso nel paese, tra la chiesa della Trinità e l’annessa Incompiuta, luoghi sacri fortemente legati all’origine della dinastia normanna, il vicino Parco archeologico, finché si giunge nel cuore del suo centro storico dove domina il maestoso castello Pirro del Balzo, per poi scoprire, poco fuori dalla città le catacombe ebraico in prossimità di quelle cristiane.
A Guagnano, un sonnolento paese del Salento, in provincia di Lecce, c’è un eremo speciale che è il rifugio di un’artista che ha creato una città immaginaria utilizzando esclusivamente materiali riciclati. Eremo di Vincent o Vincent City è una vera oasi fuori dal mondo, quasi sconosciuto da molti salentini, ed è stata una delle scoperte più belle che mi ha regalato la Puglia “segreta”. C’è un posto, poi, tra i più curiosi e meno conosciuti del Salento, che merita una sosta: la cava di bauxite che forma un lago circondato da roccia rossa e verde.
Una montagna divisa a metà con una storia leggendaria, una cappella su un masso sospeso sul mare, una grotta che è stato un eremo e una mano impressa nella roccia, tutto in un unico angolo di Gaeta. Una leggenda vuole che quando Gesù Cristo morì sulla croce il velo del Tempio di Gerusalemme si squarciò provocando tre profonde fenditure nella dura roccia di quella che, oggi, è conosciuta come la Montagna Spaccata di Gaeta. Su questo promontorio si erge il Santuario della SS. Trinità mentre a sinistra della chiesa una delle fenditure conduce alla cosiddetta Grotta del Turco, luoghi di pellegrinaggio e suggestive mete turistiche.
Il Giardino dei Tarocchi è probabilmente il capolavoro di Niki de Saint Phalle: un giardino esoterico e favolistico sulla collina di Garavicchio a Capalbio in Maremma Toscana. Qui, si ergono ciclopiche sculture, alte dai 12 ai 15 metri, dedicate ai simboli dei tarocchi, un mondo tra sogno e realtà in cui sono raffigurati i 22 arcani maggiori dei tarocchi. Il giardino è un vero e proprio museo a cielo aperto. Un parco di eccezionale fascino, unico al mondo, uno degli esempi d’arte ambientale più importanti d’Italia in cui le sculture “dialogano” con la natura. Uno dei posti più belli da vedere in Italia con i bambini.
Sempre in Toscana c’è il Parco di Pinocchio, commemorativo della celebre fiaba ed è situato a Collodi, frazione del comune di Pescia. Collodi è il paese dove Carlo Lorenzini, l’autore delle Avventure di Pinocchio, trascorse la fanciullezza e da cui in seguito trasse il suo pseudonimo. Lo sapevate che, invece, a Vernante, nella provincia di Cuneo, in Piemonte, è il paese del primo illustratore di Pinocchio e tutto il paese è colorato con i murales della fiaba.
La cittadina, incastonata nel cuore della Toscana, fra Siena e Firenze, è spesso definita la Manhattan del Medioevo, perché (ai tempi del suo massimo splendore) vi si ergevano ben 74 torri, ognuna costruita da una delle famiglie nobili dell’epoca per simboleggiare la propria ricchezza. Anche se oggi ne rimangono soltanto 14, l’atmosfera medievale e seducente che si respira affascina persone da tutto il mondo e non a caso è stata dichiarata Patrimonio Mondiale dell’UNESCO. Le più alte erano quelle delle famiglia più importanti. Molte delle torri di San Gimignano sono ancora in piedi.
Qui, nei dintorni, come non portarvi a Montemeriggioni, adagiato su una collina e completamente circondato da mura, un borgo toscano, in provincia di Siena, uno dei borghi medioevali fortificati più significativi del territorio. Il paese è stato costruito dai Senesi tra il 1213 e il 1219 per scopi puramente difensivi e domina il territorio dalla cima di una collina che si affaccia sulla via Cassia, una posizione strategica che permetteva alla città di controllare Colle Val’d’Elsa e Staggia, con il principale scopo di creare un avamposto difensivo contro la rivale Firenze.
E, non è finita, lo conoscete San Galgano? Nella Val di Merse, tra Siena e Massa Marittima, c’è un luogo mistico che vale davvero la pena visitare, considerato, oggi, uno dei luoghi più suggestivi e prestigiosi esempi di architettura gotico-cistercense in Italia. E’ San Galgano, dove troverete due attrazioni uniche al mondo: le rovine dell’Abbazia di San Galgano e l’Eremo di Montesiepi. Qui, il nobile cavaliere Galgano Guidotti, dopo aver rinunciato alla propria vita fatta di agi e di ricchezze, prese l’abito cistercense e decise di far erigere sul monte Siepi, una cappella, dove nel 1180 scelse di morire da eremita.
Sorge adagiata sulle pendici del Monte Subasio, in provincia di Perugia, in Umbria, ed è ancora protetta da una robusta cinta muraria ed è dominata dalla mole della Rocca Maggiore e della grande Basilica di San Francesco, che custodisce importanti opere d’arte di artisti come Giotto e Cimabue. Una piccola meraviglia ferma del tempo. La città che ha dato i natali a San Francesco e Santa Chiara, si è imposta all’attenzione del mondo come luogo di messaggio francescano di pace e fratellanza. Non perdetevi, poi, l‘Eremo delle Carceri, un luogo di ritiro e tranquillità.
In provincia di Trento c’è un borgo fermo al medioevo, a due passi dal lago omonimo. E’ il Canale di Tenno ed è una delle meraviglie da visitare, assolutamente, in Trentino. Il paesino, sul versante del lago di Garda, è caratterizzato da casette e locande in pietra, botteghe e antiche mura di cinta perfettamente conservate. Qui, vivono poco più di 50 persone, in un dedalo i viuzze acciottolate e archi che fanno di Tenno uno dei Borghi più belli d’Italia.
Sempre in Trentino, consentitemi un altro “fuori programma”, vale una fermata a Mezzano, da qualche anno, gioiello tra “I Borghi più Belli d’Italia“, la destinazione ideale per una fuga romantica: tra cataste di legno che diventano opere d’arte, antichi fienili e l’aria pura del Parco Naturale di Paneveggio Pale di San Martino, in provincia di Trento. Qui, infatti, accatastare la legna è un’arte e la legna crea installazioni consapevoli ed inconsapevoli in tutto il paese da visitare una per una. Lungo gli stretti vicoli, ai piedi delle antiche facciate, al cospetto dei tipici ballatoi, nelle piccole piazze, nei cortili, sotto le scale, negli anditi e sui poggioli la tradizionale scorta di ceppi per l’inverno incanta i turisti con le sue forme inattese.
Galla Placidia è uno scrigno di mosaici che si trova a Ravenna che fu realizzato intorno al 425 d.C. Si trova a due passi dalla Cappella di San Vitale, ed è uno dei più importanti monumenti paleocristiani conservatosi sino ad oggi nella sua integrità strutturale. Considerato da molti come uno dei tesori più preziosi della città, il Mausoleo è uno degli edifici più antichi di Ravenna, patrimonio Unesco dal 1996. Semplice e modesto nelle forme, colpisce subito la vista per via della sua particolare struttura in mattoni posta all’ombra dei rami di un grande platano secolare immediatamente alle spalle della Basilica di San Vitale.
Roscigno Vecchia, in Cilento, nella Campania meridionale, nel Salernitano, è uno dei borghi fantasma più belli d’Italia e merita assolutamente una tappa per le sue casette basse realizzate in pietra, il suo impianto rurale e i resti della chiesa. I continui smottamenti del terreno, iniziati nel ‘500, hanno costretto a spostare più volte l’ubicazione del borgo. Le frane sono frequenti, le strade spesso incerte. Oggi, il paese sorge in zona sicura, ma la sua anima vive ancora a Roscigno Vecchia, distante 2 km. “Il Paese che cammina” è patrimonio mondiale Unesco e, spesso, ribattezzata la “Pompei del Novecento”. Giuseppe Spagnuolo rimane l’ultimo testimone di un paesino rurale fatto di tradizioni autentiche.
Spello si trova abbarbicato su uno sperone del Monte Subasio, quasi a dominare la Valle Umbra. È una meraviglia da scoprire perdendosi tra i suoi vicoli profumati e le sue stradine lastricate che vi condurranno alla scoperta di un centro storico coloratissimo. Spello è uno dei borghi umbri più amati e fotografati. Famoso per le Infiorate del Corpus Domini che si svolgono ogni anno in occasione del Corpus Domini e che riempiono la città di meravigliosi tappeti floreali.
Lago di Tovel
Nel cuore del Parco Naturale Adamello-Brenta, protetto dalle imponenti dolomiti trentine il lago di Tovel, il luogo caraibico della Val di Non, in Trentino, uno dei laghi alpini più belli del mondo. È anche conosciuto come Lago degli orsi perché sono presenti alcuni orsi bruni nella valle, e lago rosso per il fenomeno dell’arrossamento delle acque. La Val di Non è famosissima per i tantissimi meleti, da cui sarete letteralmente circondati lungo la strada per raggiungerla.
Distante 2 chilometri da Pachino, in provincia di Siracusa, c’è un bellissimo borgo di mare caratterizzato da casette in pietra gialla disposte intorno a due porticcioli naturali. È Marzamemi, un piccolo gioiello da non perdere nel vostro viaggio alla scoperta della Sicilia Orientale, antichissimo villaggio di pescatori e rinomato per la sua tonnara, una tra le più importanti di tutta la Sicilia, e risale al tempo della dominazione araba.
Dai suoi 24 metri d’altezza, con il suo raggruppamento di casette bianche e con il suo passato che vanta origini greche (lo si evince dalla radice del suo nome “polis” ovvero città), Polignano a mare è sospeso su uno sperone roccioso a picco sul mare azzurro. E’, senza dubbio, una delle destinazioni imperdibile del vostro viaggio in Puglia, nella provincia di Bari, protesa verso il Mar Adriatico. La prima cosa da fare prima di addentrarvi nel centro storico è percorrere l’antico sentiero di Lama Monachile, formato da numerosi scalini ricavati dalla roccia che scendono fino al mare, dove vi accoglierà una incredibile spiaggia di ciottoli bianchi protetta da pareti rocciose. Non perdete una visita all’Abbazia sul mare di San Vito. Merita una sosta culinaria Grotta Palazzese: un ristorante speciale ricavato in una grotta sul mare con con scorci romantici imperdibili.
L’ottava meraviglia del mondo si trova in Toscana. La Val d’Orcia, un territorio che sembra dipinto, è una terra di rara bellezza, dove storia, natura e tradizione si intrecciano. Borghi medioevali, abbazie e castelli immersi in un paesaggio unico di dolci colline e cipressi in cui si alternano campi coltivati, vigneti ed uliveti dove il tempo sembra essersi fermato. Nel cuore della Val d’Orcia c’è un posto, ancora segreto, che non potete non visitare. Sono le terme libere di Bagni di San Filippo che si nascondono tra i verdi boschi ai piedi del Monte Amiata e si raggiungono attraversando un piccolo sentiero.
Lo splendido “paese fantasma”, a 50 chilometri da Matera, si erge su una collina di tenera roccia biancastra, in quello che fu un importante centro strategico militare durante il periodo normanno. Oggi, è oggi una delle mete imperdibili della terra lucana, per suggestività e bellezza. E’ stato distrutto nel 1963 da una frana che ha costretto la popolazione locale ad abbandonare il borgo per rifugiarsi nel nuovo comune di Craco Peschiera. Per raggiungerlo dovrete risalire un percorso, dove la natura riarsa si colora di giallo e il paesaggio cambia improvvisamente. Osservandolo in lontananza, si presenta come una scultura di origini medioevali circondata dai “Calanchi”. Del vecchio paese restano le case in pietra aggrappate alla roccia e tra di esse si distingue la torre normanna in posizione dominante rispetto all’antico borgo.
A circa 97 chilometri da Bolzano, nel comune di Braies, nell’omonima valle, il Lago di Braies è una meraviglia conosciuta, non a caso, come la Perla delle Dolomiti. Si trova a 1496 sul livello del mare, si estende per 31 ettari e arriva a toccare una profondità di 36 metri. Una leggenda narra che sotto la superficie del bacino naturale sia nascosta una gran quantità d’oro tenuta al sicuro dai selvaggi venuti a conquistare la zona e poi attaccati dai pastori della Val di Braies per derubarli. In realtà, il famoso specchio lacustre si formò in seguito al distaccamento di grandi torri rocciose che spostarono la valle nel suo punto più stretto dove le acque si accumularono dando vita a Braies. Attorno al lago alpino si snoda un sentiero di circa 1,5 km battuto dagli amanti della nordic walk, inoltre è possibile affittare una barca a remi e costeggiarlo per godersi lo spettacolo naturale da un altro punto di vista.
Ci sono luoghi, nel mondo, che sembrano fatti apposta per essere ricordati. Censito tra i Borghi più Belli d’Italia, Tellaro è un piccolo borgo marinaro arroccato su di una scogliera, all’estremità orientale del Golfo dei Poeti, la baia che da Portovenere arriva a Lerici passando per La Spezia. Le vecchie case multicolori con le facciate scolorite dalla salsedine, i giardini profumati di gelsomino, i ristoranti sulla piccola marina, ne fanno un luogo semplice, molto romantico e suggestivo. È questo mix di leggende, di storia e di natura che ha reso Tellaro famoso tra gli artisti: Shelley, Lord Byron, Moravia, Montale, tutti innamorati di questi luoghi, selvaggi e dolci. Lo scrittore e giornalista Mario Soldati, ad esempio, scelse di trascorrere qui la sua vecchiaia; Eugenio Montale vi si fermò durante un viaggio in treno, e dedicò al borgo una poesia.
In Calabria visitate, assolutamente – impossibile non conoscerla – una piccola Venezia del Sud: il più antico borgo di Scilla, Chianalea. Le case di Chianalea sono costruite direttamente sugli scogli, e sono separate da viuzze strette che scendono fino al Mar Tirreno e che – viste dall’alto – sembrano un po’ i canali veneziani. Un’atmosfera magica, che le è valsa l’ingresso tra i Borghi più Belli d’Italia. Un villaggio di pescatori in cui si respira, ancora, la Calabria più autentica.
Non potete, a questo punto, non raggiungere Pizzo Calabro famosa per il suo tartufo, inventato negli anni Cinquanta: gelato alla nocciola a forma di semisfera con un cuore di cioccolato fondente fuso e l’esterno ricoperto di cacao amaro in polvere. Altra attrattiva che attira tanti turisti è la Chiesa di Piedigrotta scolpita nella grotta sulla spiaggia in onore di un’affascinante leggenda
Ultima, ma non ultima, la tappa a Tropea, il cui centro è costruito su una roccia di 50 metri di altezza a picco sul mare, candidata a Capitale italiana della cultura per il 2021/2022. E’ situata su un tratto di costa chiamato “Costa degli Dei”, a indicare le meraviglie paesaggistiche che si dischiudono davanti agli occhi di chi la visita. Tropea è rinomata per le vedute panoramiche e per i suoi giardini. Un tempo parte della Repubblica di Amalfi, è oggi un tranquillo paesino di valore storico, meta ambita da turisti e coppie in luna di miele.
La natura vulcanica fa di Ischia, nel Golfo di Napoli, un’isola ricca di sorgenti termali che sgorgano in ogni angolo, anche direttamente in mare. La Baia di Sorgeto è uno di questi luoghi dove poter fare un bagno termale direttamente in mare, tra acque calde e fredde, dolci e salate, termali e marine, regalando ai turisti sensazioni uniche. Si tratta di una cala a forma di mezzaluna circondata da pareti rocciose in verticale dove troverete acque termali calde direttamente in mare. C’è anche un piccolo stabilimento balneare, ma l’accesso alle acque termali è gratuito.
L’Italia? Un paradiso abitato da diavoli. A ovest a sud e a est è bagnato dal mare, a nord dalle montagne: i mari stanno fermi immoti, le montagne ogni tanto scivolano. E’ questa l’Italia, vista e narrata con i miei occhi, prima ancora che con la penna…
Chiunque ha un sogno dovrebbe andare in Italia. Forse. Sì, perché l’Italia è un posto dove le cose stanno sempre per succedere…
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…
Modena, tra storia, arte, cibo e motori. Cinta dai fiumi Secchia e Panaro proprio al centro dell’Emilia Romagna, è una piccola città bomboniera ricca di fascino, nobile e borghese, ancora oggi, perfetta nel suo insieme. Una città piena di alberi, dinamica, affascinante, seducente e di una eleganza raffinata. Modena è una perla preziosa da ammirare per i tesori architettonici che custodisce, di grande fascino e suggestione. Nel 1997, l’Unesco ha riconosciuto il valore universale del complesso di Modena, dichiarando la Cattedrale, la Torre Civica e Piazza Grande Patrimonio dell’Umanità, quali “testimonianza unica o quantomeno eccezionale di una civiltà o di una tradizione scomparsa”. L’antica storia della città, infatti, potrete riviverla passeggiando tra i monumenti del centro storico: traccia dell’importante passato della città.
Le origini di Modena risalgono probabilmente al periodo etrusco, ma le prime notizie sicure sulla città si hanno all’inizio del II secolo a.C. e coincidono con l’espansione di Roma, quando venne creata la grande arteria della via Emilia e Mutina fu proclamata colonia romana. Dopo il breve dominio mantovano nel 1289, Modena tornò, nel 1336, alla casata degli Estensi che la governarono fino al 1796. Diventò la “città estense” per antonomasia solo nel 1598, quando il duca Cesare d’Este trasferì da Ferrara a Modena la capitale del suo ducato. Con il boom economico, negli anni del dopoguerra, Modena ha conosciuto un periodo di benessere senza precedenti.
Un successo legato all’affermarsi di industrie come Ferrari, Maserati o Panini, o come i poli ceramico di Sassuolo, tessile di Carpi e biomedicale di Mirandola, e alla valorizzazione dei prodotti tipici della regione.
Se state pensando di trascorrere qualche giorno a Modena, vi propongo un itinerario di viaggio di cosa vedere, assolutamente, in città e dintorni, in uno o più giorni. La vostra visita “nella city” non può che iniziare da Piazza Grande, cuore della città, dove troverete il Duomo di Modena, la Ghirlandina e il Palazzo Comunale. Dopo una sosta d’obbligo al Duomo caratterizzato da loggette, salite sulla Ghirlandina, il campanile simbolo della città, percorsi i 200 scalini la vista sulla città è incredibilmente magnetica. Se avete tempo, fate visita ai Musei del Duomo.
Cuore pulsante e vivo della città, Piazza Grande è la piazza principale di Modena, situata in pieno centro storico. Vi si affacciano il Duomo, l’Arcivescovado e il Palazzo Comunale, che chiude col suo porticato il lato orientale e settentrionale della piazza. Non si tratta, in realtà, di un unico palazzo, ma del risultato della ristrutturazione sei-settecentesca di numerose costruzioni sorte in epoche diverse, armonizzate allo scopo di organizzarle in un unico, omogeneo complesso edilizio. Al suo interno sono visitabili le splendide sale storiche: Sala della Torre Mozza (così chiamata perché è ancora visibile il muro di un’antica torre civica che testimonia le origini medievali del Palazzo), Camerino dei Confirmati, Sala del Fuoco, Sala del Consiglio Vecchio, Sala degli Arazzi e Sala dei matrimoni.
Il Duomo di Modena è tra i maggiori monumenti della cultura romanica in Europa. Fu fondato il 9 giugno del 1099 per iniziativa delle varie classi sociali cittadine, come affermazione dei valori civici, culturali e religiosi della nascente comunità. L’architetto Lanfranco e lo scultore Wiligelmo realizzarono la cattedrale, che ospita il sito del sepolcro di san Geminiano, patrono di Modena, in una sintesi fra la cultura antica e la nuova arte lombarda, creando un modello fondamentale per la civiltà romanica. Dalla fine del 1100 fino al Trecento il cantiere fu proseguito dai Maestri Campionesi.
A fianco dell’abside del Duomo, con i suoi 89,32 metri, si proietta verso l’alto la torre Ghirlandina. Una curiosità. La Ghirlandina è stata battezzata dai modenesi con questo vezzeggiativo per il doppio giro di balaustre che incoronano la guglia, “leggiadre come ghirlande”.
La Galleria Estense è una delle tappe imperdibili di Modena che merita una lunga sosta per poter ammirare la collezione d’arte dei duchi d’Este: al suo interno troverete opere di Guercino, Annibale Carracci e Dosso Dossi. Sul sito ufficiale gallerie-estensi.beniculturali trovate le informazioni su orari e aperture. Istituita nel 1854 da Francesco V d’Austria-Este e collocata dal 1894 nell’attuale sede del Palazzo dei Muse. L’edificio comprende quattro saloni e sedici salette espositive dedicate all’importante patrimonio artistico accumulato dai duchi d’Este fin dagli anni della signoria ferrarese.
Attiva dal 1959, la Galleria civica di Modena, storica istituzione pubblica della città, è da oltre 50 anni uno dei centri di produzione culturale più autorevoli nel panorama nazionale dell’arte contemporanea.
Dal 1963, anno in cui inizia a svolgere attività permanente, la Galleria civica di Modena stabilisce la sua sede nel settecentesco Palazzo dei Musei. Dalla primavera 1995 si trasferisce nell’appena ristrutturato Palazzo Santa Margherita, ubicato in una delle più suggestive zone del centro storico della città.
Uno degli edifici più belli della città è sicuramente il Palazzo Ducale di Modena, sede della Corte Estense, che fu realizzato dai più grandi artisti dell’epoca come Avanzini, Berlini, Borromini e Pietro da Cortona. Secondo molti si tratta del primo palazzo barocco d’Europa, quello in cui vennero cioè per la prima volta realizzati i canoni dell’arte seicentesca. È monumentale e ricchissimo, d’arte e di storia: un gioiello degno delle ambizioni di chi lo volle. Per grandezza e fasto, ben potrebbe essere annoverato tra le più prestigiose regge a livello europeo.
Oggi è sede dell’Accademia Militare: l’unico Istituto di formazione di base per gli Ufficiali in servizio permanente dell’Esercito e dell’Arma dei Carabinieri.L’elegante facciata si presenta con tre piante di finestre affiancate, coronate da balaustre con statue. Con il suo elegante loggiato a due piani, il Cortile d’Onore è un capolavoro dell’architettura barocca. Da qui si accede allo Scalone d’Onore ornato da statue romane, che porta al Loggiato e alle numerose sale dell’Appartamento di Stato. Non perdete una visita al Foro Boario di Modena, un incredibile struttura che, oggi, ospita la Facoltà di Economia.
Dopo aver visitato la chiesa di Sant’Agostino, di origini trecentesche, che venne trasformata nel Seicento diventando il Pantheon dei duchi e delle duchesse d’Este, raggiungete il monumentale di Modena, San Cataldo. Raggiungete il chiassoso mercato storico Albinelli, il mercato storico della città. Tra i banchi troverete tante prelibatezze da assaggiare. Modena è patria dell’aceto balsamico, proprio per questo non potete perdere una visita all’Acetaia comunale che si trova nel sottotetto del Palazzo Comunale.
Non dimenticate, poi, una tappa al Museo della Figurina. Nato per volontà e passione di Giuseppe Panini, fondatore delle Edizioni Panini, il Museo della Figurina è allestito in un’ampia sala espositiva, nella quale si trovano sei armadi, corrispondenti a sei grandi album da sfogliare. Al loro interno è ripercorsa l’intera storia della figurina, dagli esordi alle più innovative tecniche di produzione.
Oltre a dare i natali a Enzo Ferrari, fondatore della gloriosa scuderia automobilistica, Modena è anche la patria della lirica: proprio qui, infatti, è nato Luciano Pavarotti, il tenore italiano più famoso al mondo. Da mettere in programma, dunque, una visita alla Casa Museo Pavarotti.
La Casa Museo di Luciano Pavarotti, progetto a cura della Fondazione, fa parte di questo piccolo, grande mondo modenese: un luogo capace di far conoscere ai suoi visitatori il ritratto del Grande Maestro nella sua veste di uomo di scena, così come nella sua veste più intima e privata di uomo legato alla sua terra, alla quale ritornava in ogni momento di pausa dal lavoro. Si trova nel cuore della campagna modenese, proprio alle porte della città verso le colline, e rispecchia l’animo allegro, gentile e vibrante del Maestro: ogni centimetro riflette la sua personalità poiché rivela l’uomo dietro le quinte.
Il Teatro Comunale fu inaugurato nel 1841 con la denominazione Teatro dell’Illustrissima Comunità. Dall’ottobre 2007, è stato intitolato “Teatro Comunale Luciano Pavarotti”, in memoria del grande tenore modenese a un mese dalla sua scomparsa.
Prima di lasciare la città non perdete una visita, se siete appassionati di motori, alla Casa Museo Enzo Ferrari e al Museo Ferrari di Maranello.
Tappa obbligata per gli appassionati di corse automobilistiche e non solo, il Museo Enzo Ferrari, inaugurato nel 2012, ospita la casa in cui nacque Enzo Ferrari nel 1898 e la galleria espositiva, l’ormai famoso “cofano” di alluminio giallo che l’avvolge. Un edificio futuristico al cui interno vi si può ammirare un allestimento flessibile che rappresenta la storia, gli attori, i luoghi e le competizioni dell’automobilismo sportivo modenese.
Vale una fermata anche all’Orto Botanico dell’Università di Modena, nel cuore del centro storico, fondato nel 1758, per volontà del Duca Francesco III d’Este, che destinò una parte del giardino di corte alla coltivazione e alla dimostrazione delle piante medicinali.
Il Giardino Ducale Estense è un giardino fatto costruire ancora verso la fine del XVI secolo, quando il duca Cesare diede ordine di recintare adeguatamente un ampio spazio incolto situato a Nord del palazzo, e per circoscrivere l’area fu utilizzata una semplice siepe. Il parco del Giardino Ducale Estense è fortemente caratterizzato dal disegno originario e dalla presenza della pregevole palazzina Vigarani che emerge in tutte le principali prospettive. Sul piano vegetazionale va sottolineata la presenza di alberi appartenenti a diverse specie di notevole grandezza e importanza.
Quindi, lasciandovi alle spalle la magia del centro storico di Modena, potete raggiungere il Parco Giovanni Amendola: un’oasi verde di oltre centosettantamila metri quadrati all’interno di Modena. Il parco presenta soluzioni non convenzionali e di valore artistico nella costruzione di collinette perfettamente circolari e nell’utilizzo calcolato del cemento, soluzioni che creano un paesaggio naturale simile ai mondi di Super Mario.
La cucina modenese è rinomata in tutta Italia ed è molto antica, tanto che viene citata già in alcuni libri del 1300, tra cui il Decameron del Boccaccio, dove ritroviamo i famosi tortellini (più piccoli e la loro forma sarebbe legata a una leggenda che trae spunto dal poema “La Secchia Rapita” del Tassoni) o cappelletto (la cui forma, come il nome lascia intendere, ricorda quella dei cappelli indossati durante il Medioevo: turtlén (in dialetto bolognese) o del turtlèin (in quello modenese) o caplèt (in romagnolo). Tradizioni antiche che uniscono realtà e leggenda, sapori semplici e al tempo stesso ricercati, e grandi piatti che si contendono il primato: Emilia v/Romagna. Il “vero” cappelletto è decisamente romagnolo mentre il “vero” tortellino emiliano.
Uno dei pezzi forti della gastronomia modenese è la carne di maiale, che trova espressione nei marchi di origine del Prosciutto di Modena, del cotechino IGP e dello zampone.
Tante le prelibatezze da assaggiare a Modena, tra cui lo gnocco fritto, solitamente accompagnato con salumi, formaggi o servito al posto del pane e le crescentine (da impasto che cresce), note comunemente come tigelle, sono delle focaccine tipiche modenesi, preparate con un impasto a base di farina, strutto, lievito e acqua. Che dire, poi, del rinomato borlengo? Una cialda molto sottile e croccante tipica dell’area collinare. La città è nota nel mondo anche, non ultimo, per il Lambrusco di Modena Dop, uno dei fiori all’occhiello dell’enologia emiliana.
Tra i prodotti d’eccellenza della gastronomia modenese, conosciuto in tutto il mondo, non si può non menzionare ancora l’aceto balsamico di Modena, che, al pari di tutte le altre Dop e Igp è pienamente tutelato contro ogni possibile evocazione che possa indurre in errore i consumatori. C’è un solo modo per fare l’Aceto Balsamico di Modena I.G.P. Quale? Deve essere prodotto esclusivamente nelle acetaie delle province di Modena e Reggio Emilia con i mosti ottenuti dai 7 vitigni più coltivati in Emilia Romagna – Lambrusco, Sangiovese, Trebbiano, Albana, Ancellotta, Fortana e Montuni. Nasce dalla sapiente unione tra mosto cotto da questi vitigni selezionati e dal pregiato aceto di vino.
E, dulcis, ma non ultimo, il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano: due grandi eccellenze italiane conosciute in tutto il mondo. Benché simili, però, sono facilmente confondibili, ma è sbagliato.
Il Parmigiano Reggiano è nato nelle comunità monacali dell’Emilia Romagna mentre il Grana Padano è nato nell’Abbazia di Chiaravalle, in Lombardia. Il Parmigiano Reggiano si produce solo nelle province di Parma, Reggio Emilia, Bologna, Modena e Mantova. Il Grana Padano si produce, invece, nella zona della Pianura Padana, da cui il formaggio prende il nome, che abbraccia ben 32 provincie, tra Lombardia, Piemonte, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna e Veneto. Si tratta quindi della zona della Pianura Padana, da cui il formaggio prende il nome.
Il 31 gennaio, di ogni anno, viene celebrata a Modena la festa del Patrono, san Geminiano, durante la quale vengono esposte in Duomo le reliquie del Santo, mentre nel centro storico della città si svolge la fiera con le tradizionali bancarelle per la vendita di prodotti extralimentari e degustazioni di prodotti tipici.
Dal 2018, è approdato a Modena uno degli eventi più amati dai golosi. Si tratta di Sciocolà, il Festival del cioccolato, che nel 2019 ha visto l’esposizione di una replica in cioccolato della Ferrari F2004 di Michael Schumacher. La terza edizione, che avrebbe dovuto svolgersi dal 30 ottobre al 1 novembre 2020, è stata rinviata al 2021 a causa dell’emergenza Covid (29 ottobre – 1 novembre).
Tra gli appuntamenti annuali da non perdere, c’è anche il Festivalfilosofia che a settembre anima per tre giorni la città, con lezioni magistrali, mostre, concerti, film, giochi e cene a tema. È libertà il tema della 21ª edizione della manifestazione, che si terrà il 17, 18 e 19 settembre 2021 a Modena, Carpi e Sassuolo.
Ecco una lista di luoghi e tappe “fuori porta” che meritano di essere programmate e che lascio a voi l’incanto di scoprirle in libertà:
Questa è “la mia” Modena, e tanto altro, oltre ad essere la terra natale di chi scrive. Mi piace raccontare la storia delle città e dei luoghi che ho visitato, anche quando, qui, ci ho vissuto per 35 anni, prima di “farmi adottare” in Liguria.
Le città che quando cammini non ti rendi conto del tempo e ti perdi all’angolo, tra un dettaglio e lo stupore.
Le città sono come le persone. Hanno un nome che le distingue e pregi, difetti e particolarità che conferiscono loro un carattere preciso. Ma c’è sempre qualcosa che sfugge, labile e indefinibile, così da renderle sempre nuove e inaspettate ogni volta che le si rivede.
Questo mi succede, tuttora, a Modena…
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…
Il Salento è conosciuto ormai in tutto il mondo. E non solo per le splendide spiagge di sabbia bianca. California d’Italia? Maldive del Salento? C’è chi la ribattezza così (turisti) e chi si ribella (pugliesi) all’accostamento d’Oltreoceano e rivendica la bellezza unica di questa tavolozza di colori sul mediterraneo che è la Puglia. Spiagge da sogno, accese dai bianchi delle pietre, dai gialli della campagna e dai toni del blu tra cielo e del Mediterraneo.
Il Salento, terra baciata dal sole, è una penisola da esplorare on the road, fino al punto dove due mari si incontrano. Distese di spiagge caraibiche, dune e vegetazione, scogliere e rocce: la bellezza della costa salentina sta proprio nel suo lato selvaggio, incontaminato ed ancestrale. Percorrendo la litoranea ci si sente sospesi sul mare, tra rocce vertiginose, grappoli di case, alberghi nascosti tra le rocce e sfumature cobalto del mare.
Però, va detto, trovare spiagge non frequentate ed isolate in Salento è quasi impossibile, soprattutto nel mese di agosto, ma ci sono delle baie e delle zone meno affollate di altre che vi suggerisco di scoprire.
Torre Uluzzo
Nel territorio di Nardò, nel Leccese, la baia di Torre Uluzzo è una bellissima spiaggia selvaggia, primordiale, dominata dalla torre da cui prende il nome. Il periodo più bello per raggiungerla è sicuramente in primavera, quando il fiore che dà il nome alla baia e alla torre, l’asfodelo, fiorisce e colora di bianco tutta la baia intorno. E’ una baia rocciosa che offre spazi isolati, piattaforme per prendere il sole, rocce levigate e anfratti scenici che degradano verso il mare turchese. Torre Uluzzo si trova nel Parco naturale regionale di Porto Selvaggio e Palude del Capitano. Da qui, si snoda un bellissimo sentiero che arriva fino a Porto Selvaggio.
Torre Squillace è una tranquilla spiaggia caratterizzata dall’omonima torre di avvistamento cinquecentesca, una delle più belle torri di osservazione che la costa salentina possa offrire ai visitatori. È caratterizzata da una distesa di sabbia bianca e mare cristallino. La spiaggia, situata a sud di Porto Cesareo, nei pressi della Penisola della Strea, è un luogo molto intimo: sono in pochi a conoscere questa spiaggetta.
A ridosso del comune di San Foca, a Vernole, in provincia di Lecce, la spiaggia delle Cesine fa parte dell’oasi delle Cesine protetta dal WWF. Un suggestivo lido sabbioso con mare turchese raggiungibile a piedi, attraversando quasi tutta la spettacolare Riserva Naturale in cui è situata che comprende anche due stagni: Pantano Grande e Salapi, che si trovano a ridosso della spiaggia.
A circa 15 km da Gallipoli, la marina di torre Suda si trova sul versante del mar Ionio nel comune di Racale, adiacente al litorale di Mancaversa. La spiaggia, tranquilla e poco affollata, è caratterizzata da scogli bassi, piatti e di agile accesso. Nelle sue acque limpide e cristalline, si pratica la pesca con la canna perché i fondali sono particolarmente pescosi e ricchi di pesce. Le immersioni subacquee, invece, attraggono gli amanti della flora e della fauna marina che qui, a Mancaversa, sono tra i più belli della Puglia.
Lungo la strada litoranea che da Torre Vado conduce a Santa Maria di Leuca, si trova la piccola ed incantevole Baia di San Gregorio, appartenente al comune di Patù insieme a Felloniche.
La costa qui è prevalentemente rocciosa e digrada verso il mare diventando bassa nel punto in cui anticamente sorgeva il porto di età messapica. Lungo il costone che scende verso il mare, e nuotando nei fondali, si possono scorgere ancora i lastroni di quello che un tempo fu il porto dell’antica città di Veretu. Fa da cornice una natura incontaminata e selvaggia che contrasta con l’azzurro del mare. Questo tratto di costa poco affollata è il posto perfetto che chi ama il mare in (quasi) assoluta solitudine. Da qui, ci si può spostare per raggiungere, direttamente ed in pochi minuti, le spiagge più frequentate di Pescoluse.
A Castro, lungo la costa orientale del Salento che va da Otranto a Santa Maria di Leuca, Cala dell’Acquaviva è un piccolo fiordo di roccia ed acqua, lungo poco più di dieci metri e circondato da fitta vegetazione, ma che riporta alla mente i fiordi e le insenature delle coste norvegesi. Il colore smeraldo dell’acqua, la macchia mediterranea e la roccia viva creano un’esplosione di colori che vi lascerà senza fiato. I fondali sono bassi e l’acqua è fresca per via delle correnti che caratterizzano questa baia. Questa incantevole e stretta insenatura è custodita come uno scrigno segreto dalla ripida scogliera, che consente, grazie ai massi livellati e smussati delle onde, di distendersi ed approfittare dei raggi del sole estivo. Un bagno rigenerante in acque color cobalto in alcuni punti, verde in altri e cristallino a riva, assieme al canto delle cicale.
È una delle calette più incredibili del Salento che troverete a pochi chilometri da Otranto. La baia è incastonata tra Punta Faci ed il promontorio di Capo d’Otranto. Un caleidoscopio di colori, che variano dal blu del mare cristallino, che lambisce le coste, al rosso del terreno arricchito di bauxite, fino al verde della pineta, che sfuma poi nelle tipiche tonalità della macchia mediterranea. Le coste di Baia dell’Otre sono formate da scogliere basse intervallate da tratti di spiaggia, ma la ricchezza del litorale è data anche dalle numerose grotte, superficiali e subacquee. In questo tratto di costa, il mare è sempre molto calmo e questo accresce il fascino del luogo.
Lido Marini si estende ai piedi di una delle “Serre” del capo di Leuca insieme alle località turistiche di Torre Mozza, Torre Pali, Torre Vado, Torre San Giovanni, che è la principale marina di Ugento. Qui, troverete un ampio litorale di sabbia dorata circondato da macchia mediterranea. Indicata per chi vuole godere il mare con bambini e giocattoli al seguito. Ma a farne davvero un tratto di mare perfetto per le famiglie, è la condizione dell’acqua, che di solito beneficia di qualche grado in più rispetto al versante adriatico. In questo tratto di costa, poi, il fondale è molto basso molto e ideale per chi ama la pesca subacquea o per escursioni nel Mar Jonio del Salento.
A ridosso dell’omonima torre, nella Marina di Manduria, a circa 200 metri dal mare e a un’altitudine di 14 metri, la spiaggia di Torre Borraco è una bellissima distesa di sabbia bianca che degrada verso acque turchesi e, al cui interno, sfocia il fiume Borraco. Si trova poco fuori San Pietro in Bevagna, in direzione di Taranto, ed è una meraviglia da scoprire. Il fiume aprendosi in mare, sfocia nel fondale sabbioso, e viene trascinato a seconda delle direzioni del vento caratterizzando queste acque a tratti fredde e calde. Qui i bambini si possono divertire tranquillamente e godersi questi limpidi fondali bassi.
Nel tratto di costa tra Campomarino e San Pietro in Bevagna, c’è un angolo di paradiso che dovete assolutamente conoscere. Si chiama Monaco Mirante ed è un tratto di costa caratterizzato da sabbia bianca, scogliere basse e dune meravigliose alte fino a 12 metri e ricoperte da macchia mediterranea. Tra tutte le spiagge belle del Salento, quella di Monaco Mirante è la più suggestiva perché unica nel suo genere e di rara bellezza paesaggistica. E’ una spiaggia che conoscono in pochissimi, una di quelle spiagge segrete da rapire il cuore. Un motivo per fare una visita alla spiaggia sono proprio le sue dune. Non è facile vederne di così alte e rigogliose.
Il Salento non è mai scontato riesce a offrire mete di mare mozzafiato, a pochi passi da meravigliose città d’arte, a partire dal capoluogo Lecce, tra tappe gastronomiche, sagre e luoghi storici. Qui, il Medioevo si colora d’Oriente e antiche filastrocche in “griko” risuonano nella Grecìa Salentina, come a Melpignano, dove antichi ritmi diventano musica contemporanea nella Notte della Taranta. Una terra magica e seducente in cui misteriosi dolmen e menhir, monumenti megalitici preistorici, indicano il cammino, nascosti tra gli ulivi e i muretti a secco nelle campagne dove sorgono antiche masserie oggi trasformate in affascinanti strutture ricettive.
Nei borghi si svelano le botteghe artigiane di cartapesta e pietra leccese e sulla tavola si possono gustare tutti i sapori del Salento, da accompagnare con ottimo vino locale: la “tria”, pasta fatta in casa preparata con i ceci, saporite verdure selvatiche e dolci prelibati come il “pasticciotto” dal cuore di crema e lo “spumone”, ottimo gelato artigianale.
Dimenticatevi le spiagge, perché ora vi propongo un itinerario romantico “in pillole”, in auto o in bici, per i più sportivi, di una settimana…
Uno dei luoghi più suggestivi della Puglia è la Valle d’Itria, dove non dovete perdere, per nulla al mondo, una sosta nei celebri vigneti di Locorotondo per un pausa gastronomica, con degustazione dei noti vini locali. La meta perfetta dove fermarsi è Ostuni, la ‘città bianca’, che offre un’incantevole vista sul mare, alla scoperta del suo territorio e dei tesori naturali e culturali. Quando si dice Ostuni si pensa subito al borgo antico. E’, forse, la città più bella della provincia di Brindisi, ha un centro storico famoso in tutto il mondo per quel magico colpo d’occhio di una città tutta bianca appollaiata su una collina, a dominare dall’alto la piana degli ulivi della Valle d’Itria.
Di un bianco accecante è il colore delle case di questo antico borgo della Murgia. Un intrico di viuzze anguste e tortuose, che ricorda una casbah, con i suoi vicoli a gradini e gli archivolti, in un susseguirsi di corti e piazzette.
Ulivi secolari, aziende vinicole e frutticole costeggiano la pista ciclabile fino ad Avetrana, l’antica cittadina, che fino al XIX Secolo era conosciuto come Vetrana, luogo di sosta lungo la Via Appia, una delle principali arterie di comunicazione dell’Impero Romano, che collegava Roma a Brindisi. Non resterete delusi in quanto le opere architettoniche presenti su questo territorio, nonostante l’usura dovuta al corso del tempo, sono tuttora significative: dal Torrione alla Chiesa Madre, dal Palazzo Baronale al Castello e Casale Medievale di Modunato oltre alle zone archeologiche.
Si parte da Avetrana e si raggiunge la costa ionica. Dopo la Torre Colimena, si raggiunge Porto Cesareo. Dopo una breve deviazione nell’entroterra, si prosegue lungo la costa verso Gallipoli. Il nome di questa cittadina, famosa meta estiva molto amata dai giovani, viene dal greco Kale Polis (‘città bella’), un nome più che meritato. Gallipoli, infatti, si trova alla fine di quella che sembra essere una penisola inespugnabile e rocciosa, che si distende verso il mare. Una città che, vista dal mare, mette in mostra il suo lato più esotico, con le tradizionali casette bianche che ricordano i paesini delle Cicladi.
Il borgo antico, arroccato su di un’isola, è collegato alla terraferma tramite un ponte ad archi, mentre le mura, i bastioni e le torri che proteggevano la città dagli invasori, oggi la riparano dalle mareggiate e le donano un fascino unico. Questa cittadina offre molto ai turisti, chiese e musei da visitare e deliziosi vicoli per passeggiare. Anche il porto è un luogo dove sostare per assaporare l’autenticità della città, soprattutto quando i pescatori sono al lavoro.
Un’autentica perla dolcemente adagiata tra Punta Meliso e Punta Ristola, i due promontori dal panorama mozzafiato che abbracciano il lungomare, il Santuario e più di duemila anni di storia. Situata nel sud più a sud del Salento e, al tempo stesso, lo spartiacque fra Mar Ionio e Mare Adriatico: Santa Maria di Leuca. La città è nota per la sua chiesa e per i pellegrinaggi che vi si compiono, ma anche per le tante ville sontuose dalle architetture bizzarre e inusuali, volute da eccentrici proprietari amanti del mare. A passo di trekking, andate alla scoperta di chiese paleocristiane e frantoi ipogei e non perdete lo spettacolo naturale delle grotte marine di Santa Maria di Leuca.
La città messapica di Otranto si trova sul litorale adriatico della penisola salentina, incastonata in un paesaggio incantevole, domina il mare dalla roccia su cui è adagiata e può essere indicativamente divisa in due parti. La prima, che ospita il borgo vecchio, è protetta dalle mura aragonesi, è totalmente pedonale ed è attraversata da stradine e vicoli che vi fanno rivivere le atmosfere d’altri tempi di questa meravigliosa località. La zona vecchia della città è circondata da un muro possente ed è dominata dall’imponente Castello Asburgo.
Sulla strada per Otranto, si ha la possibilità di visitare la famosa grotta Zinzulusa. Un’altra sosta consigliata è a Santa Cesarea Terme, nota per le sue cure idroterapeutiche e per la fangoterapia radioattiva.
Si prosegue lungo la costa, attraverso innumerevoli coltivazioni di ulivi fino a Lecce, ultima tappa del viaggio. Una passeggiata a Lecce è un viaggio nel barocco, tra chiese e palazzi ricamati nella pietra, cortili, giardini segreti e la sorpresa di un anfiteatro romano nel cuore della città. Capitale del barocco pugliese e una delle città d’arte più suggestive d’Italia. Lecce ha una storia antichissima che, attraverso i secoli, ha visto susseguirsi i Messapi, i Romani, i Bizantini e infine i Normanni. Da visitare l’anfiteatro e il teatro d’epoca romana, entrambi costruiti sotto l’imperatore Augusto. Lecce è detta anche la “Firenze del Sud” e merita assolutamente una tappa. Il tenore Tito Schipa, nel Novecento, decantava Lecce come il paradiso in terra.
La Puglia è continua scoperta, stupore, respiro, tra mare, promontori, ulivi, trulli, masserie, chiese, castelli, vicoli, muretti a secco, terre selvagge, orizzonti illimitati e tramonti indimenticabili. Da queste parti hanno un Bianco così intenso – il cosiddetto “Bianco Puglia”.
Il Salento non lo puoi spiegare. Il Salento lo devi vivere, perché ti entra nell’anima, ti avvolge e non ti lascia più…
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…
In cammino sul sentiero balcone il Golfo Paradiso. La Liguria offre tanti itinerari escursionistici. Oltre al mare, questo sentiero permette, infatti, di ammirare borghi caratteristici, uliveti e paesaggi collinari. Una passeggiata tra natura, storia e vedute panoramiche sul golfo Paradiso.
In questo itinerario, a pochi passi dal mare, dove le scogliere incontrano i terrazzamenti dedicati alla ovicultura, si concentrano molte delle caratteristiche endemiche della costa ligure: il mare, la macchia mediterranea, i terrazzamenti, gli olivi, i castagni. Salendo le antiche e ripide ‘creuse’, alle spalle della spiaggia di Sori, si arriva a Sant’Apollinare per ammirare la bellezza del promontorio di Portofino.
Ma anche le antiche mulattiere, le chiese, i santuari, le cappelle. Un itinerario tra Sori e Recco alla riscoperta, quindi, delle antiche “creuse” , le mulattiere che si inerpicano tra macchie di flora mediterranea e fasce coltivate ad ulivi. Si perché in questa zona l’olivo ha una lunga ed importante storia, come testimoniato dalla località Mulinetti, presso Recco, la cui toponomastica rinvia all’originaria presenza di due mulini idraulici ubicati nella valletta del rio Sonega che servivano ad azionare le macine e le presse dei frantoi.
Con i suoi giardini che nascondono le ville agli sguardi indiscreti, il mare che lambisce le scogliere su cui queste appoggiano e la piccola spiaggetta cinta dalle colline verdi, Mulinetti può ben definirsi una oasi di pace dove immergersi nell’azzurro del mare e nel verde della pineta mentre si respira il profumo del mare abbronzandosi sul bagnasciuga. In inverno diventa una nicchia suggestiva dove scaldarsi ai raggi tiepidi del sole invernale col profumo dei pini marittimi, protetti dai venti dal nord in una piccola insenatura tranquilla. Chi non la conosce, beh, la custodisce gelosamente nel cuore, come chi scrive, anche se tentata di con-dividerla…
Da Sori si segue l’Aurelia in direzione Recco individuando a sinistra via Dante Alighieri, bella via scalinata su cui sono evidenti i segnavia della Federazione Italiana Escursionismo (F.I.E.) per Sant’Apollinare. La via sale tra case e terrazzi ad olivo e lungo questa vanno trascurate le vie laterali arrivando nel piazzale di un gruppo di case. Si continua lungo il crinale tra olivi e terrazze per poi affrontare l’ultimo tratto nel bosco e arrivare…
a Sant’Apollinare, a cui giunge una strada asfaltata. La Chiesa di Sant’Apollinare, già nominata in un rogito del 1195, ha mantenuto la sua semplice ed austera struttura di pieve romanica, nonostante i corpi aggiunti posteriormente. Si sale a destra, lasciando la pista sterrata per Sant’Uberto e prendendo a destra l’ampia via che si dirige verso alcune case.
Davvero seducente, in questo tratto, il panorama sul mare. Dopo poche decine di metri si è ad un importante bivio. Si lascia la pista a destra e si continua dritti.
L’ampia mulattiera, vero e proprio balcone naturale su questo tratto di costa, passa sopra la Torre saracena di Polanesi, punto nevralgico del sistema difensivo che, fin dall’Alto Medioevo, fronteggiava le minacce nemiche provenienti dal mare, avvistando le navi dei pirati barbareschi salpate dalle coste del Nord Africa, Algeria e Tunisia in particolare.
Si giunge così in località La Costa, grande versante terrazzato, dove si trascura una scalinata che scende a destra e si continua in quota arrivando ad una dorsale da cui appare buona parte della costa ligure verso il Promontorio di Portofino, con Recco in primo piano e poi Camogli.
Si continua in costa, sempre accompagnati dai panorami sul mare sia verso il Promontorio di Portofino sia verso ….il tratto di costa di Polanesi. Dopo un paio di tornanti in discesa, si prosegue nel bosco, ora in leggera salita, fino ad arrivare…..al fresco impluvio principale, nei pressi del quale vi è un antico fontanile.
Si continua sempre sulla traccia più importante ma, poco dopo, si è ad un bivio. Ora va trascurata la pista a destra, per Ageno, per continuare dritti e passare sul retro di alcune case. La pista, una bella mulattiera ampia e facile da seguire sale fino ad una aperta dorsale. Qui, si trascura il sentiero che sale a sinistra per continuare sulla via dritta incontrando, poco dopo, un’ampia traccia che taglia la mulattiera. Anche questa va trascurata, continuando dritti, in costa.
Il percorso scorre ora quasi in piano fino a raggiungere la mulattiera per la chiesetta dell’Ascensione ad una quota di 300 metri che sovrasta l’abitato di Faveto. L’edificio, però, resta a destra, più in basso. Vale comunque la pena raggiungerlo, con una breve discesa di pochi minuti. Tornati ora al bivio di quota 300 metri… si sale dritti, nel bosco, (segnavia rossi FIE), seguendo un’antica mulattiera fiancheggiata da muretti in pietra.
Quando si esce dal bosco appare la dorsale da raggiungere, su cui svetta l’alta Croce di Sant’Uberto. Raggiunto un crinale secondario si percorre un tratto più aperto e, senza possibilità di errore, si confluisce infine sul crinale principale, quello che scende dal Monte Castelletto e dalle Case Cornua. Il percorso è ora piacevole e pressoché pianeggiante: ignorato il bivio sulla sinistra per Capreno, poco dopo abbandoniamo il crinale per scendere sotto costa sul lato opposto, seguendo le indicazioni per Sori (segnavia cerchio rosso barrato).
Il sentiero perde leggermente quota con splendide viste sia in direzione della riviera, sia verso l’entroterra dove sono facilmente riconoscibili le più evidenti sagome dei monti Caucaso e Ramaceto. Si inizia a scendere con più decisione tra la vegetazione arbustiva, fino ad un punto in cui, un po’ a sorpresa, il sentiero – fino a quel punto panoramico – svolta a sinistra, transitando nei pressi di un casone, e continuando a scendere su una vecchia mulattiera nel bosco, accompagnata da muretti in pietra.
Dopo un primo tratto asfaltato, inizia finalmente una evidente sterrata che seguiamo per un tratto, prima di abbandonarla a favore di un piccolo sentierino che si stacca sulla destra, e in direzione del quale proseguono le segnalazioni. Su una sottile traccia lastricata, ci si inerpica tra i ruderi di un antico muro in pietra, che il percorso costeggia per un buon tratto, prima di piegare verso sinistra e salire con alcuni stretti tornanti su un versante piuttosto ripido.
Oltrepassato il primo e più faticoso tratto, il percorso modera le proprie pendenze e avanza quasi in piano una volta raggiunto il crinale: di fronte a noi, ecco comparire il Redentore di Sant’Uberto, che spunta tra gli alberi a dominare il paesaggio. Raggiungiamo un tratto aperto, dove finalmente gli alberi diradano lasciando intravedere un bello scorcio del promontorio di Punta Chiappa e della riviera da Recco a Camogli e, in direzione opposta, da Sori fino al Monte Fasce. Il sentiero riprende a salire leggermente, avviandosi deciso verso la statua di fronte a noi, che raggiungiamo senza ulteriore fatica e della quale possiamo ammirare, una volta giunti ai suoi piedi, la grandiosa imponenza.
Ecco che si raggiunge la chiesetta di Sant’Uberto, posta su un aperto e panoramico spiazzo dominata da un grande pilone votivo. Ora si inizia a scendere sempre lungo il crinale principale, utilizzando un ampio sentiero segnalato. Questo perde quota lungo i boscosi fianchi di Poggio Montone ed infine confluisce su una stradella.
Tra crose e scalette, si scende incrociando più volte l’asfalto e perdendo quota sempre più seguendo sempre il segnavia cerchio rosso barrato, attraverso via Faveto e salita Faveto. Raggiunto il bivio per Ageno, lo si imbocca tornando per un tratto a salire, quindi abbandoniamo l’asfalto per tenerci a sinistra su una viuzza a tratti sterrata che, con splendide viste sui sottostanti tetti di Recco e sul promontorio di Punta Chiappa, ci accompagna fino alla caratteristica Chiesa di Megli, situata in splendida posizione panoramica sulla riviera.
Si svolta a sinistra e, in breve, si chiude l’anello tornando a Sant’Apollinare e da qui, con il viaggio dell’andata, a Sori.
A volte si percorrono strade che il cuore non capisce
e la mente non sa spiegare.
Ma l’anima lo sa.
Esistono strade piccole, strette, riservate, nascoste. Quelle che notano in pochi. Quelle che non urlano per rendersi visibili. Sono fatte di passi semplici, muri scrostati, colori segreti e luminosi. E da qualche parte c’è sempre un’emozione che aspetta di essere raccontata.
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…
San Martino di Licciorno e… i luoghi magici del cuore. C’è un posto in Liguria dove il cuore batte forte, dove si rimane senza fiato grazie all’impatto emozionale del contorno naturale: è la Chiesa di San Martino del Licciorno. Ma, ai piedi delle Rocche di Borzone, le sorprese sono molte. Un itinerario magico tra cascate, sorgenti sanguigne taumaturgiche, ruderi misteriosi come rovine Maya, volti scolpiti nella pietra.
Siamo nel cuore della Valle Stura, una vallata dell’Appennino ligure, attraversata dal torrente omonimo, che nasce presso i Piani di Praglia e confluisce nell’Orba all’altezza di Ovada.
Oggi vi porto in Val Penna, all’interno del Parco dell’Aveto a pochi chilometri da Lavagna. Usciti al casello di Lavagna dell’autostrada A12 Genova –Livorno, si prosegue in direzione Carasco per poi imboccare la provinciale che porta in direzione di Borzonasca. Dopo circa 10 km, appena entrati nel paese, si prende l’incrocio sulla destra per Prato Sopralacroce (provinciale n°49) e, quindi, si prosegue per altri 9 km.
Si arriva, facilmente a Prato Sopralacroce, il paese delle meraviglie, attraverso, però, una strada dalle numerose curve. Arrivati nella piazza (riconoscibile per un monumento di tubi Rossi e l’osteria ), si prosegue per 2,5 km lungo la strada provinciale.
Lungo il sentiero che collega le frazioni di Vallepiana e Zolezzi, in prossimità della confluenza tra i torrenti Penna e Borzone, si incontrano i ruderi della chiesa medievale di San Martino di Licciorno, toponimo che sembra richiamare la presenza di boschi di lecci, mangiati dal tempo e dalla vegetazione. Brillano sulla cima piccole tegole di ardesia. Al di sotto, si svelano, appunto, i ruderi della chiesa, immersi nel bosco e che ci porta in un luogo da favola avvolto nel mistero.
Misteriosa e affascinante anche la storia della chiesa. Eretta dai monaci Benedettini dell’Abbazia di Borzone durante l’anno 1000, i ruderi della chiesa di San Martino di Licciorno sono un luogo unico e ricco di fascino nell’entroterra ligure. La muratura superstite sembra appartenere al XVII – XVIII secolo, ma la planimetria potrebbe essere medievale, anche IV secolo. Pare che un tempo ci fosse un nucleo abitato nei pressi, poi scomparso. San Martino fu abbandonata a metà dell’’800. Qui, passava la via del sale e la chiesa, probabilmente, fu costruita per offrire ospitalità a viandanti e pellegrini.
L’elemento di maggior spicco è il campanile, che svetta tra la vegetazione a sormontare i resti dell’abside e delle mura perimetrali, come un fantasma del passato, immobile e silenzioso. La tradizione popolare ricorda San Martino come la più antica parrocchia della valle, in seguito sostituita dalla chiesa di Santa Maria Assunta di Prato, alla quale risulta storicamente annessa almeno dal 1498. L’unico arredo superstite di San Martino di Licciorno, e qui conservato, è un dipinto che rappresenta i santi Lorenzo, Martino, Rocco, Sebastiano, Antonio Abate che intercedono presso la Vergine e la Santissima Trinità.
La chiesa nel bosco, risalente al 1298, aggrovigliata dagli alberi, avvolta dal mistero, non è l’unico luogo ad essere carico di energia: c’è anche la misteriosa Abbazia di Sant’Andrea di Borzone, dove sembra quasi di udire l’eco dei canti gregoriani, nel comune di Borzonasca, a 355 metri s.l.m. Il complesso religioso dall’eccezionale valore storico, riferibile al periodo romanico e tardo-romanico, è probabile che sia nato per opera dei monaci di Bobbio, preceduti nella loro missione evangelizzatrice dai fratelli di San Colombano. Prima di seguire la pista che porta a Zolezzi, borgo del XVI – XVII secolo, si abbraccia l’unico cipresso ultracentenario sopravvissuto, silenzioso testimone di secoli di storia insieme alla vicina abbazia. Un luogo solitario e suggestivo.
Proseguendo la passeggiata, attraverserete, sempre al fresco e all’ombra, il bosco, scendendo prima e risalendo poi verso la piccola frazione di Zolezzi.
Da qui, si trovano, via via, in successione, diversi ciliegi che, in stagione, vi attireranno col loro prezioso carico di frutti che propendono su una strada pubblica…
Proseguite lungo la strada asfaltata, che è completamente pianeggiante, per circa 1 chilometro. Anche in questo tratto sono presenti alberi da frutto mentre a bordo strada, faranno capolino, qua e là, e in stagione, anche le succose fragoline di bosco che possono essere tranquillamente raccolte.
Poco distante, presso il borgo di Zolezzi, in località Rocche di Borzone, e sotto la rupe, c’è un’enigmatica scultura si trova il famoso volto rupestre di Gesù Cristo, una delle sculture megalitiche più grandi d’Europa.
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…
Il Castello della Pietra e il Sentiero dei Castellani. Sulla provinciale che s’incunea nella gola scavata dal torrente Vobbia, all’interno del Parco dell’Antola si può scorgere un capolavoro di architettura castellana ligure: il Castello della Pietra.
Il millenario Castello della Pietra è un gioiello dell’entroterra genovese, non lontano dalla città, situato in una pittoresca e scenografica posizione elevata, mirabilmente incastonato tra due speroni di conglomerato roccioso che ne costituiscono i bastioni naturali. La struttura si nota dalla strada che costeggia il torrente Vobbia, risalendone il corso da Isola del Cantone. Un buon punto di riferimento per fare il percorso ad anello Torre (Vobbia) – Sentiero dei Castellani – Castello della Pietra, – Strada Provinciale per Vobbia – Torre (Vobbia).
Come arrivare al Castello della Pietra? Occorre uscire al casello di Isola del Cantone dell’autostrada A7 Genova – Serravalle. Seguire le indicazioni per Vobbia. Dopo qualche chilometro, a sinistra, troverete chiare le indicazioni del punto di partenza del sentiero e un piccolo posteggio. Si può percorrere il sentiero breve, che parte dalla provinciale tra Vobbia e Isola del Cantone e dura circa 20 minuti. Un altro modo per arrivare al castello è quello di raggiungere Vobbia, e in particolare la località Torre (attraverso una strada in salita che si apra alla vostra sinistra, poco prima dell’ingresso in paese) e, da lì, imboccare il Sentiero dei Castellani. In circa un’ora e trenta di cammino (massimo due), raggiungerete il Castello.
Il sentiero è piuttosto lungo (circa 1 ora e 30 di cammino e 4 km di lunghezza), ma non particolarmente difficoltoso e molto panoramico in alcuni tratti. Per chi proviene da Genova, il sentiero si raggiunge percorrendo l’autostrada A7 Genova-Milano, uscire a Busalla, poi imboccare la strada provinciale 9 per Crocefieschi. La provinciale che giunge a Vobbia segue uno spettacolare canyon; superato il ponte sul torrente Vallenzona, si raggiunge in breve località Torre. In treno, dalla stazione ferroviaria di Busalla, coincidenza con il servizio extraurbano per Vobbia.
E’ un antico percorso medievale all’interno del cosiddetto “Conglomerato di Vobbia” nel quale sono ricostruite, passo dopo passo, la storia e le tradizionali pratiche della gente della valle. Il sentiero si snoda, infatti, lungo il canyon del torrente Vobbia, fra i calcari del Monte Antola e il conglomerato oligocenico, fra le antiche testimonianze della produzione del carbone da legna e l’utilizzo del castagno. L’ascesa non è particolarmente lunga, ma è piuttosto ripida. Se fatta in autunno, l’occasione può anche essere buona per una copiosa raccolta di castagne nei boschi della zona (la raccolta funghi, invece, è regolamentata). Molto bello il tratto finale, su passerelle in legno e metallo letteralmente “appese” all’enorme torrione roccioso che fa da supporto all’ardito castello.
Si può, poi, discendere attraverso il sentiero che porta sulla provinciale e, percorrendo circa 2,5 km sulla strada asfaltata, tornare a località Torre, completando così l’anello.
Il sentiero prevede 10 punti che parlano delle tradizione e delle peculiarità del luogo:
1. Il Poggetto su cui con ogni probabilità sorgeva una torre di avvistamento al servizio del castello;
2. La forra – profonda gola con affioramenti di argilloscisti – e flora rupestre;
3. La civiltà della castagna: ruderi di un secchereccio;
4. La produzione del carbone di legna: “piazzola da carbone”;
5. Panorama sul canyon della Val Vobbia (da non perdere);
6. Calcari del monte Antola e conglomerati di Savignone;
7. Il bosco;
8. Belvedere sul castello;
9. La zona umida;
10. Area di sosta attrezzata. (utile per una sosta o per un picnic nel verde)
Il Castello della Pietra, gioiello del Parco dell’Antola, è un esempio davvero unico di architettura medievale in cui l’elemento naturale si fonde magistralmente all’opera dell’uomo e lo completa. Anche se le mura si trovano strette tra due grandi torrioni di puddinga, l’appellativo dell’architettura difensiva medioevale deriva dal nome della famiglia della Pietra, che ne fu proprietaria fino al 1518, anno in cui il maniero passò agli Adorno fino ad essere abbandonato a seguito del trattato di Campoformio (1797) che sanciva la fine dell’epoca feudale. L’imprendibile roccaforte rappresenta il più originale dei manieri che durante l’epoca dei feudi imperiali dominavano le valli risalenti verso il Monte Antola.
Il castello, dal 1993, è visitabile negli ambienti interni grazie a interventi di recupero: cisterne, segrete, camini, scale, posti di guardia, camminamenti di ronda e l’ampia sala centrale che occasionalmente diventa protagonista di rappresentazioni teatrali, concerti, sagre e mostre. Nel 2014, si sono svolti lavori straordinari lungo il Sentiero dei Castellani e alla struttura con la temporanea chiusura del sito al pubblico. Questo castello nel parco dell’Antola si articola in due corpi impostati a quote differenti. Caratteristica è la cisterna scavata nella roccia ai piedi del torrione (sperone roccioso naturale) ovest, in cui erano convogliate le acque piovane dei tetti, anche per mezzo di canali di raccolta scavati nella roccia, ancora in parte visibili. La cisterna è accanto al salone centrale sotto il cui pavimento è presente una seconda cisterna.
Una bella notizia per gli amanti del trekking. A partire dal 15 maggio 2021 ha riaperto i battenti il Castello della Pietra di Vobbia, millenaria roccaforte che domina la valle, nel Parco Naturale Regionale dell’Antola. E’ nuovamente visitabile nelle giornate di sabato e domenica e nei festivi fino al 1 novembre 2021, ma vi si può accedere solo su prenotazione e con visite guidate alle ore 10:30 – 12 – 13:30 – 15 e 16:30 (con prenotazione obbligatoria entro le ore 12:30 del venerdì precedente la data prescelta). L’accesso è consentito previo pagamento anticipato dei biglietti d’ingresso e ad un massimo di 12 persone per turno di visita (qui il regolamento per accedere al Castello della Pietra). La prenotazione va effettuata contattando telefonicamente l’Ente Parco dell‘Antola al numero 010 944175 dal lunedì al venerdì dalle ore 8.30 alle 12:30.
Nei giorni festivi dei mesi estivi, è possibile visitare il castello con una visita guidata molto interessante, anche per i bambini. La bravissima guida, infatti, vi accompagnerà lungo le stanze del castello, raccontandovi di come si svolgeva la vita all’interno, le battaglie che vi sono state e le leggende della zona, dal famoso ponte di Zan (o ponte del diavolo), a quella del pianoro dirimpetto da dove, nelle notti di luna piena, dal castello si possono vedere le streghe ballare!
Vi ricordate il castello incantato delle fiabe? Questo castello più che incantato, lo definirei “incastrato”, dove storia e natura si incontrano…
Degli antichi castelli mi incuriosisce la vita che hanno visto passare e che in parte trattengono ancora.
Chissà quanti sogni sono rimasti sulle torri…
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…