Facebook sta lavorando ad una versione di Instagram per ‘under 13’, in termini di sicurezza più adatta ai più piccoli. Mark Zuckerberg non ci sente sulla tutela dei minori e pensa ad una versione di Instagram, il social network di proprietà di Facebook, per ‘under 13’, appunto.
L’indiscrezione è di queste ore e arriva dal sito americano Buzzfeed News che è venuto in possesso di una nota interna della società. L’attuale policy di Instagram – come tanti altri social network come Facebook, Instagram, Twitter, Snapchat e WhatsApp – vieta ai minori di 13 anni di utilizzare il servizio.
Sono entusiasta di annunciare che per il futuro prossimo abbiamo individuato nei giovanissimi una priorità per Instagram” – ha scritto Vishal Shah, vicepresidente del prodotto di Instagram su una bacheca destinata alle comunicazioni tra i dipendenti.
E’ quindi “stretta per gli under 13” che, grazie a tecnologie di intelligenza artificiale e avvisi di sicurezza, faranno comprendere ai giovani di essere più cauti nelle conversazioni con gli adulti.
Secondo quanto riporta il sito americano, il progetto sarebbe supervisionato da Adam Mosseri, capo di Instagram, e guidato da Pavni Diwanji, assunto da Facebook a dicembre, ma che in precedenza ha lavorato per Google al progetto YouTube Kids. E, in merito a Google, c’è un precedente.
A settembre 2019, la Federal Trade Commission americana ha inflitto a Google una multa di 170 milioni di dollari per aver raccolto dati dei minori su YouTube, senza il consenso dei genitori, per mostrare loro annunci rilevanti.
Intervistato da Buzzefeed, Mosseri ha dichiarato che i bambini chiedono sempre più spesso ai loro genitori il permesso di iscriversi su social network che usano i loro amici, in modo da sentirsi integrati e restare al passo coi loro coetanei. Questo giustifica il motivo della decisione presa da Facebook, ma assecondare quelle richieste potrebbe non essere la mossa più giusta.
Finirebbe, sì, per catturare una fascia d’età, peraltro ‘scoperta sul mercato’, per andare a posizionarsi meglio rispetto alla concorrenza, ma che, invece, non dovrebbe essere incoraggiata dai social network. E, ancora, a quale prezzo?
Instagram per gli under 13 richiederà ai minori un ruolo attivo come la condivisione di immagini e contenuti personali. E, dare ai genitori il controllo, non significa che questi, nella realtà dei fatti, seguiranno con attenzione l’attività dei figli sul social network…
Non a caso, su questa linea prudenziale, lo scorso febbraio, a seguito di un intervento del Garante della protezione dei dati personali italiano dopo fatti di cronaca che hanno riguardato minori, TikTok ha deciso di richiedere agli utenti la loro età, così da cancellare i profili degli iscritti con meno di 13 anni.
La questione è spinosa. Una volta che al minore è stato consentito, di fatto, l’ingresso nel mercato della rete, lo si espone, come è successo e succede, a frequenti e gravi abusi.
Sì, perché la protezione dei minori nel mondo digitale è questione delicatissima, sottoposta all’attenzione di molti organismi e assemblee internazionali, tenuto conto che le misure standard di tutela si sono rivelate insufficienti. E voi, genitori, che ne pensate?
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…
OnlyFans, il nuovo social senza censura. E’ esploso, soprattutto, tra pandemia e lockdown, ma di cosa si tratta e come funziona? Il meccanismo è semplice: non c’è censura e quindi qui vengono condivisi anche foto e video di nudo (e non solo), ad alto contenuto erotico.
OnlyFans è una piattaforma di intrattenimento nata nel 2016 a Londra. Oggi conta oltre 85 milioni di utenti registrati (di cui un milione sono creator) e nel 2020 ha generato 2 miliardi di dollari in vendite di cui ha trattenuto circa il 20% come riporta Bloomberg. Per vederli bisogna pagare un abbonamento a chi li posta. Perché guardarli qui? La caratteristica è che sono “esclusivi”, cioè non si trovano altrove. Non solo, possono essere anche fatti su richiesta tra aste, mance e messaggi privati degli utenti, da cui passano i contenuti più “preziosi” e su misura (piedi compresi). C’è anche chi paga per l’intimo usato o solo per fare una chiacchierata.
Arrivano da personaggi famosi, come la pornostar Malena, il pluri campione mountain biker italiano Paolo Patrizi, lo spogliarellista Demo, Naomi De Crescenzo, oggi la seconda influencer e streamer più seguita d’Italia sulla piattaforma, la showgirl Elena Morali e la giovanissima, e ormai molto popolare, youtuber, influencer e modella Martina Vismara. Tra le star sul social, ci sono anche la rapper Cardi B che, nel suo stile “a tappeto”, ha avvisato i fan che non posterà contenuti hard, l’attore Michael B. Jordan e la modella ed influencer Bella Thorne, ma anche persone e ragazzi comuni.
In teoria, si possono mostrare a pagamento contenuti inediti, contenuti che non ci sono su nessun altro social. Per esempio: ci sono molti cuochi che qui pubblicano ricette segrete che sulle altre piattaforme non metterebbero, oppure YouTuber che mettono dei video commenti sportivi pubblicando la loro recensione: ovviamente per vedere tutto questo le persone devono iscriversi e pagare. Poi, contenuti hot, hard o porno addirittura.
OnlyFans, oltre alla finalità di partenza di mettere in contatto le celebrities coi loro fan, si sta ampliando sempre di più: in particolare, la mancanza di policy specifiche come quelle di Instagram che ha reso più “stretta” l’osservazione che il canale fa nei confronti dei propri utenti, che spesso vengono bannati o segnalati, ha permesso di portare avanti le attività anche durante la pandemia dei sex worker, che hanno trovato grande spazio e seguito sul canale. Su Instagram, infatti, per chi pubblica contenuti “al limite” delle loro policy si è in “shadow ban” (letteralmente «ban ombra»), ovvero un’azione di moderazione che consente di nascondere un determinato utente da una comunità online, oppure di rendere invisibili i contenuti da lui pubblicati ad altri utenti.
Il rischio maggiore è che chi illegalmente scarica il tuo video, potrebbe farlo girare su Telegram, ad esempio, che rende impossibile rintracciare chi lo fa, e rende impossibile far rimuovere i contenuti rubati, perché tutela su tutto la privacy di chi condivide quei contenuti, senza tutelare, in casi specifici, una persona che ha subìto un danno. Pertanto, tutti i contenuti che vanno su OnlyFans, anche quelli privati e da sbloccare, dal primo giorno possono diventare di dominio pubblico. La figura professionale del content creator, insomma, deve essere in pace con se stesso.
Su OnlyFans non si guadagna solo dagli abbonamenti, ma si possono fare contenuti da sbloccare in privato nel senso che, chi vuole vedere un certo contenuto, paga e lo sblocca, con la cifra che viene chiesta. Le statistiche interne fanno anche vedere chi lo sblocca, e hai una buona visibilità sulle azioni di chi ti segue: quindi creando una strategia di marketing, si può arrivare a guadagnare bene. Però, per avere successo occorre avere già una propria fanbase attiva, consolidata anche grazie a Twitch, da trasferire anche qui: se non si ha già un gruppo di fan, non si riesce a riscuotere abbastanza interesse. Le dirette live, poi, permettono ai follower di seguirti da vicino e, in maniera spontanea, questo li fa affezionare.
Tanto per citare alcuni nomi. Attualmente Naomi, l’italiana più seguita su OnlyFans, ha 1400 abbonati, è passata da 2mila al mese a cifre incredibili a 40mila dollari, magari in due mesi, senza mai scendere sotto i 10mila al mese mentre Martina Vismara arriva a guadagnare 100mila dollari al mese. Nel febbraio del 2019, del resto, il New York Times aveva spiegato come OnlyFans stesse cambiando il mondo della pornografia online. Insomma, monetizzare il proprio seguito online è quello che fa “chiunque” abbia un numero consistente di follower, in barba alla censura…?
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…
Twitch e moderazione, come funziona e come abbonarsi. Tra le tante piattaforme di streaming in tempo reale esistenti Twitch.TV, è sicuramente la più famosa al mondo, contando a oggi milioni di utenti attivi che parlano di videogiochi e non solo.
Nata dall’idea di Justin Kan e Emmett Shear che nel 2007 crearono Justin.tv, trasformandolo poi in Twitch.tv nel 2011, la piattaforma è arrivata ad essere la quarta in classifica a generare più traffico su internet negli Stati Uniti. Dal 2014, inoltre, Twitch è stato venduto ad Amazon per una cifra pari a 970 milioni di dollari a vantaggio di diversi cambiamenti, come ad esempio la possibilità di collegare l’account Twitch all’abbonamento ad Amazon Prime.
Il colosso “viola” dello streaming permette a chiunque di approcciarsi al suo mondo. Cosa c’è da sapere? Per iscriverti ed entrare a far parte di questo universo interattivo ti basta creare un account Twitch, cliccando su Iscriviti in alto a destra oppure in basso a sinistra sotto la dicitura “Entra nella community di Twitch!” inserendo i tuoi dati (nome, cognome, email e data di nascita) o collegandoti con un account Facebook.
Però, se non vuoi creare un account di Twitch, puoi comunque vedere le live, ma non potrai comunicare tramite la chat, seguire lo streamer in modo da sapere quando è online o creare a tua volta dirette streaming (streammare).
Le funzioni di un account Twitch di base sono molteplici e tutte disponibili gratuitamente. Oltre ad accedere alla galleria di giochi trasmessi in tempo reale, Twitch TV permette di:
Diversi i vantaggi che la piattaforma può offrire, a partire dall’account gratuito o con l’abbonamento a Prime (a pagamento). Twitch Prime è la versione a pagamento dell’account di Twitch: il profilo premium.
Con l’account Premium di Twitch si ottengono diversi vantaggi come:
Abbonarsi a Twitch Prime è molto semplice. Come? Devi, innanzitutto, essere iscritto ad Amazon Prime e successivamente collegare Amazon Prime a Twitch. Se non hai mai usufruito di Amazon Prime, e di conseguenza di un account Twitch Prime, hai diritto a una prova gratuita di 30 giorni, potendo decidere al termine del periodo di prova se rinnovare l’abbonamento (36 euro annuali) oppure annullarlo.
Ecco come collegare il tuo account Prime a Twitch per usufruire dell’account premium:
Puoi collegare il tuo account Twitch ad Amazon Prime anche dalla piattaforma, direttamente dalle impostazioni del tuo account, cliccando su “Twich Prime” e poi su “Collega il tuo account Prime”.
E, non è finita, questo è utilizzabile sia da browser che da app, compatibile con numerosi dispositivi tra cui iOS, Android, Google Chromecast e Amazon Fire Stick.
La piattaforma di live streaming di intrattenimento è tra quelle che applicano misure più rigide sulla moderazione dei contenuti e il blocco degli utenti. Che possa essere un modello per altri social?
Come su YouTube o TikTok, anche su Twitch le attività ruotano intorno ai creator, ciascuno con una propria community. E il 2020 – complice la Covid-19 e il Mondo costretto a casa a causa dalle restrizioni anti-contagio – è stato un anno record: 17 miliardi di ore di visualizzazione, in crescita dell’83% rispetto al 2019.
Una serissima e blindata policy interna che regolamenta i contenuti: per tutelare gli utenti, infatti, Twitch può intervenire per sospendere in qualsiasi momento gli account che svolgono attività o pronunciano parole inopportune, immorali o rischiose. Gli addetti della piattaforma si trovano quindi, di caso in caso, a scegliere se rimuovere i contenuti dannosi, mandare un avvertimento agli utenti responsabili o sospenderli direttamente.
C’è di più. Non soltanto è possibile sospendere o bloccare gli account che ci infastidiscono, ma si possono eleggere “moderatori personali” che aiutino a moderare la community durante un livestream. Insomma, la moderazione da parte degli utenti, qui, è, indubbiamente, più sviluppata rispetto ad altri social.
Lo spauracchio che fa da padrone per i creator, però, è soprattutto il ban imposto dalla piattaforma, che può essere immediato ed essere temporaneo (fino a 30 giorni) o a tempo indeterminato. Questo secondo caso in gergo si chiama “permaban” e non si può contestare (come succede con altri social) in nessun modo: può essere un grande problema per gli utenti che vivono dei ricavati della piattaforma, tramite donazioni e pubblicità. Ad attirare un ban, si legge guardando il regolamento pubblicato online, possono essere frasi o atteggiamenti violenti, contro la privacy, illegali, autolesionisti, pornografici, discriminatori, d’istigazione all’odio, lesive della dignità. Definizioni precise ma, diciamolo, anche decisamente troppo “aperte” e ampie. Diventa difficile, in buona sostanza, per molti creator pensare di aggirare così tanti divieti, che lasciano discrezionalità ai moderatori della piattaforma di decidere della loro carriera.
Se, da un lato, la tecnologia e il mondo dei social corre “veloce” in rete, e nelle vite quotidiane, dall’altro il bivio è inevitabile e qual è il miglior approccio? Il confine si mantiene attorno a due: meno regole di moderazione che rischiano di lasciare impuniti alcuni comportamenti sbagliati o più regole che rischiano, però, di punire anche quando non sarebbe necessario? E, ancora, se i social “diventano tutto il mondo” dei bambini, dei ragazzi (e non solo) e di chi, come chi scrive, li usa per lavoro, qual è il rischio nella vita “reale”?
E’ un discorso lungo e complesso, così come l’impegno in tal direzione, che, da un lato, deve trovare il suo focus nella necessità di impedire che la distanza tra noi e i nativi digitali diventi incolmabile e, dall’altro, imparare dalla tecnologia, sempre più, per stare al passo con i tempi e per veicolare, al “meglio”, il proprio compito comunicativo/educativo, per interagire con i propri lettori o per lanciare iniziative sociali coinvolgenti.
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…
Cubhouse, il nuovo social di cui tanto “si parla” e… in cui si parla. Ma come funziona questa “chat audio” del momento?
La nuova app – una sorta di “social web radio” in cui si discute “a voce”, si parla, nel vero senso della parola, all’interno di “stanze” tematiche – che ha da pochissimo iniziato a diffondersi anche in Italia. Clubhouse è stato lanciato per la prima volta su iOS nell’aprile 2020, dalla Alpha Exploration Co. e creato da Paul Davison e Rohan Seth, ma è diventata popolare nei primi mesi della pandemia di COVID-19, specialmente dopo un investimento di 12 milioni di dollari nel maggio 2020.
Numeri che parlano. A dicembre 2020, il social contava circa 600.000 utenti ed era accessibile solo su invito, ad oggi seppur resta la politica dell’accesso su invito gli utenti sono arrivati quasi a 2 milioni a gennaio 2021. Nel gennaio 2021, la società ha annunciato che avrebbe iniziato a lavorare su un’applicazione Android nei mesi successivi, ma non si sa altro. L’applicazione, del resto, è cresciuta notevolmente, come popolarità, grazie ad Elon Musk.
Diversamente da Facebook, e più simile a Twitter, Clubhouse è pensato per conversare di qualsiasi argomento con chiunque, o anche solo per ascoltare altri che parlano. Potrebbe assomigliare a Telegram, se Telegram fosse fatto di soli messaggi vocali, con la differenza che in Clubhouse non c’è nulla di registrato: si parla solo live, chiedendo di intervenire con una simbolica alzata di mano. Al posto dei “canali” di Telegram, però, i gruppi sono chiamati “stanze”.
Il social del momento “non è per tutti”, per ora, in Italia. E’ ancora in una versione di sviluppo e ci si può creare un profilo solo se si viene invitati da un altro utente. Ci si può accedere solo da una app (non dal browser di un computer), e soltanto in inglese, che può essere scaricata solo su iPhone o iPad con sistema operativo iOS 13.0 o più aggiornato. Gli utenti attivi in Italia sono sicuramente più di 50mila.L’app, dopo aver concesso 2 inviti ad ogni utente, ha accelerato ancora di più sui nuovi ingressi, concedendo ulteriori 3 inviti a testa verso una crescita esponenziale.
Che fosse Elon Musk, il guru dell’informatica e della robotica, il fondatore di Tesla e SpaceX, patron di Neuralink, il progetto ambizioso per collegare il cervello umano con l’intelligenza artificiale, e l’inventore di PAY PAL a dettare le tendenze del mondo online si è avuta con Clubhouse, quando lo scorso febbraio ha mandato in tilt la piattaforma dando appuntamento ai suoi numerosi follower di Twitter per parlare, toccando diversi temi e raccogliendo 5.000 persone, ai limiti della capienza consentita. Musk ha parlato della missione per portare l’uomo su Marte, del progetto Neuralink per creare un’interfaccia di connessione tra cervello e macchina, ma anche di Bitcoin, di intelligenza artificiale.
Clubhouse ha invitato col contagocce alcune delle personalità più note dello spettacolo statunitense – tra i primissimi Oprah Winfrey, Drake, Kevin Hart, Chris Rock – oltre a diverse celebrità, vip, influencer, giornalisti, esperti del mondo digitale e personaggi noti – in Italia si sono visti fin dai primi giorni nomi come Fiorello, Michelle Hunziker, Luca Bizzarri, Andrea Delogu e molti altri. Nomi – questi – che hanno senz’altro contribuito all’intrigante e misterioso successo del social.
Se non hai ancora un account richiedi comunque di entrare: i tuoi amici (le persone che hanno il tuo numero in rubrica) potranno farti accedere. Come si entra? Con il numero di telefono, niente mail. Quando ti registri inserisci nome e cognome reali: non potrai cambiarli successivamente, ma c’è la possibilità di inserire anche un nickname. Non è obbligatorio parlare: se sei timido e vuoi semplicemente ascoltare quello che succede nelle varie stanze puoi farlo, entrando ed uscendo a tuo piacimento.
Clubhouse, però, premia l’interazione e gli speaker: chi parla viene visualizzato in evidenza, a seguire nelle stanze appaiono gli amici degli speaker, poi tutti gli altri. Quindi, per farsi notare e acquisire nuovi follower la prima cosa da fare è intervenire e partecipare attivamente alle discussioni. Poi, c’è la bio che ha un ruolo fondamentale: è uno spazio dove puoi scrivere qualsiasi cosa, ma solo le prime 3 righe vengono sempre viste. I link non sono attivi, ma puoi sfruttare i collegamenti a Twitter e Instagram per rimandare gli utenti sugli altri tuoi social.
Il trend “del social del futuro”, però, sembra essere in discesa, evidenziato anche dai dati di Google, che nel corso delle ultime settimane ha registrato un enorme calo nell’interesse dimostrato verso Clubhouse dopo il boom registrato ad inizio febbraio. Oggi? Che fine anno fatto le decine di “room” attive nei primi giorni?
Il social esclusivo “della voce” divide, insomma, tra numeri e tendenze, dubbi e perplessità sulla policy della privacy dei dati, di ieri e oggi: chi è a “caccia” dell’invito, chi, almeno all’inizio, metteva in vendita i propri inviti su Ebay e, dulcis, chi pensa sia già al tramonto…
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…
Covid, esistono persone immuni “per natura”? La Covid-19, con cui si convive da un anno, per molti aspetti è ancora un mondo sconosciuto. Perché alcuni sono immuni al coronavirus “per natura”. La scienza spiega “perché”, analizzando i casi delle persone che non si sono infettate nonostante fossero a contatto ravvicinato con familiari e amici contagiati. Negativi, eppure sempre accanto a familiari positivi.
Ci sono persone che non vengono contagiate dalla Covid anche se convivono e si prendono cura di positivi sintomatici, magari anche in condizioni gravi. Com’è possibile? Oltre alla categoria degli asintomatici ci sarebbe quindi quella dei “resistenti? Il merito sarebbe del sistema immunitario, ma i meccanismi della protezione vanno studiati a fondo.
Di casi simili ce ne sono migliaia, tanto da spingere oltre 250 laboratori in tutto il mondo, coordinati dalla Rockfeller University di New York ad indagare.
L’ipotesi, secondo un team di lavoro di scienziati e genetisti di Tor Vergata, è che esistano dei geni che rendono alcuni soggetti più protetti dal contagio. I casi di persone che hanno vissuto a stretto contatto con malati Covid, ma non sono mai state infettate sono al vaglio dei ricercatori italiani, che stanno analizzando i dati assieme a un consorzio internazionale.
«Quando c’è una pandemia i fattori in gioco sono il patogeno, l’ospite e l’ambiente, ossia il contesto in cui si sviluppa l’infezione – spiega Giuseppe Novelli, genetista del policlinico Tor Vergata di Roma e presidente della Fondazione Giovanni Lorenzini di Milano – Noi ci siamo concentrati sulla seconda. Studiamo il Dna delle persone, facciamo correlazione statistica in base all’età e al sesso».
“Ci siamo prima concentrati sui malati gravi e abbiamo scoperto che esiste un 10-12 per cento di casi che hanno una caratteristica genetica particolare, non riescono cioè a produrre interferone che è la prima molecola di difesa – spiega ancora Novelli – Sulla base di questa esperienza ci siamo chiesti se ci sono differenze genetiche in quelli che noi chiamiamo i “resistenti”, cioè persone che quando convivono con un soggetto che è certamente positivo non solo non si ammalano, ma non si infettano nemmeno”.
Ma per scoprire perché serve tempo. Il tema è infatti complesso, l’immunità non è data solo dagli anticorpi, c’è anche quella cosiddetta cellulare, che mantiene la memoria nel tempo, molto più a lungo degli anticorpi che possono anche scomparire.
Una risposta, insomma, al momento sembra non esserci: il dibattito è aperto e la scienza ha la necessità di tempo per passare dal campo delle ipotesi a quello delle evidenze.
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…