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Al lago di Giacopiane con i Cavalli Selvaggi dell’Aveto

Al lago di Giacopiane con i Cavalli Selvaggi dell’Aveto. E’ un bacino artificiale situato in valle Sturla, poco sopra l’abitato di Borzonasca, l’entroterra di Chiavari, e nel Parco Naturale Regionale dell’Aveto. Una suggestiva gita al lago, meglio nei mesi estivi, una full immersion a contatto con la natura, lontano dal vortice cittadino, con la possibilità di osservare da vicino i famosi cavalli selvaggi dell’Aveto.

Lago di Giacopiane, l’itinerario per l’auto

Il lago si può raggiungere, facilmente, in auto. Occorre uscire al casello di Lavagna, dell’autostrada A12 Genova-Rosignano, e da qui seguire le indicazioni per Carasco. Giunti alla rotonda principale di Carasco, seguire per Borzonasca, attraverso la SS 586. La distanza dal casello è di 16 km. Superato l’abitato di Borzonasca, dopo poche curve, trovate la deviazione per il lago di Giacopiane.

Prima, però, fermatevi in un bar del paese di Borzonasca (tutti i giorni, in orario di apertura al pubblico, anche nel pomeriggio), per comprare il permesso ( 5 euro il giornaliero per una macchina, esclusi camper e autocaravan che sono vietati) che vi dà l’accesso al lago. Basta comunicare la targa e il nome di chi guida, esponendo poi il tagliando che viene rilasciato sul cruscotto, quando si posteggia l’auto. L’alternativa, per raggiungere il lago, è passando da Sopralacroce, raggiungendo la frazione di Perlezzi e poi, facendo una bella escursione tra i boschi – tutto segnalato dal Parco dell’Aveto – e, in poco tempo, si arriva a destinazione anche a piedi, senza necessariamente fare il biglietto e arrivare in macchina.

Il-Lago-di-Giacopiane-la diga

Si prosegue poi lungo la statale 586 per altri 7 km fino a incrociare, a destra, la strada comunale che, in altri 7 km e numerose curve, giunge al lago. Si sale in quota, quindi, lungo una strada asfaltata e si raggiunge il bacino che è a circa 1000 m s.l.m. In estate è possibile la balneazione, lontano dalle strutture della diga; lungo le sponde si trovano tanti campeggiatori e piccole vallette dove fermarsi per un picnic o un barbecue.

Il percorso, tra natura e centri abitati

Un percorso seducente, caratterizzato dalla presenza di rocce di rilevante interesse geologico e foreste di faggi, snodandosi fra piccoli centri abitati (Sòria, Gazzolo, Devoti e Barca di Gazzolo) testimoni della civiltà contadina dell’entroterra ligure (la cosiddetta civiltà della castagna). Si passa attraverso boschi di castagno, terrazzamenti (le tipiche “fasce”, terreni rubati alla montagna destinati ad una agricoltura esercitata in condizioni estreme) e panorami del Tigullio che da precipizi elevati spaziano fino al mare. Qualche sosta, lungo il tragitto, regala scorci unici per ammirare, nelle giornate più nitide, anche la Corsica.

L’anello del Lago

Una volta a destinazione una strada sterrata di circa 4 km, che costeggia il lago principale, offre l’opportunità di una passeggiata non impegnativa, piacevole e adatta a tutti, lungo la quale è facile scorgere, con un po’ di fortuna e magari nelle ore più calde, lungo le rive, piccole mandrie di bovini e dei famosi cavalli selvaggi dell’Aveto, che vivono in libertà nella zona e scendono al lago per abbeverarsi. Non vanno avvicinati in alcun modo, non perché siano pericolosi, ma perché sono nel loro habitat (siamo noi gli intrusi) e vanno lasciati tranquilli. Ci sono anche mandrie di mucche che, pigramente, riposano sulle sponde del lago.

lago giacopiane e i cavalli selvaggi d'aveto

E’ possibile rilassarsi a bordo lago o al fresco all’ombra di maestosi alberi secolari, oppure sostare nell’area picnic appositamente attrezzata lungo il percorso ma, non essendo presente alcun esercizio commerciale nell’intera area, è consigliabile giungere forniti di cibo e bevande.

Pronti, dunque, per fare il giro del lago nella straordinaria bellezza di questa riserva naturale.

Il giro del lago Giacopiane

I Cavalli selvaggi dell’Aveto

Nell’area del Parco Naturale Regionale dell’Aveto, tra pascoli e faggete, vive un branco di cavalli selvaggi composto da una quarantina di capi. Eredi di un piccolo gruppo, il cui proprietario è morto da tempo, sono sopravvissuti adattandosi alla perfezione alla vita in natura.

L’incontro con i cavalli di razza bardigiana, che da decenni trascorrono le estati in alpeggio, ha permesso la riproduzione e la nascita di nuove famiglie che, nell’ultimo decennio, non hanno mai avuto rapporti con l’uomo.

Il loro comportamento in natura è del tutto comparabile a quello dei Mustang delle praterie americane e dei cavalli di Przewalski della Mongolia. Lo studio del comportamento dei cavalli in branco è oggetto di interesse sempre crescente, e non c’è modo migliore per comprendere l’etologia equina dell’osservazione in natura.

Vita da branco

Si muovono liberi in un’aerea che va dai 16 ai 25 chilometri quadrati. Sono stati identificati 5 stalloni, mentre il numero delle femmine è maggiore, circa 3 femmine per ogni maschio, e una media di 3-4 puledri per branco.

All’interno del branco ognuno ha il suo ruolo, le femmine guidano il gruppo e sono più brave a trovare le vie di fuga in caso di pericolo, mentre i maschi fanno le sentinelle. Il ruolo guida viene sempre assegnato per competenza…

I Cavalli Selvaggi d'Aveto

Evelina Isola, guida ambientale escursionistica che, grazie alla passione per il cavallo, è diventata anche accompagnatore escursionistico equestre, cura i cavalli selvaggi come fossero figli suoi. Paola Marinari, medico a Moneglia, dal 2009 si occupa della tutela e della conservazione dei Cavalli selvaggi dell’Aveto. Nel 2012, convinta del loro grande valore naturalistico, si fa promotrice, insieme a Evelina, del Progetto Wild-Horse-watching.

Il progetto Wild Horsewatching – I Cavalli Selvaggi dell’Aveto

Nato nel 2012, il progetto Wild Horsewatching – I Cavalli Selvaggi dell’Aveto  ha  lo scopo di divulgare questa incredibile realtà.
L’horsewatching nasce per creare occasioni di osservazione in natura e, contemporaneamente, dare visibilità a questi animali rendendoli una risorsa per il territorio in cui vivono, un territorio di grande pregio naturalistico, ricco di tradizioni e di storia.

Il progetto, infatti, prevede escursioni guidate da un esperto naturalista e accompagnatore equestre. La passeggiata è lunga circa 4 km e si compie agevolmente in 1 ora circa. E’ interamente pianeggiante, perciò adatta anche ai bambini non particolarmente abituati a camminare. Esiste una sola area picnic dotata di tavoli, ma numerosi sono i posti dove è possibile stendere il telo. 

Non ci sono cestini o bidoni portarifiuti per cui di eventuali immondizie, e nel rispetto di comportamenti “green”, è opportuno farsene carico in autonomia.

Le pietre del lago di Giacopiane

A seconda delle stagioni il livello dell’acqua può variare di molto, ma io trovo che il paesaggio sia sempre bellissimo sia con il lago pieno, sia quando le sponde emergono con le loro pietre particolarissime.

Eh sì, perché il lago di Giacopiane è meta di chi è in cerca di suiseki (“pietra lavorata dall’acqua” in giapponese). Queste pietre, plasmate dall’acqua, hanno forme particolari, evocative di elementi naturali e, pare, favoriscano la meditazione.

Per gli escursionisti più coraggiosi

 Il lago di Giacopiane è anche punto di partenza per escursioni più impegnative, per i trekkers più coraggiosi, che raggiungono le vette vicine da cui si godono panorami stupendi sui monti di Liguria e fino al mare.

Per chi decide di affrontare percorsi di trekking un po’ più impegnativi, esistono diversi  itinerari capaci di sodisfare gli amanti di questa attività. Anelli di sentieri percorribili a piedi, in mountain bike o a cavallo, permettono di ritornare alla propria posizione di partenza senza bisogno di ripetere il percorso in direzione inversa.

Tra verdi foreste di faggi ed ampie radure, si passa dai 1000 metri dei laghi per arrivare a quota oltre i 1700 del Monte Aiona, passeggiando immersi in ambienti incontaminati. I sentieri sono sempre ben segnalati poiché la zona è un crocevia importante, da qui infatti è possibile percorre una parte dell’Alta via dei Monti Liguri, un percorso che attraversa tutta la LIGURIA da Ventimiglia (IM) a Ceparana (SP).

Percorsi trekking disponibili

Vi propongo alcuni dei percorsi trekking percorribili e altri sentieri:

  • Anello delle Moglie: si attraversano delle piccole zone umide, le “moglie” appunto (dal latino mollus, molle, umido), che si sono formate circa 10.000 anni fa durante l’ultima glaciazione. Esse presentano elementi di flora e fauna specifici di questi ambienti;
  • AVML (Alta Via dei Monti Liguri, che attraversa longitudinalmente tutta la Liguria). La si raggiunge alla Cappella delle Lame (A7) o al Passo Prè de Lame (segnavia rombo rosso);
  • Altri sentieri raggiungono il Monte Bragaceto (h. 0.30), che lo sovrasta, il Monte Aiona (h. 3.00) ed altre località.

Acqua, terra, natura e… cavalli selvaggi. Un viaggio, una nuova cultura di viaggio per mettersi a contatto con i rari elementi di grazia: bellezza, spirito e fuoco. Il cavallo percorre veloce le strade e annuncia con i suoi zoccoli che sfiorano la terra l’appuntamento puntuale con il vento e la libertà.

L’odore del cavallo, il rumore dei suoi zoccoli, il suo nitrito… Il cavallo prende già forma anche se non lo si vede. 

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Tellaro, laddove il tempo sembra essersi fermato

Tellaro, laddove il tempo sembra essersi fermato. Ultimo abitato della riva orientale del Golfo dei Poeti, sdraiata sugli scogli, è abbarbicato sopra una penisoletta rocciosa degradante verso il mare.

Golfo dei Poeti

Tellaro, il fascino del borgo marinaro

Ci sono luoghi, nel mondo, che sembrano fatti apposta per essere ricordati. L’Italia ne è piena, di posti così. È il caso di Tellaro, un borghetto marinaro arroccato su di una scogliera, nel comune di Lerici, censito tra i cento borghi più belli d’Italia.

“E’ un posto che non si può attraversare. E’ un posto a cui si arriva. Un po’ la fine, una delle fini del mondo. Si arriva, e basta: si è arrivati! C’è un senso, unico, di calma e di chiusura”.

Mario Soldati

Il nome e le origini

Il nome deriva, probabilmente, da tela o telaio per i commerci fiorenti di tele e stoffe con Lucca nei primi tempi di costruzione del borgo. 

Le origini di Tellaro risalgono al X secolo quando era l’ultimo avamposto difensivo collegato al borgo di Barbazzano, che con la grande peste del 1348 si spopolò favorendo lo sviluppo di Tellaro. E’ nel 1300, probabilmente tra il 1320 e il 1380, che la storia di Tellaro inizia.

“C’era una volta, e c’è ancora oggi, il villaggio di Tellaro. E’ tutto costruito sulle rocce di un promontorio che sporge sul mare, ai piedi di una grande collina ricoperta da boschi di ulivi”.

Mario Soldati

Nei villaggi vicini si diffuse un’epidemia di peste, e i sopravvissuti si stabilirono qui, in quest’angolo del Golfo dei Poeti. Successivamente, il borgo servì a controllare gli invasori che arrivavano dal mare: ancora oggi si possono infatti ammirare le mura che circondano le case, e due delle tre torri – di origine pisana – d’avvistamento costruite per lo scopo.

Una trasformata nel campanile della Chiesa di San Giorgio, dalla facciata rosa antico, patrono del paese, un tempo il castello di Tellaro. L’altra, all’ingresso del paese, nei pressi dell’oratorio di Santa Maria in Selàa, che risale al XVI secolo, il cui toponimo deriva da “sull’Ara”. Venne sconsacrato nel 1940, quando la regia marina lo requisì per trasformarlo in alloggio miliare. Oggi, completamente restaurato, ospita importanti eventi culturali, mostre pittoriche e fotografiche e, di recente, è diventata casa comunale per le celebrazioni di matrimoni.

oratorio di Santa Maria in Selàa

Come arrivare…

Arrivare a Tellaro significa fare i conti con un romantico paesaggio da favola: viuzze strette e intrecciate, casette colorate, la storia che incontra la cultura e dà vita a splendide tradizioni. Per raggiungerlo si percorre una via panoramica affacciata sul mare, che – partendo da Lerici – passa da Maralunga e poi da Fiascherino. I più avventurosi, invece, possono scegliere uno dei tanti sentieri – nascosti tra la natura aspra – che partono dai borghi sovrastanti, e che scendono verso il mare.

Tellaro

Un nirvana tra mare e cielo, tra le rocce e la montagna verde”.

Mario Soldati

Il paese, che conta circa 800 abitanti, rapisce, fin da subito, il cuore. La strada percorribile con gli automezzi arriva fino alla piazza Figoli, ma è accessibile solo ai residenti. La parte antica del borgo è praticabile, solo a piedi, attraverso i carruggi. La torre anticipa la spianata sul mare, dentro il paese vecchio, e svetta sul panorama.

Tellaro con vista torre

Offre una delle più belle viste sulla terra di Dio”.

Emma Orczy

La Marina di Tellaro

Arrivati alla Marina di Tellaro, zona di attracco per pochi natanti, si può ammirare l’antico paese in tutta la sua bellezza come fosse una cartolina. Un servizio di traghetti, attivo in estate, consente di raggiungere a ponente il vicino comune di Lerici e il paese di San Terenzo, a levante la scogliera fino a Punto Corvo, Punta Bianca e Bocca di Magra.

Marina di Tellaro

Ed è ecco che la strada si ferma nella piazzetta Figoli dove, percorrendo l’antica mulattiera, oltre le rocce sul mare, si snoda il sentiero per gli Spiaggioni, lungo il quale si trova la Torre Groppina, antica torre di guardia. Dal borgo di Tellaro, direttamente dalla piazzetta della Marina, quindi, si snoda un sentiero che, attraversando in direzione est le ultime case, sale la ripida scalinata del Piastron per congiungersi più in alto con altri camminamenti a strapiombo sul mare.

Spiaggioni di Tellaro

“Tellaro, inaccessibile come un nido di briganti”.

D.H. Lawrence

Le spiagge

Poi, ci sono le spiagge. Dalla chiesa di San Giorgio se ne può raggiungere una, dotata di porticciolo e di una scogliera perfetta per prendere il sole, lungo lo scivolo usato per l’ingresso delle barche, e per fare il bagno dove l’acqua è poco profonda. Percorsi pedonali conducono, invece, alle spiagge nascoste, libere e attrezzate, di Fiascherino, appena all’uscita del paese, dove si trovano due piccole baie, con arenile corto e di sabbia grossa e il fondale in parte roccioso. Per chi preferisse un’avventura più asciutta, anche se ci sarà parecchio da sudare, i percorsi di trekking non mancano in questo scorcio di Liguria.

Fiascherino

Il porticciolo di Tellaro

La leggenda del polpo campanaro

La seconda domenica di agosto, invece, la Sagra del Polpo rende omaggio a una leggenda. Si racconta che, nel Medioevo, un polpo gigante, avvicinandosi al porticciolo, abbia salvato Tellaro dall’attacco dei pirati saraceni nel 1660, suonando le campane della chiesa per allarmare la popolazione. Si narra, però, che il vero pericolo fosse rappresentato dal pirata Gallo d’Arenzano e che un tale Marco Arzellino, di guardia sul campanile della chiesa, addormentatosi, provocò lo scampanio a causa della fune che si era legato alla gamba.

Tellaro, il borgo amato dai poeti

È questo mix di leggende, di storia e di natura che ha reso Tellaro famoso tra gli artisti. Lo scrittore e giornalista Mario Soldati, alla ricerca di una cassapanca appartenuta allo scrittore inglese D.H. Lawrence, rimase talmente affascinato al luogo che vi si trasferì fino alla sua morte. Eugenio Montale, il poeta forse più iconico del ‘900 italiano, e Premio Nobel per la Letteratura, vi si fermò durante un viaggio in treno, e dedicò al borgo una poesia. Qui, infatti, pittori e poeti italiani e stranieri amano venire, per qualche giorno o per un po’ di tempo, conquistati dalla bellezza di un luogo tanto antico e misterioso.

“Cupole di fogliame da cui sprizza una polifonia di limoni e di arance e il velo evanescente di una spuma, di una cipria di mare che nessun piede d’uom ha toccato o sembra, ma purtroppo il treno accelera …”.

Eugenio Montale

Tradizioni 

Tellaro è, soprattutto, storia e tradizioni. Particolarmente suggestivo è il Natale subacqueo. Allo scoccare della mezzanotte, del 24 dicembre, dalle acque emergono i sommozzatori che recano la statua del Bambin Gesù degli abissi, adagiato in una conchiglia donata da papa Giovanni Paolo II, per condurla fino alla chiesa parrocchiale Stella Maris, costruita nel 1942, dove verrà adagiato in una mangiatoia. E, sullo sfondo, la luce di 8.000 lumini e fuochi d’artificio nel cielo…

Natale subacqueo di Tellaro

Tradizionale è anche la Sagra del Polpo che si svolge ogni anno la seconda domenica d’agosto, organizzata dall’Unione Sportiva. E, dulcis, la festa del Borgo fatato, a fine agosto, un viaggio nel tempo e nella fantasia per grandi e piccini. Per una sera il paese si veste di magia, con maghi, fate, principi e principesse, streghe e stregoni, che invaderanno il centro storico del borgo ricreando uno scenario da favola. L’appuntamento è con l’incanto e la magia: strade, case e cantine si animano di personaggi fantastici, alla scoperta degli angoli più nascosti del borgo di Tellaro che, in questa occasione, si immerge in una atmosfera onirica e incantata.

Il borgo di Tellaro

Quando la tua bellezza viene decantata dai più grandi scrittori e poeti, probabilmente quelle parole saranno le migliori possibili per descriverti. Questa è Tellaro, un luogo in-quieto e romantico, per “pochi”, non per tutti, ma anche terra di meditazione di poeti, scrittori e…vagabondi. 

“Qui l’armonia nasce dalla sedimentazione del tempo”.

Attilio Bertolucci

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I cinque fari liguri più belli, da Ponente a Levante

I fari, queste affascinanti sentinelle dell’infinito, con la loro luce sospesa nell’aria come una stella sconosciuta. Magri e lunghi, occhi rivolti lontano, il cuore fisso nella terra di confine, geometrie millimetriche.

I cinque fari, antichi e ricchi di storia

Il più celebre nel nostro territorio è il simbolo di Genova: la Lanterna, immortalata di giorno, di notte, durante le tempeste e quando si colora per le giornate speciali. In Liguria, però, ci sono tanti altri fari, che aspettano turisti e liguri per svelare i loro segreti. Frontiere tra terra e mare. Lumi della notte.

Antichi e pieni di storia, ma moderni. Su una roccia oppure nel cuore di una città. I fari non possono che essere importanti in una regione come la Liguria, che dal mare trae la sua forza. Ecco qualche idea su dove e come organizzare una bella gita, da Ponente a Levante.

Faro di Capo dell’Arma a Sanremo

Faro Capo dell'Arma

Il primo faro della Liguria è quello di Capo dell’Arma o di Capo Verde, situato nei pressi di Bussana nel comune di Sanremo. Venne costruito dal Genio Civile nel 1912 ed elettrificato nel 1936, ma durante la seconda guerra mondiale, fu distrutto dalle truppe tedesche in ritirata.

Fu ricostruito dalla Marina Militare nel 1948. L’imponente edificio colorato in bianco e nero domina il mare verso sud e la sua lampada è visibile anche nella vicina Francia.

Purtroppo non è visitabile, ma si può camminare dall’Aurelia verso il Poggio di Sanremo e ammirare lo stupendo scenario in cui è inserito.

Faro di Capo Mele

Faro Capo Mele

Il faro è situato sul promontorio di Capo Meletra Laigueglia e Andora in provincia di Savona, è il limite ovest del golfo di Genova. Costruito nel 1856, conserva ancora la sua bella architettura della metà dell’Ottocento, anche se subì danni durante la Seconda Guerra Mondiale.

Funzionò a petrolio fino al 1909, poi ad acetilene ed è elettrico dal 1949. Ospita una la lanterna dodecagonale originale a tre corsi di vetri piani, raggiungibile tramite una scala di 74 gradini.

La Lanterna di Genova

Lanterna di Genova

La Lanterna di Genova è il faro più alto del Mediterraneo con i suoi 117 metri d’altezza e anche il più antico d’Europa: venne costruito nel 1128. Sorge su una collina Capo di Faro o di San Benigno, eliminata nella seconda metà degli anni ’20 del XX secolo per creare nuovi spazi per la città e per il porto. La sua storia millenaria ne ha fatto il simbolo della città di Genova e della Liguria.

Tuttora attivo, ha un’ottica da 700 mm di distanza focale e pannelli di prismi deflettori per la segnalazione aerea. Ai suoi piedi è nato un parco che si sviluppa tra le mura del seicento e la Porta Nuova, antico accesso a Genova, con un panorama sul porto di Genova, per poi arrivare al Museo della Lanterna, che racconta la storia del faro di Genova, dalla sua costruzione. Museo che si può visitare in maniera virtuale, o con visite guidate ed eventi ne fanno uno dei luoghi più visitati della città.

Nonostante l’età, la Lanterna è attiva sui social network: sulla sua pagina facebook si trovano spesso dirette e le immagini della webcam, mentre un calendario specifico specifico definisce le varie colorazioni del monumento per rendere omaggio a eventi e giornate internazionali.

Faro di Portofino

Faro di Portofino

Posto sul limite estremo del Parco di Portofino, si tuffa letteralmente nel Mediterraneo. Bello anche da vedere durante un bel giro in barca nel Golfo del Tigullio.

Si raggiunge dalla famosa Piazzetta del borgo dei vip, con un sentiero che sale tra i muri a secco e le ville, fino alla chiesa di San Giorgio e proseguendo oltre il caratteristico cimitero fino al Castello Brown, per arrivare al Faro, punta estrema del promontorio.

Molti appassionati si immergono nelle acque antistanti: una delle immersioni più spettacolari e incontaminate in Liguria e in Italia.

Faro di San Venerio

Faro San Venerio

Il faro di San Venerio, situato sull’isola del Tino, di fronte alla città di Porto Venere, in provincia della Spezia. Il borgo antico, le Isole Palmaria, Tino, Tinetto e l’Area Marina Protetta fanno da cornice e sono testimonianze preziose di una rapporto armonioso tra uomo e natura.

Un sodalizio costruito e consolidato nel tempo che è stato riconosciuto dall’UNESCO con l’istituzione del Sito Porto Venere, Cinque Terre e Isole.

Costruito nel 1839, dal 1840 guida i naviganti del Mar Ligure orientale. L’isola del Tino è zona militare e quindi vietata al pubblico tranne il giorno del 13 settembre, la ricorrenza di San Venerio, patrono del golfo della Spezia e dei fanalisti d’Italia.

Un faro è un punto fermo. L’ho sempre pensato fin da bambina. Presente e intermittente come un faro. Così, spesso, si splende e poi ci si ritira ognuno dentro la propria ombra. Dulcis, c’è il guardiano del faro, la metafora più bella del mondo.

Un viaggio romantico alla scoperta dei fari in Liguria e… tra il dire e il “faro” c’è di mezzo il mare.

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Cinque Terre, un itinerario seducente

Cinque Terre, il Salto della Lepre. Siamo al Parco Nazionale delle Cinque Terre. Un territorio in cui mare e terra si fondono a formare un’area unica e suggestiva, fatto di antichi villaggi di pescatori caratterizzato da case colorate e da vigneti aggrappati ai ripidi terrazzamenti ricavati sulla costa.

Cinque Terre, il fascino del Parco

Un itinerario da Levanto a Bonassola e Framura, lungo un sentiero litoraneo straordinariamente scenografico nel Parco delle Cinque Terre.

Un tratto di costa che è un concentrato di bellezze paesaggistiche e angoli architettonici da godere passo dopo passo, ad iniziare dai tesori monumentali di Levanto, porta di accesso occidentale del Parco Nazionale delle Cinque Terre.

Salto della Lepre: il percorso, tappa dopo tappa

In un’atmosfera tipicamente mediterranea, ci si lascia alle spalle il centro storico medioevale di Levanto per raggiungere Bonassola, dove la Chiesa di Santa Caterina testimonia il legame fra il borgo e il mare conservando gli ex-voto dei naviganti.

Tappa successiva è il Salto della Lepre (120 m), punto panoramico sovrastante Punta Monte Grosso. Una pittoresca scogliera, un salto di 100 metri nel mare blu, una chiesetta rosa a picco sul mare, un paese nascosto pieno di fiori nella verdeggiante macchia mediterranea.

Una passeggiata seducente e varia, immersa nei colori e nei profumi della riviera: questa è la bellezza selvaggia e l’atmosfera da fine del mondo del Salto della Lepre.

Boschi di lecci e pini, interrotti qui e là da casolari, orti e vigneti, accompagnano i nostri passi sino a Framura e al suo spicchio di terra a picco sul mare. Al ritmo delle onde si segue ancora più da vicino il mare lungo la pista ciclopedonale, ottenuta sullo storico tracciato ferroviario dell’Ottocento.

Calette e spiagge nascoste

Calette e spiagge nascoste e segrete, scorci incredibili e angoli segreti si aprono tra le gallerie illuminate della pista ciclabile. Bonassola è li vicina, anche la stazione ferroviaria del borgo, però la visita non si può considerare completa senza una passeggiata fino alla Cappelletta della Madonna della Punta, all’estremità del promontorio occidentale che chiude la baia.

Qui, si possono posare zaini e scarponi per accarezzare il bagnasciuga, rigenerare i piedi, giocare con gli spruzzi delle onde che s’infrangono a riva.

Viaggiare, oggi…

Che sia un viaggio immaginario, dettato dalle misure imposte dalla Covid-19, o da “mettere in agenda” è sempre un partire, ogni volta e, per dirla alla Charles Baudelaire “i veri viaggiatori partono per partire e basta: cuori lievi, simili a palloncini che solo il caso muove eternamente, dicono sempre “Andiamo”, e non sanno perché. I loro desideri hanno le forme delle nuvole”.

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Forest Bathing al Parco dell’Antola

Forest Bathing nel Parco dell’Antola. Immaginati di camminare scalzo in un bosco o, semplicemente in silenzio, ascoltando il rumore del vento e il profumo della resina su un sentiero che passa in mezzo ad abeti e larici rigogliosi.

Immaginati di toccarne la corteccia ruvida, magari tenendo gli occhi chiusi per poter concentrare meglio l’attenzione sul senso del tatto. Inspira profondamente, aprendo bene il petto.

Forest Bathing, spirituale e tecnologico 

Al tempo della Covid-19, vi propongo una “fuga” alternativa da questo tempo mutilato, come lo ha definito Adam Zagajewski, poeta polacco scomparso il primo giorno di primavera, nella giornata dedicata alla poesia.

Lo spirito è quello di poter ritrovare pace, armonia e benessere fisico e mentale, ma anche, pur nel rispetto delle misure anti contagio, di riscoprire il piacere di stare insieme e condividere con altre persone momenti unici.

Lungo i dolci pendii del Parco Naturale dell’Antola, un’area naturale protetta che si trova in Liguria e precisamente tra l’entroterra genovese e l’Appennino ligure vero e proprio, fatevi accompagnare da un’esperienza interamente dedicata a sperimentare un profondo stato di connessione con se stessi, con la natura e con gli altri.

Ci si può far accompagnare dall’esperienza di Gianluigi & Lara (prenotazione obbligatoria): telefono +39 347 330 2664 (anche via whatsapp), e-mail Facebook Forest Bathing Liguria. 

E…per chi volesse proseguire il soggiorno

Poi, nel B&B Il Castello di Caprile, alle porte del Parco si potrà gustare un ottimo apericena in relax.  Per chi volesse proseguire il soggiorno nella suggestiva frazione di Caprile, in provincia di Genova, c’è la possibilità di prenotare anche il pernottamento presso la struttura.

E per i bimbi dai 3 anni in su è organizzato un laboratorio di riciclo creativo in modo da poter partecipare con tutta la famiglia.

I benefici, fin dall’antichità, della natura

Molti studi ormai confermano i benefici che traggono il nostro corpo e la nostra mente nello stare a contatto con gli elementi naturali. 

Queste conoscenze sono ben note ai giapponesi, non a caso uno dei popoli più longevi del mondo. Fin dall’antichità, infatti, conservano nel vocabolario e nei gesti, la pratica dello shinrin-yoku, tradotto in occidente come forest bathing. 

Tale disciplina insegna a trarre giovamento da attività all’apparenza semplici, come una passeggiata nel bosco, respirando le essenze degli alberi e delle piante, che possono avere effetti rinvigorenti o rilassanti, in base alla loro natura.

Insomma, quest’estate, per trovare ristoro dopo lo stress e la tensione accumulati negli ultimi mesi, in un’Italia scandita dai “colori” di un’emergenza sanitaria, un bagno di bosco nel Parco naturale dell’Antola sarà molto più che fare una semplice passeggiata…

Forest Bathing nel Parco dell'Antola, il gusto di essere connessi

Ogni filo d’erba sembra contenere una biblioteca dedicata alla meraviglia, al silenzio e alla bontà. C’è una gioia nei boschi inesplorati, c’è un’estasi sulla spiaggia solitaria, c’è vita dove nessuno arriva vicino al mare profondo, e c’è musica nel suo boato…

 

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Alla scoperta del Parco delle Mura e il “giro dei forti”

Alla scoperta del Parco delle Mura, più comunemente Parco Peralto, molto amato dai genovesi: è l’area verde più grande di Genova, deve il suo nome alle Mura Nuove erette nel Seicento a maggior difesa della città e del suo bacino portuale.

Parco della Mura e i forti militari 

Oltre alle Mura seicentesche il Parco comprende alcuni forti militari costruiti fra il XVII e il XIX secolo e tutela i valori naturalistici di quest’area protetta, 617 ettari di colline a cavallo tra la Val Bisagno e la Val Polcevera, in cui vivono alcune specie animali e vegetali protette perché rare o endemiche.

Il percorso classico inizia dal capolinea superiore della funicolare Righi e prosegue verso i Forti Castellaccio e Sperone, a 450 mt. di quota; già da qui la vista si apre su tutta la città e la natura è sovrana.

L’escursione può ora continuare verso l’ottocentesco Forte Begato che domina la Val Polcevera, o verso l’interno per raggiungere il piccolo Forte Puin ed il magnifico Forte Diamante, posto a 660 mt. di quota, il più alto ed isolato del Parco.

Lo sapevate che?

Una curiosità: le mura seicentesche sono un vero record, e rappresentano la più lunga cinta muraria in Europa e la seconda al mondo dopo quella cinese. Un vero e proprio patrimonio immenso. L’itinerario attraversa pascoli, prati, boschi, ruderi di un passato agreste e pastorizio.

Dal sentiero principale si distaccano, inoltre, deviazioni che permettono il collegamento con altri percorsi e consentono di modulare la visita a seconda delle singole esigenze di tempo, difficoltà ed interesse.

Il “giro dei forti”

Andar per forti è sempre un’emozione unica, un tuffo nella natura e nella storia. Bellissimi, scenici e imponenti. I forti militari vennero costruiti sulle alture e alcuni anche vicino alla costa, per difendere la città, e fanno parte della complessa teoria delle sette cinte murarie che si sono sovrapposte nel tempo.

Molti di essi sono ancora visibili e visitabili (mentre di alcuni non restano che pochi ruderi, e altri ancora sono stati demoliti), per un totale di 16 fortificazioni più alcune altre costruite a ponente.

Si trovano sulle alture tra Cornigliano e Sestri Ponente  nella seconda metà dell’Ottocento, il bastione San Bernardino, le torri ottocentesche e le numerose batterie costiere.

Esplorare le alture della città, le fortificazioni ottocentesche e le antiche mura, percorrendo l’antico sentiero immerso nella natura, che costeggia le mura seicentesche fino al forte Sperone.

Si può proseguire verso il forte Puin lungo il cosiddetto “sentiero delle farfalle” e le antiche neviere e ritornare alla funicolare costeggiando il forte Castellaccio.

Quanti e quali sono i forti?

  • Forte Castellaccio
  • Forte Sperone
  • Forte Begato
  • Forte Tenaglia
  • Forte Crocetta
  • Forte Belvedere
  • Forte Puin
  • Forte Fratello Minore
  • Forte Fratello Maggiore
  • Forte Diamante
  • Forte San Giuliano (che oggi è sede del comando regionale dei Carabinieri)
  • Forte San Martino
  • Forte Santa Tecla
  • Forte Quezzi
  • Forte Richelieu
  • Forte Monteratti
  • Forte Monte Croce
  • Forte Casale Erselli

 

I più famosi

Vediamo, insieme, i più famosi e meglio conservati con una gita nel “Parco delle Mura e la Cerchia dei forti che offre al turista un giro che tocca, oltre alla bellissima cinta, Forte Crocetta, Forte Tenaglia, Forte Begato, Forte Sperone, Forte Castellaccio, Forte Puin, Fratello Minore, Forte Diamante. 

Forte Sperone

Situato sul monte Peralto, nel punto di intersezione ad angolo acuto delle due fronti principali della cinta, l’una che domina la Valpolcevera e l’altra la Valbisagno, Forte Sperone è il luogo simbolo della potenza del capoluogo ligure con i percorsi verticali delle torri, la vastità delle volte in laterizio della Caserma superiore, lo stupefacente spazio circolare della Cappella e l’immensità del paesaggio che si può godere dai Bastioni.

Nel Seicento, con la costruzione delle Mura Nuove, l’opera entra a far parte del perimetro di cinta e nel 1747 viene ampliata e assume, con Giacomo Brusco, un aspetto che lo differenzia dagli altri forti, per la grandiosità delle masse murarie.

forte sperone

 

Forte Puin

Il Puin, il cui nome deriva dalla ridotta dei Pani con riferimento alla funzione di approvvigionamento rivestita in passato, è stato realizzato durante il periodo napoleonico e si deve a Brusco e Barabino la realizzazione tra il 1815 e il 1828.

Si configura come una massiccia torre di pietra a pianta quadrata circondata da un recinto rettangolare bastionato con una freccia sul lato nord che conferisce una conformazione a stella. Un ponte levatoio che sormonta il fossato, introduce all’interno della cinta.

Forte Puin

 

Le altre attrattive 

Nel magnifico paesaggio dell’Area Naturale Protetta d’interesse locale “Parco delle Mura” diverse sono le soluzioni che si possono scegliere per proseguire la giornata: da un giro nel Parco Avventura, alla visita all’Osservatorio Astronomico (nei week-end), ad una semplice passeggiata in cerca di fossili o farfalle.

Anche l’area giochi del Parco delle Mura (Parco Gianni Calcagno) che si trova sulle alture di Genova, e consiste in un’area, completamente ristrutturata nel 2017, attrezzata picnic e di un ampio  parco giochi, completo di pista di pattinaggio, di pista ciclabile ad anello e, soprattutto, con un campo da calcetto, per bambini, anche i diversamente abili.

E non finisce qui…

E altre meraviglie come la funicolare Zecca-Righi, il punto di partenza del nostro trekking, il trenino di Casella, un trenino colorato che sembra un giocattolo, ma che è la ferrovia storica, chiamata del Bernina, ancora funzionante, meglio conservata d’Italia, e l’Acquedotto Storico, una vera e propria Via dell’Acqua nella Val Bisagno.

Ogni cento metri il mondo cambia. Gli scienziati dicono che siamo fatti di atomi, ma un albero mi ha sussurrato che siamo fatti di sogni, un’onda mi ha detto che siamo fatti di viaggi. Vi aspetto per il prossimo viaggio, a puntate, dunque, per fare altra “strada” e scrivere altre pagine “in movimento”, insieme…

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Quali sono i laghi più grandi della Liguria?

Quanti e quali sono i laghi della Liguria? Ve lo siete mai chiesti? Si potrebbe rispondere che ce ne sono tanti se si prendono in considerazione anche quelli artificiali, ma i laghi naturali sono pochi e di modeste dimensioni. 

I laghi più grandi, alla scoperta del Brugneto

Il più importante della Liguria, per estensione, è il Lago del Brugneto, circa 1 chilometro quadrato di superficie. Il lago del Brugneto si trova in provincia di Genova situato nel Parco naturale regionale dell’Antola, nell’Alta Val Trebbia ed è un lago artificiale. Il lago è costituito da un bacino artificiale a sbarramento dell’omonimo torrente Brugneto affluente del fiume Trebbia. La lunghezza del lago è di circa 3 chilometri mentre la larghezza massima è di circa 200 metri, il perimetro è di circa 13,5 chilometri. Si può costeggiare il lago attraverso il Sentiero del Brugneto che in parte segue la riva del lago e in parte si addentra sui pendii sovrastanti.

Lo sapevate che una leggenda relativa al lago narra che nei periodi di siccità si vede riaffiorare dallo specchio d’acqua la punta del campanile della chiesa del vecchio borgo sommerso di Frinti?

I laghi naturali e artificiali in Liguria

In Liguria si contano una quindicina di laghi naturali e artificiali, la maggior parte in provincia di Genova, che ne conta una decina. Tra i laghi naturali quello di maggior estensione è probabilmente il Lago delle Lame che si trova in provincia di Genova e si estende per circa 3600 metri quadrati, è uno dei pochi laghi glaciali della Liguria e si trova nella zona più alta dell’Appennino ligure.

Qui vicino, si trova un altro piccolo gruppo di laghi ovvero i Laghi delle Agoraie. Sono sei di cui quattro laghetti perenni di rara bellezza ovvero il lago degli Abeti, il lago Riondo, le Agoraie di Mezzo e le Agoraie di Fondo o Stagno grande; mentre i due laghi stagionali si chiamano Pozza degli Abeti e Stagno Piccolo. La riserva naturale Agoraie di sopra e Moggetto, o Stagno Lastro, è molto interessante per l’ittiofauna che qui trova ideale habitat. Il gruppo dei laghi delle Agoraie di Sopra è senza dubbio il più interessante; fra questi spicca il lago degli Abeti, che deve il suo nome alla presenza di numerosi tronchi fossili di Abete Bianco adagiati sul fondo e tuttora visibili. E’ possibile raggiungere la zona seguendo delle strade secondarie sia dalla direzione di Chiavari che da Piacenza.

Altri laghi naturali in provincia di Genova

Altri laghi naturale in provincia di Genova, nell’Appennino Ligure, sono il lago Asperelle, un piccolo laghetto naturale sul versante nord-ovest del Monte Aiona, e il lago di Rezzo, un piccolo lago perenne di origine naturale posto in un’incavata conca nei pressi dei paesi di Magnasco, Villarocca e Villanoce (Val d’Aveto, Liguria, comune di Rezzoaglio). Presso gli abitanti del luogo è noto come Lago dei Pesci Rossi, a causa dell’immissione di pesci rossi appunto.

I Laghi del savonese

In direzione Ovest, in provincia di Savona, si segnala il Lago di Osiglia, bacino artificiale in val Bormida di circa 3 chilometri di lunghezza è il più grande lago della provincia di Savona. Sempre in provincia di Savona,  il lago Scanizzon, piccolo lago di origine probabilmente glaciale.

E verso Ponente?

In provincia di Imperia di segnala il Lago di Tenarda, quasi interamente compreso nel comune di Triora, dal 2007 è entrato a far parte del Parco naturale regionale delle Alpi Liguri, si tratta di un lago artificiale di circa 0,3 chilometri quadrati.

Nello spezzino e nel sarzanese

Il viaggio itinerante continua in provincia di La Spezia dove incontriamo  alcuni laghetti artificiali di modeste dimensioni formatisi entro le cave di escavazione della ghiaia nella bassa Val di Magra, tra questi si segnalano i Bozi di Saudino, di origine artificiale derivanti da ex cave di argilla e ghiaia allagate dall’acqua di falda, e il lago Pallodola, nel territorio sarzanese. Nell’omonima località Pallodola si segue il torrente Calcandola fino al fiume Magra, nei pressi del lago. Si tratta di una ex cava per l’estrazione di materiali inerti ricovertita e soggetta a rinaturalizzazione. Si costeggia il lago e i suoi stagni e quindi lungo il fiume caratterizzato dalla tipica vegetazione ripariale a pioppi e salici. Arrivati al canale Gora dei Mulini, si può raggiungere Ponzano Magra e Santo Stefano Magra.

Aspettando di viaggiare senza confini, in Liguria e nel Mondo, ecco alcune proposte…

 

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Anziani ultra vulnerabili, Italia “indietro tutta”

Anziani ultra vulnerabili senza tutela. Identikit di un Italia sempre più divisa, in questa terza ondata Coronavirus, iniziata a gennaio, acutizzata a febbraio e fino a marzo inoltrato, mesi in cui la pandemia è riesplosa con grande violenza spinta dalle varianti.

Dal 2020 non si fa che con-vivere con la pesantezza sostenibile della Covid-19, assuefatti, abituati alla tragedia della pandemia, in termini di “conta” di casi attivi, ospedalizzati e morti e, non ultimo, in balia della costante percezione di una “guerra” sanitaria contro un “mostro” invisibile, ma così tangibile  dentro e fuori le nostre case.

Un bombardamento continuo “di massa” di notizie e informazioni di cui ancora poco si sa a far da cornice….

Anziani ultra vulnerabili, il caso dei vaccini

In questo contesto, rallenta, non di poco, la fotografia di un sentimento di armonia nazionale sulla tanto discussa campagna vaccinale. Si parla, non a caso, di “disunità vaccinale” delle regioni che racconta di un’Italia “indietro tutta” rispetto agli altri Paesi, a parità di dosi.

Una maratona al vaccino, tra favori, raccomandazioni e giochi di lobby che riescono a trasformare i diritti di tutti nel privilegio di chi rientra in una categoria che è riuscita ad imporsi su un’altra.

Le regioni e il (non) rispetto delle linee guida 

Eh sì, perché a conti fatti, le scelte delle regioni erano state effettuate nel rispetto delle linee guida del ministro della Salute Roberto Speranza sulla base di una disponibilità di dosi che sono, poi, state disattese.

Quindi? Chi aveva un’istituzione a protezione o una categoria di “appartenenza” ha ottenuto il vaccino e le categorie più fragili, e gli anziani ultra vulnerabili, non tutelate da nessuno, invece, sono rimaste senza. Una verità che fa male, ma così reale.

Vaccinati sì e no

Una cosa è certa: in Italia oggi si muore di Covid-19 più di un mese fa, lo dicono i numeri, mentre le cifre della campagna vaccinale altrove è gestita in modo molto più efficace, in termini di contabilità dei decessi, puntando su una vera organizzazione. Germania, Francia e Spagna hanno saputo tutelare meglio i loro anziani grazie ai vaccini, e senza “criteri diseguali”: li hanno protetti ovunque allo stesso modo, dalle grandi città alle zone rurali, con il focus puntano sull’età e sulle rispettive priorità.

E in Italia? Beh, ogni regione ha agito “per conto proprio”, tra errori,  incidenti, guasti informatici e corsie preferenziali per raccomandati e “potenti”. Siamo alle solite, a farne le spese i più deboli, quelli “fragili”, e lo dicono le statistiche. La campagna vaccinale è partita a febbraio e Francia, Germania e Spagna, pur nelle rispettive proporzioni, hanno al loro attivo un netto calo della mortalità da Covid-19.

Nel Belpaese, insomma, occhi sempre più puntati sulla curva epidemiologica che, a marzo, addirittura è tornata a salire. Ad aprile, poi, non è che il trend sia in discesa, anzi…

La media settimanale dei morti

La media settimanale dei morti è tornata a superare i 300-400 morti al giorno. Una gestione italiana fallimentare della campagna vaccini contro le rigidissime misure imposte dal governo di Angela Merkel – il cui lockdown proseguirà fino a metà aprile -, francese e spagnolo.

A Berlino e in Francia, già da metà febbraio, la popolazione ultraottantenni aveva ottenuto la prima dose al 20 per cento contro il 40 per centro dei vaccini somministrati in Italia…

Tutti sanitari e pazienti ‘fragili’, insomma, i vaccinati?

In Italia, alla fine, le regioni hanno “cambiato le carte”, rispetto alla “terna” di categorie prioritarie dettate dal decreto legge del governo Draghi (1.operatori sanitari e socio-sanitari, sia pubblici che privati, in prima linea, 2.residenti e personali delle Rsa e 3.persone in età avanzata). Così, hanno  privilegiato centinaia di migliaia di dipendenti degli ospedali, non solo i sanitari, ma gli amministrativi (?!) che, si sa, non hanno alcun contatto con i malati.

Ecco che, dulcis, si sono aggiunti i professori universitari, gli insegnanti e un esercito di  professionisti, dagli avvocati ai magistrati, senza distinguere tra quelli operativi, a rischio di contagio con i soggetti malati (ndr, come è avvenuto in Germania).

Questo perché le norme tedesche sono chiare e inequivocabili sulle categorie e sulle priorità per la vaccinazione mentre in Italia le regioni sono una babele di norme spesso così diverse tra loro da lasciare spazio a pericolose interpretazioni.

Gli ultra vulnerabili: eterni dimenticati

Ultra vulnerabili: eterni dimenticati

Chi sono gli ultra vulnerabili in sintesi? Sono persone alle quali “la natura ha tolto parte della loro salute, ma ciò è nella ‘natura’ delle cose della vita.

La non applicazione del piano vaccinale, però, non può toglierci anche la speranza alla salute” – come si racconta un 78 enne abbandonato a se stesso. Si tratta di centinaia di migliaia di anziani, “estremamente” vulnerabili, cittadini “normali” over 70 e 80 che, solo ad aprile, forse, non saranno più “eterni dimenticati”, in attesa di una chiamata che non arriva e, magari, riusciranno a ricevere la loro prima dose.

Tutta colpa, pare, della mancanza di una piattaforma digitale informata e aggiornata, per i medici di medicina generale e i loro assistiti, ma le risposte mancano, ancora, quando il vaccino “per e di tutti” è l’unica soluzione “salvezza”.

Raccontatemi le vostre esperienze, da qualsiasi parte vi troviate…

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Le origini della Pasqua, gli auguri e perché l’uovo?

Pasqua, le origini e la storia, ma qual è il suo vero significato. Perché si fanno gli auguri di Pasqua e si usa e regala l’uovo? 

Le origini della Pasqua, la prima festa di Primavera 

Pasqua è una delle feste più importanti del calendario, trae le sue origini nell’antichità, ha una lunga storia ed è senz’altro la festività fondamentale per i Cristiani. Gli auguri di Pasqua sono dei messaggi, che fuori dalla retorica, sono davvero forieri di buone speranze. E’ la prima festa di Primavera (sebbene la sua data sia mobile), la prima pausa dal lavoro e dalla scuola dopo l’inverno.

Perché la data di Pasqua cambia?

Decidere la data in cui celebrare la Pasqua non fu un’impresa semplice e fu motivo di grande controversie. Solo con il Concilio di Nicea del 325 si riuscù a trovare un criterio comune, e adottato da tutta la Cristianità, per stabilire la data della Pasqua ovvero la domenica successiva al primo plenilunio di primavera. Quindi? Seguendo quindi i ritmi lunari la data della Pasqua cambia ogni anno e può cadere dal 22 marzo al 25 aprile. E in base a quando cade si definisce bassa, media o alta.

Il messaggio e il vero significato della Pasqua

Anche al di fuori del credo Cristiano, la festività pasquale porta comunque con sé il concetto della Rinascita, della Resurrezione, appunto. Un messaggio bellissimo, ma che, va detto, custodisce anche il dolore. Eh sì, perché per rinascere, è evidente, bisogna prima morire. La Resurrezione, dunque, ha il suo interno un dramma – la morte di Cristo. Ma rinascita – anche – della vita in tutte le sue forme, anche della natura: i fiori tornano a sbocciare, l’agricoltura torna a dare frutti, il calore del sole torna a scaldare. Torna insomma la vita. Ed è questo il vero significato della Pasqua: la rinascita. 

Ma qual è il vero significato della Pasqua?

Dal punto di vista dell’etimologia deriva dalla parola aramaica ‘pasah’ che significa ‘passare oltre’. Per gli Ebrei questa festa rappresenta la fine della schiavitù in Egitto, la liberazione del popolo ebraico per volere di Dio, il passaggio attraverso il mar Rosso e l’esodo verso la Terra Promessa. Lo stesso ‘passaggio’ è stato, poi, ripreso dai Cristiani per i quali la festa è il passaggio dalla morte alla Resurrezione. Lo sapevate che la parola italiana Pasqua deriva da un erronea trascrizione greca di ‘pascha’ che allude al ‘patire’, ossia alla sofferenza e quindi alla Passione di Cristo?

Perché si mangia l’uovo di Pasqua?

Anche l’uovo rimanda al concetto di rinascita e di nuova vita: al suo interno c’è infatti una vita che sta per nascere. La sua scelta si deve alle usanze della Quaresima. In questo periodo che precede la Pasqua si invitavano i fedeli a non mangiare carne e anticamente era fatto divieto di mangiare anche le uova. Peccato, però, che le galline, ovviamente, continuassero a deporle così che, al termine della Quaresima, ossia a Pasqua, i contadini si ritrovavano con tantissime uova. Da qui nacque la tradizione di bollirle per farle diventarle dure e poi decorarle. Anticamente, poi, i primi Cristiani coloravano di rosso le uova per ricordare il sacrificio di Cristo che con la sua morte ha salvato gli uomini. Poi ,si è passati a colorare le uova con tutte le tonalità.

Perché si mangia l’agnello a Pasqua?

L’agnello per i Cristiani è il simbolo della salvezza, l’agnello risparmia dalla morte, simboleggia la resurrezione. Per questo è tradizione mangiarlo nel giorno di Pasqua (ndr, per i carnivori, quantomeno). Ma perché proprio il sangue di agnello? Ciò fa riferimento alla precedente tradizione della Pasqua ebraica in cui si doveva offrire in dono il sacrificio di un agnello.

Insomma, dietro agli auguri di “Buona Pasqua”, “Happy Easter” e “Chag Pesach sameach ve Kasher” c’è l’auspicio di una nuova vita felice, di poter ri-tornare ad un domani migliore, più libero e senza “colori” dettati dalle misure anti-contagiodi viaggiare senza confini e restrizioni per progettare “gite fuori porta”, di tornare al cinema, a teatro, a sentire musica dal vivo, di assembrarsi ed abbracciarci, soprattutto per i bambini, di poter elaborare un anno di dolore, di separazione, di perdita, per molti, e per troppi: un anno di “scomoda” convivenza con la Covid-19.

L’augurio, vero, mai come “oggi”, di chi scrive è di vita, di futuro, di speranza, di nuovi orizzonti, di lacrime asciugate…

 

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In Liguria, alla scoperta del Lago della Tina

In Liguria, alla scoperta del Lago della Tina. La Liguria e i suoi tanti laghetti, sia a levante che a Ponente. Da quelli di Nervi a quelli in Valbrevenna, a Pegli, ai laghetti di Rocchetta Nervina nell’imperiese. Stavolta, andiamo a ponente alla scoperta del Lago della Tina, uno dei più amati in Liguria, nel parco del Beigua, tra Genova e la provincia di Savona.

Lago della Tina, un percorso rilassante

L’itinerario dalla località Agueta al Lago della Tina è un rilassante percorso che consente di visitare un angolo suggestivo del Parco del Beigua, l’alta Val Leone. Un percorso con scorci panoramici cascatelle, ruscelli, pinete e la caratteristica zona del lago. Un trekking sulle alture di Arenzano, immersi nella natura selvaggia della Val Lerone tra piccoli guadi, laghetti e ponti sospesi, permette di ammirare come l’uomo ha domato la natura circostante. Si può raggiungere con una facile passeggiata dalle alture del paese.

Il Parco del Beigua

Il comprensorio del Parco Naturale Regionale del Beigua, la più vasta area naturale protetta della Liguria, custodisce gelosamente la storia geologica della regione, raccontata attraverso affioramenti rocciosi, mineralizzazioni, giacimenti fossiliferi e spettacolari forme modellate senza sosta per effetto degli agenti esogeni. Per l’eccezionale patrimonio geologico presente, nel marzo 2005 il comprensorio del Beigua è entrato a far parte delle reti internazionali come Geoparco Europeo e Mondiale. Successivamente, nel novembre 2015, lo stesso territorio è stato riconosciuto come sito UNESCO ed inserito nella prestigiosa lista dei Geoparchi Globali (UNESCO Global Geoparks).

Lago della Tina: come arrivare

Usciti dall’autostrada al casello di Arenzano (A10 Genova – Ventimiglia), bisogna proseguire in direzione Savona. Dopo aver svoltato verso l’Ospedale della Colletta, si raggiunge in auto la località Terralba, da qui si percorre via Pecorara sino alla Località Agueta, dove si posteggia in un ampio slargo nei pressi di un Agriturismo Agueta du Sciria. Il sentiero inizia 50 metri dopo il ristorante: nei pressi di un pannello indicativo e di alcune segnalazioni, si imbocca a sinistra una strada sterrata.

Il percorso

Questa, dopo un primo tratto quasi pianeggiante, prende poi a innalzarsi con modesta pendenza, sino a raggiungere dopo circa 2 km, il Passo della Gua (348m). Dal passo è possibile raggiungere direttamente il lago della Tina, percorrendo il sentiero di sinistra con segnavia T per poco più di 30 minuti (quello a destra è più lungo). Si è circondati da un paesaggio molto suggestivo, tra mare e monti, in stile tipicamente ligure. 

All’ombra dei castagni

Lungo il percorso verso i laghetti, sulla sinistra, c’è la deviazione per l’Area del Castagno, che dà la possibilità di rifocillarsi all’ombra dei castagni. Venti minuti più avanti, continuando la discesa, c’è il Ponte Negrone. Tornando al percorso per il Lago della Tina (prestare la massima attenzione, come per tutti gli itinerari in Liguria), all’arrivo si scorgono tre laghetti: il più suggestivo per fare un tuffo è quello più alto.

La sensazione dell’andar per laghi, almeno per chi scrive, è quella che ci sia un “lago di luce” in fondo all’anima dove prima o poi tutti ritornano. Forse, la bellezza, la spensieratezza e la semplicità dipende da una passeggiata intorno al lago, ieri, oggi e domani, pur al tempo della Covid-19…

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