Capodanno. Un nuovo Capodanno. Cosa ho fatto a Capodanno? Ho chiuso senza salvare. Il mio bilancio di fine anno non è stato approvato.
E’ stato un anno in salita, il 2021, fin da Capodanno. Di notizie urticanti, difficili, di cambia-menti, di progetti saltati, di malattie nella mia famiglia, di legami e amori complicati, ma sempre educativi, di quelli che sanno insegnarti qualcosa anche quando “sulla carta” senti di aver perso, di rincorse contro il tempo, per fermare il tempo. Di viaggi e traversate in solitaria, di cammini a due, ma non due. Di salvataggi disperati, di illusioni che profumavano, sempre, di realtà. Un anno di perdite: del cuore e fisiche. Un anno dove la morte, quella che più temevo, di lei, ha bussato alla mia porta fino a sfondarla. Un anno di tempeste, di temporali, di fulmini a ciel sereno e di tsunami. Quelli che che fendono il cielo, mandando in frammenti anche il più silenzioso e mite dei silenzi. Un anno di rivoluzione del cuore, di movimenti, di determinazioni così potenti da andar incontro alla violenza dell’Universo quando non si ha paura di essere coerenti, ogni giorno. Un anno di incontri, di legami, intensi e veloci, tutti o quasi balsami d’amore, anche quando nati e abortiti sul nascere o quasi. Un anno dove ho imparato a consolidare ciò che c’era, realmente, e si è spezzato, naturalmente, ciò che non “serviva” più consentendo – mi piace crederlo – ad ognuno di seguire i propri cammini, senza rancore o giudizio, ma nella piena consapevolezza e accettazione dell’impermanenza della vita, con tutti i suoi transiti. Alcuni si sono sfilacciati altri defilati e, in altri ancora, sono scivolata io, con la naturalezza, credo, con la quale vi ho fatto ingresso. Un anno di chiusure, non di muri, ma di maggiore intimità, complice l’abbandono, per ritrovarmi, per conoscermi, davvero, a fondo, senza doverci essere, per forza, per tutti. Un anno di “confini”. Un anno di percorsi di crescita e incontri davvero “fortunati”, affatto casuali. Un anno, dopo anni ad allenare la mia pazienza, tenacia e fiducia verso l’altro, nel quale qualcuno ha trovato la Via, anche grazie alla mia incondizionata dedizione. Tanti, molti, sapranno ritrovarsi in queste parole, credo. Chi più chi meno…
Capodanno. Nuovo o ricondizionato?
Però, ora, che siamo arrivati alla fine dell’anno, qualcuno mi spieghi la trama! E’ stato un anno di amore, di conflitto, di sogni ad occhi aperti, di affanno, di salite col fiato corto, ma di avventure pazzesche, dentro casa, principalmente, grazie o a causa della Covid-19 e con tutte le restrizioni del caso, fase dopo fase, di conquista di libertà, sancite dai dpcm e dal cuore, dalle lotte di fede, che non scorderò tanto facilmente.
Un anno dove la morte, 14 anni dopo, ha fatto irruzione in casa mia, nelle mie case, nel mio cuore, togliendomi tanta della Milena che conosco da vicino, quella che sorride sempre, ma insegnandomi tanto, sulla vita, su di lei, su chi era e non era, su chi può diventare, nonostante tutto. Il vuoto di Minou, va detto, fa rumore.
Poi, ancora, il confronto su temi delicati e sfide difficili, non si è fermato a quel vuoto, continua, mi ha presentato il conto, nell’ultima settimana dell’anno e, dulcis, ieri.
Tregua e rifugio di Capodanno
Cosa c’è da capire, da approfondire quando la vita ti mette davanti a prove così difficili? Tutte insieme, come a negarti, nella sua durezza, una possibile e sana tregua del cuore? Per prendere respiro, ogni tanto, per toccare la riva, per ritornare a galla.
Avrei solo bisogno di una tregua. E di un rifugio.
Poi, mi ripeto. Datti tempo, datti tregua, datti spazio, datti serenità. Esci dai tuoi conflitti. Vai a visitare il cielo, incontra un albero, innamorati di un filo d’erba. Non sei solo là fuori, anche se pensi di esserlo. Crea un nido di luce dentro di te. Sii pronto ad accogliere ciò che il mondo ti darà. Prima o poi qualcosa arriva, stanne certa!
Il mio 2021, oggi
Voglio un tempo che è tregua, tra il sollievo di un conflitto finito e la paura di un tuono in arrivo.
Importante, nel frattempo, non sentirmi n bilico su qualcosa che si finge tregua, ma è solo resa.
Negozierò una tregua col mio karma: gli darò ragione a patto che si dimentichi di me e io di lui. Come? Decidere di trasformarlo..!
Benvenuto 2022
È arrivato il 2022. Mi piacerebbe urlare al vento “GIOIE POTETE SMETTERE DI NASCONDERVI. VI STO ASPETTANDO!”
Scusa 2022, non è per diffidenza, ma usciamo da una storia difficile con due anni, possiamo dare una sbirciatina prima di entrare?
[…] Ricordo, con tenera compassione, i creatori del “Il 2020 sarà l’anno della ripresa” e “Nel 2021 finirà la crisi”. Gli stessi che, oggi, presentano “2022, adesso sì che è l’anno buono”.
Non so, speriamo che il 2022 non sia la “variante” del 2021. Confesso che mi piacerebbe vedere il trailer del 2022. Così, solo per farmi un’idea. Eppure, se tutto dipende da noi, occorre imparare a gettare nuove cause, anche se, dopo l’anno appena trascorso, è il 2022 che deve scrivere una lista di buoni propositi nei miei confronti!
Tra i propositi del nuovo anno, però, (io) scelgo con cura: – A chi dare confidenza
– A chi fare una confidenza
– Con chi prendersi della confidenza
– Ad essere Pace e creare la Pace.
E poi arrivano quegli eventi che ti fanno capire che la pace con te stessa in realtà era solo una tregua. Non era davvero La Pace. Lasciatemi, però, una tregua e prendetevi tutto il resto. Tra le altre cose che vorrei: un attimo di tregua, un respiro non a vuoto, un po’ di fiducia incondizionata.
Buon Anno! Nuovo o ricondizionato? E va bene, lascia che sia, a volte, le migliori cose iniziano con un finale burrascoso.
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…
TWOW art: arte e lavoro può essere un connubio destinato ad avere un grande futuro. Il progetto innovativo TWOW art, che unisce entrambi i settori, verrà presentato e lanciato venerdì 3 dicembre alle ore 18 in via Lomellini 2, presso l’agenzia di Genova specializzata in digital marketing, che ne è autrice, con la prima mostra “Atlantide 2.0.2.1.”.
TWOW art, il progetto che porta l’arte in ufficio come ‘collante’ lavorativo
Il nome TWOW ART trae ispirazione dall’idea di inserire l’arte in un contesto lavorativo. Nasce come uno spazio innovativo che promuove la creatività, la contaminazione e la libera espressione. Un punto di incontro tra gli artisti e l’ecosistema dell’Agenzia (team, collaboratori e clienti), dunque, dove fisico e digitale si fondono in un tutt’uno.
Come primo balzo in avanti l’agenzia TWOW ha scelto un’iniziativa molto simbolica: il progetto “Atlantide 2.0.2.1”, coordinato da Elena Arvigo, che si propone di rispondere alla domanda: “Dov’è il teatro oggi?” attraverso una serie di podcast e video realizzati da 30 artisti della scena contemporanea da tutta Italia.
Il progetto Atlantide 2.0.2.1
Il nome Atlantide rimanda all’ottavo continente (continente dal latino “continere”= tenere insieme) che raccoglie e unisce artisti che rivendicano la possibilità di ritrovarsi, finalmente, nell’azione creativa e in una comunità autentica, che sia in relazione con se stessa e con il pubblico, anche se virtuale, dopo tanti mesi di separazione.
«Due anni fa, quando abbiamo svelato la nuova sede di Via Lomellini al team – afferma Emanuela Genovesi, co-fondatrice di TWOW – ci siamo dati l’obiettivo di far vivere questi spazi non soltanto come ufficio, ma anche come cuore pulsante della cultura genovese». «I nostri spazi – ribadisce Genovesi – hanno enormi potenzialità, vogliamo sfruttarli per sostenere gli artisti dandogli visibilità presso la nostra rete e partecipando, a modo nostro, al rilancio della cultura».
TWOW art si propone quale promotore del lavoro di questa comunità artistica, mettendo a disposizione i suoi spazi fisici e digitali, per creare diversi percorsi di visita esperienziali.
La visita si può effettuare sia dal vivo, scrivendo a eventi@twow.it, sia online, visitando la pagina twow.it/twowart/atlantide-2-0-2-1 e fino al 30 gennaio 2022. E’, inoltre, possibile seguire l’attualità del progetto sui social dell’agenzia: Instagram: @twowdigital, Facebook: @twowdigital e LinkedIn: twow.
L’arte è l’incontro inatteso di forme e spazi e colori che prima si ignoravano. L’arte ci consente di trovare noi stessi e di perdere noi stessi nello stesso momento.
L’arte non ha bisogno di alcuna risposta. E’ una domanda che vuole restare tale.
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…
Minou…quello che mi manca di te sono io quando stavo con te. Sei riuscita a lasciarmi senza parole. Muta, con un dolore sordo, al petto. Mi sono sempre immaginata come sarebbe stata la mia vita senza di te e, alla fine, mi ci hai messo di fronte, davvero, alla tua morte. Le parole non scivolano, neppure in questo momento, ma sento di dovercele, oggi, un mese dopo.
Sei stata un grande esempio, il migliore, l’unica coinquilina possibile: adottarti, amarti, e prendermi cura di te, un privilegio. Mi hai insegnato, come solo tu potevi riuscirci, l’amore incondizionato, come ci si dedica, rinunciando anche alla libertà che tanto amo. Sono stati mesi difficili, questi ultimi, ma è valsa la pena ogni scambio d’amore, ogni cura “della speranza”, ogni paura del distacco, ogni sofferenza da abbandono, se penso alla vita da regine su e giù per l’Italia che abbiamo con-diviso fino a poco fa: zingare, sempre in movimento, sempre insieme, amata e fotografata da tutto il mondo. Eri tutto tranne che una gatta da appartamento. Ti sei abituata, subito, a vivere cavalcando la mia onda lunga.
Hai riempito la mia vita, senza annoiarla mai, anzi. Mi hai tenuto compagnia quando il mio mondo, dentro e fuori, era un incendio. Sei arrivata con la responsabilità di colmare un pesante vuoto materno e ci siamo scelte, da subito. Ci siamo investite di tutti i ruoli affettivi possibili. Hai dato un senso al mio continuare a vivere a Genova in anni dove, come dire, solo una spavalda e testarda come me poteva insistere in terra ligure, matrigna, ostile, ma così sfidante, al tempo stesso. Quanto daimoku hai respirato, accanto a me, quanta Buddità in ogni tuo gesto…
Minou…quello che mi manca di te…
L’inizio è dolce, assurdo, felice. L’intreccio pieno di buona volontà, forte e carico di tensioni emotive. La fine, una lacerazione. Per un po’ (…) continuerò a urlare il tuo nome a me stessa, nel cuore. Ma alla fine la ferita si cicatrizzerà – dicono. Non lo so, ma non voglio viverti solo nel dolore dell’assenza. Hai deciso tu quando scegliere di andar via, esattamente come quando hai scelto di entrare nella mia vita, avanzando sulle mie gambe per dimostrarmi che mi avevi scelto. Non mi ero mai sentita così “scelta”, prima di allora. Cose che nascono, e non l’avresti mai detto. Altre, poi, che finiscono, e non l’avresti mai neppure immaginato facesse così male.
Un grande immenso amore “che si è spento”, ma solo fisicamente, di morte naturale, nella mia terra, a 180 all’ora, in movimento, come abbiamo sempre vissuto noi, e su quelle stesse gambe dalle quali sei arrivata dritta come un fuso a soli due mesi, con lo sguardo rivolto a noi. Eravamo insieme, come siamo stati in tutti questi anni, con lo zio. Noi tre. E, poi, hai trovato il modo davvero “mistico” di lasciarmi traccia di te, oltre le ceneri: la tua vertebra dorsale, ancora intatta (?…), e a forma di cuore, quasi a rincuorarmi “ehi, io sono ancora qui, ti sostengo sempre, in un altro modo, ma continuerò a farlo” e lo hai ribadito con “un pezzo di te”, di quel corpicino diventato così esile in pochi mesi, come se sentissi che mi servisse quella urgente rassicurazione di continuità.
Un mese dopo…
Le parole, da quel lunedì nero 11 ottobre, se ne stanno zitte sulla soglia a un passo da te che resti fuori, e io non so come chiamarti e chiederti di tornare indietro. E’ così che nascono gli addii?
A partire da quel momento – da quel THE END – non so più chi fu a scrivere il libretto della nostra storia, però mi piacerebbe scoprirlo per dargli quel che si merita. Non riusciamo mai a capire davvero cosa ci fa innamorare di qualcuno, ma uno sguardo, una parola, un sorriso di colpo ci cambiano la vita e non torniamo più a essere quelli che eravamo.
Come abbiamo fatto a passare gli ultimi quasi 14 anni senza smettere mai di amarci e imparando sempre dall’altra? Come ha fatto, improvvisamente, la somma di tutta la presenza a trasformarsi in assenza?
Volenti o nolenti l’abbandono ci introduce, dal primo momento in cui lo subiamo, in una terra desolata che non conoscevamo, ci fa ascoltare un timbro inedito del dolore disperato e della fatica dell’esistere e del desiderare. Del sopravvivere.
L’assenza
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino. E’ così che finiscono gli amori “fisici”. Le labbra si stancano, i respiri si placano, i battiti diminuiscono, gli orizzonti si restringono. Senti solo il peso delle cose non fatte, e ti scordi di quelle vissute. E dal soffitto le domande ti guardano e non cercano neanche più risposta. Mi hai detto addio, sei sparita dietro le “montagne”, in piena pianura padana, ma posso alzarmi in piedi sul mio cuore per vederti ancora. Gli occhi che guardavano altrove, l’orologio che faceva il giro del polso e la luce che cominciava a tremare. A volte gli addii (2008-2021) possono essere insostenibili, sai?
O, forse, mi stavi preparando, e insegnando, a ricominciare dall’inizio ogni giorno? Dirci addio e perderci di vista. E poi subito cercarci e ritrovarci. Bisognerebbe vivere soltanto di inizi. Come due sconosciuti, che si hanno senza aversi mai del tutto.
Senza di te…
Non sarà mai più la stessa cosa, senza di te, senza il tuo essere così esuberantemente femmina, geisha, intrigante, sempre attenta, sensibile e permalosa, viziata ma sempre così troppo adulta ed educata, fragile eppure forte per due, dolcissima e ingenua, alle volte. L’altra me, in tutto. Tu, sì, che solo guardandomi parlavi tutte le lettere dell’alfabeto. Un linguaggio – il nostro – fatto di gesti, di fisicità, quella che non tornerà più e di silenzi, quelli in compagnia dei quali mi hai lasciato, a litigare dentro di me. Ci devo proprio passare attraverso, eh già! Chi arriverà, dopo di te, non lo so ma, una cosa è certa, l’amore passionale e travolgente che ci ha “legate” in modo così simbiotico non sarà mai ripetibile, sarà diverso, un altro amore (?!). E’ stato un vero privilegio esser scelta a farti da mamma.
Trovo impronte di te ovunque, in casa, quella di Genova e poi a Modena, quando riuscirò a rimetterci piedi (…), fuori, in auto, dove abbiamo viaggiato insieme, appena un mese fa, quando ti hanno dimesso dal Pronto Soccorso modenese e mi illudevo ti avrei guarita, ancora una volta, come era già successo.
La morte per me è di difficile accettazione, ma tu lo sai bene, eh? Sei arrivata nove mesi dopo un altro durissimo abbandono, quello di mia mamma, e tu hai riempito ogni centimetro del mio cuore, della mia vita, degli spazi di casa con la tua ingombrante presenza d’amore. E’ difficile non cercarti, non percepire ancora il tuo sguardo, il tuo profumo di borotalco, i tuoi adorabili capricci, gli innumerevoli vizi dello zio ai quali mi sono sempre arresa. Trovo te in ogni dove e la tua “presenza” è davvero senza tempo e senza spazio.
C’è un momento in cui dal cuore qualcosa si stacca e cade
Per mare, in cielo, in terra, su due e quattro ruote… quante storie, quanti viaggi, quante case, quante città, quante emozioni, quanto amore abbiamo respirato e quanto donato… Quante vite abbiamo vissuto in una, quante emozioni allo stato puro, e l’adrenalina della nostra prima, e unica, vacanza in barca a vela di 30 giorni nella nostra amata isola: la Sardegna, la Maddalena. Siamo riuscite a convincere lo skipper amico a veleggiare con a bordo una gatta anche se, di fatto, ti faceva sempre un po’ di paura. Tante vite in una, ma chi se le scorda? Sarà tutto diverso, anche ritornarci, da sola, senza di te…
C’è un momento in cui dal cuore qualcosa si stacca e cade. Lo riconosci subito. Non fa nessun rumore, apparentemente, ma il sangue gela e il cielo scappa da un’altra parte. E, come tredici anni fa, c’era sempre qualcuno accanto a me, a tenermi la mano, ad abbracciarmi, a con-dividere con me, con noi il peso di quel dolore ingombrante, di un vuoto improvviso e lacerante, a cercarmi laddove mi ero persa “dentro”. Lei, l’altra emme biologica del mio cuore. E lui, la nostra famiglia d’adozione. Abbiamo il cuore a sinistra e non al centro del petto per un semplice motivo: quando abbracciamo chi amiamo, il battito del loro cuore riempie il nostro lato vuoto. Ti ho stretta a me fino all’ultimo istante. Addosso a me, nella scatola di carta nella quale ti hanno adagiata, con quell’espressione, improvvisamente serena, propria di chi, indiscussa lottatrice nella vita, sceglie il meritato riposo, con al collo una piccola rosa del roseto di mamma per mano dello zio. Il culmine del mio vuoto l’ho raggiunto arrampicandomi su una cima che non esiste. Il vuoto non è quello spazio dove cadi, ma quel tempo dove resti. Ad aspettare chi vorresti accanto.
Sei scivolata via troppo presto, da vecchietta, eppure, senza mai invecchiare, aggrappata a me, ascoltando, per tutto il tempo, quel mantra così familiare e al cui ritmo ti eri abituata a convivere: nam myoho renge kyo. Mi hai lasciato una specie di marchio, come se la mia pelle fosse quella di una vacca, una di quelle a cui hanno stampato una lettera sulla natica con un ferro rovente. La emme, la mia iniziale del cuore preferita, nel mio caso, indelebile e intima perché la riconosco solo io, ma c’è.
Storie e cicatrici: quello che manca
Emme come Minou, eri davvero l’aristocratica degli Aristogatti, che poi, dal 22 ottobre, il tuo nome ha preso la forma di un pigmento nero che rimarrà per tutta la vita sulla mia caviglia insieme alle impronte delle tue zampine, sì, perché il viaggio non si ferma. Continua…
Alle volte, come adesso, cerco di rimuovere tutto, di fuggire, di chiudermi in un mondo che costruisco come una storia d’avventura. E così continuo a essere divisa tra una realtà che non accetto e una trama che risulta sempre incompiuta. Per il resto non so. Non so che avventura mi aspetta, sai? Mi piace pensare che qualcosa accadrà, consapevole, da buddista, che tutto parte da me, ma forse è solo l’ennesima trama che sto costruendomi per prendere scorciatoie sul dolore vivo, per addolcire, piano piano, la mia cicatrice.
Dovrei lasciare, invece, che quella storia divenga davvero una cicatrice. Le cicatrici possono essere molto utili. E anche molto belle, affascinanti. E’ bello scorrere con le dita su un segno sottile e col pensiero su una traccia nell’anima. Con le cicatrici non ci si convive. Bisogna farne vanto, come i nobili tedeschi che ostentavano la mensur, la cicatrice dei duelli studenteschi, o i guerrieri che le mostrano con onore.
Mi ripeto:
“Fermati.
Respira.
Vai fino in fondo, stavolta!
Agisci!”
Sopravviverti
Il mio scoglio è la perdita, la separazione da chi si ama, l’abbandono, la morte. Penso davvero che per me sia impossibile adattarmi a questo vivere. Sento il richiamo di una foresta, una montagna, un deserto, un mare, un’avventura, di tutti quei momenti in cui metti in gioco solo il tuo corpo. Mi chiedo che cosa fare quando non sono da qualche parte nel mondo dove posso osservare senza intervenire. Il wu wei lo chiamano i cinesi questo atteggiamento mentale. E’ un concetto taoista molto sottile e interessante.
E’ la comunicazione, come l’energia, come il senso della storia: non segue una linea consequenziale rigorosa. E’ caotica, puro Caos, davvero. E questo non sono io a dirlo. A me piace pensarci, riflettere sul caos, sull’indeterminazione, sui nessi non causali ma casuali, sui principi stocastici. L’astrazione ci salverà. E’ la stessa che osservi in una foresta, in un deserto, in pieno mare o montagna, quando guardi scorrere le nubi, il movimento degli insetti, il cambiamento di colore su una foglia.
Un susseguirsi di cose, eventi, sensazioni, comparse che richiederebbero una scelta o una decisione, mentre io, qualche volta – come questa, orfana e smarrita, spero che le cose accadano. Forse, non mi resta che la scelta di non scegliere, la decisione di attendere. Darmi tempo, fare spazio, non accelerare, rallentare, imparare ad amarti, ed amarmi, cercandoti altrove, annusando il tuo odore, che è rimasto, qui, con me. Il Buddismo è azione….vincere o perdere. Voglio vincere. Voglio tornare a sor-ridere. Voglio trasformare la mia sofferenza in un blocco di creta con il quale giocare e trasformare in belle forme. Voglio strappare la bellezza, ovunque essa sia, e regalartela. Sei sempre stata l’altra me, e la conferma è inequivocabile, adesso.
Quello che mi manca di te sono io quando stavo con te
Non ho mai diviso la mia libertà e i miei spazi, così a stretto gomito, con nessuno, sin da quando ero piccola, ribelle quale ero e sono rimasta. Poi, sei arrivata tu e… hai cambiato la mia vita. In meglio. Hai infranto tutte le mie regole, insegnandomi ad essere meno assolutizzante. Sei stata la parte migliore di me, lo sei, ancora. Lo rimarrai. Sempre.
Chi ti ama conosce le pagine dei libri che hai sottolineato, il tuo modo di ridere di nascosto, le canzoni che vorresti ballare lentamente sotto la pioggia. Chi ti ama ti prende la mano e ti conduce negli angoli più bui di te e ti mostra che non c’è nulla di cui aver paura. Mai nessuno è tradito dall’amore puro.
E, detta alla Battisti… Nei tuoi occhi Innocenti Posso ancora ritrovare Il profumo di un amore puro Puro come il tuo amor.
Addio?
“Che cos’è quella sensazione quando ci si allontana dalle persone e loro restano sulla pianura finché le si vede appena come macchioline che si disperdono? È il mondo troppo vasto che ci sovrasta, ed è l’addio. Siamo sicuri? Eppure, devo iniziare a puntare avanti verso la prossima pazzesca avventura sotto i cieli”. Quella sensazione, tal quale, che ritrovo, ironia della sorte, quasi a dimenticarmene, nelle parole del grande viaggiatore Jack Kerouac. Quella strada in cui, ora, suona il silenzio, la stessa strada condannata a non esistere…
E, ancora, come scrive il mio maestro, Daisaku Ikeda, “Ogni cosa ha un inizio, passa attraverso tappe intermedie e arriva a una fine. La fine di una cosa significa l’inizio di un’altra. E’ necessaria una risoluta decisione per ripartire. E’ necessaria la luminosa fiamma dell’impegno e un voto appassionato”. (La nuova rivoluzione umana, Vol.30, p.71, Esperia).
La nostra storia non finisce qui, scriverò pagine di noi, racconti, romanzi, staremo insieme ancora, e ancora: te lo prometto “tubicina”. Il dolore non può togliermi anche la scrittura, non a lungo. La mia storia, da adesso in poi, non può essere di fogli bianchi. Tu non lo vorresti mai, lo so…anche se non ho mai capito quanto, e se, ti piacesse essere così sfacciatamente più social di me. Forse, il meglio di noi ha origine dal peggio di noi. Non è necessariamente un male. Ma è qualcosa che, forse, farei bene a mettere in conto.
L’ultimo gettito d’inchiostro per te è del 7 ottobre, davanti ad un tramonto da togliere il fiato sulle alture di Genova. Noi due, su due ruote, a sperimentare anche l’agopuntura come via alternativa a quella che speravo fosse “la cura” e scrivevo: “Non smetterò mai di sognare, avrò forza per vincere, coraggio per non mollare, pazienza per persistere”#minouandi
Quanto amore, bellezza, calore e vicinanza ha richiamato la “nostra” scomparsa: tu dalla mia vita, e io isolata nella mia tana fuori dal mondo. Nuove splendide amicizie cosmopolite, nate “davvero” e cresciute dal dolore di te, e dalla passione felina, ma verso le quali mi hai “traghettato” tu, per non lasciarmi annegare. Altre che ho lasciato andare, così, semplicemente. imparando ad osservare la mia nuova realtà ad occhi aperti. Un amore infinito, che non si può scrivere, ma solo vivere, in silenzio. Però, oggi, mi ripeto le stesse parole, quasi a darmi quella forza che mi merito, che meriti io faccia emergere.
Oggi
Non smetterò mai di sognare, avrò forza per vincere, coraggio per non mollare, pazienza per persistere#minouandi
Qual è il modo più importante di ricordarti? E’ essere la persona che tu mi hai reso, almeno in parte, e vivere la vita che tu hai contribuito a plasmare. Essere la persona che tu hai contribuito a formare e vivere la vita che tu hai contribuito a modellare non sono solo il modo in cui posso ricordarti: sono il modo in cui devo onorarti. Credo.
Mi manchi tantissimo, ma corri felice e libera… e portami sempre con te. Tra tutte le foglie dell’autunno saprò riconoscere l’unica che, invece di cadere, ha provato a volare. E me ne innamorerò ogni volta.
La tua assenza ha lasciato un vuoto che riempie tutto lo spazio del mio cuore. A distanza di un mese, temo davvero tanto il vuoto, non le catene, non il dolore, sai? La pura essenza del nulla che ti strangola dall’interno e non ti uccide mai. Che coraggio ha la speranza. Va a parlare con i sogni, con l’altrove e con le attese.
Però, va detto, mi sento una campionessa mondiale di vuoto sincronizzato. Hai presente come quando salti alle conclusioni e quelle si spostano, lasciandoti cadere nel vuoto? In quale tempo mi sono ritrovata oggi, in quale epoca? E perché questo sentore di tempesta e di vuoto non corrisponde al cielo azzurro che avevamo attorno?
Buon vento, amore mio. Questo siamo state noi. Siamo. Continueremo ad essere, per sempre.
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…
In viaggio nel cuore dei colori d’autunno. Il foliage è il simbolo dell’autunno. Quando le foglie degli alberi cambiano colore e dal verde passano al rosso, giallo, marrone, creando tavolozze che sembrano uscite dall’atelier di un pittore. È uno dei momenti più affascinanti dell’anno per ammirare la natura, per passeggiare nei boschi o intorno a un lago, per fare il pieno di calore da portare con sé nei mesi invernali. Ma dove andare e con cosa per essere certi di trovare i più bei paesaggi dove godere del momento del foliage? Potere sperimentare questa esperienza a bordo del Treno del foliage che vi condurrà tra i boschi del Piemonte e della Svizzera. Un viaggio lento alla scoperta dei meravigliosi colori d’autunno.
In viaggio tra i colori d’autunno sul treno del Foliage
Il Treno del Foliageè un itinerario lungo 52 chilometri, dove potrete ammirare la meraviglia del foliage, lungo la storica ferrovia Vigezzina – Centovalli, una delle più belle d’Italia. Per gli amanti dei colori autunnali e non solo, sta per iniziare il periodo in cui è possibile ammirare la bellezza cromatica della nuova stagione. Il Foliage, una parola magica che rievoca quella sensazione di profumo di castagne, di legna che scoppiettano e di profumi settembrini. Il Foliage è quel famoso fenomeno per cui gli alberi iniziano a cambiare il colore delle foglie, il paesaggio muta offrendo colori che ricoprono tutte le sfumature della tavolozza di Madre Natura. Dunque, per vivere questa esperienza unica, potrete salire a bordo del caratteristico treno bianco e blu della Ferrovia Vigezzina-Centovalli che collega Domodossola a Locarno. Il percorso della storica linea, che congiunge Piemonte e Canton Ticino dal 1923, vi farà immergere in un paesaggio che sembrano quasi dipinto.
Treno del Foliage 2021: le località principali
Ponte Brolla: un quartiere del Comune di Locarno noto per il suo orrido e per le marmitte dei giganti;
Intragna: sede del Comune delle Centovalli, rappresenta un vivo tuffo nel passato;
Verdasio: nel Comune di Centovalli e posto a 700 metri d’altezza, su di un ripido pendio terrazzato;
Re: un paesino posto nella valle che da Domodossola conduce a Locarno, chiamata Valle Vigezzo e conosciuta anche come la “valle dei pittori”;
Camedo: è l’ultima frazione del comune delle Centovalli, stazione di confine della linea ferroviaria, in territorio svizzero;
Santa Maria Maggiore: è il centro più importante della Val Vigezzo, situata nell’apice settentrionale del Piemonte, tra il Canton Ticino (Svizzera) e il Lago Maggiore;
Druogno dà il benvenuto a chi arriva in Valle Vigezzo viaggiando da Domodossola.
Ferrovia Vigezzina-Centovalli
Tra fine settembre e novembre, l’escursione termica si fa più consistente tra il giorno e la notte provocando il cambiamento di colore delle foglie degli alberi. Sapevate che, in tutto il mondo, esistono dei siti che indicano quando è il momento giusto per ammirare l’incantato mondo del foliage nei colori e sapori autunnali? Il treno bianco e blu della ferrovia alpina attraverserà, in circa due ore, 83 ponti e 31 gallerie passando per vallate, boschi e borghi sospesi nel tempo. Basti pensare che i treni che collegano Domodossola, nell’alto Piemonte, a Locarno, sulla sponda elvetica del Lago Maggiore, vengono scelti ogni anno, tra ottobre e novembre, da migliaia di passeggeri: ammirare i paesaggi infiammati dalle sfumature autunnali è un’esperienza da non perdere. Il percorso, da Domodossola a Locarno, attraversa la Valle Vigezzo e le Centovalli, passa per il lago di Locarno e il Lago Maggiore e vi consentirà di visitare deliziosi borghi tra cui quello di Santa Maria Maggior, di Malesco, di Villette quello di Re che in questi mesi propongono numerosi appuntamenti culinari, feste e sagre.
Si parte
Il viaggio potrà iniziare da uno dei due capolinea: Domodossola il capolinea italiano che racchiude nel suo nucleo storico gioielli e perle nascoste, tra cui spiccano la splendida Piazza Mercato e i meravigliosi palazzi storici, o Locarno, capolinea svizzero adagiato sulla sponda ticinese del Lago Maggiorecon un centro storico che si snoda tra viuzze e piazze nella parte vecchia della città. Con l’acquisto del biglietto speciale, il viaggio può essere allungato a vostra discrezione e comprenderà una sosta per ogni tratta. Presentando il biglietto presso gli operatori convenzionati, potrete ottenere in omaggio prodotti tipici di quest’area e/o acquistare a prezzi speciali cioccolato, salumi e tomini artigianali, birre e vini locali, prodotti di pasticceria a km 0, mieli, confetture ed ottenere sconti su hotel, B&B e ristoranti.
Tappe del Foliage
Locarno: una soleggiata località turistica sulle rive del Lago Maggiore nella Svizzera italiana del Canton Ticino;
Intragna: un piccolo paese di antiche case e vie in pietra, è adagiato sul fianco della montagna. Un balcone baciato dal sole mattutino, affacciato sulla Valle Intrasca e sul torrente S. Giovanni che scorre impetuoso verso il lago Maggiore;
Verdasio: frazione di 20 abitanti del comune svizzero di Centovalli, nel Canton Ticino, posto a 700 metri d’altezza, su di un ripido pendio;
Domodossola, oggi come in passato, è fulcro di una terra di confine, crocevia di culture e di commerci, tra il Piemonte e la vicina Svizzera. E’ il cuore dell’Ossola più autentica, luogo ricco di spunti, al centro delle sette valli dell’Ossola;
Santa Maria Maggiore: è il centro più importante della Val Vigezzo, tra il Cantone Ticino (Svizzera) e il Lago Maggiore. Oggi, il borgo è un’affermata località turistica montana, riconosciuta come Bandiera arancione dal Touring Club italiano;
Santuario della Madonna del Sangue: è il Santuario del paesino di Re e rappresenta un vero e proprio centro devozionale della valle, meta di pellegrinaggi al suo maestoso santuario dedicato alla Madonna del Sangue. Il suo nome è dovuto ad un miracolo che, si dice, avvenne nel 1494;
Sacro Monte della Madonna del sangue;
Sacro Monte Calvario: dal 1990 fa parte del complesso dei siti considerati “Riserva Naturale Speciale” dalla Regione Piemonte.
Date e biglietti
Il Treno del Foliage 2021 sarà in funzione tra ottobre e il 15 novembre 2021. I biglietti sono acquistabili già a partire dal 13 settembre 2021 sul sito www.vigezzinacentovalli.com e presso la biglietteria di Locarno. La validità è di uno o due giorni e prevede un viaggio a/r sull’intera linea, con la possibilità di effettuare una sosta nel viaggio di andata ed una nel viaggio di ritorno, per poter visitare le più affascinanti località che costellano il percorso ferroviario.
I prezzi vanno dai 33 al 43 euro a seconda della classe di viaggio scelta, della prenotazione del posto e della destinazione. Date le previsioni di forte afflusso e le importanti limitazioni dovute alla Covid-19 è obbligatoria la prenotazione dei posti a sedere. Il biglietto include (per ogni passeggero adulto) un buono di 5 franchi svizzeri per ritirare un omaggio presso il piccolo mercatino di prodotti locali che si svolgerà tutti i giorni dalle 10:00 alle 17:00 presso la stazione ferroviaria di Locarno (in collaborazione con la Pro Centovalli). Le bancarelle in legno, dal tettuccio giallo, esporranno prodotti tipici del Locarnese e valli.
Poi l’estate svanisce e passa, e arriva ottobre. Si fiuta l’umidità, si sente una chiarezza insospettabile, un brivido nervoso, una veloce esaltazione, un senso di tristezza e di partenza. L’autunno è sempre stata una delle mie stagioni preferite. Il tempo in cui tutto esplode con la sua ultima bellezza, come se la natura si fosse risparmiata tutto l’anno per il gran finale. Le giornate estive si accorciano. E, come sempre, in questo periodo dell’anno, mi sento addosso lo sguardo del tempo.
Mi piace che tutti i colori sono giusti, e i rumori e i profumi, a rispettare un antico impegno…
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…
Trakai è arroccata su un’isoletta, sul lago Galvé, col suo castello che sembra sospeso nel tempo e regala un suggestivo scorcio sul mondo. Una costruzione medievale che vi suggerisco di visitare per vivere una giornata immersiva nella storia e nella cultura di questo Paese. Sì, perché, per me, il viaggio a Trakai rappresenta una passeggiata in un luogo fatato. E’ stato così la prima volta e, certamente, lo sarebbe ancora oggi. Non è lontana da Vilnius e, in qualche misura, la completa: la capitale stessa è assai tranquilla e discreta, poco rumorosa, poco caotica. Eppure città. E’ ormai divenuta una delle più amate mete turistiche lituane e si contende con le “rivali” Riga e Tallinn il primato di luogo più visitato dei Paesi Baltici. Trakai, invece, è una perla rara, un tesoro che si svela dopo un breve viaggio caratterizzato dal verde delle foreste e dal blu dell’acqua.
Trakai, il castello sul lago che sembra sospeso nel tempo
La cittadina, infatti, si specchia sulle rive del lago Galvè ed è celebre per il castello costruito su un isolotto. Sono numerosi i turisti che, qui, fanno tappa, ma una visita alla fortezza è d’obbligo. Racconta del glorioso passato del Granducato di Lituania, che nel Medioevo e fino al Cinquecento è stato spesso ago della bilancia in spinose questioni di geopolitica. Sembra un tempo remoto e una regione lontana, ma non stupitevi se, scorrendo la storia del fortilizio, ad un certo punto vi imbatterete nel nome di Bona Sforza. Chi era? Nata a Milano, fu data in sposa a Sigismondo I, divenendo così regina di Polonia e granduchessa di Lituania. Il suo governo regalò non poche sorprese alle terre baltiche (persino un presunto delitto). La costruzione iniziò per opera di Kestuitis, Granduca di Lituania, nel XIV secolo e fu terminato da Vitoldo nel 1409. Nel XVII secolo venne danneggiato gravemente a causa della guerra che si era scatenata tra la Lituania e Mosca.
Da questo momento in poi venne abbandonato a se stesso e, soltanto nel 1905, ripresero i lavori di ristrutturazione, che furono spesso interrotti a causa delle due guerre mondiali. Solo nel 1961 si riuscirono a concludere i restauri. Una famigliola di cigni solca il placido lago e fa sembrare tutto ancora più fiabesco. Il castello di Trakai sembra sospeso sull’acqua, antico e solenne. Si arriva da una lunga stradina che costeggia case e viuzze del borgo di Trakai, 27 chilometri dalla capitale lituana, quasi un sobborgo, anche se è una cittadina a sé stante.
Si scende davanti ad uno spiazzo panoramico a bordo lago: il castello emerge dalla vegetazione di fronte, come se su una sponda ci fosse la realtà e al di là ci fosse il mondo delle favole. Si attraversa un ponte in legno lungo 300 metri e un piccolo parco, con le barche tirate a riva, ed è subito come andare a ritroso nel tempo.
Il Castello di Trakai sul lago e la sua importanza storica
Il castello è la più frequentata attrazione della cittadina: ci si arriva dopo una particolare passeggiata su un ponte pedonale che si trova sull’acqua del lago e che collega Trakai all’isoletta su cui sorge l’imponente castello. Realizzato in mattoni rossi e con uno stile gotico-romanico-rinascimentale, è unico nel suo genere e durante i mesi più caldi e favorevoli, nei balconi e nelle arcate si tengono eventi molto famosi e attesi. Fu uno dei castelli più importanti del Granducato della Lituania ed ebbe un’importanza strategica durante guerre e assedi e venne utilizzato successivamente come prigione. Al suo interno si trova il museo storico che contiene le tracce della storia del castello, della città e della cultura lituana. Gli appassionati di storia medievale potranno prendere parte a rievocazioni storiche in un viaggio che vi porterà indietro nel tempo.
Si può visitare da marzo a settembre, dal martedì alla domenica. È inserito all’interno del Parco nazionale storico di Trakai, che è anche l’unico parco nazionale storico in Lituania e in tutta Europa, considerato come l‘unico posto che unisce una serie di preziosi punti di riferimento della tradizione e della storia locale come la leggendaria residenza dei governanti Lituani, i laghi e le rive pittoresche, il patrimonio dei Karaim e della vita aristocratica. È un posto da non perdere per i turisti locali, ma anche per gli ospiti stranieri. All’interno del parco sono presenti altri monumenti di origine storica: il vecchio castello della penisola, il palazzo Uzutrakis e la sinagoga caraita.
Se il tempo è soleggiato, non perdetevi un giro in barca sullo specchio d’acqua che circonda il castello. Dura meno di un’ora ed è davvero suggestivo. Le rive verdissime, il cielo azzurro, l’acqua pura, il silenzio placido, le poche e curate ville suggeriscono un senso di quiete che rinfranca lo spirito.
Non tutti sanno che…
C’è ancora un aspetto di Trakai che merita di essere scoperto, ed è quello meno noto al turismo: quello che c’è prima, ossia il villaggio vero e proprio. E’ vero che è poco appariscente, fatto com’è di case basse e semplici, colorate e di legno, che sembrano un po’ tutte uguali. Il punto però è proprio questo: non appaiono tutte uguali, lo sono! E lo si deve alla popolazione locale, la cui tradizione affonda nella notte dei tempi. A Trakai, infatti, vive una delle più grandi comunità caraite ancora presenti in Europa, ma non particolarmente numerosa, visto che di caraiti rimasti se ne contano circa 60. L’ultimo censimento, risalente al 1997, contava 257 caraiti presenti nell’intera Lituania.
La storia dei caraiti
E’ difficile spiegare in poche parole chi sono i caraiti. La loro storia è attestata nella lontana Babilonia sin dall’VIII sec. a.C. Di fatto, era una setta ebraica che riconosceva valore solo all’Antico Testamento, a discapito del Talmud e della tradizione rabbinica. Da Babilonia si spostarono verso la Turchia e da lì in Crimea, sino a giungere sulle coste del mar Baltico. Ciò detto, Questo per sommi capi perché in realtà gran parte dei dettagli che delineano la storia dei caraiti è avvolta nel mistero. Sta di fatto che a Trakai vivono ancora oggi portando avanti la loro antichissima tradizione. Parlano una lingua che è una commistione di ebraico e turco, professano la loro religione nell’antica kenesa (sinagoga) di legno, si tolgono le scarpe entrando nel tempio (evidente retaggio turco), costruiscono le loro dimore seguendo gli antichi principi.
E di sicuro le case caraite sono quelle che più rimangono impresse nella memoria. Hanno un solo piano con mansarda, sono di legno e colorate e, soprattutto, hanno tre finestre che guardano verso la strada. Perché sempre tre? Semplice: una per Dio, una per il principe e una per il padrone di casa. Anche la kanesa ha questa particolarità, che è un tratto distintivo della comunità. Qui, è possibile gustare alcune specialità gastronomiche, come i kybyns, fagottini ripieni con carne e verdure, e si può visitare il Museo etnografico caraita che illustra la loro storia. Un modo per tornare alla realtà dopo aver visitato Trakai e il suo castello da fiaba.
Leggende e dintorni…
Trakai è un viaggio nel passato, ma anche nella fantasia. Torrette, mura, ponti levatoi, tetti rossi: tutto sembra finto, non a caso il luogo viene usato spesso per ambientare film e fiction. All’interno, visitando il grande cortile e le sale adibite da museo, la sensazione di essere trasportati in una favola rimane e ci si aspetta che prima o poi appaiano una principessa e alcuni cavalieri.
Non potevano mancare le leggende in un luogo del genere. Si dice che il castello, unico nell’Europa Orientale ad essere stato costruito sull’acqua, sia stato realizzato a partire dalla metà del XIV secolo per assecondare i capricci di Birute, moglie del Gran Duca Kestutis. La dama, originaria dalla costa della Lituania, sentiva la mancanza della vicinanza del mare e così il duca decise di far erigere un nuovo castello nelle vicinanze della città proprio nel centro del lago Galvè. Un’altra leggenda, un po’ più macabra, dona un pizzico di brivido al castello: si narra che il lago che circonda la fortezza sull’isola principale, ogni primavera fosse riempito dalle teste dei nemici per permettere il disgelo delle sue acque.
Un tuffo nel passato
Miti a parte, Trakai fu la sede del Granducato fino alla metà del XVI secolo, quando questa fu spostata a Vilnius, ma rimase a lungo una delle residenze preferite dei nobili lituani. In stile gotico, il complesso circondato da solide mura difensive, comprendeva un palazzo e una torre residenziale, fu trasformato in prigione per la nobiltà e per i soldati nemici. Nel 1962, fu completamente ristrutturato e trasformato in un museo, dove sono raccolti molti reperti dell’epoca feudale, quadri, affreschi, armature medievali, e anche una collezione di oggetti preistorici scoperti nell’area del lago Galvé. Tra sale, gallerie, vetrate colorate, passaggi segreti e opere d’arte di grande valore si scopre la storia della Lituania e ci si cala in un’atmosfera perduta, di dame e cavalieri, di guerre e pace, di feudi e armate. Non a caso, sulle mura e nel cortile vengono organizzati tornei medievali, concerti e mercati di artigianato locale.
Come arrivare
Trakai si trova nella Contea di Vilnius, a circa 30 chilometri di distanza della capitale. Il modo più facile ed economico per raggiungere la cittadina (a meno che non disponiate di un’auto vostra) è sicuramente l’autobus. Le linee che effettuano la spola tra la Stazione Autobus di Vilnius e la Stazione Autobus di Trakai sono molto frequenti, il costo standard del biglietto è di 2 euro a tratta (il ticket viene acquistato direttamente sull’autobus) ed il tragitto dura circa 30-40 minuti. La Stazione Autobus di Trakai si trova a circa una trentina di minuti a piedi dal Castello. Esistono, però, delle navette che partono dalla stazione e fanno tappa nei principali luoghi turistici di Trakai. Altrimenti la soluzione più comoda, ed anche economica, è il taxi (il servizio viene effettuato da Bolt, dovete scaricare l’app e prenotare le corse, il pagamento può essere effettuato anche in contanti una volta terminato la corsa).
Cosa vedere a Trakai
Ripercorrendo il pontile verso la terraferma, si può ammirare la lussureggiante vegetazione sulle rive e l’acqua blu del lago, solcata da cigni, anatre e barche a vela. Passeggiare per le strade di questa cittadina vi farà rivivere un’atmosfera medievale: le strade sono interrotte spesso da laghi o grandi e bellissimi cortili, con delle caratteristiche casette in legno colorate. Una delle architetture religiose più belle è la Chiesa della Visitazione della Vergine, la Basilica di Trakai, che custodisce il dipinto della Madre di Dio, considerato miracoloso dai credenti, che vanno in visita per vederlo.
Le escursioni
Sulla riva del lago si possono noleggiare piccole imbarcazioni e pedalò, c’è qualche pescatore con la canna, e ci si può dedicare allo shopping tipico. Una serie di bancarelle e negozi offrono artigianato in ceramica, in feltro e in legno, lino e i gioielli nell’inevitabile ambra del Baltico. Non mancano, ovviamente, ristoranti e caffè, da cui ammirare il castello dall’altra parte del lago.
Il parco storico è meta di sportivi che durante l’estate si divertono con escursioni realizzate in bicicletta o a piedi nei sentieri predisposti. D’inverno, quando i laghi e il territorio diventano ghiacciati e ricoperti da una folta distesa di neve, si può attraversarlo con gli slittini o con il kick sledge, una particolare slitta che si può guidare come un monopattino.
Anche le escursioni in kayak sul lago Galvé sono molto gettonate: la primavera è il periodo migliore in cui intraprenderle, poiché il clima è meno rigido e ci saranno molte specie animali da osservare.
Passeggiare per le vie di Trakai è come fare un viaggio in un mondo incantato. Così semplice e cordiale, lontano dalla premura, curato e sincero. Nulla è fuori posto: un luogo magico, sospeso nel tempo e nello spazio.
I grandi viaggi hanno questo di meraviglioso, che il loro incanto comincia prima della partenza stessa. Si aprono gli atlanti, si sogna sulle carte. Si ripetono i nomi magnifici di città sconosciute. Delle partenze mi piace l’agitazione, il senso d’attesa, l’immaginazione che fantastica su mappe e atlanti, e l’anima che si incanta…
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…
Alla scoperta di luoghi fiabeschi e spettacolari della nostra penisola, così straordinari da non sembrare reali. L’Italia è un Paese che conserva in ogni suo angolo decine e decine di meraviglie. Luoghi che fanno innamorare chiunque vi ci metta piede e che restano impressi nell’anima. Luoghi che sembrano davvero usciti dalle fiabe. Posti unici, romantici, onirici, carichi di un’atmosfera particolare in cui sembra di tornare bambini.
Alla scoperta di dieci luoghi fiabeschi in Italia
Scopriamo insieme alcuni dei posti da favola da vedere almeno una volta nella vita. Luoghi magici che ci portano in un’altra dimensione di spazio e tempo, facendoci vivere come in una fiaba. Ecco, allora una “top ten list” di città, borghi, castelli, paesaggi naturali, da visitare assolutamente. Perfetti per un viaggio romantico e a caccia di meraviglie.
Un castello moresco nel cuore della Toscana, un luogo spettacolare costruito a metà ‘800. La villa-castello di Sammezzano si trova a Leccio, frazione del Comune di Reggello, a circa 30 chilometri da Firenze. Si erge su una collina proprio sopra il paese ed è circondata da un grande parco di 187 ettari, di cui 50 “parco storico”. Tenuta di caccia in epoca medicea, nel 1605 la proprietà venne acquistata dagli Ximenes D’Aragona. Fino alla metà dell’800 ebbe l’aspetto di una classica villa toscana. Da quella data il marchese Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona, con un lavoro durato oltre 40 anni, diede al castello la veste attuale.
Grazie alla grande disponibilità economica ed alla vasta cultura, affascinato dalla moda orientalistica diffusa in tutta Europa, Ferdinando realizzò un edificio unico, il più importante esempio di arte Orientalistica in Italia ed in Europa. Nel 2016, in seguito alla candidatura presentata da “Save Sammezzano” e alla sua contestuale attività di raccolta voti online e cartacei, Sammezzano è risultato il primo classificato tra “I luoghi del Cuore”.
Intorno al castello Ferdinando realizzò uno dei parchi storici più vasti della Toscana, con oltre 100 specie arboree esotiche. Molte di queste sono scomparse, ma il parco resta ancora famoso per le numerose sequoie presenti (Sequoia Sempervirens e due esemplari di Sequoiadendron Gigantea) tra cui spicca la cosiddetta “Sequoia Gemella”, albero monumentale che con i suoi 53,96 metri è risultato essere il secondo albero più alto d’Italia.
Ponte del Diavolo, Borgo a Mozzano – Toscana
Si chiama Ponte della Maddalena, ma tutti lo conoscono come Ponte del Diavolo: una delle costruzioni più originali di tutta la Toscana e si trova a Borgo a Mozzano, tra Lucca e la Garfagnana. Il suo profilo così singolare ha ispirato numerosi artisti e fatto fiorire svariate congetture mitologiche sulla sua costruzione. Secondo la leggenda, infatti, il ponte fu costruito da San Giuliano che, non riuscendo a completarlo per l’eccessiva difficoltà, chiese aiuto al diavolo in persona, promettendogli in cambio l’anima del primo essere vivente che vi fosse passato sopra. Una volta terminato il ponte, San Giuliano vi tirò sopra un pezzo di focaccia, attirandovi un cane e beffando così Satana. Tuttavia, le notizie storiche certe sulla costruzione del ponte sono scarse. C’è chi ne attribuisce la costruzione a Matilde di Canossa (1046-1125) e chi riferisce di un restauro da parte del nobile Castruccio Castracani (1281-1328).
Parco di Bomarzo, Viterbo
In provincia di Viterbo, nel cuore della Tuscia Laziale si trova il Sacro Bosco di Bomarzo, meglio conosciuto come Parco dei Mostri: un autentico tesoro nascosto tutto da scoprire, immerso in un’atmosfera irreale e gotica. All’interno di questo bosco, sarete catapultati in un mondo fantastico, popolato di animali mitologici e giganteschi mostridi pietra che, da oltre 500 anni, incutono timore, sorpresa e meraviglia in ogni visitatore che lo attraversi, ovvero da quando l’architetto Pirro Ligorio lo realizzò su commissione del Principe Pier Francesco Orsini.
Tra studiosi, artisti ed intellettuali di ogni epoca, sono stati in molti ad interrogarsi sulle reali intenzioni del Principe Orsini e sui significatinascosti disseminati nel parco. Qui, il visitatore viene condottoattraverso un percorsofatto di grandi statue, edifici surreali, iscrizioni ed indovinelli – che lo sorprendono e lo disorientano continuamente – capace di stimolare l’intelligenza e la cultura del visitatore. Una sorta di percorso iniziatico, dove riprendendo le parole del Principe stesso fosse possibile “sfogare il core”, ma anche stupire gli occhi degli ospiti. Un mondo fantastico, tra sogno e realtà, un continuo gioco di richiami mitologicied enigmi, tra statue di sirene, mostri marini, tartarughe giganti, satiri, sfingi, draghi, maschere, falsi sepolcri e giochi illusionistici.
Giardino di Ninfa, Latina
Giardino di Ninfa èl’oasi realizzata dalla famiglia Caetani, sulle antiche rovine dell’omonima città medievale, a metà tra un Paradiso perduto e un luogo che esiste solo nell’immaginazione. Uno splendido esempio di poesia e architettura medievale che sorge ai piedi dei monti Lepini nella provincia di Latina. Qui, da marzo a novembre, soltanto alcuni giorni dell’anno, e al fine di preservare il delicato equilibrio ambientale, sono organizzate delle visite guidate per immergersi nella realtà incontaminata dove molti scrittori, Virgina Woolf, Truman Capote, Ungaretti, Moravia, hanno trovato l’ispirazione per le loro creazioni, un vero salotto letterario.
Nel 1976, è stata istituita un’Oasi del Wwf a sostegno della flora e della fauna di questo luogo unico. Oggi, l’oasi si presenta come una pittoresca rovina con avanzi di un castello, di palazzi, di chiese, di campanili medievali, il tutto abbracciato da una ricca vegetazione. Dal monte sgorgano abbondanti ruscelli che formano un laghetto. La visita è particolarmente piacevole nei mesi di aprile e maggio, quando la fioritura è al suo massimo splendore.
Isola Santa, Toscana
Sulle rive di un piccolo lago, circondato da boschi di castagno e da alte montagne, sorge Isola Santa, luogo incantevole di villeggiatura in ogni stagione dell’anno. Un angolo nascosto nel cuore delle Apuane e un villaggio solitario fuori da ogni tempo. Il borgo poggia sulle rovine dell’antico hospitale, meta di sosta per i viandanti che attraversavano le Apuane, tra la Versilia e la Garfagnana. Si hanno notizie certe sull’hospitale a partire dal 1260, ma la sua nascita è certamente più antica. Dal 1880 la strada del Cipollaio assicura ben più agevoli collegamenti, avendo sostituito l’impervio tracciato alto-medievale che correva un tempo nel fondovalle.
Le casette di pietra, dai tetti in ardesia, sono quanto resta del nucleo originario, in parte sommerso dalle acque del bacino artificiale. Pittoresco e ben conservato, il paesino offre soggiorni pieni di fascino, per la bellezza dei panorami e il silenzioso fruscìo delle foreste. Un posto ideale per raccogliere funghi, pescare trote selvatiche e dedicarsi all’escursionismo.
Burano, isola di Venezia
E’ una delle tre isole principali della laguna di Venezia, insieme a Murano e Torcello. Eletta una delle 10 città più colorate al mondo, è facile capire il perché appena si arriva: le mura delle tipiche case colorate di Burano creano un mix di tinte e colori vivaci dando vita a numerose leggende e all’impressione di aver fatto un tuffo nel passato. Una leggenda narra che le facciate delle case di Burano sono colorate perché i marinai del luogo le pitturavano per poterle riconoscere nei giorni di nebbia. Burano, l’isola arcobaleno, con i suoi colori audaci e forme tradizionali, sembra, in alcuni scorci, un villaggio fatto di zucchero, coloranti e caramelle, uscito dal sogno di un bambino. Se da un lato le case colorate sono ciò che salta subito all’occhio, la vera specialità di Burano è l’arte del merletto ad ago. In tutta l’isola, infatti, si possono trovare negozi di merletti dalle forme eleganti e intricate, risultato di una tradizione artigiana che si sta lentamente perdendo.
Borghetto, Valeggio sul Mincio – Verona
Borghetto sul Mincio è un luogo magico dove il tempo sembra essersi fermato al Medioevo, tra mulini ad acqua, mura antiche e giardini fioriti. Una piccola frazione del comune di Valeggio sul Mincio, in provincia di Verona, che ha saputo conservare inalterato il suo spettacolare aspetto medievale di stazione fortificata sul fiume. Oggi, il piccolo centro di Borghetto sul Mincio è dominato dalla massiccia presenza del Ponte Visconteo, chiamato anche Pontelungo dagli abitanti della zona, un ponte-diga di 650 metri costruito nel 1395 sul corso del fiume con l’intento di far deviare il Mincio dal suo letto che conduce fino a Mantova. Da Borghetto, lungo la sponda del fiume Mincio, parte la pista ciclabile che, utilizzando la ferrovia in disuso Mantova-Peschiera, arriva a Peschiera del Garda costeggiando il fiume per lunghi tratti.
Castello Scaligero, Sirmione
Il castello è il primo saluto che Sirmione dà ai suoi visitatori: unico punto d’accesso al centro storico, fu costruito attorno al XIII secolo per proteggere il borgo e il porto. Il passaggio pedonale sulle acque del lago è attualmente collocato dove una volta c’era il ponte levatoio. Il castello, che negli anni ha visto aggiungersi la darsena e la recinzione del borgo, rappresenta un raro esempio di fortificazione a uso portuale. All’aspetto romanzesco del castello si unisce la leggenda medievale dell’amore dei due giovani che lo abitavano, il castello fu trasformato in luogo di tragedia da un omicidio (a sfondo passionale ovviamente).
Giungere a Sirmione e trovarsi di fronte la splendida rocca è un’esperienza che resta impressa nel cuore e nella mente. Con il suo perfetto stato di conservazione e la sua posizione strategica all’ingresso della cittadina, il castello scaligero è pronto ad avvolgerti con la sua storia. E, quando cala la sera, Sirmione acquisisce un fascino fiabesco: le suggestive luci colorate illuminano la rocca con delicatezza, riflettendosi nelle acque del lago e trasmettendo una sensazione di pace e di relax.
Isola di Loreto, Lago d’Iseo
Galleggia splendida nelle placide acque del lago d’Iseo su uno sperone di roccia a strapiombo, a pochi passi dalla costa orientale e dalla graziosa località di Carzano: l’isola di Loreto è una perla di rara bellezza, con il suo fascino selvaggio e un’incantevole villa con torri e merli, che emerge dalla folta vegetazione, circondata dal mistero. Stiamo parlando di un’isola privata, sulla quale da moltissimo tempo è impedito l’accesso a chiunque. Ed è forse questo a renderla ancora più suggestiva, avvolta così tra i suoi mille segreti che si perdono indietro nel tempo.
Circondata da pini, larici e piante esotiche, la sua bellezza selvaggia continua ad incantare i turisti. Potete ammirarla dal Borgo di Monte Isola (Montisola per i Bresciani). Secondo le numerose testimonianze emerse sul territorio, pare che questo minuscolo fazzoletto di terra fosse abitato già all’epoca dei romani, ma è solo nel ‘400 che venne acquistata dalle Suore di Santa Chiara di Brescia, le quali vi fecero costruire un convento.
Rocchetta Mattei, Bologna
Il fiabesco castello di Rocchetta Mattei si trova a Grizzana Morandi, sulla strada statale nº 64 Porrettana, nella città metropolitana di Bologna, e fu costruito per volere di Conte Cesare Mattei sui resti di una vecchia fortezza dove si trasferì nel 1859. Lo studioso dedicò quasi tutta la vita allo studio dell’elettromeopatia, la terapia medica da lui inventata basata sull’abbinamento di granuli medicati e liquidi detti “fluidi elettrici”, proprio in questo castello, che modificò molte volte nel corso degli anni rendendolo un labirinto di scale a chiocciola, mosaici, loggiate e stanze decorate. La fusione di differenti stili architettonici come il gotico-medievale e quello moresco rendono il castello un luogo davvero ipnotico.
Sorge sulle rovine dell’antica Rocca di Savignano sull’Appennino bolognese. Restaurata per due terzi dalla Fondazione Carisbo, che ne è proprietaria, dopo anni di chiusura ha riaperto al pubblico nel 2015, grazie all’intesa tra Città metropolitana e Unione Comuni Appennino Bolognese e all’impegno del Comune di Grizzana Morandi che, insieme alle associazioni di volontariato del territorio, ne assicura la fruibilità. Lo sapevate che, originariamente, era solo Grizzana poi, nel 1985, il Comune ha modificato il toponimo aggiungendovi il cognome del pittore Giorgio Morandi, che a lungo vi soggiornò.
Luoghi incantanti, emozioni d’altri tempi, angoli nascosti. Ho smesso di credere alle favole, ma mi piace ancora ascoltarle, leggerle e…scriverle.
Le fiabe aiutano a ricordare, a rivivere, a esplorare il mondo, a classificare persone, destini, avvenimenti. Aiutano a costruire le strutture dell’immaginazione, che sono le stesse del pensiero. A stabilire il confine tra le cose vere e le cose inventate. Insomma, se le fiabe non esistessero bisognerebbe inventarle…
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…
Italia on the road, i viaggi coast to coast in macchina regalano un senso di libertà impareggiabile, l’euforia di sentirsi gli unici padroni della strada, quel brivido che nasce dal scoprire continuamente nuovi posti, ascoltando solo i propri desideri e le fantasie dell’avventuriero che alberga in noi.
Ecco, allora, un reportage speciale tutto ‘piezz’e core’, lungo le coste del Belpaese, che voglia essere una stuzzicante idea per un road trip, tra scorci di blu e paesaggi mediterranei.
Italia on the road in dieci tappe
Costiera Amalfitana
Sicilia Occidentale
Sicilia Orientale
Dalla riviera di Levante a quella di Ponente, Liguria
Da Ancona a San Benedetto del Tronto, Marche
Da Cagliari a Carloforte, Sardegna meridionale
Costa dei Trabocchi, Abruzzo
Basilicata coast to coast
Da Trani a Gallipoli, Puglia
Da San Nicola Arcella a Reggio Calabria, Calabria
10 itinerari lungo le coste del Belpaese
Costiera Amalfitana, Campania
La Costiera Amalfitana è un incanto tra natura, arte e bellezza riconosciuta patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Prende il suo nome proprio da questa cittadina, Amalfi, che fu la prima delle quattro repubbliche Marinare. Un tratto di 50 chilometri di costa a sud della Penisola Sorrentina, nella regione Campania, caratterizzata da ripide scogliere e da una costa frastagliata costellata di piccole spiagge e villaggi di pescatori color pastello.
Sospesa come una terrazza tra le acque blu del Tirreno e il blu del cielo, e soprannominata Divina Costiera, è diventata, soprattutto a partire dal secondo dopoguerra, meta prediletta delle vacanze, soprattutto del jet set mondiale.
La costiera è, inoltre, la terra delle zagare e dei limoni dove la macchia mediterranea digrada verso il mare tra borghi pittoreschi e antiche ville. La Costiera è percorsa dalla Strada Statale 163, considerata una delle più belle strade panoramiche d’Italia, e si snoda lungo il golfo di Salerno attraversando 14 borghi, uno più bello dell’altro: Amalfi, Atrani, Cetara, Conca dei Marini, Furore, Maiori, Minori, Positano, Praiano, Ravello, Scala, Tramonti, Vietri sul Mare e Agerola. In auto, percorrendo la mitica 163, vedrete cupole dorate, maioliche colorate, case color pastello, ville dai giardini lussureggianti e limoni.
Lungo la costa della Sicilia nord-occidentale
Bastano almeno dieci giorni e, se volete evadere in un altro mondo, pur restando in Italia, visitare la Sicilia è quel che fa per voi. Un ricco patrimonio artistico e culturale, mare che rapisce il cuore e una cucina squisita, è quanto basta per l’ideale road trip estivo.
Ma, se non avete tempo da dedicarle, allora si può pensare di visitare la costa occidentale e quella orientale in due viaggi distinti. Iniziando dalla prima, il vostro viaggio potrebbe partire da Cefalù, incantevole borgo sul mare nella Sicilia settentrionale, per poi andare alla volta di Palermo, con una breve sosta a Bagheria per i cinefili che vogliono vedere i luoghi dove è stato girato Baarìa di Giuseppe Tornatore.
Poi, una volta arrivati a Palermo, concedetevi dei giorni per ammirare le sue bellezze, scoprire la Palermo arabo-normanna, la suggestiva cattedrale di Monreale e le spiagge di Mondello. A questo punto, riprendete l’auto, in direzione golfo di Castellammare, probabilmente il più bello di tutta la Sicilia.
La piccola città costiera di Castellammare vale una sosta, ma poi lasciate l’auto ed esplorate l’incontaminata Riserva Naturale dello Zingaro e il selvaggio paesaggio costiero costellato da invitanti calette e pittoreschi insediamenti rurali. Volendo fare una piccola deviazione verso l’interno, poi, si possono visitare le antiche rovine di Segesta.
Ritornando sulla costa, vi consiglio di vedere Scopello, un piccolo borgo con poche case abitate, una piazzetta e profumo di “pane cunzato” per strada. Scopello, dal greco Scopelos, (letteralmente scogli), deve il suo nome alla presenza dei due bellissimi faraglioni che emergono fieri dalle acque cristalline. Continuando sulla punta di Capo San Vito sorge San Vito Lo Capo, rinomata località balneare che vanta una bellissima spiaggia a forma di mezzaluna.
Bene, si riparte verso Trapani, il cui centro storico sorge in una lingua di terra a forma di falce che un tempo rappresentava un importante crocevia nei traffici commerciali tra Cartagine e Venezia. Mettete in conto, assolutamente, di vedere il tramonto ad Erice, suggestivo borgo medievale che sovrasta il porto di Trapani.
Arroccato sulla cima del monte omonimo, il borgo medievale di Erice svetta dall’alto dei suoi 750 metri, godendosi un’eccezionale vista panoramica che guarda al golfo di Trapani ed alle isole Egadi da un lato ed alla vallata del Valderice dall’altro, abbracciando le campagne dell’entroterra siculo. Piccolo ed incredibilmente autentico, Erice è un dedalo di viuzze lastricate che scorrono tra chiese, piazze ed antichi cortili e che invoglia i suoi visitatori alla scoperta.
Da Trapani ci si può imbarcare su un traghetto diretto alle isole Egadi, tra cui l’imperdibile Favignana, oltre a Levanzo, Marettimo, l’isolotto di Formica e lo scoglio di Maraone. Oppure, proseguite scendendo alle saline di Trapani e Marsala, le più antiche d’Europa, tra distese bianche e mulini a vento.
Da qui, prendete una barca per un breve tragitto fino all’isola di Mozia, che custodisce uno dei siti archeologici fenici più belli d’Europa. Proseguite ancora per Marsala, la capitale di una delle maggiori regioni vitivinicole della Sicilia. Marsala,città di storia, di vino e di mare, offre tante attrazioni ai suoi visitatori.
E’ una città di grande fascino sia quando la si guarda dall’alto, arrivando con un aereo, sia quando la si raggiunge dal mare o dalla terra. La nave punica, il parco archeologico con i suoi preziosi reperti, lo storico sbarco di Garibaldi con i suoi Mille, il centro storico, curato e accogliente, con i suoi monumenti, le chiese, i musei raccontano la storia di una città dal passato importante e prestigioso.
Scendete ancora verso Mazara del Vallo, che fu una delle più importanti città della Sicilia saracena, per poi dirigervi versoSelinunte, importante sito archeologico. Si potrebbe poi fare una sosta a Sciacca, il borgo marinaro in provincia di Agrigento, in Sicilia, un museo a cielo aperto nonché città turistica e termale e, prima di continuare a scendere ancora verso Agrigento, dove vedere la Valle dei Templi e il suo parco archeologico caratterizzato dall’eccezionale stato di conservazione e da una serie di importanti templi dorici del periodo ellenico.
Non perdetevi per nessun motivo la Scala dei Turchi, una parete rocciosa che si erge a picco sul mare lungo la costa di Realmonte e che si presenta come uno splendido gioiello bianco abbagliante che fa da cornice all’azzurro limpido del mare. Nell’agosto del 2007 è stata presentata all’UNESCO, da parte del comune di Realmonte, una richiesta ufficiale affinché questo sito geologico, insieme alla villa romana, sia inserito nell’elenco dei Patrimoni dell’Umanità.
Lungo la costa della Sicilia orientale
Ora, vi suggerisco di esplorare l’altra costa della Sicilia, quella orientale, e il road trip può partire da Taormina, perla della Sicilia e tappa obbligata anche solo per vivere la magia di una serata al Teatro Greco, le cui rovine si stagliano sull’azzurro del mare. Dall’alto della sua collina, Taormina offre bellissimi scorci sul litorale con l’Etna sullo sfondo. Ora, si può fare tappa ad Acireale, nota per il suo carnevale, il barocco e le bellezze naturalistiche, prima di arrivare a Catania, la regina dello stile Barocco sullo Jonio: uno scrigno di palazzi barocchi e suggestive chiese, adagiata in una valle di agrumi.
Continuando a scendere si arriva a Siracusa, una città che nell’antichità gareggiava per importanza e bellezza con Atene. Il nome Siracusa deriva dal termine Syraka (abbondanza d’acqua), per la presenza di ricche sorgenti. Luogo affascinante e suggestivo che Cicerone definì “la più bella città della Magna Grecia”.
Da non perdere, a Siracusa, la zona più affascinante di Ortigia, la piccola isola di Ortigia rappresenta la zona più antica della città di Siracusa, ed è ricca di meraviglie naturali e architettoniche. Il suo nome deriverebbe dal greco antico ortyx che significa “quaglia”.
Si continua a scendere verso Noto, la capitale del barocco, e la Riserva naturale orientata Oasi Faunistica di Vendicari, famosa per la spiaggia di Calamosche. È un’area dove potrete trovare differenti ambienti naturali, zone di acqua dolce, saline, dune costiere e chilometri di spiagge
Scendendo ancora lungo la costa orientale si arriva a Marzamemi, un villaggio di pescatori oggi diventato un borgo alla moda. Marzamemi (nome che deriva dall’arabo “Marsà al hamen”, Rada delle Tortore), è un piccolo borgo marinaro della provincia di Siracusa, a pochi chilometri di distanza da Pachino e dalla barocca Noto.
Sorge e si sviluppa interamente sul mare. La sua nascita risale intorno all’anno mille, quando gli Arabi costruirono qui la Tonnara, che per molti secoli fu la principale dell’intera Sicilia Orientale. Questo borgo, per come oggi ci appare risale al ‘700 quando la Famiglia Villadorata, modificò la Tonnara ampliandone gli spazi, costruendo la chiesa di San Francesco di Paola, e le case dei pescatori.
Rientrando leggermente verso l’interno si arriva a Modica, dove assaggiare il suo rinomato cioccolato, e poi a Ragusa, altra città del barocco della Val di Noto, e il capoluogo più a sud d’Italia, che viene solitamente nominata come città dei due patroni, dei tre ponti e spesso definita l’isola nell’isola.
Ritornando sulla costa raggiungete Punta Secca, diventata famosa per Il commissario Montalbano. Qui, infatti, si trova la villa che nella serie è la casa del protagonista. A poca distanza si trova Donnalucata, un tempo villaggio di pescatori e, oggi, importante luogo di villeggiatura. Se, invece, si prosegue verso la costa occidentale si arriverà ad Agrigento.
Dalla riviera di Levante a quella di Ponente, Liguria
Da quella di Levante a quella di Ponente, la riviera ligure offre un viaggio on the road tra profumo di pesto, blu del mare e borghi marinari con i tipici carruggi da scoprire con calma. Si parte da La Spezia che si affaccia sul meraviglioso Golfo dei Poeti per poi iniziare a risalire la costa e raggiungere le Cinque Terre, i famosissimi cinque borghi a picco sul mare, incastonati sulle alte scogliere di un’area naturalistica protetta dall’Unesco. In auto si incontrano nell’ordine Riomaggiore, Manarola, Corniglia, Vernazza, Monterosso.
Si prosegue poi per Sestri Levante, conosciuto come “paese dei due mari” per la sua posizione tra le due baie, la baia delle favole, così soprannominata da Hans Christian Andersen, e la baia del silenzio, chiamata così da Giovanni Desclazo.
Continuate verso Chiavari e il suo centro ricco di storia, per proseguire verso Rapallo e le sue colline verdeggianti, e arrivare a Portofino, borgo di pescatori con case color pastello, boutique esclusive e ristoranti con specialità di pesce si affacciano sulla Piazzetta acciottolata che domina il porto, dove sono attraccati mega yacht.
Quindi, verso Santa Margherita Ligure, con paesaggi marini e collinari di suggestiva bellezza, incastonata tra la natura incontaminata e, dulcis, a Camogli, un vero gioiello della Riviera Ligure, abbracciata dalle acque limpide del Golfo Paradiso, all’estremità occidentale del promontorio di Portofino. La città dei mille bianchi velieri, della sagra del pesce e della Stella Maris.
Si prosegue poi per Genova, il capoluogo ligure, la Superba, dove scoprire il fascino dell’antica Repubblica marinara e della Lanterna. Il Porto Antico, la Cattedrale di San Lorenzo, il Palazzo Ducale, Acquario e la Biosfera. E i Palazzi dei Rolli, il Teatro Carlo Felice, Porta Soprana e la Casa di Colombo. Dal romantico borgo di Boccadasse al trenino di Casella e…tanto altro. Scriverei per ore della “mia città”. Vorrei parlarvi della sua gente, così “diffidente” verso i foresti (chiunque venga da fuori città come chi scrive), ma con così tanta voglia di aprirsi al mondo; vorrei raccontarvi della sua storia, quando i genovesi solcavano i mari con le loro barche; vorrei ricordare i suoi personaggi famosi, da Cristoforo Colombo a De André, a Don Gallo e… tante storie da raccontare.
E così, si giunge alla riviera di Ponente. Una delle prime soste potrebbe essere Celle Ligure, un borgo rinomato per il settecentesco palazzo Ferri. Sempre costeggiando il mare si arriva, poi a Savona, dove merita di fermarsi a vedere almeno le due icone della città: la Fortezza del Priamar, costruita nel ‘500 dai genovesi per proteggere la città, e la Torre del Brandale del XII secolo e poggia su archivolti gotici che, dal versante della Vecchia Darsena, sono l’ingresso al centro storico di Savona.
Continuate verso Noli, selezionato tra i borghi più belli d’Italia dove alcune delle 72 torri ricordano il suo glorioso passato da Repubblica marinara. Proseguite verso la Baia dei Saraceni e poi verso Varigotti, caratteristico “borgo saraceno”, con i vivaci colori dei suoi intonaci e gli edifici squadrati, e la qualità delle sue spiagge, diventato una famosa località turistica dal forte tratto distintivo marinaresco.
Proseguite verso Finale Ligure, oggi capitale del free climbing sulle numerose falesie di granito, e concludete l’itinerario a Sanremo, la città dei fiori e del Festival della Canzone Italiana, salvo non vogliate spingervi fino in Costa Azzurra, un nome, un mito. Eppure, un territorio ancora da scoprire, dietro alla Promenade des Anglais a Nizza e alle spiagge lungo il Mediterraneo.
Da Ancona a San Benedetto del Tronto, Marche
Spiagge selvagge, antichi borghi e fitti boschi, le Marche sono una regione ancora poco esplorata, ideale da percorrere in auto. Partendo da Ancona, fondata dagli antichi Greci e importante porto durante l’Impero romano, è una città d’arte con un centro storico ricco di monumenti e con una storia millenaria e uno dei principali centri economici della regione. Quindi, proseguite verso sud per l’antico villaggio di pescatori di Portonovo e il meravigliosoParco del Conero. Qui, verdeggianti pinete ricoprono pareti di roccia bianchissima che si stagliano su acque turchesi e cobalto. Scendendo ancora più a sud nel Parco del Conero si arriva alle spiagge di ghiaia di San Michele e dei Sassi Neri, completamente immerse nel verde e nella natura incontaminata.
Poco distante, il centro storico di Sirolo offre un bel panorama dalla terrazza della piazzetta. Lasciando il Parco del Conero alle spalle e dirigendosi verso l’entroterra, raggiungete Osimo, o Auximum ai tempi dell’Impero Romano, dove tutto racconta la storia dell’antica colonia.
Poi, una sosta a Filottrano, il cui centro storico, racchiuso all’interno delle mura castellane, è ricco di scorci suggestivi sulle valli circostanti. Proseguite, poi, per visitare gli antichi borghi sulle colline marchigiane tra cui Montefano, Loreto, Camerano e Recanati, che diede i natali a Giacomo Leopardi.
Ogni borgo ha un suo fascino e una storia da raccontare. Ritornando poi sulla costa dirigetevi verso Torre di Palme, un borgo romantico con stradine acciottolate, case in pietra, balconi fioriti e una spettacolare terrazza che domina il mare. Concludete il vostro road trip a San Benedetto del Tronto e Grottammare, incantevole cittadina dalla forte tradizione marinara e cuore pulsante della Riviera delle Palme.
Se, invece, da Ancona partite verso nord potrete raggiungere la storica strada panoramica di San Bartolo che collega Gabicce Mare, il comune più a settentrione della regione Marche, al confine con l’Emilia-Romagna, a Pesaro.
Nata in riva al mare alla fine del 1800, bagnata dall’Adriatico, con la sua cultura, la sua dimensione e i suoi ritmi a misura d’uomo, i suoi patrimoni di ieri e di oggi, ha fatto dell’ospitalità una vocazione che vuole ancora oggi crescere e conquistare l’attenzione dei turisti. È una strada molto suggestiva da percorrere in auto che attraversa il Parco Naturale del Monte San Bartolotra il blu del mare e le colline ‘vestite’ di ginestre.
Da Cagliari a Carloforte, Sardegna meridionale
La Sardegna è tutta da scoprire, ma la parte meridionale è quella meno conosciuta, meno turistica e più selvaggia. Il sud dell’isola, dunque, è l’ideale da esplorare in auto, percorrendo la panoramica strada statale della Sulcitana che si snoda lungo tutto il litorale meridionale.
Partendo da Cagliari, affacciata sul Golfo degli Angeli e circondata dalle imponenti torri e bastioni del Quartiere del Castello, potreste percorrere la strada della Sulcitana verso est, attraversando la Costa Rei fino ad arrivare a Villasimius, rinomata per le sue spiagge bianchissime e il suo mare trasparente.
Oppure, potreste percorrere il litorale in senso opposto, verso ovest, passando per le caraibiche spiagge di Chia, Pula, dove vedere l’importante sito archeologico di Nora e gli antichi nuraghi, e Cala Cipolla, fino ad arrivare all‘isola di San Pietro e alla suggestiva Sant’Antioco.
L’isola di San Pietro di fronte alla costa sulcitana è un’isola suggestiva con scogliere alte e frastagliate che degradano in un mare cristallino, calette incantevoli e un unico centro abitato, Carloforte, uno splendido borgo fondato da famiglie liguri. A tutt’oggi, conserva lingua e cultura dei fondatori, le famiglie di pescatori originarie di Pegli. Sant’Antioco, invece, dà il nome all’isola maggiore del Sulcis, che fu colonia fenicio-punica, città romana e oggi borgo di mare dal fascino speciale. È un viaggio on the road in un paesaggio aspro, dalla vegetazione rigogliosa e il tempo scorre lento.
Costa dei Trabocchi, Abruzzo
La Costa dei Trabocchi è un tratto del litorale abruzzese, esteso lungo la strada statale 16 Adriatica che si può percorrere in auto per un bellissimo viaggio on the road. Il litorale è così chiamato per la diffusa presenza di trabocchi, antiche macchine da pesca su palafitta, oggi trasformate in ristoranti sull’acqua.
Si parte quindi da Vasto, all’estremo sud dell’Abruzzo, per cominciare a risalire la costa verso la riserva naturale di Punta Aderci, uno dei tratti costieri più suggestivi della regione. Si arriva a San Vito Chietino, un piccolo borgo che sorge su uno sperone roccioso da cui godere di un panorama mozzafiato sul mare sottostante.
Si raggiunge poi Ortona, antica città romana, oggi una delle più belle località balneari della Costa dei Trabocchi. Continuate a risalire il litorale abruzzese fino a Francavilla al Mare, un delizioso centro balneare, famoso già dalla seconda metà dell’800.
Ripartite poi in direzione Pescara, città natale di Gabriele D’Annunzio, per poi ripartire verso Montesilvano, grazioso borgo sul mare. Continuate a risalire la costa fino a Roseto degli Abruzzi.
Basilicata coast to coast
Chi ha visto il film “Basilicata coast to coast” di Rocco Papaleo? Beh, viene voglia di esplorare la Basilicata, da una costa all’altra, alla scoperta di antichi borghi, natura incontaminata e spiagge meravigliose. C’è chi ha percorso l’itinerario a piedi, in bici, in moto o in auto, ma lascio voi la scelta.
Si parte da Maratea, perla del Tirreno, si sale verso la montuosa Trecchina, poi verso Lauria, paese natale dell’attore e regista Rocco Papaleo, quindi Latronico, paese noto per le acque termali, e Tramutola, dove l’allegria contagia le piazze del paese. Attraverso strade impervie e paesini arroccati si arriva poi ad Aliano, il paese di confino del grande poeta, scrittore e pittore, Carlo Levi. Si passa poi per Craco, il paese fantasma, e si punta poi verso la costa Jonica, raggiungendo Scanzano Jonico, nota località balneare, un tempo parte della Magna Grecia, e quindi Policoro e Nova Siri.
Da Trani a Gallipoli, Puglia
La Puglia è uno stato d’animo, almeno così dicono i pugliesi. E’ proprio così e, dunque, immergetevi in questa terra meravigliosa tra borghi bianchi, distese di ulivi e spiagge caraibiche. Si parte da Trani, che affascina per il castello svevo e la meravigliosa cattedrale sul mare.
Proseguendo verso l’interno si può raggiungere velocemente Castel del Monte con le sue affascinanti torri ottagonali, sito Unesco.
La fortezza del XIII secolo fatta costruire da Federico II di Svevia, Imperatore del Sacro Romano Impero e Re di Sicilia e ribattezzata “la fortezza dei misteri”. Ritornando sulla costa si raggiunge Bari, La Parigi del Mediterraneo, e il suo labirintico centro storico, Barivecchia, che occupa un promontorio tra due porti, per poi proseguire verso Polignano a Mare, arroccato su scogliere a picco sul mare.
Il nucleo più antico della cittadina sorge su uno sperone roccioso a strapiombo sul mare Adriatico a 33 chilometri a sud del capoluogo. Si scende poi verso Ostuni, la citta bianca del Salento. Volendo fare una piccola deviazione verso l’interno, si può esplorare la Valle d’Itria o Terra dei Trulli, visitando incantevoli borghi come Locorotondo, Cisternino e Alberobello.
Si continua a scendere a sud verso Lecce, la perla del Salento nota per gli edifici stile barocco, e passando per Torre dell’Orso si raggiunge la bellissima Otranto, il punto più a Oriente d’Italia, a circa 30 km da Lecce, su uno sperone roccioso che scende a picco sul mare. Così si lascia la costa adriatica per raggiungere la costa ionica e concludere l’itinerario a Gallipoli, dove perdersi tra vicoli bianchi e spiagge da sogno.
Da San Nicola Arcella a Reggio Calabria, Calabria
E, per finire, un road trip lungo la costa tirrenica della Calabria vi farà scoprire la bellezza di una regione meravigliosa, ma spesso sottovalutata. Partite da San Nicola Arcella, un villaggio arroccato sulle colline della Riviera dei Cedri, celebre per le sue bellezze naturali e architettoniche, per vedere l’incantevole Arco Magno e poi iniziate a scendere lungo la costa. Ora, fate una deviazione verso l’interno per vedere Cosenza, città dal fascino decadente, detta anche Città dei Bruzi, è una delle città più antiche della Calabria e sorge sui sette colli nella valle del Crati, alla confluenza con il Busento, e poi tornate sulla costa e dirigetevi a Pizzo Calabro, in provincia di Vibo Valentia, un borgo rinomato per la produzione del tartufo, nonché punto d’inizio della Costa degli Dei.
La città ha un suggestivo centro storico arroccato sulla scogliera e delle ampie spiagge spesso deserte lambite da un mare cristallino. Continuate a scendere lungo la costa superando Vibo Marina, da cui ci si imbarca per le isole Eolie, e raggiungete Tropea, perla della Calabria, costruita su una roccia alta 60 metri a picco sul mar Tirreno. Dici Tropea e pensi subito a sole, mare, e panorami indimenticabili.
Sorge lungo la costa degli Dei, anche detta la Costa Bella per i panorami suggestivi e per la vicinanza alle splendide Isole Eolie. Esplorate le bellissime spiagge nei dintorni, da non perdere quelle di Capo Vaticano.
Proseguite così verso Scilla, pittoresco borgo della Costa Viola incastonato su uno sperone roccioso a picco sul mare e affacciato sullo stretto di Messina. La parte più antica e suggestiva è la località Chianalea, denominata anche piccola Venezia per le case galleggianti sull’acqua.
Fate una breve sosta nella vicina Favazzina per un tuffo al mare e per i suoi rinomati limoni da mangiare con il sale. Concludete l’itinerario a Reggio Calabria, la più antica colonia greca fondata in Italia meridionale, oggi una bella città dove vedere i famosi Bronzi di Riace al Museo Archeologico Nazionale.
I viaggi, la strada, l’avventura, l’andare verso. A volte si percorrono strade che il cuore non capisce e la mente non sa spiegare. Ma l’anima lo sa.
Camminando si apprende la vita, camminando si conoscono le persone, camminando si sanano le ferite del giorno prima.
E, per dirla alla Jack Kerouac, “le nostre valigie logore stavano di nuovo ammucchiate sul marciapiede; avevano altro e più lungo cammino da percorrere. Ma non importa, la strada è vita”.
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…
Perché si festeggia Ferragosto? E da dove deriva il nome? Senza dubbio, è la festa più attesa dell’estate: ha origini nella storia dell’Antica Roma, poi intrecciate con la tradizione cattolica. Oggi, viene identificata con l’Assunzione di Maria in Cielo. Il nome, tuttavia, rimane pagano e deriva da una locuzione latina Feriae Augusti (riposo di Augusto), in onore di Ottaviano Augusto, primo imperatore romano, da cui prende il nome il mese di agosto.
Perché si festeggia Ferragosto? Curiosità e dintorni
Era un periodo di riposo e di festeggiamenti, istituito dall’imperatore stesso nel 18 a.C., che aveva origine dalla tradizione dei Consualia, feste che celebravano la fine dei lavori agricoli e degli sforzi estive, dedicate a Conso, che, per i Romani, era il dio della terra e della fertilità.
Da quel momento in poi, a Ferragosto, si istituirono in tutto l’impero corse di cavalli e addirittura le bestie da soma venivano fatte riposare e agghindate di fiori. La tradizione delle corse di cavalli resiste fino ai giorni nostri e si reincarna nel Palio dell’Assunta, a Siena, che si svolge il 16 agosto e che, ancora oggi, va alla contrada della città il cui cavallo taglia per primo il traguardo in piazza Del Campo. Pochi sanno che la stessa dicitura di palio deriva dal nome del premio dato al primo classificato in questa corsa, ossia il pallium, un drappo di stoffa preziosa.
Ferragosto, da festa pagana a festa cattolica
Anticamente, come festa pagana, le Feriae Augusti cadevano il primo del mese. Ma i giorni di riposo (e di festa) erano in effetti molti di più: anche tutto il mese, con il giorno 13, in particolare, dedicato a Diana, dea della caccia e della castità. La ricorrenza fu, poi, spostata, dalla Chiesa Cattolica, attorno al VII secolo per farla coincidere con l’Assunzione di Maria in Cielo, festività che slittò al 15 agosto. Il dogma dell’Assunzione (riconosciuto come tale solo nel 1950) stabilisce che la Vergine Maria sia stata ‘assunta’, cioè accolta, in cielo sia con l’anima sia con il corpo.
Dove e cosa si festeggia il Ferragosto?
Ferragosto non è una festa internazionale, ma viene celebrato solo in Italia, nella Repubblica di San Marino e nel Canton Ticino. Tuttavia, in alcuni paesi il Ferragosto si festeggia ugualmente il 15 agosto che, tradizionalmente, si passa in vacanza. Nella Repubblica del Congo è il giorno dell’indipendenza, così come nel Regno Unito e in India. Qui, curioso, gli abitanti fanno un bagno in mare convinti che farlo in quel giorno dell’anno abbia effetti positivi sulla salute. È il giorno della liberazione per i coreani e della restituzione per Taiwan.
È festa nazionale in Liechtenstein e Spagna dove è una vera festa grande. Diversi spettacoli sono organizzati in tutto il territorio. In particolare, a Siviglia si svolge la caratteristica ‘processione della vergine’ derivante da un’apparizione in sogno di Maria nel 1248. La venerazione di tale evento portò anche alla fondazione della confraternita dei Sartie della chiesa di San Ildefonso di Toledo. In Costa Ricasi festeggia la mamma. In Canada è il National Acadian Day, celebrazione istituita nel 1881, che ricorda i primi colonizzatori francesi che si insediarono nell’allora Acadia, regione del Canada settentrionale che oggi comprende la Nova Scotia, il New Brunswick e la Prince Eduard Island.
L’usanza dei bagni e delle grigliate a Ferragosto
Ferragosto, si sa, cade in uno dei periodi più caldi dell’anno. Non stupisce chi predilige le vacanze al mare per rigenerarsi facendo il bagno (soprattutto quello di mezzanotte durante i fuochi d’artificio) ma, neppure, chi ricerca la frescura in montagna, in collina o in campagna.
E le grigliate tradizionali del 15 agosto? Circa l’usanza di fare grigliate a base di carne non si sa, con precisione, da dove derivi. Probabilmente le sue origini vanno cercate negli antichi folklori riguardanti i sacrifici propiziatori fatti alle divinità per avere un raccolto fruttuoso.
Lo sapevate che?
L’espressione dare il ferragosto significa offrire un dono, denaro o cibo, ai propri dipendenti. Lo si faceva per le maestranze che, in questo periodo dell’anno, andavano a salutare i padroni (nello stato pontificio era obbligatorio). E, ancora, l’abitudine della gita fuori portanasce negli anni del fascismo con i treni popolari di Ferragosto. Nei giorni attorno al 15 agosto c’erano tariffe agevolate per chi viaggiava in treno verso città o località di vacanza.
E, sempre il 15 agosto, c’è il Palio Marinario dell’Argentario, nel porto vecchio di Santo Stefano, una regata di 4000 metri a cui partecipano quattro imbarcazioni a remi che rappresentano i quattro rioni cittadini Croce, Fortezza, Pilarella e Valle e la giostra del Saracino di Sarteano, a Siena. Si tratta di un torneo medievale in cui cinque cavalieri, rappresentanti le cinque contrade del borgo, si sfidano nella piazza principale del paese. Imbracciata un’asta, i cavalieri devono infilare un anello posto sopra lo scudo di un busto girevole detto Buratto, rappresentante il Saraceno invasore. Insomma, un po’ in tutte le città ci si dà appuntamento per festeggiare l’estate.
Fuochi d’artificio, stelle cadenti e sogni in riva al mare. Se l’estate è un sentimento, ferragosto ne è il cuore.
E, se è vero che l’estate si spara le ultime cartucce con ferragosto, vi auguro di trascorre questo giorno e, quel che resta della stagione estiva, fermando i pensieri, rallentando il respiro, ascoltando i suoni del Mondo, non pensando ad “andare” e “dove”, ma semplicemente a “stare”, accarezzando questo tempo di “pausa”, dentro e fuori…
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…
Borghi di mare (e non) da scoprire, incastonati su promontori rocciosi, adagiati su colline verdi o distesi lungo la costa. Sono borghi lontani dalle località più turistiche o sorti lungo i sentieri meno battuti nei quali vale la pena fare una sosta e, assolutamente, da inserire nel vostro viaggio, estivo e non. L’Italia, del resto, è disseminata di stupendi borghi. Castelli e paesini arrampicati sulla roccia. Casette antichissime, balconi e finestre ricoperti di fiori. Su tutti, quelli di mare esercitano un fascino irresistibile. Angoli meravigliosi che si inseriscono in modo armonioso in mezzo alla natura e offrono panorami eccezionali, rappresentando un vero e proprio patrimonio d’arte e cultura.
Sono decine e decine i piccoli paesini-gioiello a picco sul blu, dal sapore antico della Penisola. Tipici borghi marinari, dalla Liguria alla Sicilia. Luoghi incantevoli che tutto il mondo ci invidia, ognuno con le sue caratteristiche. Da quelli di casette colorate a quelli con le case tutte bianche. Dai borghi dove vivono e lavorano ancora i pescatori a quelli dediti soprattutto al turismo, ma che non hanno perso il loro fascino. Scopriamo insieme i borghi sul mare, bellissimi e imperdibili…
Grottammare Alta, Marche
Grottammare Alta, l’originario borgo medievale a picco sul mare, raccolto sul ciglio di un colle, con rustiche case e piccole vie, inebriato dal profumo degli aranceti. Lungo il cammino che vi conduce troverete la seicentesca villa del Cardinale Decio Azzolino, dove soggiornò Cristina di Svezia. Definita la Perla dell’Adriatico, si trova al centro della Riviera delle Palme, a sud delle Marche. La cittadina sorprende il visitatore per il verde delle pinete e delle palme, appunto, lo spettacolo degli oleandri e degli aranceti, le ville liberty e le spiagge di sabbia finissima attrezzate con numerosi stabilimenti balneari. A seguito dell’espugnazione della città nel 1525 da parte del pirata Dulcigno, il borgo fu fortificato con mura, porte e un Torrione detto della battaglia. Attualmente ospita molte delle opere del nativo scultore del vento, uno dei più grandi artisti del Novecento, Pericle Fazzini. Nella chiesa di Sant’Agostino del XVI secolo è conservata una Madonna della Misericordia di Vincenzo Pagani. Nella vicina Piazzetta Peretti si gode di una vista eccezionale dal portico balconato dell’edificio che ospita lo storico Teatro dell’Arancio, nei cui pressi sorge la Torre dell’Orologio. Merita una visita la Chiesa di Santa Lucia fatta erigere da Camilla Peretti in memoria del fratello Felice Peretti, divenuto papa Sisto V. Sulla collina che domina il borgo, infine, si trovano i resti di una rocca eretta nei secoli IX-X.
Numana, Marche
Un antico borgo di pescatori che incanta per le sue viuzze e le casette colorate all’interno del Parco del Cònero. Numana si trova in provincia di Ancona ed è un vero gioiello della costa. Antico porto piceno rifondato dai siracusani, dal V sec. a. C. Numana è inclusa nelle rotte ateniesi: diviene così famoso emporio e centro di smistamento delle merci greche verso l’interno e il medio adriatico. Ribattezzata la Signora della Riviera del Conero, il centro pittoresco di Numana si divide in una parte Alta, sul pendio della collina, e una Bassa, lungo il porto e l’arenile. Il litorale ha conseguito l’ambito riconoscimento di Bandiera Blu per pulizia e vivibilità delle sue spiagge. Ha duplice conformazione: a nord del porticciolo presenta una costa a falesia, con spiagge nascoste tra insenature; a sud, fino a Marcelli, una larga spiaggia di ghiaia fine, più facilmente accessibile. Numana, precisamente, conserva la sua origine marinara nella parte alta, dove un fitto reticolo di viuzze abbraccia le colorate casette dei pescatori e si apre poi in un ampio belvedere affacciato sul mare. Una terrazza dal panorama unico che spazia su tutta la costa della Riviera del Conero. Dal centro si scende verso il porto attraverso l’antica via a gradoni, la Costarella, che i pescatori percorrevano ogni mattina all’alba. Quindi in pochi minuti dal centro si raggiunge la spiaggia dei Frati, dal porto di Numana invece partono le barche dirette alla celebre Spiaggia delle Due Sorelle.
San Vito Chietino, Abruzzo
San Vito Chietino si affaccia sull’Adriatico lungo la Costa dei Trabocchi, tra Ortona e Fossacesia, in Abruzzo. E’ adagiato su un crinale proteso verso il mare, tra il torrente Feltrino e il Rio Fontana. Il paese di origini romane, fu un riferimento importante grazie alla presenza del porto (già costruito in epoca Frentana), utilizzato per scambi mercantili con le popolazioni al di là del mare Adriatico. Dopo un periodo di decadenza, il borgo sul mare Sanvitese tornò ad essere valorizzato grazie alla presenza della chiesa dedicata a San Vito Martire ed al castello Medievale chiamato Castellato, ancora in parte visibile, che successivamente prese il nome del martire che già dava il nome al paese. Il borgo sorge su uno sperone roccioso e dalle sue balconate si gode un ampio panorama che spazia dalla Majella al Gargano alle Isole Tremiti.
“Il paese delle ginestre”, lo definì D’Annunzio che qui soggiornò, insieme alla sua amante Barbara Leoni, nell’estate del 1889 nell’eremo delle Portelle o eremo dannunziano. In questa residenza il poeta pescarese trovò ispirazione e ambientazione per il Trionfo della Morte, ultimo della cosiddetta trilogia dei Romanzi della Rosa. Il borgo, inoltre, racconta ancora del suo passato medievale attraverso i resti delle mura difensive e delle sue belle chiese. Spiagge di sabbia o ciottoli, dominate da maestose rupi di arenaria, mostrano poi il meglio della costa dei Trabocchi. La costa, particolarmente frastagliata, è caratterizzata dal Promontorio del Turchino, così chiamato per il mare limpidissimo che assume le intense sfumature del cielo. Questo angolo è reso ancora più suggestivo dalla presenza del Trabocco del Turchino.
Cannigione, Sardegna
Frazione di Arzachena, Cannigione è un rinomato borgo turistico della Costa Smeralda, nato come villaggio di pescatori agli inizi del Novecento. Oggi, però, è in grande sviluppo sia urbanistico che demografico, principalmente grazie al turismo balneare promosso soprattutto dalla vicina Costa Smeralda, mentre la pesca è divenuta oggi un settore secondario. Il Golfo di Arzachena è la ria più grande e profonda, ovvero un’insenatura creata da una foce, del nord-est della Sardegna. La linea di costa disegna una “V” sul versante occidentale della quale si trova il borgo di Cannigione. Il centro abitato si sviluppa sul mare ed è attraversato da due arterie principali: il Lungomare Andrea Doria e Via Nazionale. Il suo lungomare è occupato dalle banchine di un moderno e ampio porto. Accanto vedrete la spiaggia cittadina dalla sabbia chiara a grani grossi e il mare azzurro. Cannigione è diventato, inoltre, uno dei centri diving per eccellenza in Sardegna: da non perdere le visite nei banchi di posidonia in vari punti di immersione, in particolare allo scoglio di Mortoriotto.
Fanno capo al piccolo villaggio diverse spiagge, ubicate tra il golfo delle Saline e quello di Arzachena. Tra le più importanti oltre alla spiaggia del pontile di Cannigione troviamo, le diverse spiagge di La Conia, Isuledda, Tanca manna, Mannena, Barca bruciata, le piscine e le calette sino ad arrivare alla spiaggia delle Saline che si trova nel territorio di Palau. Da Cannigione, poi, partono inoltre le gite in barca per le escursioni al parco Nazione dell’Arcipelago di La Maddalena o, magari, raggiungere, ogni giorno, una località diversa tra le più esclusive della Costa: Porto Cervo, Baia Sardinia, Poltu Quatu.
Portopalo di Capo Passero, Sicilia
All’ultimo lembo del sud-est siciliano e all’estremità meridionale dell’Europa si trova Portopalo di Capopassero. È il comune più a sud dell’isola siciliana e più a sud di Tunisi. Raggiungibile tramite una spettacolare via panoramica adiacente al mare, Portopalo è un borgo di mare bagnato dallo Jonio e dal Mediterraneo. Via Vittorio Emanuele è la via principale che taglia in due il paese affacciato sui due mari. Nel centro si trova la chiesa di San Gaetano, dedicata al patrono di Portopalo. Il borgo vanta poi vanta la tonnara più grande d’Italia, ma che dagli anni ‘90 versa in stato di totale abbandono. Vicino si trova il castello Tafuri, dall’inconfondibile stile liberty, che risale al 1935 e sorge su un costone roccioso lungo la costa sud-orientale della Sicilia. Davanti si scorge l’isola di Capo Passero, che un tempo era una penisola, e l’isola delle Correnti, che tutt’ora lo diventa durante la bassa marea.
Le spiagge
La naturale continuazione del tratto costiero che fronteggia l’Isola delle Correnti, Carratois è una delle spiagge da non perdere della zona di Portopalo. Si trova a circa sette chilometri dal centro abitato e si presenta con acque cristalline, basso fondale ed una lunghissima spiaggia dorata.
Punta delle Formiche, situata fra Costa dell’Ambra e l’isola delle correnti, è costituita da una punta di roccia arenaria, affiancata da un piccolo tratto di sabbia finissima che si interseca fra le rocce bianche. Il mare cristallino color cobalto fa da sfondo ad un panorama splendido che abbraccia anche l’isola delle Correnti. Il tramonto, poi, è un momento imperdibile. Il nome “Punta delle Formiche” deriva dalla conformazione degli scogli che si prolungano verso la terraferma e che, visti dall’alto, sembrano formare appunto una colonna di formiche. L’isola di Capo Passero è un proprio gioiello naturalistico, tanto da essere classificata dalla Società Botanica Italiana, come zona di rilevante interesse botanico. L’isola propone zone sabbiose nella parte fronteggiante il borgo di Portopalo a zone rocciose e impervie. L’affascinante zona sabbiosa, caratterizzata da mare cristallino e lingue di sabbia che degradano dolcemente a largo, è facilmente raggiungibile “a piedi”, attraversando il mare -quando c’è bassa marea – oppure con una piccola imbarcazione di pescatori che tutto il giorno, effettua il trasporto da e verso l’isola.
Campomarino di Maruggio, Puglia
Sulla costa ionica, in provincia di Taranto, si trova Campomarino di Maruggio, l’unica frazione del comune di Maruggio popolata quasi esclusivamente d’estate. Il fulcro del piccolo borgo è il Piazzale Italia, più comunemente chiamato dagli abitanti del posto la rotonda o la piazzetta, costruito nel 1958 dove sorge la Torre delle Moline, una torre di avvistamento dei saraceni del XV secolo. Il porto, l’unico sulla costa tra Porto Cesareo e Taranto, è diviso in due aree, quella dedicata ai pescherecci e quella turistica. Il porto turistico dispone di un grande piazzale, dove d’estate si tengono concerti e spettacoli.
Se siete alla ricerca di una destinazione balneare con mare cristallino e natura incontaminata, vi consiglio la spiaggia di Campomarino di Maruggio nel Salento. Per il suo mare cangiante, Campomarino è definito il “mare dai sette colori”: le sue sfumature sono, infatti, incredibili e ogni giorno sono in grado di meravigliare il visitatore. Perché partire per mete esotiche, quando avete tutta questa bellezza in Puglia? Eh già, l’attrazione di Campomarino sono le sue spiagge bianche bagnate da un mare cristallino lungo la bellissima costa di 9 km. Attraversando dune di sabbia chiara, punteggiate dalla macchia mediterranea, arriverete a tuffarvi in un mare trasparente dal fondale basso. Se poi amate lo snorkeling e le immersioni, verso i 6 metri di profondità si possono ammirare numerosi sarcofagi marmorei di età romana.
Posada, Sardegna
Si arrocca su un colle calcareo dalla cui cima osserverete uno splendido panorama. Posada, paese di tremila abitanti insignito della Bandiera arancione del Touring club e inserito nelclubdei borghi più belli d’Italia, è uno dei luoghi più suggestivi dell’Isola per storia. Borgo della Baronia, nella Sardegna nord-orientale, arroccato su una rupe e dominato da un castello, ai suoi piedi una valle verde che sfocia nel mare turchese. Posada è uno dei centri sardi più antichi. Probabilmente fu un insediamento italico-etrusco (V-IV secolo a.C.). In età romana tutto ruotava attorno al portus Liquidonis, attuale San Giovanni di Posada, borgo di mare dominato da una torre aragonese. Come annuncia il toponimo latino Pausata, il paese fu stazione di sosta e luogo di frontiera. Oggi, Posada conserva il fascino medievale con un labirinto di vicoli, scalette e piazzette. Al centro si trova la parrocchiale di Sant’Antonio Abate. A sovrastare il centro, il castello della Fava del XIII secolo. Ai piedi del borgo si estende la valle del rio Posada, che si può risalire in kayak, consigliata agli amanti di natura e archeologia. Intorno al lago di Maccheronis, invece, si snodano itinerari per bici nel parco di Tepilora, una delle aree verdi più grandi e belle della Sardegna. Qui, si possono ammirare i fenicotteri rosa nello stagno di San Giovanni o rilassarsi sulla spiaggia omonima.
Tortolì, Sardegna
Tortolì è la porta d’Ogliastra, dà accesso a un territorio multiforme e sorprendente: attorno alla città, abitata da undicimila residenti e animata da decine di migliaia di visitatori in estate, troverete spiagge tropicali, boschi e macchia mediterranea, fertili pianure e stagni, dolci colline coltivate e una particolarità, una striscia di porfido rosso che corre parallela alla costa. E’ la capitale sarda delle tortore e dei fiori. Le Rocce Rosse, poi, sono l’esempio più spettacolare. Il monumento naturale della frazione di Arbatax affiora da acque verdi smeraldo offrendo un suggestivo contrasto cromatico. Ulassai, nel Nuorese, poi, è scenario del festival musicale Rocce Rosse Blues. Accanto c’è il porto, punto d’arrivo dei turisti e luogo di imbarco alla scoperta delle splendide cale ogliastrine.
Il mare di Tortolì è un incanto, il litorale isolano più premiato con le ‘bandiere blu’. Dietro le Rocce Rosse spicca Cala Moresca, perla ‘cittadina’ con scogli granitici e sabbia dorata. Poco più a sud, ecco le tonalità azzurre di Porto Frailis e il lungo Lido di Orrì: sedici chilometri di insenature nascoste e spiaggette, tra cui la splendida Cala Ginepro, con sabbia fine, sassolini levigati e un boschetto di ginepri, e San Gemiliano. Gli scogli rossi affiorano anche nel paradiso di Cea, quattro chilometri di sabbia bianca e soffice. Lo spettacolo della natura è completato da accoglienti aree verdi: il parco urbano La Sughereta e il parco Batteria, in cime a una collina, con vista su tutto il golfo. L’età nuragica ha lasciato nel territorio più di 200 monumenti, il sito di s’Ortali ‘e su Monti ne è completa rappresentazione: nei suoi sette ettari sono compresi un nuraghe complesso, una tomba di Giganti, due menhir, capanne, una domu de Janas, un muro e resti di un altro nuraghe.
Cervo, Liguria
A circa 10 da Imperia si trova Cervo, o come viene spesso chiamato Cervo Ligure, sorto su una collina che si tuffa nel mare, inserito tra I borghi più belli d’Italia. Anche il suo nome ha origini lontane. Secondo alcune fonti storiche, pare che Cervo derivi dall’antica parola latina “servo” (letteralmente: offrire servizi). Questa parola era solitamente usata in epoca romana sulle insegne e sopra le entrate delle locande per indicare ospitalità. Solo nel tardo ‘500, con il diffondersi del volgare, Servo venne storpiato in Cervo. Questo borgo, il più pittoresco della Liguria, e a ridosso del mare, ha conservato nei tempi le sue caratteristiche medievali ed è oggi una vera e propria perla della Liguria apprezzata sia per la sua bellezza architettonica sia per il paesaggio unico che la circonda. Davanti abbiamo il blu e l’infinità del mare, mentre alle spalle il verde delle colline domina la scena.
Il centro storico
Iniziate ad esplorare il centro dalla salita al castello, con la Porta Marina della Montà, che segna fino alla fine del XVIII secolo il limite meridionale delle mura del castello. Il palazzo del Cinquecento sopra i portici bassi e stretti riecheggia le costruzioni genovesi dell’epoca. Salendo, s’incontra palazzo Morchio, della fine del XVII secolo, ora municipio, appartenuto a Tommaso Morchio, ammiraglio comandante di dieci galee genovesi, che nel 1371 conquistò alla Repubblica l’isola di Malta e la città di Mazara in Sicilia. Nella piazza principale si affaccia la barocca chiesa di San Giovanni Battista. L’originale facciata concava si erge sul mare e la sera il suo campanile sembra un faro che indica l’approdo ai naviganti. Il castello del XII secolo fu costruito dai marchesi di Clavesana come propria dimora, ma nel XVII secolo fu sventrato e diviso in due parti: la superiore a volta unica conserva un affresco raffigurante Santa Caterina, l’inferiore, ridotta, ha ospitato l’ospedale e oggi è sede del Museo Etnografico. Merita anche l’antica parrocchiale dedicata a San Giorgio di Cappadocia, il cui culto i marinai avevano appreso in Oriente all’epoca delle crociate. Inoltre Cervo conta numerosi palazzi padronali come il palazzo Balleydier, una bella costruzione settecentesca affrescata dal Carrega.
Il borgo di Cervo: storie di Marchesi, pescatori di corallo e corsari
Una visita didattica nel borgo di Cervo che consente di apprezzare la storia millenaria attraverso le sue evidenze architettoniche e culturali più significative. Le visite didattiche nel borgo di Cervo sono organizzate dalla Proloco Progetto Cervo in sinergia con il Comune. Percorsi alla scoperta di storia, architettura e paesaggio affacciati sul mare, scoprendo palazzi antichi e monumenti nel centro storico, e immergendosi nella natura intorno al borgo, tra i più belli d’Italia. Le visite didattiche sono curate dalla dott.ssa Elisa Bianchi, archeologa, il costo di partecipazione è di 7 euro (gratuito per bambini e ragazzi fino a 12 anni). Per i partecipanti è, inoltre, previsto l’ingresso ridotto al Museo Etnografico. Prenotazione obbligatoria: Elisa Bianchi 3385959641. Per informazioni: ufficio IAT 0183406462, int.3 infocervo@cervo.com.
Il Festival Internazionale di Musica da Camera di Cervo
La musica e Cervo hanno un legame profondo che dura ormai dal 1964; anno in cui è stato fondato il “Festival Internazionale di Musica da Camera”, anche soprannominato Cervo Festival, che richiama musicisti e spettatori da tutto il mondo. In questa cornice magica, nelle sere d’estate, è possibile lasciarsi trasportare dalle note di alcuni dei musicisti di musica classica più famosi al mondo. E’ nato grazie a Sandor Vegh, violinista ungherese, che vide grandi potenzialità nella caratteristica facciata concava della Chiesa di San Giovanni. Grazie a questa curiosa peculiarità architettonica, l’acustica della centrale Piazza dei Corallini è pressoché impeccabile. Oltre al Cervo Festival, molti altri eventi caratterizzano e scandiscono le giornate e le serate estive. Tra questi il “Cervo ti Strega“: un evento culturale e letterario di più giorni. I cinque scrittori finalisti dell’ambito “Premio Strega” sono i protagonisti di questa manifestazione.
Campiglia Marittima, Toscana
Fare un viaggio a Campiglia Marittima significa visitare uno dei borghi più belli della Costa degli Etruschi. Adagiato su un colle dal quale guarda il mare Tirreno e la campagna circostante odorosa di aromi selvatici, Campiglia Marittima è uno dei borghi più belli della Val di Cornia, sebbene il nome “Marittima” richiami il mare. La sua storia è segnata dalla presenza di giacimenti minerari dai quali, a partire dagli etruschi, vennero estratti minerali e metalli, quali rame, piombo argentifero, ferro e marmo, essenziali per il commercio del paese fino ai giorni d’oggi. L’atmosfera medievale è stata protetta nel corso degli anni dalle mura che circondano il cuore della città e dalle tradizioni che tengono in vita sapori e pratiche perdute. Passeggiare per le caratteristiche vie del centro storico farà perdere al visitatore la cognizione del tempo, una volta varcata la cinta muraria da una delle tre entrate principali si è subito stupiti dall’armonia architettonica degli edifici storici, le botteghe artigianali, le locande, ed i musei si affacciano invitando i passanti ad entrare.
L’arte e i monumenti
Il dominio di Firenze sulla città è impresso nei mattoni del Palazzo Pretorio sulla cui facciata sono ancora visibili gli stemmi dei podestà che si sono susseguiti in epoca rinascimentale. Dal borgo si scorge il promontorio dell’Argentario e nei giorni di cielo sereno anche la Corsica. A 281 metri si trova la Rocca di Campiglia, che comprende l’edificio del cassero, l’antica cisterna, l’imponente parete merlata con bifora dell’edificio gentilizio e l’acquedotto degli anni ‘30. Dentro le antiche mura si concentra poi il cuore del borgo. Il Palazzo Pretorio è il simbolo del potere politico e militare che sovrasta gli altri edifici con la sua torre dell’orologio completata da una bella campana. Oggi il Palazzo ospita l’Archivio Storico, la Biblioteca dei Ragazzi “Il palazzo dei Racconti”, il Museo Carlo Guarnieri e il Museo del Minerale. Tra le chiese vale la pena vedere la Pieve di San Giovanni, splendido esempio dello stile romanico-toscano, e la Chiesa di San Lorenzo, che ospita il Museo d’Arte Sacra. Notevole, infine, il Teatro dei Concordi, sede di importanti rappresentazioni.
I borghi, i piccoli paesi, gli angoli nascosti sembrano più leggeri la sera, quando la gente lascia le spiagge
e il bagnino chiude gli ombrelloni, quando i colori appaiono più veri nell’aria fresca e il campanile segna un’ora che esiste solo d’estate.
Io, ogni volta, me li immagino e li vivo così, ma il paese per me è il luogo del futuro, è il luogo dove impiantare la sagra del futuro, non è la conservazione del passato.
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…
Gole dell’Alcantara, cosa vi viene in mente? Se state pensando ad un viaggio in un luogo incredibile che sembra appartenere ad un altro pianeta, vi consiglio questa ulteriore tappa in Sicilia, dopo avervi accompagnato alla scoperta della Riserva dello Zingaro, dove esiste uno spettacolo plasmato dalla natura: le Gole dell’Alcantara. A dispetto di come si potrebbe pensare, queste incredibili gole non sono il risultato dell’incessante scorrere del fiume, ma sono state sono state formate dalle sue acque, che scendendo su enormi colate laviche raffreddate dalle attività vulcaniche della zona, creano queste forme particolari.
Gole dell’Alcantara, canyon naturale in Sicilia
Canyon naturale formato dalla solidificazione del magma eroso dal tempo e dalle acque del fiume Alcantara, le gole offrono uno spettacolo impressionante nella bellissima Sicilia. Si trovano nella Valle dell’Alcantara, tra i comuni di Castiglione di Sicilia e di Motta Camastra, nel punto dove termina la catena montuosa dei Peloritani (tra le province di Catania e Messina). Si tratta un territorio di 1928 ettari con gole alte fino a 25 metri e larghe dai due ai cinque metri. Il raffreddamento della lava nell’acqua del fiume ha scolpito rocce dalle forme sorprendentemente fantasiose e originali. Per tutelare questo incredibile territorio negli anni ’60 è stato fondato il Parco Botanico e Geologico dell’Alcantara che si estende nel Parco Fluviale dell’Alcantara.
Storia e origini delle Gole
L’Alcantara è un fiume della Sicilia che nasce a 1250 metri di altitudine e scorre, tra le pietre lavica, sul versante settentrionale dell’Etna, per sfociare nel Mar Ionio. Il suo nome viene da un ponte arabo vicino alla foce di Giardini-Naxos. Al qantarah, parola che in arabo significa ponte, ha dato il nome proprio al fiume. Le attività vulcaniche della regione hanno ripetutamente modellato il letto del fiume, che in estate vede il suo corso molto ridotto, e hanno scavato le impressionanti gole dell’Alcantara. Le pareti sono costituite da organi basaltici alti diverse decine di metri, e i sentieri sono molto stretti.
Negli ultimi due secoli, poi, la foresta indigena è stata ridotta e soppiantata dalla macchia. I platani (Platanus orientalis), le ginestre o le peonie sono ancora presenti. Accanto al fiume, arrivano i fiori con la primavera: una varietà molto grande e colorata, viole, papaveri, anemoni, mirti, rosa canina, fichi d’india, trementine, allori e orchidee sono molto comuni.
E la fauna?
La fauna è interessante anche con molti uccelli (come il falco pellegrino o l’hobbit) e piccoli mammiferi non presenti altrove come la martora, il ghiro e una specie di rana, tanto che una parte del fiume sia stata dichiarata Riserva Naturale.
Cosa vedere
L’itinerario di visita alle Gole dell’Alcantara prevede il passaggio al Parco Botanico e Geologico dove con l’aiuto di moderne installazioni multimediali, è possibile informarsi sulle origini del luogo. È arrivato, quindi, il momento di immergersi nella natura incontaminata del parco, seguendo il sentiero che conduce fino alla Sorgente di Venere lungo il corso del fiume.
Il Sentiero delle Gole
Sul territorio di Motta Camastra, in località Fondaco Motta, si trova la gola più imponente e famosa dell’Alcantara, lunga più di 6 km e percorribile facilmente per i primi 3 chilometri. All’inizio delle gole c’è una spiaggetta accessibile solo all’inizio della bella stagione, prima che l’acqua diventi troppo alta. Il Sentiero delle Golecosteggia la sponda sinistra del fiume e passa attraverso agrumeti e punti panoramici. Il trekking fluviale e il body rafting (solo nelle stagioni più calde) sono i modi più avventurosi per esplorare le Gole dell’Alcantara.
Il sentiero attraversa interessanti punti della valle dell’Alcantara, numerose sono le deviazioni che potete prendere dalla strada principale che vi permetteranno di personalizzare i percorsi, scegliendo differenti tratti da attraversare. Si parte dal Ponte di Mitogio costeggiando il fiume, da qui potete seguire il percorso che sale verso il monte Miramare o che costeggia le Gole di Larderia.
Lo sapevate che?
Dal 2017, sono stati creati due nuovi sentieri per poter scoprire le meravigliose gole dell’Alcantara: il primo è il Sentiero di Eleonora che inizia nel Parco Botanico e Geologico, dove le bellissime vedute sui canyon si susseguono per oltre 600 metri. Questo percorso comprende la discesa alla spiaggetta tramite ascensore. Il secondo è il Sentiero del Giardino Mediterraneo, che inizia dal Sentiero di Eleonora: attraversa un rigoglioso agrumeto siciliano, e porta fino ai bacini della fitodepurazione, dove si potrà imparare tutto sul sistema naturale di depurazione delle acque.
Il canyoning
Per i più coraggiosi e i meno freddolosi, è possibile percorrere una parte delle gole con il canyoning, equipaggiata con trampolieri o anche con una muta. Si cammina poi nel mezzo della gola stessa. Informatevi, però, e in anticipo, sul livello dell’acqua e sulle condizioni meteorologiche. E’ consigliato avventurarvi con una guida locale esperta. Il canyoning è, dunque, una delle attività altamente raccomandate da fare nelle gole dell’Alcantara. I percorsi per gli escursionisti sono molto interessanti, ma c’è anche la possibilità di fare tour ed escursioni organizzate da Taormina, Catania e altre città della Sicilia.
Altre escursioni
Piccole Gole dell’Alcantara;
Sentiero del Castello di Calatabiano;
Sentiero Castiglione di Sicilia;
Rive dell’Alcantara;
Sentiero Gole di Larderia;
Sentiero Montagna Grande.
Consigli utili
Per accedere all’ingresso ed entrare nella gola, si consiglia di indossare stivali di gomma, che potrete anche noleggiare sul posto. L’acqua delle gole è gelida e il fondo del fiume è cosparso di rocce sporgenti.
Come arrivare alle gole dell’Alcantara?
Le gole dell’Alcantara si trovano a 13 km da Giardini, località balneare della Sicilia nord-orientale. Ecco l’itinerario da seguire in auto: da Taormina, andare fino alla località balneare di Giardini. All’uscita di Giardini, prendere la strada statale SS185 in direzione Francavilla di Sicilia. Sulla SS185 si attraversa il piccolo villaggio di Gaggi. L’ingresso della gola si trova a 5 chilometri dal villaggio. Per i visitatori c’è a disposizione un parcheggio gratuito, oltre a servizi di ristorazione e aree picnic.
Da Messina potrete percorrere la SS n.114 e deviare verso i Giardini Naxos in direzione Francavilla di Sicilia. Da lì, troverete le indicazioni per le gole di Alcantara. Da Catania, poi, imboccate l’autostrada in direzione Messina e uscite Giardini Naxos. Proseguite verso Francavilla di Sicilia e troverete l’ingresso ai Giardini di Naxos.
Ambienti incontaminati e scenari mozzafiato, tradizioni da scoprire, luoghi da visitare.
La Sicilia ha il richiamo del mare, il fascino dei miti antichi, il profumo dei sogni, le forme dell’accoglienza, la bellezza delle persone.
La Sicilia è un’isola complessa, ma puoi percepirne il segreto tutte le volte che ti meravigli, che ti accorgi di un dettaglio, che impari una parola nuova, che guardi una piazza, che osservi le meraviglie della natura, che fai entrare la luce negli occhi guardando il mare…
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…
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