Infodemia vs. Coronavirus: cos’è e cosa spaventa di più?

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Infodemia vs. Coronavirus: cos’è e cosa spaventa di più?

Infodemia vs. Coronavirus: cos’è e cosa spaventa di più? Secondo l’Oms il problema generato dal Coronavirus è l’infodemia, neologismo che indica letteralmente “quell’abbondanza di informazioni, alcune accurate e altre no, che rendono difficile per le persone trovare fonti affidabili quando ne hanno bisogno”. 

Da oltre un anno, al tempo della Covid-19, ovvero da febbraio 2020, lo certifica anche un’istituzione internazionale, e non una caso. C’è una sindrome che condiziona pesantemente la nostra mente, la nostra attenzione, la nostra capacità di comprensione, di elaborare le informazioni che riceviamo e di ricostituirle. 

Infodemia vs. Coronavirus, le fonti qualificate

A febbraio scorso, all’alba dell’emergenza sanitaria da Coronavirus, l’allarme non pareva essere “solo” o “tanto” il Coronavirus, ma quello relativo all’approvvigionamento di informazioni, non necessariamente errate, ma che per eccesso e mancanza di accuratezza, rimandavano, anche, a significati distorti, poi i fatti di cronaca, al netto del bilancio di vite umane perse, hanno dato la misura della pandemia, e oggi?

Cosa ne pensa, ancora oggi, come allora, l’Oms? Per l’Organizzazione mondiale della Sanità a complicare la gestione dell’epidemia concorre la diffusione di fake news sul virus, sulla pericolosità e sui rimedi.

Infodemia e pandemia

Una pioggia incessante di notizie in cui si intersecano e si confondono verità e falsità, dicerie e conferme, ipotesi, congetture, opinioni personali assolutizzanti (…?!), assiomi, teoremi e chi più ne ha ne metta.

E…da chiunque si improvvisi virologo, scienziato, infettivologo o, peggio ancora, da chi quel ruolo, di fatto, lo ricopre, o dovrebbe… Senza contare, non ultimo, che gli organi di stampa non sono secondi a nessuno in termini di “infodemia” in relazione alla pandemia/e, appunto. L’allarme è stato lanciato dall’Oms e poi, in parallelo alla “strage umana, ci si è dovuti pre-occupare di rispondere a falsi miti e voci sul virus di Wuhan. 

L’Oms e la lotta contro le fake news

Ancora oggi, l’organizzazione con sede a Ginevra è particolarmente impegnata nella gestione delle notizie che riguardano il Coronavirus e che è decisivo sotto diversi punti di vista: in primis per la gestione dell’epidemia del virus in senso stretto, ma anche per gli effetti che gli allarmi “immotivati” provocano nella popolazione.

Ce li ricordiamo i casi di intolleranza nei confronti di cittadini cinesi in giro per il mondo, Italia compresa? 

Tali e tante le fake news che sono circolate, allora come oggi, ma quali sono (state) le principali diventate anche più virali del virus? Quelle secondo cui esistano antibiotici o la vitamina C e cibi come l’aglio necessari alla cura del virus o che l’infezione si trasmetta attraverso lettere e pacchi postali provenienti dalla Cina.

Troppe fake news in giro, insomma, secondo gli esperti medici e…non solo. 

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Facebook, versione di Instagram per “under 13”

Facebook sta lavorando ad una versione di Instagram per ‘under 13’, in termini di sicurezza più adatta ai più piccoli. Mark Zuckerberg non ci sente sulla tutela dei minori e pensa ad una versione di Instagram, il social network di proprietà di Facebook, per ‘under 13’, appunto.

Instagram under 13, ecco le novità

L’indiscrezione è di queste ore e arriva dal sito americano Buzzfeed News che è venuto in possesso di una nota interna della società. L’attuale policy di Instagram – come tanti altri social network come Facebook, Instagram, Twitter, Snapchat e WhatsApp – vieta ai minori di 13 anni di utilizzare il servizio.

Sono entusiasta di annunciare che per il futuro prossimo abbiamo individuato nei giovanissimi una priorità per Instagram” –  ha scritto Vishal Shah, vicepresidente del prodotto di Instagram su una bacheca destinata alle comunicazioni tra i dipendenti.

Instagram under 13, a capo del progetto lo stesso di YouTube Kids

E’ quindi “stretta per gli under 13” che, grazie a tecnologie di intelligenza artificiale e avvisi di sicurezza, faranno comprendere ai giovani di essere più cauti nelle conversazioni con gli adulti.

Secondo quanto riporta il sito americano, il progetto sarebbe supervisionato da Adam Mosseri, capo di Instagram, e guidato da Pavni Diwanji, assunto da Facebook a dicembre, ma che in precedenza ha lavorato per Google al progetto YouTube Kids. E, in merito a Google, c’è un precedente.

A settembre 2019, la Federal Trade Commission americana ha inflitto a Google una multa di 170 milioni di dollari per aver raccolto dati dei minori su YouTube, senza il consenso dei genitori, per mostrare loro annunci rilevanti.

Social e minori, in Italia le misure attuali al momento non sono adeguate

Intervistato da Buzzefeed, Mosseri ha dichiarato che i bambini chiedono sempre più spesso ai loro genitori il permesso di iscriversi su social network che usano i loro amici, in modo da sentirsi integrati e restare al passo coi loro coetanei. Questo giustifica il motivo della decisione presa da Facebook, ma assecondare quelle richieste potrebbe non essere la mossa più giusta.

Perché? 

Finirebbe, sì, per catturare una fascia d’età, peraltro ‘scoperta sul mercato’, per andare a posizionarsi meglio rispetto alla concorrenza, ma che, invece, non dovrebbe essere incoraggiata dai social network. E, ancora, a quale prezzo?

Instagram per gli under 13 richiederà ai minori un ruolo attivo come la condivisione di immagini e contenuti personali. E, dare ai genitori il controllo, non significa che questi, nella realtà dei fatti, seguiranno con attenzione l’attività dei figli sul social network…

Il caso TikTok e il Garante della protezione dei dati

Non a caso, su questa linea prudenziale, lo scorso febbraio, a seguito di un intervento del Garante della protezione dei dati personali italiano dopo fatti di cronaca che hanno riguardato minori, TikTok ha deciso di richiedere agli utenti la loro età, così da cancellare i profili degli iscritti con meno di 13 anni.

La questione è spinosa. Una volta che al minore è stato consentito, di fatto, l’ingresso nel mercato della rete, lo si espone, come è successo e succede, a  frequenti e gravi abusi.

Sì, perché la protezione dei minori nel mondo digitale è questione delicatissima, sottoposta all’attenzione di molti organismi e assemblee internazionali, tenuto conto che le misure standard di tutela si sono rivelate insufficienti. E voi, genitori,  che ne pensate?

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Nasce in Liguria il Centro Italiano dedicato alla Lavanda

Nasce in Liguria il Centro Italiano dedicato alla Lavanda. Nella riviera di Ponente il primo Centro Italiano di formazione, cultura, ricerca e produzione della lavanda: una novità assoluta per fornire a livello nazionale tutto il supporto scientifico e culturale, ma anche di esperienza, necessario allo sviluppo delle attività di coltivazione, diffusione e promozione della lavanda.

Il primo Centro Italiano in Liguria e le realtà coinvolte

Il Centro Italiano di Formazione Cultura Ricerca e Produzione Lavanda nasce in questi giorni, ma è figlio delle solide basi dell’esperienza maturata negli ultimi sei anni con il progetto Lavanda della Riviera dei Fiori, grazie alla collaborazione dei Comuni delle province di Imperia, Savona e Cuneo. La finalità è quella di “fare rete” o “fare sistema” e costituire un valido e reale punto di riferimento per la tutela e lo sviluppo di una produzione come quella della Lavanda.

La lavanda, tra storia, usanze e curiosità

La lavanda è una pianta meravigliosa, dal colore viola e il profumo intenso, utilizzata in campo estetico, erboristico e casalingo e il cui utilizzo affonda le proprie radici nell’antica tradizione nel nostro Paese.
Il nome francese lavande deriva dal verbo lavare e la pianta è originaria della zona del mediterraneo anche se si coltiva in tutto il mondo. E’ solo in Provenza però che possiamo ammirare dei paesaggi unici con infinite distese di campi di lavanda tanto che a giugno e luglio si festeggia la Festa della Lavanda.

Storia della lavanda

Questa pianta ha una storia molto interessante e delle usanze davvero curiose. Già nel medioevo si utilizzava per lavare e disinfettare i pavimenti e al tempo degli antichi romani si mettevano dei rametti di lavanda nell’acqua dei bagni termali e si usavano per preparare infusi e decotti per la bellezza della pelle e dei capelli. Lo sapevate che la lavanda era la pianta degli innamorati che, per dimostrare il loro affetto, si scambiavano mazzolini di lavanda?

Usanze

L’utilizzo della lavanda era molto usata anche per aromatizzare il cibo e per curare le malattie. Una leggenda provenzale narra che i guantai di Grasse utilizzavano l’olio di lavanda per profumare i pellami e grazie a questo divennero immuni dalla peste. Nell’800 venivano usate alcune gocce di essenza di lavanda nell’acqua del bucato e ancora oggi si utilizza per profumare gli ambienti. L’olio di lavanda, non a caso, è indicato per le palpitazioni di origine nervosa. Secondo alcuni studi, inoltre, il profumo della lavanda calma l’ansia e stimola addirittura la produttività in un ambiente di lavoro.

La lavanda, poi, ancora oggi, è considerata un portafortuna e una sorta di amuleto per garantire prosperità e fecondità a chi la indossa…

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I laghetti di Rocchetta Nervina: oasi verdi nell’imperiese

I laghetti di Rocchetta Nervina, in Liguria, sono pozze blu e verdi, con giochi di luce e riflessi. A levante come a ponente, sono posti tutti da scoprire, sempre rispettando l’ambiente e più accessibili nei mesi ‘caldi’, in tutti i sensi: clima e viabilità. 

I laghetti di Rocchetta Nervina, pozze paradisiache

Stavolta “andiamo sempre per laghetti”, verso l’estremo Ovest, nella Riviera di Ponente e, precisamente, nell’imperiese. Tra loro, meritano una segnalazione i laghetti di Rocchetta Nervina nell’imperiese. Non lontani dalla strada, queste pozze paradisiache offrono una valida alternativa al bagno in mare. Se l’acqua è troppo fredda e non ve la sentite di tuffarvi, potete fare una bella escursione con gli occhi…

Come raggiungere questi laghetti nello scenario delle Alpi Liguri? 

Rocchetta Nervina, situata sulla strada Provinciale della Val Nervia a circa 13 chilometri da Ventimiglia, è raggiungibile, oltre che dalla Statale Aurelia anche dall’Autostrada A10 con uscita a Bordighera o Ventimiglia. Inoltre, la Riviera Trasporti assicura un servizio regolare di autobus con partenza da Ventimiglia.

Il borgo medioevale di Rocchetta Nervina 

Appena a ridosso delle case del borgo medievale di Rocchetta Nervina inizia una serie di conche naturali conosciute come i laghetti, meta estiva per gli amanti della natura. Le acque limpide e cristalline che rispecchiano il blu del cielo e il verde brillante della vegetazione circostante rendono l’atmosfera selvaggia e suggestiva.

Il canyon del torrente del Barbaira

Più a monte si trova il canyon vero e proprio del torrente Barbaira in cui migliaia di sportivi di tutta Europa ogni anno praticano il torrentismo. Questo sport, che assembla le tecniche di discesa speleologica con l’alpinismo e il nuoto, rappresenta una grande attrazione e permette di conoscere un ambiente assolutamente unico quale è l’ecosistema della canyon del Barbaira, con le sue rocce, i muschi, le felci e i suoi bacini verde smeraldo.

Il sentiero per raggiungere il punto di inizio del canyon, ponte Cin, comincia presso l’Oratorio e passa accanto alla chiesetta campestre di San Bernardo. Il tracciato, che fa parte del sentiero Balcone, conduce, con una splendida passeggiata di cinquanta minuti, a Ponte Cin e più avanti al Ponte Pau.

Intorno a Rocchetta Nervina, quindi, tra il Barbaira e il Rio Oggia, si trovano tanti laghetti per fare un bagno rinfrescante e passeggiare immersi nella natura.

Perché, tra un dpcm e decreto legge, si tornerà a viaggiare “senza confini”, nel mentre non rinunciamo a farlo dentro noi e “vicino a casa”…

Personalmente, i laghi mi rimandano, da sempre, l’immagine di una sorta di pozzanghere rimaste dopo il diluvio. Le acque tranquille di un lago riflettono le bellezze che lo circondano; quando la mente è serena, la bellezza dell’io si riflette in essa.

E, per dirla alla Henry David Thoreau, “un lago è il tratto più bello ed espressivo del paesaggio. È l’occhio della terra, a guardare nel quale l’osservatore misura la profondità della propria natura”.

 

 

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Twitch e moderazione, come funziona e come abbonarsi

Twitch e moderazione, come funziona e come abbonarsi. Tra le tante piattaforme di streaming in tempo reale esistenti Twitch.TV, è sicuramente la più famosa al mondo, contando a oggi milioni di utenti attivi che parlano di videogiochi e non solo.

Twitch e moderazione, l’idea di Justin Kean e Emmet Shear

Nata dall’idea di Justin Kan e Emmett Shear che nel 2007 crearono Justin.tv, trasformandolo poi in Twitch.tv nel 2011, la piattaforma è arrivata ad essere la quarta in classifica a generare più traffico su internet negli Stati Uniti. Dal 2014, inoltre, Twitch è stato venduto ad Amazon per una cifra pari a 970 milioni di dollari a vantaggio di diversi cambiamenti, come ad esempio la possibilità di collegare l’account Twitch all’abbonamento ad Amazon Prime.

Il colosso “viola” dello streaming permette a chiunque di approcciarsi al suo mondo. Cosa c’è da sapere? Per iscriverti ed entrare a far parte di questo universo interattivo ti basta creare un account Twitch, cliccando su Iscriviti in alto a destra oppure in basso a sinistra sotto la dicitura “Entra nella community di Twitch!” inserendo i tuoi dati (nome, cognome, email e data di nascita) o collegandoti con un account Facebook.
Però, se non vuoi creare un account di Twitch, puoi comunque vedere le live, ma non potrai comunicare tramite la chat, seguire lo streamer in modo da sapere quando è online o creare a tua volta dirette streaming (streammare). 

Le funzioni di un account Twitch di base sono molteplici e tutte disponibili gratuitamente. Oltre ad accedere alla galleria di giochi trasmessi in tempo reale, Twitch TV permette di:

  • Scegliere chi seguire per ricevere aggiornamenti e sapere sempre quando lo streamer è online;
  • Supportare i tuoi streamer preferiti con donazioni o tramite abbonamento con un costo mensile;
  • Utilizzare la chat in tempo reale, comunicando sia con gli altri utenti sia con lo streamer stesso;
  • Streammare a tua volta.

Come abbonarsi

Diversi i vantaggi che la piattaforma può offrire, a partire dall’account gratuito o con l’abbonamento a Prime (a pagamento). Twitch Prime è la versione a pagamento dell’account di Twitch: il profilo premium.

Con l’account Premium di Twitch si ottengono diversi vantaggi come:

  • Ricevere un abbonamento gratuito al canale del tuo streamer preferito senza alcuna limitazione;
  • Accedere a contenuti gratuiti di giochi selezionati da Twitch ogni mese e, in alcune occasioni, ricevere giochi gratis;
  • Ricevere skin esclusive, personaggi, potenziamenti e molto altro per i tuoi giochi preferiti;
  • Utilizzare nelle chat delle remote esclusive;
  • Poter usufruire della chat dal vivo;
  • Colorare i messaggi che invii;
  • Archiviare i tuoi video (se sei uno streamer) fino a 60 giorni, invece dei 14 inclusi nell’account base;
  • L’assenza di pubblicità (che non compromette però i guadagni dello streamer basati su di esse);
  • Infine, una coroncina affianco al tuo nickname che dimostra che possiedi un account Twitch Prime.

 

Come avere Twitch Prime

Abbonarsi a Twitch Prime è molto semplice. Come? Devi, innanzitutto, essere iscritto ad Amazon Prime e successivamente collegare Amazon Prime a Twitch. Se non hai mai usufruito di Amazon Prime, e di conseguenza di un account Twitch Prime, hai diritto a una prova gratuita di 30 giorni, potendo decidere al termine del periodo di prova se rinnovare l’abbonamento (36 euro annuali) oppure annullarlo.

Ecco come collegare il tuo account Prime a Twitch per usufruire dell’account premium:

  • Collegarsi ad Amazon con il tuo profilo abbonato ad Amazon Prime;
  • Cliccare su “Il mio account“;
  • Scorrere fino alla dicitura “Altri account”;
  • Cliccare su “Impostazioni account Twitch”;
  • Cliccare su “Collega un account Twitch”.

Puoi collegare il tuo account Twitch ad Amazon Prime anche dalla piattaforma, direttamente dalle impostazioni del tuo account, cliccando su “Twich Prime” e poi su “Collega il tuo account Prime”.

E, non è finita, questo è utilizzabile sia da browser che da app, compatibile con numerosi dispositivi tra cui iOS, Android, Google Chromecast e Amazon Fire Stick.

I moderatori di Twitch

La piattaforma di live streaming di intrattenimento è tra quelle che applicano misure più rigide sulla moderazione dei contenuti e il blocco degli utenti. Che possa essere un modello per altri social?

Come su YouTube o TikTok, anche su Twitch le attività ruotano intorno ai creator, ciascuno con una propria community. E il 2020 – complice la Covid-19 e il Mondo costretto a casa a causa dalle restrizioni anti-contagio – è stato un anno record: 17 miliardi di ore di visualizzazione, in crescita dell’83% rispetto al 2019.

Una serissima e blindata policy interna che regolamenta i contenuti: per tutelare gli utenti, infatti, Twitch può intervenire per sospendere in qualsiasi momento gli account che svolgono attività o pronunciano parole inopportune, immorali o rischiose. Gli addetti della piattaforma si trovano quindi, di caso in caso, a scegliere se rimuovere i contenuti dannosi, mandare un avvertimento agli utenti responsabili o sospenderli direttamente.  

C’è di più

C’è di più. Non soltanto è possibile sospendere o bloccare gli account che ci infastidiscono, ma si possono eleggere “moderatori personali” che aiutino a moderare la community durante un livestream.  Insomma, la moderazione da parte degli utenti, qui, è, indubbiamente, più sviluppata rispetto ad altri social.

Il “permaban”: di cosa si tratta?

Lo spauracchio che fa da padrone per i creator, però, è soprattutto il ban imposto dalla piattaforma, che può essere immediato ed essere temporaneo (fino a 30 giorni) o a tempo indeterminato. Questo secondo caso in gergo si chiama “permaban” e non si può contestare (come succede con altri social) in nessun modo: può essere un grande problema per gli utenti che vivono dei ricavati della piattaforma, tramite donazioni e pubblicità. Ad attirare un ban, si legge guardando il regolamento pubblicato online, possono essere frasi o atteggiamenti violenti, contro la privacy, illegali, autolesionisti, pornografici, discriminatori, d’istigazione all’odio, lesive della dignità. Definizioni precise ma, diciamolo, anche decisamente troppo “aperte” e ampie. Diventa difficile, in buona sostanza, per molti creator pensare di aggirare così tanti divieti, che lasciano discrezionalità ai moderatori della piattaforma di decidere della loro carriera. 

Se, da un lato, la tecnologia e il mondo dei social corre “veloce” in rete, e nelle vite quotidiane, dall’altro il bivio è inevitabile e qual è il miglior approccio? Il confine si mantiene attorno a due: meno regole di moderazione che rischiano di lasciare impuniti alcuni comportamenti sbagliati o più regole che rischiano, però, di punire anche quando non sarebbe necessario? E, ancora, se i social “diventano tutto il mondo” dei bambini, dei ragazzi (e non solo) e di chi, come chi scrive, li usa per lavoro, qual è il rischio nella vita “reale”?

E’ un discorso lungo e complesso, così come l’impegno in tal direzione, che, da un lato, deve trovare il suo focus nella necessità di impedire che la distanza tra noi e i nativi digitali diventi incolmabile e, dall’altro, imparare dalla tecnologia, sempre più, per stare al passo con i tempi e per veicolare, al “meglio”, il proprio compito comunicativo/educativo, per interagire con i propri lettori o per lanciare iniziative sociali coinvolgenti.  

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Neet: chi e quanti sono in Italia e in Europa?

Neet: chi e quanti sono in Italia e in Europa? Sono chiamati Neet, acronimo inglese che sta per “neither in employment nor in education or training” o “not in education, employment or training”, e sono i giovani del terzo millennio, figli dei mutamenti sociali, economici e culturali, e le loro situazioni sono molto diverse tra loro. 

Neet, non studiano, non lavorano, senza obiettivi

Nello specifico, sono gli inattivicoloro che non studiano, non lavorano e non sono impegnati in percorsi formativi. L’acronimo compare per la prima volta nel 1999 in uno studio della Social Exclusion Unit, un dipartimento del
governo del Regno Unito preoccupato che i giovani “Not in Education, Employment or Training” fossero in una condizione di esclusione tale da favorire l’avvio di carriere criminali.

In Italia sono 2.116.000 i giovani NEET, secondo gli ultimi dati dell’Istat, e la loro condizione è strettamente associata alla fase di transizione all’età
adulta, in cui si passa da giovane ad adulto. La sociologia ci insegna che la transizione nel modello di società occidentale è segnata da cinque tappe: l’uscita dalla casa dei genitori, il completamento del percorso educativo, l’ingresso nel mercato del lavoro, la formazione di una famiglia ed infine l’assunzione di responsabilità verso i figli.

A partire dagli anni ’70-’80 questa fase ha cominciato a diventare sempre più lunga. Se prima il modello era “scuola-lavoro-famiglia”, più o meno alla stessa età per tutti, oggi, però, il percorso è molto più disuguale, personalizzato e imprevedibile.

Se da un lato è più difficile, oggi, per loro, entrare nel mondo del lavoro, è vero anche che, rispetto a prima, si studia di più, si viaggia di più, ci si diverte di più. Insomma, si diventa grandi più tardi per necessità ma, diciamolo, anche per piacere o, per meglio dire, per “dolcefarniente”. 

Il rapporto Eurofound dedicato ai NEET

L’influente rapporto dedicato ai NEET da Eurofound, un’agenzia di ricerca dell’Unione Europea, individua cinque sottogruppi all’interno del mondo NEET:

  • disoccupati;
  • indisponibili, che non hanno possibilità di svolgere attività lavorative o formative per ragioni di salute o per responsabilità familiari;
  • disimpegnati, che per scelta passiva non cercano lavoro né occasioni formative;
  • cercatori di opportunità, che sono alla ricerca attiva dell’opportunità lavorativa o formativa che reputano più adeguata per loro;
  • volontari, che sono NEET per scelta attiva, perché si sono presi uno stacco per fare un viaggio o un’esperienza di volontariato o di piacere.

Insomma, una categoria eterogenea, dove c’è l’hikikomori, letteralmente “stare in disparte” che viene utilizzato, in gergo, per riferirsi a chi decide di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi, chi non esce mai di casa, insomma, ma anche il/la neolaureato/a che si prende un anno “sabbatico ” per girare il mondo.

Come si “diventa” NEET?

Si comincia, semplicemente, smettendo di studiare, ma senza iniziare a  lavorare, viaggiando o stando in casa, come si diceva. Ci sono dei fattori socio-economici che incidono sulla condizione di NEET. Quali sono questi fattori? Il rapporto Eurofound li riassume così:

  • Educazione: un basso livello di istruzione aumenta di 3 volte il rischio di diventare NEET;
  • Genere: le donne hanno il 60% di probabilità in più di diventare NEET;
  • Migrazione: avere un background migratorio aumenta del 70% il rischio di diventare NEET;
  • Disabilità: avere una disabilità aumenta il rischio del 40%;
  • Famiglia: avere genitori divorziati comporta un rischio maggiore del 30%; avere genitori disoccupati aumenta il rischio del 17%; avere genitori con un basso livello di istruzione raddoppia la probabilità di diventare NEET;
  • Residenza: vivere in aree remote aumenta di 1,5 volte la probabilità di diventare NEET.

I Neet al tempo della pandemia: in Italia e in tutta l’Ue

Con la pandemia in Italia sono aumentati gli inattivi o i Neet, stando in un rapporto trimestrale sull’occupazione pubblicato dall’esecutivo Ue (fonte Ansa). Nel nostro Paese i giovani tra i 15 e i 24 anni che non lavorano né studiano hanno raggiunto il 20,7% nel secondo trimestre del 2020, seguono la Bulgaria (15,2%) e la Spagna (15,1%).

In generale, in tutta l’Ue il tasso di Neet è aumentato all’11,6% nel secondo trimestre del 2020 rispetto allo stesso trimestre del 2019. Mentre il tasso di attività delle persone tra i 15 e i 64 anni è sceso al 72,1% in tutta l’Ue. Nell’Ue, poi, le misure per il Covid sono riuscite ad attutire i cali del reddito da lavoro dipendente soprattutto nei lavoratori meno pagati. Mentre solo in Italia e in Austria le persone con reddito medio hanno avuto una minore riduzione del salario rispetto a chi percepisce stipendi più bassi. 

La proposta della Commissione europea al Consiglio dell’Unione europea

Nell’aprile 2013, è stata adottata la proposta della Commissione europea al Consiglio dell’Unione europea di attuare una Garanzia per i giovani in tutti gli Stati membri. Ridurre il numero di NEET è un obiettivo politico esplicito della Garanzia per i giovani. Questa iniziativa mira a garantire che tutti i giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni ricevano un’offerta di lavoro di qualità, formazione continua, apprendistato o tirocinio entro quattro mesi dalla disoccupazione o dal completamento dell’istruzione formale. 

Cosa si può fare per arginare e prevenire il fenomeno?

Qualcosa si può fare, se è vero che ci sono contesti in cui la sua diffusione è molto minore che in altri. Sono tre le istituzioni cruciali quando parliamo di giovani NEET: il sistema educativo, il sistema di welfare e il mercato del lavoro. Le politiche che vogliono intervenire sul fenomeno devono quindi intervenire sul funzionamento di queste tre istituzioni, creando un contesto dove i giovani abbiano la possibilità e il desiderio di studiare, lavorare e vivere appieno come cittadini “attivi” e, va da sé, giocoforza, prevenendo e/o contrastando l’abbandono scolastico…

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Andar per laghetti in Liguria: un tuffo nel verde

Andar per laghetti in Liguria: un tuffo nel verde. La primavera, un’altra sotto il segno della Covid-19, è alle porte, la voglia irrefrenabile di libertà, la fuga dalla città, anzi dalle case di città, evitando il caos autostrade, code, ingorghi e senza “assembrarsi” nelle spiagge gremite di persone, ci spinge a cercare spazi aperti e “nascosti”, quasi “segreti”.

Andar per laghetti, ecco un primo elenco

Esiste un’alternativa. Quale? I laghetti. Hanno il vantaggio di essere anche meno frequentati e, di conseguenza, più vivibili. Inoltre, sono raggiungibili in auto e disposti in direzione contraria a quella percorsa dai turisti, che ogni weekend invadono le autostrade. Ecco allora una lista di quelli “più comodi” per i genovesi (e non) che desiderino rifugiarcisi alla ricerca del fresco perduto. Per fare un bagno, o semplicemente fare  una passeggiata turistica costeggiandoli.

Prendete carta e penna…

Laghetti di Nervi

Gioiello del levante genovese, Nervi è sia località balneare che luogo di relax per via dei suoi bellissimi parchi. Pochi sanno, però, che offre anche un’altra occasione di fuga dalla città: i suoi laghetti. Immersi in un meraviglioso panorama naturale a pochi chilometri dal mare, i laghetti di Nervi sono caratterizzati da acque verdi e limpide, ed essendo coperti per gran parte dagli alberi, rappresentano davvero il luogo perfetto in cui rilassarsi al fresco.

Come arrivare ai Laghetti di Nervi? Entrati a Nervi e scesa la rampa da Corso Europa raggiungendo via Oberdan (via principale di Nervi), dopo 10 metri svoltare a sinistra in via del Commercio. Si giunge ad un bivio e si segue verso destra fino al cimitero di Nervi. Si prosegue ora con il torrente scoperto, fino quasi al termine della via. Quindi si prende l’unica strada che c’è a destra, è una ripida salita (via superiore Torrente Nervi) che porta al cimitero nuovo. Dopo circa 300 m si posteggia nelle vicinanze di via Molinetti di Nervi, stradina collinare transitabile solo in moto, in mountainbike o a piedi. Percorsi 1,6 km si raggiunge il piccolo borgo di Molinetti che sovrasta i Laghetti di Nervi.

Laghetti del Gorzente

Il sentiero naturalistico dei Laghi del Gorzente è un paradiso a pochi chilometri da Genova, con il verde intenso dei pini e l’azzurro delle acque dei laghi, che si trovano tra Bosio (Alessandria), Campomorone e Ceranesi. Si inizia con un percorso in piano, per poi attraversare dei ruscelli e giungere al lago Lungo. Si può proseguire su un sentiero prima in salita e poi in discesa, prima di approdare al lago Bruno. Qui potete raggiungere la Casa del Guardiano, e poi proseguire sull’altra sponda del Lago Lungo fino ad arrivare alla sbarra e scendere al Passo di Prato Leone per tornare al valico di Prou Renè, dove solitamente si lasciano le auto. Sul il percorso ci sono i cartelli che indicano Sentiero naturalistico Laghi del Gorzente.

Lungo il corso del fiume, prima di arrivare ai laghi artificiali (dove non si può fare il bagno), c’è un sentiero naturalistico pianeggiante e agevole e la possibilità di fare escursioni oppure un bagno nel torrente Gorzente. Per arrivare bisogna andare fino al Parco Regionale delle Capanne di Marcarolo, dove ai Piani di Praglia parte il sentiero per i laghi del Gorzente.

Laghetti di Pegli

Sempre a Ponente, ma tornando verso Genova (in Val Varenna), ci sono i laghetti di San Carlo, a San Carlo di Cese, sopra Pegli. Per raggiungerli, poco prima di San Carlo, si parcheggia la macchina lungo la strada e si scende verso il sentiero che segue il torrente Rio Gandolfi. Subito si incontrano due laghetti piuttosto grandi, ma proseguendo il sentiero se ne possono trovare altri più piccoli, ma puliti e tranquilli.

Laghetti in Valbrevenna

Nell’entroterra ligure, in Valbrevenna, nei dintorni di piccoli paesi del comune di Montoggio, resistono alcuni specchi d’acquatotalmente immersi nel verde, che offrono l’opportunità di immergersi in laghetti ancora non inquinati e di prendere il sole in un clima fresco e piacevole. Non fatevi spaventare da percorso tortuoso che dovrete fare per arrivarci: la giornata passata in acqua vi consolerà.

Ecco come raggiungerli: una volta arrivati a Montoggio, a circa 50 minuti dal centro di Genova, dovete dirigervi verso Casella. Sulla via si apriranno le indicazioni per diversi paesi: la strada che io ho percorso in macchina è quella in direzione di Valbrevenna e poi di Molino Vecchio, paese che si trova proprio all’imbocco della Valle. Dalla macchina, bisogna aguzzare la vista per scovare i laghetti tra la vegetazione. Non ci sono altre indicazioni per trovarli, ma se proprio vi trovate in difficoltà, chiedete indicazione agli abitanti del posto. Sulla via del ritorno a casa potrete, inoltre, godere di uno spettacolo affascinante: la città vista dall’alto, nel suo sposalizio di mare e monti.

Laghetti della Val Lentro

Se siete alla ricerca di una zona tranquilla e sconosciuta ai più, non potete perdervi i Laghetti della Valle del fiume Lentro, tra il Monte Fasce e il colle di Traso. Sullo stesso percorso che scorre lungo il fiume Lentro si incontrano, partendo da Viganego in Val Bisagno, prima il Laghetto del Ponte e poi, avanzando oltre i ruderi di antichi mulini, il Laghetto Muin. Il percorso è semplice e adatto a tutti e una volta scelto il laghetto preferito per la giornata non resta che rilassarsi tra le fresche acque e il verde della natura.

Lago del Pignattin

Spostandosi in un’altra valle della provincia di Genova, la Valle Stura, si incontra un altro laghetto degno di nota: il Lago del Pignattin. Semi nascosto nel tratto più selvaggio della valle, il lago è immerso nella pace più completa ed è caratterizzato da una purissima acqua trasparente. Lo si raggiunge da San Pietro di Masone e seguendo la traccia gialla fino a raggiungere questo spiazzo incontaminato.

Laghetti della Tina

Un’altra località balneare inconsapevole ospite di un punto di ritrovo nella natura è Arenzano, Comune del Ponente ligure localizzata all’interno del comprensorio del Parco Naturale del Beigua. I laghetti della Tina sono un vero angolo di paradiso tra la montagna e il mare, inseriti in una splendida cornice naturale e con vista aperta sul panorama sottostante. Vi si accede dalla località di Curlo, dove si deve lasciare la macchina e proseguire a piedi in un percorso adatto anche ai più piccoli.

Laghetti del Rio Scaggion

Nel ponente, non mancano i torrenti dove fare un bel bagno. Uno di questi è l’Arrestra che nasce dalla dorsale tra il Monte Beigua (1287 m) e il Monte Sciguello (1103 m), ed è formato da due rami sorgentizi: il Rio Scaggion (a ovest) e il Rio Prialunga (a est).

Per raggiungerli si parte da Varazze, seguendo le indicazioni per il Monte Beigua, e si prosegue sulla provinciale in direzione Casanova verso la località Faje. La strada sale su per la dorsale tra la valle del torrente Teiro a ovest, che sfocia a Varazze, e quella dell’Arrestra, che sfocia tra Varazze e Cogoleto segnando il confine tra le province di Savona e di Genova. Su una curva in cui il paesaggio si apre (Passo del Muraglione), si trovano le indicazioni per il Deserto di Varazze: prendendo la strada in discesa per circa due km, si vede scorrere il Rio Scaggion, ed è proprio al secondo ponte che potrete lasciare l’auto e iniziare il percorso a piedi.

Il percorso

Una piccola pista in salita, indicata da segnavia giallo, risale il corso d’acqua lungo la sponda destra e in circa dieci minuti porta a una cascata che, scendendo da un’enorme massa di roccia verde, forma un’ampia pozza profonda, raggiungibile da un sentiero secondario poco evidente. Questo è il punto più soleggiato della valle del Rio Scaggion e, grazie alle ampie rocce piatte e lisce che si trovano a valle della pozza, è possibile stendersi a prendere il sole o, se la temperatura lo consente, ad asciugarsi dopo un bagno nell’acqua fresca del torrente.

Tornando al sentiero principale, in circa quindici minuti si può raggiungere un’altra pozza più profonda, caratterizzata da uno scalino nel punto in cui entra l’acqua e da una grande roccia piatta. Questa zona è più ombrosa della precedente, ma essendo lungo il sentiero principale, è più facile da raggiungere. L’itinerario del Rio Scaggion è meno soleggiato, ma accessibile a tutti, mentre gli appassionati di canoa potranno avventurarsi lungo il Rio Prialunga che, va ricordato, è più pericoloso e famoso per le sue spettacolari cascate.

Una volta asciugati e riposati, se avete voglia di concludere in bellezza la giornata, potrete visitare l’Eremo del Deserto (info 019 918050), convento dei Carmelitani Scalzi risalente al XVII secolo che si trova poco distante, acquistare miele e prodotti tipici o percorrere un sentiero botanico con decine di specie. E infine rifocillarvi all’agriturismo Fonda (info 019 918201), rinomato per la sua cucina e per le sue merende.

Lago delle Lame

In Val d’Aveto si trova un’altra gemma lacustre nascosta: il Lago delle Lame. Il lago è, in realtà, una serie di conche di dimensioni variabili formate con l’erosione operata da un antico ghiacciaio e oggi ricche di acqua e di vita. Tra le attività da fare, oltre allo starsene in panciolle a godersi il fresco, sono consigliate la pesca alla trota, la visita al Museo del Bosco e la passeggiata alla Cascata di Ravezza. Per arrivare al Lago si esce dall’autostrada a Carasco e si seguono poi le indicazioni per Rezzoaglio e il bivio per il lago.

Laghetti di Rocchetta Nervina

Appena a ridosso delle case di Rocchetta Nervina (Imperia), inizia una serie di conche naturali conosciute come i laghetti, meta estiva per gli amanti della natura. Le acque limpide e cristalline che rispecchiano il blu del cielo e il verde brillante della vegetazione circostante rendono l’atmosfera selvaggia e suggestiva.

Più a monte si trova il canyon vero e proprio del torrente Barbaira in cui migliaia di sportivi di tutta Europa ogni anno praticano il torrentismo. Questo sport che assembla le tecniche di discesa speleologica con l’alpinismo e il nuoto, rappresenta una grande attrazione e permette di conoscere un ambiente assolutamente unico quale è l’ecosistema della canyon del Barbaira, con le sue rocce, i muschi, le felci e i suoi bacini verde smeraldo. Il sentiero per raggiungere il punto di inizio del canyon, ponte Cin, comincia presso l’Oratorio e passa accanto alla chiesetta campestre di S. Bernardo. Il tracciato, che fa parte del sentiero Balcone, conduce, con una splendida passeggiata di cinquanta minuti, a Ponte Cin e più avanti al Ponte Pau.

Alla scoperta. Anzi, alla riscoperta…

La Liguria, non è particolarmente conosciuta per i suoi laghi e laghetti, balneabili e non, il turismo, quello sempre più di prossimità, dettato dall’emergenza Coronavirus, riscopre l’entroterra: laghi, fiumi e sentieri, da ponente a levante.

Mi piaceva viaggiare, insieme a voi, per laghetti, fare un tuffo nel verde ligure, alla scoperta di angoli di paradiso. Anzi, alla riscoperta

 

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Liguria, la suggestiva fioritura delle camelie di Pegli

In Liguria la suggestiva fioritura delle camelie di Pegli. Uno spettacolo che rapisce gli occhi e il cuore durante la fioritura primaverile nell’incantevole cornice di Villa Durazzo Pallavicinia Pegli, nel ponente genovese, un evento che, solo nello scorso anno, ha richiamato 20 mila visitatori, provenienti da tutta Italia e dall’estero.

Le camelie di Pegli, uno dei polmoni verdi della Liguria

Ogni anno, da metà febbraio ad inizio aprile, le camelie in fiore regalano incredibili scenari nel Parco di Villa Durazzo Pallavicini, un vero e proprio polmone verde in Liguria, uno dei più belli, grandi e antichi d’Italia e tra i più importanti d’Europa.

I registri dei visitatori, dell’epoca, non lasciano spazio a dubbi: gli amici del marchese – perché ovviamente si entrava solo su invito del padrone di casa – provenivano da New York, dal Cile, dalla Russia. 

Quest’anno si prevede che la fioritura sia godibile al Parco e al Camelieto storico fino al 5 aprile. C’è tutto il tempo, dunque, per scoprire tutte le curiosità su queste meravigliose piante antiche, un tempo coltivate direttamente dalla marchesa Clelia Durazzo, donna scienziato del ’700, botanica esperta, ancora oggi simbolo di emancipazione femminile.

Eleganti camelie dai mille colori, sfumature e forme aspettano genovesi (e, Covid-19 permettendo, anche i turisti) nel giardino romantico di Villa Pallavicini.

Il Camelieto storico

Il Camelieto storico nel Parco di Villa Durazzo Pallavicini a Genova Pegli, si trasforma in un luogo magico, all’avvicinarsi della primavera, punteggiato di fiori bianchi, rosa accesi e rossi, dove fantasticare di incontrare Margherita Gautier, la “La Dame aux camélias”, “La signora delle camelie” di Alexandre Dumas figlio (1848) e tuffarsi in un romanzo di fine ‘800, intriso di amori e passioni.

Il Viale delle Camelie si estende su 200 metri, con veri e propri alberi di camelie, 150 specie tutte diverse tra loro, che superano i 6 metri, accoglie i visitatori con i suoi colori e il suo tappeto di fiori per vivere un’esperienza unica: un viaggio romantico ligure tra le piante più intriganti della “Villa”, attraverso restauri, coltivazione e curiosità d’altri tempi ascoltate dalle voci esperte delle visite guidate.

Si tratta della specie Camelia Japonica che, crescendo e sviluppandosi nel tempo, ha dato vita a centinaia di cultivar dai diversi colori e dalle diverse forme e quantità di petali: la Vergine di Colle beato, la Warratah rubra, l’Incarnata, l’Eleonora Franchetti, la Bella di Firenze.

Il percorso di visita “teatrale” del Parco

Il Parco, di evidente ispirazione romanica, viene realizzato tra il 1837 e il 1846 (anno in cui venne inaugurato), da Michele Canzio, all’epoca scenografo del Teatro Carlo Felice, che creò, non a caso, una vera e propria rappresentazione teatrale “open air”.

Il percorso di visita è, infatti, articolato in prologo, antefatto, tre atti, ognuno composto da affascinanti scenografie caratterizzate da laghi, torrentelli, cascate, templi, grotte, arredi, piante rare, scorci visivi e inganni scenografici capaci di far smarrire i confini di questo luogo fiabesco.

Camelie

Le camelie, delicate corolle e petali purpurei portati via dal vento ancora freddo di un mite fine inverno, sono una delle piante decorative più conosciute: dalle sue foglie si ricava un tè dalle proprietà energizzanti e dai suoi fiori un olio dalle molteplici virtù cosmetiche

Tante le curiosità  di questi fiori così seducenti.  Prima tra tutte e, a seconda del colore, il significato della camelia trasmette un messaggio diversorosa significa nostalgia e desiderio di ritrovarsi, mentre rosso dichiara che il cuore è infiammato di passione, ma entrambi le tonalità rappresentano l’amore romantico.

E la versione variegata? E’ simbolo di fiducia e speranza; bianco testimonia profondo affetto, a fiore doppio segnala quanto si pensi a una persona mentre quella semplice indica adorazione e bellezza. 

Poi, lo sapevate che hanno affascinato una tra le più grandi stilisti della storia, Coco Chanel? Se ne innamorò così tanto da farla diventare un riferimento costante nelle sue collezioni. Ad ognuno, insomma, la propria camelia e…qual è la vostra preferita?

Informazioni, prenotazioni, biglietteria

Info: https://www.villadurazzopallavicini.it/

prenotazione obbligatoria : info@villadurazzopallavicini.it
393 8830842 / 010 8531544   biglietto online

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